Guida in stato di ebbrezza: istanze difensive e rifiuto di sottoporsi ad alcoltest

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Profili normativi e giurisprudenziali.

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Cenni generali.

Negli ultimi anni la Giurisprudenza è stata molto impegnata nei reati inerenti la guida alterata dall’uso di sostanze alcoliche e dall’assunzione di sostanze stupefacenti.

Gli art.li 186, 186 bis e 187 C.d.S. riportano una disciplina piuttosto articolata finalizzata al contrasto del fenomeno della c.d. guida alterata.

Nello specifico, dall’analisi dell’art 186 C.d.S. se ne ricava, dal comma II, una diversa risposta sanzionatoria condizionata al valore del tasso alcolemico della persona accertato di volta in volta.

Le fattispecie di cui all’art 186 bis si limitano ad avere natura circostanziale, vedi Cass. Pen. Sez IV sent. n. 29374/18.

L’art 187 C.d.S. stabilisce il divieto di condurre un autoveicolo in condizioni di alterazione psicofisica dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti.

Per quanto rileva nel presente intervento, particolare attenzione viene posta sugli art.li 186 comma VII e 187 comma VIII, i quali puniscono rispettivamente il rifiuto di sottoporsi ad accertamenti tesi a verificare l’assunzione di alcool e droghe. Le sanzioni amministrative associate a tali condotte sono quelle inerenti la sospensione e la revoca della patente, e la confisca del mezzo.

L’accertamento della soglia.

Per l’accertamento della guida in stato di ebbrezza vi è solitamente un’iniziale valutazione complessiva del guidatore. Il corretto modus operandi prevede che la fase di accertamento del superamento della soglia alcolemica avvenga per gradi, partendo da un controllo “qualitativo”, per il tramite di “figure sintomatiche”. Limitandosi ad osservare il conducente del veicolo gli agenti possono ritenere che il soggetto in questione abbia assunto alcool. Se dovessero emergere elementi rilevanti gli agenti ne faranno cenno nel verbale.

Il passo successivo prevede l’uso dell’etilometro. Tale strumento consente di effettuare la misurazione della concentrazione alcolica nell’area alveolare espirata. Quest’ultimo rappresenta un esempio tipico di utilizzo di uno strumento tecnico-scientifico nella formazione della prova; tuttavia, non essendo necessaria alcuna particolare competenza tecnico – scientifica, tale accertamento non soggiace alla disciplina di cui all’art 224 bis c.p.p., e può essere validamente compiuto dagli operatori della p.g.

Se non vi sono le condizioni per procedere all’utilizzo dell’etilometro, ovvero in presenza di altre condizioni valutabili dalla p.g., l’accertamento del tasso alcolemico può essere effettuato da strutture sanitarie di base, quelle accreditate, o di quelle a tal fini equiparate. Presso le strutture sanitarie tali accertamenti possono avvenire anche attraverso il prelievo ematico.

Tale prelievo ematico può considerarsi il metodo con il più elevato grado di incidenza “nel corpo”, ai fini dell’accertamento del tasso alcolemico.

 

 Alcoltest: avviso al difensore.

 

Il diritto di difesa, così come previsto dall’art 24 Cost. è inviolabile, in ogni stato e grado del procedimento. Dall’art 220 disp. att. c.p.p. emerge che, se nel corso di attività ispettive o di vigilanza, dovessero emergere indizi di reato, gli atti necessari per assicurare fonti di prova o raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale, sono compiuti osservano le leggi del codice.

Nello specifico, l’art 114 disp. att. c.p.p., stabilisce che nel procedere al compimento degli atti di cui all’art 356 c.p.p., la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal proprio difensore di fiducia.

Chiaramente, ad una diversa incisione sul corpo corrisponde, o almeno dovrebbe, una diversa modulazione delle istanze difensive.

Mentre per un accertamento “esplorativo”, con funzioni meramente preliminari rispetto all’accertamento compiuto con alcoltest, tipo quello realizzato con l’apparecchiatura c.d. alcol-blow, non sono richiesti particolari oneri di garanzie difensive (Cass. Pen. sez IV sent. 47761/18), gli stessi assumono un ruolo molto più pregante nel caso in cui si proceda all’accertamento del tasso alcolemico con etilometro, vista l’acquisizione di elementi di prove soggette a “naturale alterabilità, modificabilità, e tendenza alla dispersione” (vedi Cass. Pen. sez. IV sent. n. 18610/2003), considerato un atto di polizia urgente ed indifferibile, rientrante nella disciplina di cui all’art 354 III comma.

In osservanza all’art 114 disp. att. c.p.p., in tale circostanza, la polizia giudiziaria ha l’obbligo di avvertire la persona sottoposta alle indagini della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, senza però che sia necessaria la nomina di un difensore d’ufficio, qualora il difensore di fiducia eventualmente nominato non sia comparso, trattandosi di un atto a sorpresa, per il quale è prevista la facoltà, e non l’obbligo, di difesa.

