I contratti conclusi dai consumatori secondo la disciplina dettata dall’art. 6 del Regolamento Roma I

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Nel Regolamento CE 593/2008 (Roma I) sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali  i contratti dei consumatori sono regolamentati dall’art.6[1].

L’art.6 del Regolamento Roma I definisce il consumatore come la persona fisica che conclude il contratto con un professionista per un uso che possa essere considerato estraneo all’attività commerciale o professionale svolta.

La definizione così contenuta nel Regolamento è simile alle diverse definizioni date dall’art.15 del Regolamento Bruxelles I e dalle molteplici Direttive in materia di tutela del consumatore. Il Regolamento continua nel solco tracciato dai precedenti atti comunitari definendo il consumatore come una persona fisica, escludendo dal suo ambito di applicazione le persone giuridiche. Inoltre il Regolamento specifica come il consumatore debba essere inserito in un rapporto con una controparte professionale, includendo nell’ambito di applicazione i contratti business to consumer (B2C) ma escludendo i contratti consumer to consumer (C2C).

La disciplina dettata si focalizza anche sull’uso del bene per il quale il consumatore conclude il contratto con il professionista: deve essere un uso estraneo all’attività commerciale o professionale eventualmente svolta, dunque la normativa si applica ai beni diretti al soddisfacimento di interessi privati. Quest’ultima condizione porta all’esclusione dalla disciplina dell’art.6 tutte quelle situazioni come le mixed transactions (dove si fa un uso promiscuo del bene, sia privato che professionale) e le situazioni nelle quali un soggetto al momento della conclusione del contratto non è un professionista ma conclude l’accordo in previsione di una futura attività professionale.

Nell’ambito di applicazione dell’art.6 rientrano tutti i contratti dei consumatori che rientrano nelle previsioni normative dei paragrafi 1 e 2. Nel paragrafo 3 dell’art.6 del Regolamento è contenuta una specifica previsione normativa, per la quale, se non sono soddisfatti i requisiti contenuti nei paragrafi 1 e 2, al contratto concluso tra un consumatore ed un professionista la legge applicabile è determinata dagli art.3 e 4 del Regolamento. Mentre nel paragrafo 4 dell’art.6 sono elencate le fattispecie contrattuali escluse, alcune delle quali sono disciplinate da norme previste da altri articoli del Regolamento (ad esempio i contratti di trasporto sono sottoposti ad una propria specifica disciplina nell’art.5 del Regolamento).

L’art.6 specifica chiaramente che il contratto deve essere regolato dalla legge del Paese dove il consumatore risiede abitualmente a condizione che il professionista svolga o diriga le sue attività verso tale Paese. Assumono particolare rilievo il criterio della residenza abituale del consumatore ed il concetto di attività diretta del professionista.

Il criterio della residenza abituale del consumatore non è definito dal Regolamento ma tale definizione può essere ricostruita pacificamente indicando come residenza abituale quella in cui il consumatore de facto risiede, escludendo altri luoghi dove il consumatore possa soggiornare temporaneamente. Il momento per rilevare dove il consumatore risiede è ricavabile dall’art.19 del Regolamento stesso che prevede come momento indicato quello della conclusione del contratto.

La scelta della residenza abituale permette al consumatore di “essere avvantaggiato” dal conoscere la legge regolatrice del contratto di consumo. Per tale disposizione si applica la legge del luogo in cui si deve svolgere l’operazione di consumo, nel quale il consumatore risiede e nel quale anche il professionista decide coscientemente di svolgere o dirigere la sua attività. Nelle intenzione del legislatore comunitario, la disposizione avrebbe il vantaggio di essere prevedibile sia per il consumatore che per il professionista, generando inoltre minori costi per entrambi i soggetti.

L’art.6 prevede l’inversione dei criteri di collegamento della legge applicabile (rispetto alla disciplina generale prevista dal Regolamento per le obbligazioni contrattuali), prevedendo prima la norma di conflitto della residenza abituale del consumatore e successivamente, nel paragrafo 2, il criterio di collegamento della volontà delle parti.

Il Regolamento, nel par.1 dell’art.6 prevede il criterio della residenza abituale, ma nell’art.6.2 prevede anche la possibilità per le parti di scegliere la legge regolatrice del contratto, a condizione che il risultato non privi il consumatore della protezione di cui sarebbe stato oggetto se fossero applicate le disposizioni non derogabili convenzionalmente della legge applicabile in mancanza di scelta, ossia le norma di applicazione necessaria del Paese di residenza abituale del consumatore, le quali, nel rapporto contrattuale in esame, definiscono gli standard minimi di protezione per il consumatore. Il legislatore europeo ha previsto tale limitazione all’autonomia privata per evitare che la legge regolatrice del contratto fosse imposta dal professionista al consumatore in virtù della posizione contrattualmente più forte del professionista, pregiudicando i diritti del consumatore.

Il paragrafo 1 dell’art.6 specifica inoltre alcune condizioni che permettono l’applicazione della legge del Paese in cui il consumatore risiede abitualmente, introducendo il concetto di attività diretta del professionista. Il professionista deve svolgere la propria attività professionale o commerciale nello Stato di residenza abituale del consumatore, ovvero deve dirigere la propria attività, con qualsiasi mezzo verso questo Stato; il contratto deve rientrare nell’ambito di tali attività. Queste disposizioni hanno come obiettivo quello di individuare con esattezza il luogo dove viene messa in atto o deve essere portata a termine l’operazione di consumo, da far corrispondere con quello di residenza abituale del consumatore: la tutela è diretta al cosiddetto “consumatore passivo”, ossia il consumatore che “subisce” le offerte di consumo provenienti da professionisti di altri Paesi.

