I criteri di aggiudicazione, nel sistema di appalti di servizi, devono essere riferiti direttamente ed esclusivamente all’offerta della prestazione che forma oggetto della specifico dell’appalto e non alla qualificazione e capacità degli offerenti, altrim

Lazzini Sonia 29/06/06
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IL Consiglio di Stato con la decisione numero 1753 del 4 aprile 2006 merita di essere segnalato perché la fattispecie in essa discussa rappresenta non soltanto la violazione della normativa nazionale e comunitaria, ma anche dei principi di non discriminazione e concorrenzialità che non consentono che le caratteristiche dimensionali dell’impresa possano giocare un ruolo decisivo ai fini dell’aggiudicazione
 
Così infatti nel parere del Supremo Giudice amministrativo:
 
<Orbene, come è già stato posto in rilevo dal giudice di primo grado, nel caso in esame le norme concorsuali non fissano (oltre l’autorizzazione prefettizia ad operare sul territorio oggetto di appalto) requisiti soggettivi minimi di ammissione e non indicano criteri oggettivi riferiti e rapportati alla prestazione richiesta, ma prevedono, in aggiunta al prezzo (cui vengono assegnati 40 punti) un punteggio fino a 35 punti, per la capacità tecnica (con suddivisione in servizi collaterali, organico del personale, numero e tipo di automezzi, certificato di qualità, coordinamento e controllo delle prestazioni, numero frequenze radio autorizzate, numero radiotrasmittenti, servizi analoghi) e fino a 25 punti per la capacità economica-finanziaria (da assegnarsi, interamente, alla ditta con il più alto fatturato negli ultimi tre anni e via via a scalare).
 
     Tale previsione é viziata, in quanto fondata su requisiti posseduti in assoluto dai partecipanti e non relazionati alle prestazioni richieste dal bando.
 
     Le fonti normative sopra citate costituiscono sufficiente risposta ai non condivisibili argomenti, addotti degli appellanti, secondo cui, in relazione all’oggetto specifico della prestazione, il ricorso ai requisiti soggettivi sarebbe giustificato dalle connotazioni del tutto particolari della prestazione di guardiania, il cui oggetto sostanziale (ovvero “la sicurezza”) non sarebbe qualificabile né come prestazione concreta e tangibile, né in valore assoluto o misurabile, ed invece soltanto percepibile qualitativamente in ragione degli elementi soggettivi caratterizzanti le ditte partecipanti>
 
 
A cura di Sonia Lazzini
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale   Quinta Sezione           ANNO 2005
 
ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
sui ricorsi in appello nn.2546 e 2548 del 2005, proposti da:
 
– I (ricorso n. 2546/2005)
Società LA NUOVA *** s.r.l., in persona dell’Amministratore Unico, Sig. Nuzio ***, in proprio ed in qualità di impresa capogruppo, mandataria dell’A.T.I., composta con “La Leonessa” s.p.a. Istituto di Vigilanza (mandante) e “L’***” s.a.s., Istituto di Vigilanza privata di *** Giuseppe (mandante), rappresentata e difesa dall’Avv. Alfredo Contieri, con domicilio eletto in Roma, Via Zara, n. 16, presso lo studio degli Avv.ti Michele De Cilla e Salvatore Napolitano;
 
– II – (ricorso n. 2547/2005)
 
Società “L’***” s.r.l., Istituto di Vigilanza Privata, in persona dell’Amministratore Unico Dott. Giuseppe ***, in proprio e in qualità di capogruppo dell’ A.T.I. costituita con l’Istituto si Vigilanza “La Nuova ***” s.r.l. e l’Istituito di Vigilanza “La Leonessa !s.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Gennaro Macri, con domicilio eletto in Roma, via Zara, n. 16, presso lo studio degli Avv. Michele De Cilla e Salvatore Napolitano,
entrambi i ricorsi in appello
 
 
Contro
la società. S*** SUD S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’Avv. AVILIO PRESUTTI, con domicilio eletto in Roma, Via Degli Avignonesi, 5, presso l’Avv. Andrea Abbamonte (il quale, già costituitosi nell’interesse della resistente, ha rinunciato al mandato, per sopravvenuta incompatibilità, come da nota in atti)
 
e nei confronti della
 
della REGIONE CAMPANIA, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica – non costituita;
 
 
per la riforma
 
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione I, n. 702/2005, del 2 febbraio 2005, concernente affidamento triennale servizio di vigilanza armata e guardiania;
 
     Visti gli atti di appello con i relativi allegati;
 
     Visti gli atti di costituzione in giudizio della Società S*** SUD s.r.l.
 
