I Principi e le Garanzie Fondamentali: brevi considerazioni sugli articoli dal 1º al 12º del PL nº 8.046/10

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SINTESI: In questo lavoro vengono esaminati i 12 primi articoli del Progetto di Legge nº 8,046 del 2010, che tratta del Nuovo Codice di Procedura Civile. Questi dispositivi riguardano i principi e le garanzie costituzionali ed hanno l’obiettivo di sintonizzare la legislazione infracostituzionale con le norme della Carta Magna del 1988. Viene eseguito un breve esame della portata di tali dispositivi, problematizzando o anticipando alcune situazioni concrete che possano venir a verificarsi con la vigenza del nuovo testo.

 

PAROLE-CHIAVE: Progetto. Codice. Processo Civile. Principi. Garanzie Fondamentali.

 

SOMMARIO: 1. Considerazioni Iniziali. 2. Commenti ai dispositivi. 3. Considerazioni finali.

 

1. Considerazioni Iniziali

Prima di tutto bisogna enfatizzare, come d’altronde è stato esaustivamente ripetuto dal Presidente della Commissione, Ministro Luiz Fux, che non si tratta di una grande riforma, ma di un nuovo Codice.

C’è una nuova ideologia, una nuova maniera di intendere il processo civile.

Dalla lettura del testo è possibile percepire la preoccupazione di sintonizzare le regole legali con i principi costituzionali, rivelando l’impostazione neocostituzionale del lavoro.

L’accoglienza immediata da parte del Senato, che già il giorno dopo la consegna dell’antiprogetto l’ha approvato come Progetto di Legge (PLS 166/10), ci dà un’idea dell’eccellenza del lavoro. In poco più di sei mesi sono state realizzate varie riunioni ed udienze pubbliche, oltre ad aver accolto centinaia di suggerimenti da parte della società civile.

Il Senato, quindi, ha designato una Commissione Speciale che ha presentato un Sostitutivo nel dicembre del 2010, approvato dal Plenario del Senato e rimesso alla Camera dei Deputati dove, come Progetto di Legge, ha ricevuto il numero 8.046/10 ed ha iniziato la sua tramitazione.

Ed ecco l’anatomia del testo: un totale di 1007 articoli suddivisi in cinque libri, che sono: Parte Generale, Processo di Conoscenza, Processo di Esecuzione, Processo in Tribunale e mezzi di impugnazione, e Disposizioni finali e transitorie.

La Parte Generale si divide in 11 titoli.

Il Titolo I tratta dei Principi e Garanzie, delle norme processuali, della giurisdizione e dell’azione.

In questo primo commento toccheremo i primi articoli del capitolo I, intitolato “Dei Principi e delle Garanzie Fondamentali del Processo Civile”

Voglio registrare che quest’articolo è stato elaborato a partire da commenti a questi dispositivi che ho divulgato nel mio blog1, con i dovuti adattamenti. La buona accoglienza di questi semplici commenti mi ha incoraggiato a trasformarli in questo testo che ora sottopongo alla valutazione dell’accademia.

 

2. Commenti ai Dispositivi

Art. 1º Il processo civile sarà ordinato, disciplinato ed interpretato in conformità con i valori ed i principi fondamentali stabiliti dalla Costituzione della Repubblica Federativa del Brasile, nel rispetto delle disposizioni di questo Codice.”

 

Si nota la preoccupazione di distinguere principi di valori, che oggi ispira la dottrina processuale. Per tutti, citiamo Marinoni2.

Nel dichiarare che il Codice verrà disciplinato secondo valori e principi, il legislatore sta adottando, espressamente, la teoria del diritto processuale costituzionale.

Grandi esponenti del diritto processuale3 hanno già consolidato la teoria secondo la quale il diritto costituzionale è il tronco dell’albero, ed il diritto processuale ne è uno dei rami. Ossia, non è possibile concepire una sola regola processuale che non sia stata ispirata in atmosfera costituzionale4.

A questo punto è importante riflettere sulla necessità del rinnovamento del diritto processuale; tanto del nuovo CPC, come del nuovo CPP (PLS 156/09) i cui testi anteriori (in verità quelli ancora vigenti), sono stati editi prima dalla Costituzione del 1988.

Come afferma Luis Roberto Barroso5, il nostro è un paese dalla democrazia tardiva. La nuova Costituzione, e soprattutto la difesa intransigente delle libertà pubbliche (diritti di prima dimensione), così come l’implementazione dei diritti sociali (seconda dimensione) ci mettono nella sgradevole situazione di chi ha un piede nella modernità ed un altro nella post modernità6.

L’edizione dei nuovi Codici è un segno di rottura con la modernità, che riduce l’abisso che esisteva tra il diritto costituzionale (e l’interpretazione attiva che si fa delle sue norme) ed il diritto infracostituzionale7.

Segna inoltre lo sforzo del legislatore infracostituzionale per “densificare il diritto di azione come diritto ad un processo giusto e, principalmente, come un diritto alla tutela giurisdizionale adeguata, effettiva e tempestiva dei diritti”, nelle precise parole di Marinoni e Miditiero8.

Il dispositivo dice ancora che il processo civile sarà interpretato in conformità con la Costituzione.

È la fine dell’ermeneutica tradizionale, basata sul sillogismo: la norma è la premessa maggiore ed il fatto la minore. Secondo questa concezione tocca al giudice esaminare questa in conformità con quella. Allo scopo verrebbero usati metodi come l’interpretazione letterale, sistemica, teologica e comparativa.

Ora l’ermeneutica passa ad essere neocostituzionale, presupponendo che le norme possono assumere l’aspetto di regole o principi. Le regole devono essere interpretate in accordo con i principi. In caso di collisione di regole, si usa l’ermeneutica tradizionale. In caso di contrapposizione di principi, bisogna ricorrere alla tecnica della ponderazione, o cercando di comporre questi, o ricorrendo alla soluzione che meglio si adatti allo spirito costituzionale9.

È ben vero che questa nuova ermeneutica aumenta di molto i poteri del giudice. I più allarmisti parlano di dittatura del giudice10. Si viene quindi a creare la necessità di una fondamentazione più profonda nelle decisioni giudiziali. Una fondamentazione analitica, come assevera Marinoni11. È quel che chiamiamo “fondamento del fondamento”: le parti hanno il diritto di sapere quali sono le premesse che hanno portato il giudice ad assumere quella decisione.