È pacifico affermare che le norme contenute nell’articolo 6 del Regolamento possano riferirsi anche al “consumatore mobile”, ovvero colui che si sposta in un Paese diverso da quello dove risiede abitualmente per effettuare un acquisto. La disciplina prevista dal Regolamento Roma I, al fine di farvi ricomprendere anche i contratti conclusi a distanza (in particolare in contratti conclusi online), è stata mutuata da quella contenuta nell’art.15 del Regolamento Bruxelles I, introducendo il concetto di “attività diretta” del professionista. Il Regolamento contribuisce a definire la nozione di “attività diretta” nel considerando 24, la cui interpretazione deve essere fatta in armonia con le disposizioni del Regolamento 44/2001 (Bruxelles I), ora confluito nel Regolamento 1215/2012 (Bruxelles I bis). Il considerando 24 richiama una Dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione relativa all’art.15 del Regolamento Bruxelles I, che prevede che l’attività non solo deve essere “diretta” verso il Paese in cui il consumatore è domiciliato, ma anche che il contratto rientri nell’ambito delle attività commerciali o professionali svolte o dirette dal professionista in questo Paese. In materia di contratti conclusi a distanza, un mero accesso ad un sito Internet non è sufficiente per l’applicazione delle norme dell’art.15 del Regolamento Bruxelles I, ma il sito Internet deve invitare il consumatore a concludere contratti a distanza e che il contratto sia effettivamente concluso, con qualsiasi mezzo. A tal proposito è bene ricordare una sentenza della Corte di Giustizia Europea, la sentenza Pammer e Hotel Alpenhof su cause riunite Peter Pammer c. Reederei Karl Schlüter GmbH & Co. KG[2] e Hotel Alpenhof GesmbH c. Oliver Heller, in cui la Corte di Giustizia statuisce che “la semplice accessibilità del sito Internet del commerciante o di quello dell’intermediario nello Stato membro sul territorio del quale il consumatore è domiciliato è insufficiente. Ciò vale anche con riguardo all’indicazione di un indirizzo di posta elettronica o di altre coordinate ovvero all’impiego di una lingua o di una moneta che costituiscano la lingua e/o la moneta abitualmente utilizzate nello Stato membro nel quale il commerciante è stabilito”. L’attività diretta del professionista deve implicare la volontà del professionista medesimo di dirigere la propria attività presso uno o più Stati Membri. La mera esistenza del sito Internet, pur accessibile da chiunque, non è sufficiente per affermare che il professionista diriga la propria attività presso un determinato Stato Membro. Il professionista deve porre in essere determinati comportamenti tali da rendere concreta e percepibile per il consumatore, la propria intenzione di esercitare o dirigere l’attività verso lo Stato Membro di residenza del consumatore. Il Regolamento pone l’accento sull’attività del professionista, che dirigendo direttamente la sua attività in determinati Stati e con qualsiasi mezzo, si assume il rischio dell’invito a contrattare con i consumatori secondo la legge del loro Stato di residenza abituale.

 

 

 

 

 

 

 


[1]    Il testo dell’articolo 6: 1. Fatti salvi gli articoli 5 e 7, un contratto concluso da una persona fisica per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività commerciale o professionale («il consumatore») con un’altra persona che agisce nell’esercizio della sua attività commerciale o professionale («il professionista») è disciplinato dalla legge del paese nel quale il consumatore ha la residenza abituale, a condizione che il professionista: a) svolga le sue attività commerciali o professionali nel paese in cui il consumatore ha la residenza abituale; o b) diriga tali attività, con qualsiasi mezzo, verso tale paese o vari paesi tra cui quest’ultimo; e il contratto rientri nell’ambito di dette attività.

      2. In deroga al paragrafo 1, le parti possono scegliere la legge applicabile a un contratto che soddisfa i requisiti del paragrafo 1 in conformità dell’articolo 3. Tuttavia, tale scelta non vale a privare il consumatore della protezione assicuratagli dalle disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente ai sensi della legge che, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabile a norma del paragrafo 1.

      3. Se i requisiti di cui al paragrafo 1, lettere a) o b) non sono soddisfatti, la legge applicabile a un contratto tra un consumatore e un professionista è determinata a norma degli articoli 3 e 4.

      4. I paragrafi 1 e 2 non si applicano ai contratti seguenti: a) ai contratti di fornitura di servizi quando i servizi dovuti al consumatore devono essere forniti esclusivamente in un paese diverso da quello in cui egli risiede abitualmente; b) ai contratti di trasporto diversi dai contratti riguardanti un viaggio «tutto compreso» ai sensi della direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» (1); c) ai contratti aventi per oggetto un diritto reale immobiliare o la locazione di un immobile diversi dai contratti riguardanti un diritto di godimento a tempo parziale ai sensi della direttiva 94/47/CE; d) ai diritti e obblighi che costituiscono uno strumento finanziario e ai diritti e obblighi costitutivi delle clausole e condizioni che disciplinano l’emissione o l’offerta al pubblico e le offerte pubbliche di acquisizione di valori mobiliari, e alla sottoscrizione e al riacquisto di quote di organismi di investimento collettivo, nella misura in cui tali attività non costituiscono prestazione di un servizio finanziario; e) ai contratti conclusi nell’ambito del tipo di sistema che rientra nel campo di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera h).

[2]    Cause riunite C-585/08 e C-144/09 con sentenza del 7 dicembre 2010

Tonicello Cristiano

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