     Viste le memorie difensive;
 
     Visti gli atti tutti della causa;
 
      Relatore, alla pubblica udienza del 6 dicembre 2005, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; uditi!Fine dell’espressione imprevista, altresì, l’Avv. A. Contieri, anche in sostituzione dell’Avv. G. Macri per le appellanti e A. Presutti per la società appellata!Fine dell’espressione imprevista;
 
      Pubblicato il dispositivo n. 714/2005 del 20 dicembre 2005;
 
      Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
 
F A T T O
 
     1. Le A.T.I. capeggiate dalle società appellanti in questa sede sono state, rispettivamente, aggiudicatarie del lotto n. 1 e del lotto n. 2 della gara per licitazione privata indetta dalla Regione Campania ai fini dell’affidamento triennale del servizio di vigilanza armata e guardiania degli stabili sedi di uffici regionali dell’area metropolitana di Napoli.
 
     L’aggiudicazione in parola è stata impugnata, davanti al Tribunale Amministrativo della Campania, dalla attuale appellata Soc. S*** Sud,   che ha chiesto l’annullamento degli atti della procedura e delle risultanze oggetto di presa d’atto, nonché della aggiudicazione definitiva di cui al decreto dirigenziale n. 1691 dell’11 dicembre 2003 successivamente conosciuto e di ogni ulteriore atto, connesso, conseguente e/o coessenziale, comunque lesivo dei suoi interessi, ivi compresa la lettera di invito ed il capitolato speciale di appalto allegato alla stessa, per la parte in cui prefigurano (con riferimento ai punteggi inerenti la capacità tecnica e quella economico-finanziaria) criteri difformi dalle normative comunitaria e nazionale di riferimento, per quanto riguarda l’attribuzione dei punteggi per la capacità tecnica ed economica; tali criteri infatti – secondo la ricorrente – postulano una non corretta commistione con i requisiti soggettivi di partecipazione, in maniera tale da precostituire posizioni di vantaggio, in particolare, per le associazioni temporanee partecipanti alla gara.
 
     La Sezione I del Tribunale Amministrativo Regionale adito, con sentenza n. 702 del 2 febbraio 2005, disattese le eccezioni di irricevibilità e inammissibilità dedotte dalle costituite aggiudicatarie, e respinto il ricorso incidentale della associazione temporanea capeggiata dalla Nuova *** (aggiudicataria del lotto 1), ha condiviso censure ed argomenti impugnatori della ricorrente ed accolto il ricorso annullando aggiudicazione definitiva, bando e previsioni di capitolato illegittimi alla stregua delle censure dedotte e nei limiti dell’interesse della ricorrente (ovvero dei lotti 1 e 2), al contrario, dichiarando allo stato inammissibile la domanda risarcitoria, sulla considerazione degli effetti derivanti dalla sentenza di annullamento e della discrezionalità residua in capo all’Amministrazione nella fase di sua esecuzione.
 
     2. La sentenza in parola è stata appellata dalle aggiudicatarie, e per esse dalle capogruppo, in proprio e nella qualità, che ne denunciano (con quattro coincidenti motivi) l’illegittimità ed l’erroneità, in procedendo – per non avere accolto le eccezioni di inammissibilità sollevate in primo grado sotto i profili della tardiva impugnazione delle regole di gara e dei verbali della commissione (I motivo) nonché del difetto di interesse all’impugnazione, in quanto, alla verifica dei punteggi da attribuire alla appellata, sarebbero stati, per la stessa, maggiormente penalizzanti di quelli in concreto conseguiti (II motivo) – ed in iudicando – in quanto i principi affermati dal giudice di primo grado in ordine alla distinzione delle due tipologie di requisiti non sarebbero compatibili ed applicabili ad una gara avente ad oggetto la fornitura del servizio di vigilanza e sicurezza quale è quella di cui si tratta (III motivo), senza contare la violazione del principio di insindacabilità del potere dell’amministrazione che ha indetto la gara, in ordine alla scelta dei criteri di aggiudicazione (IV motivo)
 
     Nel solo ricorso in appello n. 2546/2005 è dedotto un ulteriore V motivo, con il quale è censurato il capo di sentenza che respinge il ricorso incidentale proposto, in primo grado, con riferimento al lotto n. 1, di cui l’appellante é stata proclamata aggiudicataria, per non avere la stazione appaltante escluso dalla gara la ricorrente, che non ha fatto alcun riferimento, nella propria offerta, al prezzo orario per il servizio di radioallarme.
 