È anche vero che questo, sebbene costituisca già un grande avanzo, non è sufficiente in sé. C’è un’enorme discussione sulla natura dell’attività ermeneutica, soprattutto sulla difficoltà di separazione delle fasi dell’interpretazione e dell’applicazione12, così come dei pre-concetti che influenzano13 intimamente14 il giudice.

In ogni modo, il dispositivo è di estrema rilevanza e la sua posizione come articolo 1º è di grande simbolismo.

È, senza dubbio, il segno di una nuova era, che merita pertanto un nuovo Codice.

L’articolo 2º ha il seguente testo:

Art. 2º Il processo comincia per iniziativa di parte, nei casi e nelle forme legali, salvo eccezioni previste dalla legge, e si svolge per impulso ufficiale”.

La regola già consacrata nel nostro ordinamento si ripete ora nell’articolo 2º del Progetto. Come non potrebbe essere altrimenti, è mantenuto il Principio Dispositivo, definito anche Principio di Inerzia, o anche Principio della Richiesta.

Le “eccezioni” previste dalla Legge vanno esaminate. Nel CPC vigente, vi sono dispositivi che riguardano l’apertura della successione ed il procedimento per i testamenti che autorizzano il magistrato ad agire d’ufficio, mettendo egli stesso in moto l’apparato giudiziario.

È sempre utile ricordare che il giudice che agisce d’ufficio deve aver la massima cura perché, sia pur involontariamente, potrebbe favorire una delle parti, venendo meno all’imparzialità che deve guidare il suo operato nella conduzione del processo.

Lesa l’imparzialità, si compromette anche l’isonomia, a meno che il giudice fondamenti analiticamente la sua decisione, sì da dimostrare che sta garantendo l’uguaglianza in senso materiale.

La parte finale del dispositivo menziona lo sviluppo “per impulso ufficiale”. In altre parole, il processo non deve rimanere fermo. Questo dovere del giudice è oggetto di numerosi studi, soprattutto sotto l’aspetto amministrativo e gerenziale.

Sempre di più il giudice è visto come un gestore del processo nel quale esercita le sue funzioni. E questa visione sembra essere adottata dalla stesso Consiglio Nazionale di Giustizia, vista la quantità di mete15 stabilite per il 2010.

Da notare che vi sono mete per il magistrato, per il Tribunale e per lo stesso Potere Giudiziario nel suo insieme, sì che l’impulso ufficiale, se associato con la garanzia della durata ragionevole del processo, conduce ad una progressiva ed encomiabile miglioria nella routine amministrativa della sfera giurisdizionale.

Bisogna solo far attenzione, come avverte Boaventura de Souza Santos16, alle esagerazioni ed agli effetti collaterali che derivano da questo metodo di “routinizzazione”.

L’articolo 3º del PL 8.046/10 recita:

Art. 3º. Non si escluderà da valutazione giusrisdizionale minaccia o lesione a diritto, fatta eccezione per le liti volontariamente sottoposte a soluzione arbitrale, nella forma di legge”.

La redazione ripete il principio enunciato nell’articolo 5º, inciso XXXV della Costituzione del 1988, con riserva per l’arbitraggio, che non è disciplianato nel Progetto, e che continua ad esser regolato dalla Legge nº 9.307/96

L’Arbitraggio consiste nella soluzione del conflitto con l’intervento di un terzo, scelto dalle parti, con potere di decisione, secondo norme e procedimenti accettati per libera e spontanea volontà dalle parti17.

Come si vede, l’arbitraggio è un procedimento al di fuori della giurisdizione; esso non si pone né al di sopra né al di sotto, ma accanto; è un procedimento parastatale.

Alcuni punti della Legge nº 9.307/96 sono stati oggetto d’interpellanza incidentale d’incostituzionalità negli atti di omologazione di sentenza straniera, tramitata presso il Supremo Tribunale Federale per oltre cinque anni. Dopo accesi dibattiti, il Pretorio ha deciso, a maggioranza, per la costituzionalità18 di questi dispositivi, garantendo l’effettività dell’arbitraggio nell’ordinamento brasiliano.

Il punto centrale della discussione verteva sull’autonomia della clausola compromissoria, ossia sul patto di arbitraggio stabilito prima che sorgesse la lite. Per la lettera della Legge, dichiarata costituzionale dal STF, anche se in maniera non unanime, il rifiuto di rispettare la clausola darebbe adito ad accettazione di richiesta speciale, con l’obiettivo di ottenere in giudizio l’assistenza giudiziale per la volontà non manifestata (realizzazione dell’arbitraggio).

Il punto in discussione è quello se si tratta di clausola dal contenuto obbligativo, da risolversi appena con perdite e danni, e non tale da innescare l’obbligatorietà dell’utilizzazione della soluzione arbitrale a detrimento della soluzione giurisdizionale, soprattutto in considerazione dei termini dell’articolo 5º, inciso XXXV della Costituzione del 1988.

Tuttavia è prevalso l’intendimento che la libera manifestazione della volontà, la prevedibilità delle conseguenza dell’atto e l’esistenza di una Legge chiara sulla materia sarebbero sufficienti ad allontanare qualunque allegazione di incostituzionalità.

La questione è stata inoltre discussa sotto l’angolo dell’autonomia della sentenza arbitrale e la non necessità della sua omologazione da parte del Giudiziario, nei termini dell’articolo 31 della Legge nº 9.307/96.

Arriviamo così all’articolo 4º:

“Art. 4º Le parti hanno diritto di ottenere in tempo ragionevole la soluzione integrale per la lite, inclusa l’attività soddisfattoria”

Il processo è lo strumento mediante il quale lo Stato esercita la sua giurisdizione nella soluzione di conflitti, cosa che deve avvenire in maniera giusta. In questo modello, è sorto nel diritto patrio il cosiddetto “processo giusto” che, in linea generale, si riferisce all’ideale che il processo si svolga in consonanza con i precetti di dignità della persona umana.

Deve quindi rispettare il dovuto processo legale nei suoi componenti, ampia difesa e contraddittorio, oltre alle altre Garanzie Fondamentali inerenti alla persona umana, tra le quali si trovano l’uguaglianza, la pubblicità degli atti giudiziari e la durata del processo per un periodo di tempo ragionevole. Questi elementi devono essere rigorosamente preservati all’atto della ricerca del soggetto per la tutela dei diritti, che deve esser prestata mediante una giurisdizione adeguata.