     3. Si è costituita nei due giudizi, resistendo agli appelli, la ricorrente in primo grado.
 
     Non costituitasi la Regione Campania, la causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 6 dicembre 2005 e trattenuta in decisione.
 
D I R I T T O
 
      1. I due appelli devono essere riuniti, in quanto relativi alla medesima sentenza n. 702/2005 emessa tra le parti dalla Sezione I del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania.
 
      2. In punto di fatto, appare opportuno precisare, in aggiunta a quanto esposto in narrativa, che le ATI aggiudicatarie (attuali appellanti) hanno partecipato, in differente formazione (ma composte da identiche partecipanti), alla licitazione di cui si tratta, per entrambi i lotti 1 e 2, per i quali ha presentato offerte soltanto un altro concorrente, ovvero la ricorrente in primo grado, attuale appellata.
 
     Questa si è collocata al terzo posto per entrambi i lotti; le due ATI hanno, invece, conquistato, in posizione alternata, il primo ed il secondo posto in graduatoria.
 
 La tesi su cui poggia il ricorso di primo grado (sostanzialmente condivisa dalla sentenza appellata) è che sono state determinanti, nel conseguimento del primo e del secondo posto in graduatoria, le posizioni di vantaggio derivanti alle concorrenti, costituite in ATI, dai criteri previsti dal capitolato per la valutazione della capacità tecnica e della capacità economica, gli uni e gli altri concepiti, in massima parte, con riferimento ad elementi soggettivi di qualificazione e capacità e non anche all’oggetto della prestazione richiesta.
 
     L’effetto viziante dei criteri adottati sarebbe reso evidente, all’atto pratico, dai risultati concorsuali, che, sulla base anche dei verbali di gara, evidenzierebbero come il notevole divario di punteggio, fra la terza classificata (la ricorrente in primo grado) e le due ATI collocatesi al primo e secondo posto (in modo alterno per i due lotti) sarebbe dovuto, quanto alla capacità economica-finanziaria, al fatturato medio nell’ultimo triennio, e quanto alla capacità tecnica, dal numero complessivo dei dipendenti (dato, nella ATI orizzontale, dalla sommatoria dei dipendenti di ciascuna partecipante al raggruppamento).
 
     L’uno e l’altro elemento nulla avrebbero a che vedere con le caratteristiche oggettive dell’offerta economica.
 
     3.1. Si tratta di censure che investono dunque, direttamente, le regole concorsuali e soltanto di riflesso gli atti applicativi.
 
     In argomento, il primo motivo dei due distinti appelli imputa alla sentenza impugnata di avere erroneamente disatteso l’eccezione di irricevibilità del ricorso nella parte in cui impugna la lettera d’invito ed il Capitolato con i consequenziali riflessi sull’ammissibilità dell’impugnazione degli atti applicativi, sostenuta, in primo grado, con riferimento al momento della conoscenza dei criteri lesivi, o, a tutto concedere, dalle determinazioni applicative (quelle della Commissione giudicatrice adottate in sedute pubbliche con la partecipazione dei rappresentanti della società appellata nella prima decade del mese di ottobre del 2003).
 
     L’uno e l’altro argomento del motivo di appello sono destituiti di fondamento.
 
     3.2. Le affermazioni di principio, sulle quali le appellanti basano le censure, sono in contrasto con prevalente e consolidata giurisprudenza (di cui rende conto la sentenza appellata, con riferimento anche all’orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria con la decisione n. 1 del 2003), senza che siano offerti, in questa sede, argomenti utili a rimettere in discussione il principio secondo cui l’onere della impugnazione immediata degli atti preliminari sussiste soltanto quando essi contengano prescrizioni che precludano la partecipazione alla procedura concorsuale, o in “quei limitati casi in cui gli oneri imposti all’interessato ai fini della partecipazione risultino, manifestamente incomprensibili o implicanti oneri per la partecipazione del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della gara o della procedura concorsuale” (Cons. Stato, Adunanza Plenaria n. 1 del 2003 cit.). Non sussiste tale onere quando si tratti (come nel caso in esame) di disposizioni destinate ad operare nella fase applicativa della valutazione delle offerte, alla luce dei principi generali che richiedono, per i fini che interessano, l’identificabilità, in concreto, dei destinatari da esse effettivamente lesi, sulla base dei requisiti di personalità ed attualità che devono caratterizzare sia l’interesse sostanziale (a tutela del quale si agisce) sia l’interesse ad agire.
 
     Quanto alla natura vincolante delle prescrizioni adottate dall’Amministrazione in linea generale, addotta, fra gli altri argomenti, per sostenere la necessità dell’impugnazione immediata di tutte le clausole del bando lesive, è sufficiente ricordare che anche tale aspetto del problema è stato esaminato dal Supremo consesso del Consiglio di Stato, con la decisione citata, la quale pone in rilievo come resti, pur sempre, un margine di discrezionalità in capo alla commissione giudicatrice, in forza degli accertamenti e valutazioni che devono essere svolti nella procedura, e che, “solo in esito a questi e con riferimento ad essi si manifesta ed opera effettivamente” la capacità lesiva della clausola, la quale, anche nei casi in cui è percepibile prima della sua applicazione, non va oltre la manifestazione di un’elevata potenzialità che di per sé non è idonea e sufficiente a dare vita all’onere di immediata impugnazione.
 
     Tali conclusioni sono condivise dalla Sezione, sicché deve essere confermato che l’attuale appellata non aveva alcun onere di impugnare immediatamente i criteri di valutazione delle offerte, prima della loro concreta applicazione, con la considerazione ulteriore che se ciò avesse fatto, si sarebbe posto il problema dell’ammissibilità del ricorso sul piano della concretezza, attualità e personalità della lesione lamentata.
 
      3.3. Quanto al momento dal quale deve essere fatto decorrere il termine per impugnare, si osserva che, per “atto applicativo” non può essere inteso un qualsiasi atto della procedura, endoprocedimentale, ma soltanto quello che la conclude, il quale, deve essere individuato nel decreto dirigenziale n. 1691 dell’11 dicembre 2003 (tempestivamente impugnato), che reca l’aggiudicazione definitiva.
 
     L’impugnazione immediata ed in via autonoma dell’aggiudicazione provvisoria di un contratto della Pubblica amministrazione, anche se considerata ammissibile, costituisce una facoltà e non un onere del soggetto leso, il quale è tenuto ad impugnare, sia pure in un secondo momento e con motivi aggiunti, anche l’ aggiudicazione definitiva, pena l’ improcedibilità del primo ricorso.
 
     Soltanto per il concorrente escluso dalla procedura in una fase intermedia che per lui conclude definitivamente il procedimento, si pone il problema della immediata impugnazione dell’atto endoprocedimentale, che assume, per tale profilo, natura conclusiva e provvedimentale.
 
     Non così nel caso di concorrente collocato in posizione non utile, nella graduatoria provvisoria, destinata a consolidarsi soltanto con l’approvazione della graduatoria definitiva.
 
     In questo senso è il consolidato e condiviso orientamento del giudice amministrativo di appello (per tutte, Cons. Stato, Sez.V, del 6 luglio 2002 n.3717 e 3 aprile 2001 n. 1998; VI Sez., 16 novembre 2000 n. 6128 e 11 febbraio 2002 n. 785; C.G.A.R.S. 9 giugno 1998 n. 383).
 
     4. Infondato è, altresì, il secondo motivo, con il quale la sentenza appellata è sottoposta a censura nella parte in cui respinge l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse all’impugnazione, sollevata dalle attuali appellanti, in primo grado, sulla base di una ipotetica ricostruzione della valutazione spettante alle offerte dei tre concorrenti, ove, in vece dei criteri impugnati, fossero stati adottati criteri oggettivi di valutazione della capacità economico-finanziaria e della capacità tecnica, come auspicato dalla ricorrente.
 
     La tesi, riproposta in appello, suggerisce una sorta di “prova di resistenza” che correttamente il giudice di primo grado ha ritento di non poter compiere, sulla considerazione (già enunciata nell’ordinanza cautelare del 17 marzo 2004 n. 1683) che non è possibile – al giudice di legittimità – prefigurare “le determinazioni che l’amministrazione assumerà (i criteri che verrà a fissare) in presenza di annullamento, in parte qua, del bando di gara”.
 