Nel rispetto del comandamento dell’effettività processuale, è stata introdotta nell’art. 5º della nostra Costituzione mediante l’inciso LXXVIII, l’Emenda Costituzionale nº 45/2005, con l’obiettivo di combattere la morosità della prestazione giudiziaria e garantire l’accesso alla giustizia che, a sua volta, presuppone non solo tutela adeguata, ma anche tempestiva.

Per quanto riguarda i mezzi che garantiscono la celerità della tramitazione (inciso LXXVIII dell’art. 5º della CF), il CNJ ha avuto un ruolo rilevante grazie all’istituzione delle Mete, sebbene, per quanto riguarda la Meta 2, non sia stata compiuta integralmente nemmeno dal STF.

Ragionevole sarà il tempo necessario per la cognizione della causa fino all’effettiva consegna (o no) del bene preteso dalla parte, ossia di tutto l’iter processuale fino all’effettivazione del provvedimento finale.

L’art. 5º del Progetto recita:

Art. 5º. Le parti hanno diritto di partecipare attivamente al processo, cooperando fra di loro e con il giudice e fornendogli sussidi affinché prenda decisioni, realizzi atti esecutivi o determini la pratica di misure d’urgenza”.

Questo dispositivo tratta del Principio della Cooperazione, decorrente dai Principi della Buona Fede e della Lealtà.

Soltanto in un ambiente protetto dalle garanzie costituzionali, e sotto un pernamente monitoraggio dell’incidenza di tali garanzie si potrà realizzare il cosiddetto processo giusto19.

La verità è che, tra gli elementi imprescindibili per il buon funzionamento di questo sistema, troviamo l’atteggiamento del giudice ed il comportamento delle parti.

Per quanto riguarda le parti, non possono solo ricorrere alla giustizia in maniera informale, senza impegno o irresponsabilmente. Devono cercare in modo chiaro, leale ed onesto la miglior soluzione per quel conflitto. E devono prender parte alla soluzione.

Quanto al giudice, bisogna impegnarsi per l’evoluzione del suo ruolo, nell’ambito delle dimensioni assunte dallo Stato, dalla fase liberale, passando a quella sociale, fino ad arrivare all’attuale Stato Democratico di Diritto.

In un modello di giustizia adeguato alla contemporaneità, dal punto di vista di François Ost20, il giudice deve assumere un atteggiamento di intermediatore, facilitando la comunicazione ed il dialogo fra le parti, le quali a loro volta devono servirsi del processo per interagire e cercare una soluzione giusta per il conflitto.

La proposta di soluzione dello Stato Democratico di Diritto è orientata alla ricerca di un’effettiva partecipazione dei coinvolti nella realizzazione dei fini statali. Questa proposta rappresenta per il sistema di pacificazione dei conflitti la necessità di interazione tra le parti che compongono la relazione processuale nell’ambito della giurisdizione, al di là dell’adozione di metodi non giurisdizionali di soluzione delle liti21.

In questo senso abbiamo parlato del dovere di cooperazione fra le parti. Nel modello si auspica l’adozione di un “procedimento argomentativo di ricerca cooperativa della verità22

In questo modo, il peso della ricostruzione giuridica, che nel modello dello Stato Sociale deve esser supportato da un giudice erculeo, viene a spostarsi su una comunità deliberante23.

D’altra parte, passando da una prospettiva di semplice validità giuridica ad una prospettiva di unione tra validità e leggittimità del diritto come condizione per la sua efficacia e compimento della sua funzione socio-integrativa, si altera anche il dovere del giudice di giustificare la sua decisione.

Si passa da un dovere di giustificazione interno, rappresentato dalla coerenza della decisione con il sistema di diritti, ad un dovere che allo stesso tempo è interno ed esterno, quest’ultimo considerato come la necessità di legittimazione procedurale deliberativa delle premesse anteriori alla decisione, il che nel caso di un equivalente giurisdizionale come la mediazione, è già condizione previa per la sua istituzione.

Passiamo all’esame dell’art. 6º.

Art. 6º. Nell’applicare la legge, il giudice soddisferà i fini sociali ai quali essa si dirige e le esigenze del bene comune, osservando sempre i principi della dignità della persona umana, della ragionevolezza, della legalità, dell’impersonalità, della moralità, della pubblicità e dell’efficienza”.

Secondo quanto s’intende tradizionalmente, il giudice prima interpreta e dopo applica la legge.

Lenio Streck24 smonta questo raziocinio. L’attività ermeneutica è molto più complessa di quanto si pensi, e le fasi non possono essere semplicemente separate, come se fossero attività a tenuta stagna, ossia non è corretto affermare che quando l’una comincia l’altra necessariamente deve esser finita.

In verità l’attività di interpretazione avviene contemporaneamente con l’applicazione. Tuttavia, siccome l’obiettivo qui è appena quello di commentare il testo del Progetto, non approfondiremo la questione.

Interpretare la norma significa determinarne il contenuto e la portata. In verità, come ricorda Humberto Ávila25, la norma non è l’oggetto, ma il risultato dell’interpretazione, il senso costruito a partire da interpretazione sistemica di testi normativi.

Accade che, avendo come premessa il neocostituzionalismo, i metodi tradizionali e puramente positivisti di interpretazione, anche se ausiliati da mezzi integrativi, non offrono più una risposta adeguata per i conflitti dei nostri giorni.

Infatti, Luis Roberto Barroso26 afferma che l’interpretazione costituzionale ha bisogno di altri parametri, che sono:

  1. la superiorità gerarchica (nessuna norma infracostituzionale può essere valida se incompatibile con una norma costituzionale).

  2. la natrura aperta del linguaggio (ordine pubblico, uguaglianza di fronte alla legge, dignità della persona umana, ragionevolezza-proporzionalità, moralità);

3. il contenuto specifico (organizzazione dei Poteri, definizione dei diritti fondamentali e norme programmatiche, che stabiliscono principi o che indicano fini pubblici);

4. il carattere politico (la costituzione è il documento che fa l’interfaccia tra la política ed il diritto, tra il potere costituente ed il potere costituito).

Ancora secondo Barroso27, tali peculiarità hanno portato allo sviluppo di principi specifici per l’interpretazione costituzionale. Tali principi sono i seguenti:

  1. Principio della supremazia della Costituzione;

  2. Principio della presunzione di costituzionalità delle leggi;

  3. Principio dell’interpretazione conforme la Costituzione;

  4. Principio dell’unità;

  5. Principio della ragionevolezza-proporzionalità;

  6. Principio dell’effettività

Completando questo raziocinio, nel modello tradizionale, ossia positivista, il ruolo del giudice era appena quello di scoprire e rivelare la soluzione contenuta nella norma; in altre parole, come sottolinea Barroso28, formulava giudizi di fatto e non di valore.

Ora, nel modello positivista, il magistrato dev’essere preparato per constatare che la soluzione non è integralmente nella norma, il che richiede un ruolo creativo nella formulazione della soluzione per il problema. Egli diventa così compartecipe del ruolo di produzione del diritto, mediante integrazione con le sue proprie valutazioni e scelte delle clausole aperte che constano nel sistema giuridico.

Passiamo ora all’esame del settimo articolo del Progetto.

Art. 7º È assicurata alle parti parità di trattamento in relazione all’esercizio di diritti e facoltà processuali, ai mezzi di difesa, agli oneri, ai doveri ed all’applicazione di sanzioni processuali, essendo compito del giudice aver cura dell’effettivo contraddittorio.”

L’art. 7º consacra quindi il Principio dell’Isonomia, che integra il ruolo delle Garanzie Fondamentali del Processo.

Le Garanzie Fondamentali, che Comoglio29 classifica come strutturali ed individuali, rappresentano un insieme che si può sintetizzare nella denominazione “dovuto processo legale”, adottata nelle Emende 5ª e 14ª della Costituzione Nordamericana, o “processo giusto”, che consta nell’articolo 6º della Convenzione Europea dei Diritti Umani, ed ancora nell’articolo 111 dela Costituzione Italiana.

Corollario del principio del dovuto processo legale e pilone della democrazia, è stato consacrato dalla costituente del 1988, nell’articolo 5º caput, nel garantire a tutti uguaglianza di fronte alla legge.

Si dirige al legislatore ed al giudice per quel che riguarda la loro effettività, essendo stato previsto sul piano infracostituzionale nell’articolo 125, I, del vigente CPC.

Del primitivo concetto di uguaglianza formale e negativa (ossia, che la legge non deve stabilire differenze tra gli individui) si invoca oggi l’uguaglianza materiale, ovvero una Giustizia che assicuri trattamento uguale per tutti gli uguali e disuguale per i disuguali (nella misura delle loro differenze), sì da ristabilire l’equilibrio tra le parti, secondo la massima aristotelica, e rendere possibile la loro libera ed effettiva partecipazione al processo.

Leonardo Greco30 rende ancor più consistente questo concetto di uguaglianza, nel parlare di “uguale opportunità concreta di successo finale”.

Tornando all’esame del dispositivo, vorremmo richiamare l’attenzione sulla parte finale del testo, che recita: “essendo compito del giudice aver cura dell’effettivo contraddittorio.”

Ed arriviamo così all’articolo 8º.

Art. 8º. Le parti hanno il dovere di contribuire alla rapida soluzione della lite, collaborando con il giudice per l’identificazione delle questioni di fatto e di diritto ed astenendosi dal provocare incidenti non necessari e procrastinatori.

Ad una prima lettura del dispositivo, è possibile riscontrare due concetti fonadamentali:

  1. soluzione rapida della lite;

  2. dovere di collaborazione delle parti.

La celerità era già assicurata nell’articolo 4º. Tuttavia, dopo la positivazione di questo principio nel testo costituzionale (art. 5º, inciso LVIII), il che è avvenuto in forza della Emenda Costituzionale nº 45/04, il concetto del dovuto processo legale nell’accezione procedurale31 è passato ad includere, oltre al contraddittorio ed all’ampia difesa, anche la durata ragionevole del processo.

E non solo. Cândido Dinamarco32, rivedendo la sua consacrata teoria della strumentalità del processo, sostiene che la celerità è uno dei suoi piloni contemporanei.

Il dovere di collaborazione33, a sua volta, era già stato riferito nell’art. 5º del Progetto, con il nomen juris di “cooperazione”.

Passiamo all’esame dell’articolo 9º.

Art. 9º. Non si pronuncerà sentenza o decisione contro una delle parti senza che essa sia stata previamente ascoltata, a meno che si tratti di misura di urgenza o concessa allo scopo di evitare la sopraffazione del diritto.

Previsto dall’art. 5º, inciso LV, della Costituzione del 1988, il citato principio è tanto importante nel diritto processuale che autori del calibro di Cândido Rangel Dinamarco34 hanno affermato che “senza contraddittorio non c’è processo”. Questo principio impone che, durante il procedimento, avvenga un vero dialogo. In tal modo, si permette che le parti, così come eventuali interessati, partecipino attivamente alla formazione della convinzione del giudice, influendo, di conseguenza, sul risultato del processo.

Quindi il contraddittorio può esser considerato come la garanzia di conoscenza bilaterale degli atti e dei termini del processo (giurisdizionale o non), con la conseguente possibilità di manifestazione sugli stessi.

Include la garanzia dei mezzi previsti dalla legge per la partecipazione delle parti al processo, mezzi che vanno liberati dal giudice; così come la partecipazione del magistrato nella preparazione della sentenza, esercitando egli stesso il contraddittorio. Si tratta quindi di diritto delle parti e dovere del giudice35.

Inoltre tale principio dev’esser visto sotto due aspetti, ovvero:

  1. Giuridico: i fatti allegati e non contestati sono considerati come veri, e viene dichiarata la contumacia dell’imputato.

  2. Político: assicura alle parti la partecipazione nella formazione del provvedimento giurisdizionale, ossia è la possibilità per il cittadino di influire sulle decisioni che si ripercuoteranno sulla sua vita.

Per Leonardo Greco36, il contraddittorio è conseguenza del principio político della partecipazione democratica.

Esaminiamo ora l’articolo 10, che rivela una delle grandi innovazioni del Progetto.

Art. 10. Il giudice non può decidere, in nessun grado della giursidizione, con base su fondamento sul quale non sia stata data alle parti l’opportunità di manifestarsi, anche se si tratta di materia sulla quale debba decidere d’ufficio.