     5. La Soc. “La Nuova ***”, nell’appello proposto in proprio e nella qualità, si duole, poi, della reiezione del proprio ricorso incidentale volto a contestare l’ammissione dell’offerta della ricorrente in primo grado, mancante di un elemento essenziale (l’offerta del servizio di radioallareme).
 
     La censura, che ripropone i vizi denunciati con il ricorso incidentale, è contenuta nel quinto motivo del ricorso n. 2546/2005, di cui si ritiene opportuno anticipare l’esame, sulla base del medesimo ordine di trattazione della sentenza appellata.
 
     Essa muove dalla considerazione che l’art. 1 del capitolato speciale (di cui è denunciata la violazione) nell’indicare gli immobili che interessato la prestazione (lotto 1) si esprime testualmente, al punto e): «Istituto Colosimo – via S.Teresa degli Scalzi, n. 36 – Napoli – servizio di guardiania + servizio di radioallarme».
 
     Tanto sarebbe sufficiente a qualificare il servizio di radioallarme come una componente essenziale della prestazione e, correlativamente dell’offerta che i concorrenti erano tenuti a presentare per il lotto in questione.
 
     Ha però rilevato il giudice di primo grado che la lettera d’invito, nel precisare quale dovesse essere il contenuto dell’offerta economica, ha disposto che essa fosse formulata inserendo nella relativa busta “gli elementi richiesti all’art. 2, punto 3, del Capitolato di appalto” ovvero “prezzo orario per guardia fissa e prezzo di ogni singola punzonatura relativamente al servizio di pattugliamento sia interno che esterno”.
 
     Su tale base è stata condivisa la tesi difensiva della ricorrente principale, che ha opposto la natura collaterale ed integrativa del servizio di radioallarme, da considerarsi nell’ambito della valutazione della capacità tecnica e non anche come componente essenziale dell’offerta, ai fini della sua ammissibilità..
 
     Si tratta di una soluzione che deve essere condivisa alla luce della formula testuale della lettera d’invito e dell’art. 2, punto 3 del capitolato cui la prima fa riferimento.
 
      “Guardia fissa” e “pattugliamento interno ed esterno” costituiscono gli elementi essenziali della prestazione in gara, tanto è che ad essi fa riferimento la modalità di presentazione dell’offerta economica, fissata nel capitolato.
 
     Cosicché al servizio di “radiallarme” non può annettersi altro significato che quello di un servizio collaterale.
 
     Tale convincimento è del resto confermato, indirettamente, dallo stesso art. 1 del capitolato speciale che, nella distribuzione del punteggio previsto per la “capacità tecnica” prevede, alla lettera a), l’attribuzione di punti 15 per “i servizi collaterali offerti e svolti con impianti tecnologici di supporto”, espressamente inserendo i “radioallarmi” nella esemplificazione di ciò che doveva intendersi per “servizi collaterali”.
 
      La mancata offerta del servizio non poteva dare luogo alla esclusione del concorrente, potendo incidere esclusivamente sulla attribuzione del punteggio per la capacità tecnica.
 
     La conclusione che precede non è contraddetta dal giudizio espresso in sentenza sul criterio di valutazione.
 
      Che taluni degli elementi di valutazione siano stati correttamente relazionati alla prestazione non esclude, in linea di principio, l’illegittimità del criterio, per l’indebita commistione con requisiti soggettivi, per di più nel caso in cui il peso specifico attribuito a questi ultimi sia stato tale da poter precostituire una selezione dei concorrenti indipendentemente dalla valutazione dell’offerta (come alla resa dei conti si è verificato nel caso in esame).
 
     D’altra parte, le clausole del bando o del capitolato, che fissano gli elementi essenziali dell’offerta, devono essere formulate in modo chiaro, ed interpretate nel loro significato letterale, senza che i concorrenti siano tenuti a supporre un significato diverso e contrastante con la lettera della disposizione, sol perché, nella denominazione dell’immobile interessato dalla prestazione ( privo di contenuto normativo) è inserito un elemento descrittivo che non trova riscontro testuale nella regola che fissa i contenuti minimi ed essenziali dell’offerta.
 