Paragrafo unico. Quanto disposto nel caput non si applica ai casi di tutela d’urgenza e nelle ipotesi di cui all’art. 307”.

Nell’attuale CPC, l’art. 128 dispone che il giudice deve decidere l’azione “nei limiti in cui è stata proposta, non essendogli permesso attenersi a questioni non suscitate, al cui riguardo la legge esige l’iniziativa delle parti.”

Di fronte alle restrizioni dell’attuale art. 128, che si riferisce appena alle questioni, la dottrina classica invoca qui l’adagio iura novit cura, secondo il quale il giudice sarebbe libero nella scelta e nell’applicazione dei fondamenti giuridici.

In questo senso, José Rogério Cruz e Tucci37, scrivendo sotto l’egida dell’attuale CPC, intende che non esiste impedimento per il quale il giudice possa riqualificare giuridicamente la richiesta, inquadrandola in altri dispositivi legali. Quindi, al giudice sarebbe concessa piena libertà di applicare il diritto nella maniera che ritiene pertinente, purché rispetti i limiti dei fatti presentati al processo.

In questo contesto, Barbosa Moreira38 sostiene che la causa petendi non è integrata nella norma giuridica applicabile alla fattispecie, e nemmeno nella qualifica giuridica data dall’autore della richiesta all’insieme dei fatti sui quali poggia la sua richiesta.

È successo che, con il passar del tempo, parte della dottrina si è evoluta verso l’intendimento che tale ampia discrezionarietà del giudice potrebbe, in qualche modo, provocare danno ad una delle parti.

Si è passato quindi a lavorare sull’idea che il principio del contraddittorio debba essere utilizzato per limitare questa libertà del giudice.

Leonardo Greco39 propone un orientamento più restrittivo, puntando sulla libertà delle parti ed anche sul principio della richiesta, che attribuisce all’autore il potere di fissarne i limiti obiettivi e soggettivi. In questo senso non si può negare che la volontà dell’attore è fattore essenziale nella definizione dei limiti dell’oggetto della lite, e per questo deve essere rispettata.

In questo senso, la lite portata in tribunale non è una lite reale, in natura, ma si limita a ciò che è contenuto negli elementi di fatto e di diritto presentati dall’attore; inoltre oggetto della giurisdizione civile è la richiesta e non i fatti.

Dal mio punto di vista, tra due possibili soluzioni estreme, ossia: (1) mantenere il sistema attuale secondo il quale il giudice può alterare a suo piacimento i fondamenti giuridici, anche se con la scusa di modificare la norma applicabile; oppure (2) esigere che il giudice si attenga strettamente ai fondamenti invocati dalla parte, anche se ne intravvede un altro più adeguato, la Commissione ha saggiamente cercato una soluzione intermediaria e salomonica.

D’altra parte, bisogna tener conto dell’enorme cambiamento che verrà prodotto dalla parte finale del nuovo dispositivo, nel determinare che tale provvedimento vada assunto dal giudice, anche se la materia può esser esaminata d’ufficio.

Dottrina e giurisprudenza, entrambe, ritengono che oggi tali materie, partendo dall’interpretazione dell’attuale art. 267, § 3º del CPC, sarebbero: condizioni per regolare l’esercizio del diritto di azione, presupposti processuali ed ipotesi di nullità assoluta. Sono, in verità, gli stessi casi che autorizzano l’utilizzazione dell’obiezione di pre-esecutività, nella visione dell’orientamento40 che prevale presso il Superior Tribunal de Justiça.

Mi sembra che questa redazione prevista nell’articolo 10 del Progetto sia in linea con i postulati di un processo giusto, ossia fondato su garanzie strutturali ed individuali. In una eventuale collisione tra i principi del libero convincimento del giudice e del contraddittorio, la soluzione suggerita sorge come promettente strumento capace di preservare l’effettività del processo, senza peraltro privarlo del suo carattere democratico.

Il Sostitutivo presentato dal Senatore Valter Pereira il 24/11/2010 inserisce il § unico nel dispositivo, debitamente mantenuto dal Senato, con la seguente redazione: “Quanto disposto nel caput non si applica nei casi di tutela d’urgenza e nelle ipotesi di cui all’art. 307”

Ed eccoci all’art. 11

Art. 11. Tutti i processi degli organi del Potere Giudiziario saranno pubblici, e fondamentate tutte le decisioni, sotto pena di nullità.

Paragrafo unico. Nei casi di segreto di giustizia, si può autorizzare soltanto la presenza delle parti, dei loro avvocati o difensoli pubblici, o ancora, quando ne è il caso, del Pubblico Ministero”.

L’art. 11 del Progetto apporta due grandi principi costituzionali che sono replicati nell’ordinamento infracostituzionale. Essi sono la Pubblicità e la Fondamentazione delle Decisioni Giudiziarie.

Parliamo prima della pubblicità.

L’attuale articolo 155 del CPC regola la materia, prevedendo, in casi eccezionali, il c.d. “segreto di giustizia”. In generale la Legge definisce alcune ipotesi di base, attribuendo al prudente arbitrio del giudice estendere questa eccezione ad altri casi non contemplati specificamente nel testo legale, purché la sua decisione sia fondamentata, visto che si tratta di una restrizione ad una garanzia costituzionale.

La questione della pubblicità degli atti processuali sembra acquisire nuovi contorni se esaminata sotto la prospettiva del processo elettronico, che, a quanto pare, sarà ben presto la tendenza dominante.

Qui ci sembra necessario fare alcune ponderazioni41.

Seguendo questa tendenza già presente in vari Tribunali, nel 2006 la Legge nº 11.419 ha regolamentato l’informatizzazione del processo giudiziale, alterando perfino dispositivi del CPC. Analizzando la legislazione, si evince che la dottrina auspica la fine della morosità, l’economia processuale, la trasparenza, la concretizzazione del principio della durata ragionevole del processo e l’inclusione digitale del Potere Giudiziario, generando maggior effettività dell’attività giudicante.

D’altra parte, sulla tematica sono subito sorte alcune note negative. Il Consiglio Federale dell’Albo degli Avvocati del Brasile ha indetto, nel 2007, un’azione diretta di incostituzionalità, a cui è stato dato il numero 3.880, con la richiesta di concessione in limine della tutela contro la norma su citata.

Riassumendo, il Consiglio dell’Ordine ha inteso che il processo digitale ferisce i principi della proporzionalità e della pubblicità, così come i precetti costituzionali sull’esercizio dell’avvocatura, oltre all’articolo 5º, caput e incisi XII, LX; dell’articolo 84, inciso IV e dell’articolo 133 della Costituzione.

In un’interpretazione alla lettera, nel limitare l’accesso del pubblico alle prove documentali, nei casi di segreto di giustizia o non, si avrà violazione del principio della pubblicità, nell’intendimento di Petronio Calmon42.

D’altra parte, il principio della pubblicità viene rispettato nella misura in cui si disponibilizza conoscenza pubblica agli atti praticati dal Potere Giudiziario.

Recentemente il Consiglio Nazionale della Giustizia43 (CNJ) ha stabilito che i tribunali devono divulgare in internet, con ampio accesso della popolazione, i dati basici di tutti i processi in tramitazione, incluso l’intero tenore delle decisioni.

Secondo questa intesa, i dati di base che devono essere disponibili sono: il numero, la classe e l’argomento del processo, il nome delle parti e degli avvocati, movimentazione processuale e tenore delle decisioni, sentenze, voti collegiali; con eccezione per i casi che tramitano nel segreto di giustizia. La limitazione vale anche per processi penali e lavorativi.

La decisione del CNJ44 vuole conciliare i principi dell’ampio accesso all’informazione e della pubblicità con la preservazione della privacy delle persone. Per questo, l’accesso ai deponimenti registrati e digitati permarrà ristretto alle parti ed agli avvocati abilitati negli atti. Tuttavia, per non pregiudicare l’esercizio dell’attività dell’avvocatura privata, dell’organo di difesa e del pubblico ministero, la risoluzione garantisce l’accesso di queste categorie, purché si tratti di professionisti registrati nel sistema informatico del tribunale.

Vediamo ora il Principio della Fondamentazione, oggi previsto nella Carta Magna, nell’art. 93, inciso IX.

La fondamentazione è intimamente legata all’attività cognitiva del giudice. È uno dei cosiddetti requisiti della sentenza, nella lettera dell’art. 459, inciso II dell’attuale CPC.

Nello Stato Contemporaneo, il dovere di fondamentazione assume una rilevanza speciale, di fronte all’ingigantirsi del potere dei magistrati ed all’utilizzazione, nei testi legali, di clausole generali e concetti giuridici indeterminati.

Partendo dalle tecniche utilizzate nell’ermeneutica costituzionale, diventa imperativo che il magistrato, nella sua decisione, riveli più che un semplice adeguamento della norma al caso concreto.

Anche perché questa tecnica puramente positivista oggi non è più in grado di risolvere gran parte dei conflitti.

Se non si può più parlare di un diritto processuale alieno alla Costituzione, nemmeno mi sembra che possa esserci attività ermeneutica senza prendere in considerazione le tecniche derivate dal neocostituzionalismo.

Fissate queste premesse, è più facile comprendere la rilevanza che assume il dovere di fondamentare, come garanzia del dovuto processo legale.

Oggi, purtroppo, è predominante l’intendimento che basta una fondamentazione sintetica. È comune il pensiero che vi sia nullità solo nell’ipotesi di assenza di fondamentazione, e la regola non vale in caso di “deficienza di fondamentazione”.

Credo che quest’intendimento verrà rivisto. Per ora il Codice dispone in modo esplicito che il giudice deve indicare “le ragioni del suo convincimento” e che deve farlo “in modo chiaro e preciso”.

È la fondamentazione analitica. Non basta che il giudice indichi il dispositivo legale che autorizza la concessione della misura. Deve esprimerne le ragioni e decidere. Il motivo del motivo. Non basta dire che è presente il funnus boni iuris. Deve identificare, in quel caso, in quelle circostanze, e per quale motivo si è convinto della presenza dei requisiti.

È come se il magistrato passasse ad aver il dovere di esternare il processo mentale che l’ha portato a decidere in quella maniera.

Da registrare che quest’obbligo vale tanto per le decisioni positive quanto per quelle negative. In caso contrario, verrebbe ad essere incrinato il dovuto processo legale. La parte ha il diritto di sapere per quale motivo concreto il giudice ha deciso in quella maniera. Su quale premessa si è basato, qual è stato il suo raziocinio, quali valori l’hanno influenzato. Avute queste informazioni, potrà esercitare il suo diritto al ricorso, dimostrando presso il Tribunale l’eventuale ingiustizia della decisione in questione.

Infine siamo giunti all’ultimo dispositivo, che non constava nella relazione originale proposta dalla Commissione di Giuristi, ma che è stato inserito nel Sostitutivo presentato dal Senatore Valter Pereira. Così dispone l’art. 12:

Art. 12. I giudici dovranno pronunciare sentenza ed i tribunali dovranno decidere i ricorsi obbedendo all’ordine cronologico della conclusione.

§ 1º La lista di processi atti per il giudizio dovrà essere permanentemente messa a disposizione in cancelleria per la consulta pubblica.

§ 2º Sono esclusi dalla regola del caput:

I – le sentenze pronunciate in udienza, omologatorie di accordo o di improcedenza liminare della richiesta;

II – la sentenza di processi in blocco per applicazione della tesi giuridica firmata in incidente di risoluzione di richieste ripetitive o in ricorso ripetitivo;

III – la valutazione di richiesta di effetto sospensorio o di anticipazione di tutela di ricorso;

IV – la sentenza di ricorsi ripetitivi o di incidente di risoluzione di richieste ripetitive;

V – le preferenze legali.”

Il dispositivo si spiega da solo. Come regola, stabilisce il cosiddetto ordine cronologico di conclusione, impedendo alterazioni nell’ordine di arrivo degli atti all’esame dei giudici.

In principio, pensiamo che tale dispositivo non sia necessario, visto che questa è una delle caratteristiche del procedimento elettronico.

D’altra parte, prevede ipotesi che non si sottopongono a tale ordine cronologico, sia per la rilevanza del diritto individuale, sia per la ripercussione collettiva del processo.

Da criticare, soltanto la redazione generica dell’inciso V “preferenze legali”, nella misura in cui esistono diverse norme nel nostro ordinamento che menzionano le preferenze, com’è il caso del mandato di sicurezza, l’habeas data, l’habeas corpus, processi che riguardano minorenni, anziani, persone portatrici di malattie gravi ecc.