     Deve dunque essere confermata la reiezione del ricorso incidentale proposto in primo grado dall’aggiudicataria del I lotto.
 
     5. Chiarito quanto precede, può passarsi, per entrambi gli appelli, all’esame del III del IV motivo, che, con coincidenti argomenti, investono l’aspetto centrale della controversia, ovvero il meccanismo di valutazione, in relazione alle voci riguardanti la capacità tecnica e quella economico-finanziaria.
 
      Gli appellanti pongono in discussione, unitamente ai principi affermati dal giudice di primo grado (III motivo), lo stesso potere del giudice di legittimità di sottoporre a sindacato i criteri prescelti dall’Amministrazione (IV motivo).
 
     I due motivi devono essere esaminati congiuntamente.
 
     Ed infatti, la discrezionalità dell’amministrazione, nella individuazione dei criteri di scelta e del valore ponderale da attribuire a ciascuno, incontra puntuali limiti, nella disciplina interna ed in quella comunitaria, ed è tenendo presenti tali limiti che il giudice di primo grado ha sindacato l’operato della stazione appaltante, sulla base delle censure dedotte dal ricorrente, cosicché non è in giuoco la discrezionalità, ma il cattivo uso del potere, in violazione dei suddetti limiti.
 
     Essi, chiaramente, si rinvengono nel decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 (Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi).
 
      L’articolo 22, rubricato “scelta dei soggetti da invitare alle procedure ristrette”, stabilisce al comma 1, che “nella licitazione privata, nell’appalto concorso e nella trattativa privata l’amministrazione aggiudicatrice sceglie, tra i candidati in possesso dei requisiti prescritti dagli articoli da 12 a 17, quelli da invitare per la presentazione delle offerte ovvero per la trattativa; l’amministrazione si basa sulle informazioni ricevute in merito alla situazione del prestatore di servizi, nonché sulle informazioni e sulle formalità necessarie per valutare le condizioni minime di natura economica e tecnica che devono essere soddisfatte”.
 
     Il successivo art. 23 stabilisce i caratteri dell’«offerta economicamente più vantaggiosa», “valutabile in base ad elementi diversi, variabili secondo il contratto in questione, quali, ad esempio, il merito tecnico, la qualità, le caratteristiche estetiche e funzionali, il servizio successivo alla vendita, l’assistenza tecnica, il termine di consegna o esecuzione, il prezzo”.
 
     Il quadro normativo è dunque nel senso che le condizioni “di natura economica e tecnica” di cui all’art. 22 riguardano elementi dei quali l’Amministrazione può e deve tenere conto in una fase antecedente alla scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ovvero allorché si tratti di stabilire il possesso o meno dei requisiti minimi di partecipazione, ed è a tali requisiti che si riferisce, descrittivamente, l’art. 14 della stessa legge.
 
     Anche in ciò l’Amministrazione non è libera nell’agire, in quanto non può restringere a tal punto i requisiti di partecipazione da snaturare la nozione stessa di gara pubblica. Peraltro ha margini sufficientemente ampi nel prevedere requisiti specifici minimi ed anche la preselezione degli aspiranti sulla base di detti requisiti.
 
     Ma, una volta riconosciuta l’astratta idoneità dei concorrenti, questi sono posti in una posizione di assoluta parità, in applicazione dei principi concorrenziali del diritto comunitario.
 
     Il contratto (o il servizio) deve essere affidato al soggetto che presenta l’offerta oggettivamente migliore, non rilevando il precedente curriculum professionale, salvo l’apprezzamento del “merito tecnico”, il quale, peraltro, rappresenta solo uno degli elementi valutabili e seppure non descritto analiticamente dalla norma, risulta correlato essenzialmente alle caratteristiche oggettive dell’offerta del concorrente. 
 
      Pertinente è, nella sentenza appellata, il richiamo alla procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano, aperta dalla Commissione europea con atto del 27 settembre 1998 con riguardo al D.P.C.M. 27 febbraio 1997, n. 116, che, in ordine alla definizione dei criteri di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, aveva scelto di attribuire rilevanza, sia pure parziale, ad elementi già valutati in sede di prequalificazione.
 
      L’organo europeo richiama l’articolo 36 della direttiva 92/50/CEE, in forza del quale, nel caso dell’offerta economicamente più vantaggiosa possono essere presi in considerazione “vari criteri relativi all’appalto, quali ad esempio qualità, merito tecnico” e tuttavia, secondo la Commissione “tali criteri sono indicati a titolo esemplificativo, ma come si vede, si riferiscono tutti alla prestazione da eseguire concretamente e mirano a definire quale degli offerenti (tutti i candidati considerati idonei) sarà in grado di fornire nel caso concreto la prestazione migliore al prezzo più competitivo”.
 
      La legge comunitaria del 2001 ha abrogato il citato decreto n. 116 del 1997, ed ancor prima la giurisprudenza aveva chiarito che i criteri di aggiudicazione, nel sistema di appalti di servizi, devono essere riferiti direttamente ed esclusivamente all’offerta della prestazione che forma oggetto della specifico dell’appalto e non alla qualificazione e capacità degli offerenti (per tutte: Cons. Stato, Sez. V, 15 giugno 2001, n. 3187).
 
      Orbene, come è già stato posto in rilevo dal giudice di primo grado, nel caso in esame le norme concorsuali non fissano (oltre l’autorizzazione prefettizia ad operare sul territorio oggetto di appalto) requisiti soggettivi minimi di ammissione e non indicano criteri oggettivi riferiti e rapportati alla prestazione richiesta, ma prevedono, in aggiunta al prezzo (cui vengono assegnati 40 punti) un punteggio fino a 35 punti, per la capacità tecnica (con suddivisione in servizi collaterali, organico del personale, numero e tipo di automezzi, certificato di qualità, coordinamento e controllo delle prestazioni, numero frequenze radio autorizzate, numero radiotrasmittenti, servizi analoghi) e fino a 25 punti per la capacità economica-finanziaria (da assegnarsi, interamente, alla ditta con il più alto fatturato negli ultimi tre anni e via via a scalare).
 
     Tale previsione é viziata, in quanto fondata su requisiti posseduti in assoluto dai partecipanti e non relazionati alle prestazioni richieste dal bando.
 
     Le fonti normative sopra citate costituiscono sufficiente risposta ai non condivisibili argomenti, addotti degli appellanti, secondo cui, in relazione all’oggetto specifico della prestazione, il ricorso ai requisiti soggettivi sarebbe giustificato dalle connotazioni del tutto particolari della prestazione di guardiania, il cui oggetto sostanziale (ovvero “la sicurezza”) non sarebbe qualificabile né come prestazione concreta e tangibile, né in valore assoluto o misurabile, ed invece soltanto percepibile qualitativamente in ragione degli elementi soggettivi caratterizzanti le ditte partecipanti.
 
     Il vizio rinvenuto dalla sentenza appellata è reso evidente dai risultati che ne sono conseguiti, all’atto pratico dell’applicazione dei criteri, in cui appare chiaro che l’aggiudicazione dei due lotti da parte delle ATI appellanti è la risultante, non già di un apprezzamento ricadente sull’offerta da loro formulata, ma della maggiore forza economico-finanziaria (fatturato medio relativo agli ultimi tre anni) e del numero dei dipendenti (riferito alla sommatoria dei dipendenti delle società partecipanti alle ATI).
 
     Emerge in ciò non soltanto la violazione della normativa nazionale e comunitaria, ma anche dei principi di non discriminazione e concorrenzialità che non consentono che le caratteristiche dimensionali dell’impresa possano giocare un ruolo decisivo ai fini dell’aggiudicazione.
 
     I motivi in esame non meritano, dunque, accoglimento.
 
     8. In conclusione, sulla base di tutte le considerazioni che precedono, gli appelli devono essere respinti.
 
     Le spese dei giudizi riuniti, che si liquidano in dispositivo, devono essere poste, separatamente, a carico delle appellanti ed in favore della società resistente; nulla per quanto riguarda la Regione non costituita.
 
P.   Q.   M.
 
      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, riunisce gli appelli in epigrafe e li respinge;
 
     Condanna gli appellanti al pagamento in favore della S*** SUD s.r.l., delle spese dei giudizi riuniti che liquida in complessivi € 6.000,00=, ponendoli, separatamente a carico delle due società appellanti, in proprio e nella qualità, in ragione di € 3.000,00 per ciascuna, oltre IVA e CPA come per legge;
 
      Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 
      Così deciso in Roma, addì 6 dicembre 2005, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V) riunito in camera di consiglio
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA – Il 4 aprile 2006
 

Lazzini Sonia

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