Magari sarebbe una buona occasione per il legislatore per definire queste priorità. O almeno sistematizzarle meglio, anche perché, in tesi, priorità è qualcosa di unico. Se varie situazioni o persone possono avere priorità, la ragion d’essere del termine diventa questionabile, così come il suo inserimento nel testo del PL 8.046/10.

3. Considerazioni finali

Ormai è ora di chiudere questi commenti.

Abbiamo cercato di presentare una visione generale dei Principi e Garanzie Costituzionali incluse nel Progetto del Nuovo CPC per mezzo del testo positivato negli articoli dal 1º al 12º.

Da quanto si è visto, è possibile affermare che si tratta di un vero Diploma della Contemporaneità o della Post Modernità. Il Post moderno45 è complesso per natura46. I concetti vanno visti, rivisti e maturati.

Il Progetto compie questo passo inevitabile ed a lungo atteso, in linea con il suo compito di togliere il processo civile dalla modernità. Così come era già avvenuto con il diritto civile, ora il diritto aggettivo passa a contare su regole che si raffinano e si adeguano alla struttura costituzionale ideata nel 1988, e forgiata dall’Eccelso Pretorio nel corso di questi 22 anni.

Vi sono, principalmente, assi tematiche ben definite47: Stato Costituzionale; tutela dei diritti e processo giusto.

Non abbiamo ancora la versione definitiva del Progetto, ma probabilmente questa parte dei principi non verrà (molto) alterata. Possiamo dire che si tratta della spina dorsale del Nuovo Codice.

Un Codice che si basa, a mio parere, su due grandi premesse. Da un lato, l’ampia libertà del giudice di primo grado nella conduzione del processo; dall’altro, la vincolazione dello stesso giudice ad un rigido sistema di precedenti.

Queste due premesse sono (a prima vista) paradossali! Si vuole un giudice attivo, in un sistema che pretende di preservare i diritti fondamentali (garantismo processuale) e si creano, in questo stesso sistema, diversi strati di precedenti che, in pratica, impediscono al giudice di osar di divergere dall’intendimento standardizzato dai Tribunali Superiori.

Ed è questa la sfida che si è proposta la notevole Commissione capeggiata dal brillante Luiz Fux.

Non abbiamo la pretesa di anticipare conclusioni. Pensiamo che sia tempo di riflessione, affinché il cambiamento legislativo avvenga in maniera matura, ed il nostro processo civile possa finalmente trovare la tanto ambita effettività. E così sia!

 

1 http://humbertodalla.blogspot.com. Ho cominciato a pubblicare i commenti nel giugno del 2010 con l’intenzione di accompagnare la tramitazione del Progetto nelle due Camere Legislative.

2 MARINONI, Luiz Guilherme. A Jurisdição no Estado Contemporâneo, in Estudos de Direito Processual Civil, São Paulo: Revista dos Tribunais, 2005, pp. 13/66.

3 Meritano rilievo quelli che seguono, tra tanti altri dottrinatori: TROCKER. Nicolò. Processo Civile e Costituzione, Giuffrè, Milano, 1974; CAPPELLETTI. Mauro. TALLON. Denis. Les garanties fondamentales des parties dans le procès civil, Giuffrè, Milano, 1973; TARUFFO, Michele. COMOGLIO, Luigi Paolo. FERRI, Corrado. Lezioni sul Processo Civile, 2ª ed., il Mulino, Bologna, 1998; MORELLO, Augusto M. Constitución y Proceso – la nueva edad de las garantías jurisdiccionales, ed. Abeledo-Perrot, La Plata-Buenos Aires, 1998.

4 ZANETI JÚNIOR, Hermes. Processo Constitucional – o modelo constitucional do processo civil brasileiro, Rio de Janeiro: Lumen Juris, 2007.

5 BARROSO, Luis Roberto. Neoconstitucionalismo e Constitucionalização do Direito (o triunfo tardio do direito constitucional no Brasil), articolo disponibile in http://www.direitodoestado.com, consultato nell’aprile del 2010.

6 Gisele Cittadino.  Poder Judiciário, Ativismo Judicial e Democracia. Alceu (PUCRJ), Rio de Janeiro, 2004.

7 Per tutti, BITTAR, Eduardo C. B.. O Direito na Pós-Modernidade, Forense Universitária, Rio de janeiro, 2005.

8 MARINONI, Luiz Guilherme. MITIDIERO, Daniel. O Projeto do CPC. Crítica e propostas, São Paulo: Revista dos Tribunais, 2010, p. 16.

9 BARROSO, Luis Roberto. Judicialização, Ativismo Judicial e Legitimidade Democrática, articolo disponibile in http://www.migalhas.com.br, consultato il 28 gennaio del 2009.

10 MAUS, Ingeborg. Judiciário como superego da sociedade. O papel da atividade jurisprudencial na sociedade órfã. In: Novos Estudos, CEBRAP, nº 58, novembro de 2000.

11 MARINONI, Luiz Guilherme. O Precedente na Dimensão da Igualdade, disponibile all’indirizzo http://www.marinoni.adv.br, consultato il 5 agosto del 2010.

12 STRECK, Lenio Luiz. Verdade e consenso, 3a edição. Lumen Juris, Rio de Janeiro, 2009.

13 HOMMERDING, Adalberto Narciso. Fundamentos para uma compreensão hermenêutica do processo civil, Porto Alegre: Livraria do Advogado, 2007

14 Per coloro che vogliono approfondire questa tematica, suggeriamo vivamente la seguente lettura: MORAIS DA ROSA, Alexandre. Decisão Penal: a bricolage de significantes. Rio de Janeiro: Lumen Juris, 2006.

15 Disponibile in http://www.cnj.jus.br, consultato il 30 settembre del 2009.

16 SANTOS, Boaventura de Sousa; MARQUES, Maria Manuel Leitão; PEDROSO, João. Os Tribunais nas sociedades contemporâneas, articolo disponibile in testo elettronico in questo sito:  http://www.anpocs.org.br/portal/publicacoes/rbcs_00_30/rbcs30_07.htm 

17 PINHO, Humberto Dalla Bernardina de. Teoria Geral do Processo Civil Contemporâneo, Rio de Janeiro, 3a edição: Lumen Juris, 2010, capítulo 25.

18 STF. PLENO. SE 5.206-Espanha (AgRg), Rel. Min. Sepúlveda Pertence, julg. em 12.12.2001. Informativo nº 254 do STF.

19 COMOGLIO, Luigi Paolo. Garanzie Costituzionali e “Giusto Processo” (Modelli a confronto) in Revista de Processo, vol. 90, ano 23, abr-jun/1998, São Paulo: Revista dos Tribunais, pp. 95/148.

20 OST, François. Júpter, Hércules, Hermes: Tres modelos de Juez. In: DOXA, nº 14, 1993. pp. 169-194. < http://www.cervantesvirtual.com/servlet/SirveObras/ 01360629872570728587891/index.htm>. consultato il 14 novembre del 2006.

21 PINHO, Humberto Dalla Bernardina de Pinho. DURCO, Karol. A Mediação e a Solução dos Conflitos no Estado Democrático de Direito. O “Juiz Hermes” e a Nova Dimensão da Função Jurisdicional, disponibile in http://www.humbertodalla.pro.br.

22 HABERMAS, Jürgen. Direito e Democracia: entre facticidade e validade. Vol. I. Tradução: Flávio Beno Siebeneichler. Rio de Janeiro: Tempo Brasileiro, 1997.

23 LUCHI, José Pedro. A racionalidade das decisões jurídicas segundo Habermas. In: Ajuris: Revista da Associação dos Juízes do Rio Grande do Sul. Porto Alegre, ano XXXIV, nº 107, pp. 157-170, setembro de 2007.

24 STRECK, Lenio Luiz. Verdade e consenso, 3a edição. Lumen Juris, Rio de Janeiro, 2009.

25 ÁVILA, Humberto. Teorias dos Princípios. Da Definição à Ampliação dos Princípios Jurídicos. São Paulo: Malheiros, 2004.

26 BARROSO, Luis Roberto. Curso de Direito Constitucional Contemporâneo, São Paulo: Saraiva, 2009.

Un estratto delle lezioni è reperibile in paper, messo a disposizione da Migalhas: BARROSO, Luis Roberto. Transformações da Interpretação Constitucional nos Países de Tradição Romano-Germânica, em http://www.migalhas.com.br, edizione del 27 de febbraio del 2010, a partire da conferenza svolta a Poitiers, França. Consultato il 28 febbraio del 2010.

27 BARROSO, Luis Roberto. Neoconstitucionalismo e Constitucionalização do Direito. O triunfo tardio do direito constitucional no Brasil,   disponibile in http://www.jus.com.br, consultato il 14 dicembre 2008.

28 BARROSO, Luis Roberto. Judicialização, Ativismo Judicial e Legitimidade Democrática, articolo disponibile in http://www.migalhas.com.br, Cosnsultato il 28 gennaio 2009.

29 COMOGLIO, Luigi Paolo. FERRI, Corrado. TARUFFO Michele. Lezioni sul Processo Civile, 2ª ed., il Mulino, Bologna, 1998.

30 GRECO, Leonardo. Garantias fundamentais do processo: o processo justo. Articolo disponibile nel sito: htttp://www.mundojuridico.adv.br/html/artigos/documentos/texto165.htm, consultato il 2 maggio 2006.

31 PINHO, Humberto Dalla Bernardina de. Teoria Geral do Processo Civil Contemporâneo, 3ª edição, Rio de Janeiro: Lumen Juris, 2010, Capítulo 3.

32 DINAMARCO, Cândido Rangel. A instrumentalidade do processo, 8ª edição, São Paulo: Malheiros, 2000. In conferenza in occasione delle Jornadas do IBDP, a Vitória, nel giugno del 2010, il professore così ha manifestato il suo pensiero. Esistono alcune trascrizioni di questa conferenza disponibili sul sito dell’I.B.D.P., in www.direitoprocessual.org.br, consultato il 4 agosto 2010.

33 MITIDIERO, Daniel. Bases para a Construção de um Processo Civil Cooperativo: O Direito Processual Civil no Marco Teórico do Formalismo Valorativo. Testo pubblicato nel 2007, p. 12, disponibile in http://www.bibliotecadigital.ufrgs.br).

34 DINAMARCO, Cândido Rangel. Fundamentos do Processo Civil Moderno, volume I. São Paulo: Malheiros, 2001.

35 DINA­MARCO, Cândido Rangel. Instituições de Direito Processual Civil, vol. I. São Paulo: Malheiros, 2002.

36 GRECO, Leonardo. As Garantias Fundamentais do Processo, op. cit.

37 TUCCI, José Rogério Cruz e. A causa petendi no processo civil, 2ª edição, São Paulo: Revista dos Tribunais, 2001, pp. 160/161.

38 BARBOSA MOREIRA, José Carlos. O novo processo civil brasileiro, 25ª edição, Rio de Janeiro: Forense, 2007, p. 17

39 GRECO, Leonardo. A Teoria da Ação no Processo Civil. São Paulo: Dialética, 2003, p. 59.

40 Tra molti, si può indicare il REsp 419.376-MS, Rel. Min. Aldir Passarinho Junior, giudicato il 16/5/2002.

41 PINHO, Humberto Dalla Bernardina de. DUARTE, Marcia Garcia. Os Juizados Especiais Cíveis e o e-process. O exame das garantias processuais na esfera virtual, in Revista Eletrônica de Direito Processual, 3º volume, disponibile in http://www.redp.com.br, 2009, pp. 48/65.

42 CALMON, Petrônio. Comentários à Lei de Informatização do Processo Judicial. Rio de Janeiro: Forense, 2007, p. 117.

43 Sessione realizzata il 5 ottobre 2010. La materia è disciplinata dalla Risoluzione nº 121, edita lo stesso giorno, disponibile nel sito www.cnj.gov.br.

44 Informazione divulgata dall’Agenzia CNJ il 5/10/10 e disponibile nel nostro blog: http://humbertodalla.blogspot.com.

45 BAUMAN, Zygmunt (trad. Mauro e Cláudia Gama). O Mal-Estar na Pós-Modernidade, Zahar, Rio de Janeiro, 1997.

46 MORIN, Edgar (trad. Eliane Lisboa). Introdução ao Pensamento Complexo, 3a edição, Sulina, Porto Alegre, 2005.

47 MARINONI, Luiz Guilherme. MITIDIERO, Daniel. O Projeto do CPC. Crítica e propostas, op. cit. p. 60.

Humberto Dalla Bernardina de Pinho

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