L’omissione dell’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia comporta (ex artt. 354, 356, 182 comma II c.p.p., e 114 disp. att. c.p.p.) la nullità a regime intermedio dei risultati e degli accertamenti relativi all’assunzione di alcol e stupefacenti. Quanto al termine entro cui eccepire la nullità, si sosteneva che il vizio devesse essere eccepito dalla parte, pena decadenza, prima del compimento dell’atto oppure, se ciò non fosse stato possibile, immediatamente dopo.

Le Sezioni Unite della Cassazione sono state chiamate a risolvere la questione inerente al momento in cui possa eccepirsi la nullità dovuta al mancato avvertimento di cui sopra, inerente il dubbio se la stessa non possa ritenersi più deducibile, se non eccepita dal diretto interessato, prima del compimento dell’atto ovvero, se di tale eccezione debba considerarsi onerato solo il difensore e quale sia, in tal caso, il momento oltre il quale si verifica la conseguenza della non deducibilità della nullità.

Con la sentenza n. 5396 del 2015 le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno stabilito che la nullità dovuta al mancato avvertimento, al conducente del veicolo, della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia, in violazione dell’art 114 disp. att. c.p.p., possa essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato ex artt. 180 e 182 comma II c.p.p., fino al momento della delibera della sentenza di primo grado. Ciò perché, affinchè possa eccepirsi la nullità derivante dal mancato avviso della garanzia difensiva, è necessario che l’indagato o l’imputato ne abbiano conoscenza, per questi la deducibilità della nullità in esame non è soggetta ai limiti di cui all’art 182 comma II c.p.p.

Con la stessa Pronuncia la Cassazione ha poi chiarito che, nel caso in cui si proceda a giudizio ordinario a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, il momento entro cui far valere la dedotta nullità, va individuato nella presentazione dell’atto di opposizione al decreto penale di condanna.

Corretto funzionamento dell’etilometro.

Sul punto merita un espresso richiamo la pronuncia della Corte Costituzionale n. 113 del 29 aprile 2015, stante il ricorso incidentale promosso dalla Corte di Cassazione Civile, in un giudizio di opposizione a ordinanza prefettizia di rigetto del ricorso avverso un verbale di accertamento della Polizia Stradale. Con tale pronuncia la Corte Costituzionale ha dichiarato parziale illegittimità del D. Lgs 285/92, art 45 comma VI nella parte in cui non prevedeva che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento della violazione dei limiti di velocità fossero sottoposti a verifiche di funzionalità e di taratura.

In particolare, il richiamo della Corte costituzionale al canone di “razionalità pratica” era finalizzato ad affermare che “qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a modifiche dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, mutamenti della tensione di alimentazione”, eventualità queste che rendono intrinsecamente irragionevole l’esonero delle apparecchiature da verifiche periodiche. Tale principio espresso dalla Corte Costituzionale fu applicato al caso dell’etilometro dalla Corte di Cassazione Civile, stabilendo che, in tema di violazione del codice della strada, il verbale di accertamento effettuato con l’etilometro dovesse contenere l’attestazione della verifica che lo strumento utilizzato per l’accertamento sia stato sottoposto alla prescritta e aggiornata omologazione e corretta calibratura. Sul punto la Cassazione Penale, con sent. n. 36618/19, sulla scia dell’insegnamento della Corte Costituzionale, recepito dalla giurisprudenza civile, ha fatto proprio tale orientamento.

La Cassazione Penale con sent. n. 46220/19, quanto al funzionamento dell’etilometro ha ricordato che, in tema di guida in stato di ebbrezza, il D.P.R. 495/1992, all’art 379, stabilisce che gli etilometri in uso devono esser sottoposti a verifiche di prova dal CSRPAD con tempi e modalità previste dal Ministero dei Trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministero della Sanità e che, in caso di esito negativo delle suddette verifiche, il macchinario deve esser ritirato. Queste operazioni di controllo devono quindi avvenire prima che gli apparecchi vengano messi in uso, e periodicamente.

Oggetto di oscillante giurisprudenza è stata la materia inerente la distribuzione dell’onere probatorio.

Con la già richiamata sent. n. 38618/19 la Cassazione Penale ha ritenuto che l’onere della prova fosse in capo all’accusa, vista la necessità che questa provasse tutti i fatti costitutivi del reato, mentre all’imputato spettasse allegare i fatti modificativi ed estintivi, di una certa situazione, rilevante per il diritto. La parte che allega un fatto (nel caso di specie la guida in stato di ebbrezza), affermandolo come storicamente avvenuto, deve introdurre nel processo elementi di prova idonei a dimostrarne la veridicità. L’onere della prova dell’imputato di dimostrare il contrario poteva sorgere solo in conseguenza di un reale ed effettivo accertamento da parte del pubblico ministero del regolare funzionamento ed espletamento delle dovute verifiche all’etilometro.

Ciò anche in considerazione del fatto che l’etilometro è nella disponibilità della PA e per tale la prova del malfunzionamento dello stesso, da parte dell’imputato, risulta essere più difficoltosa.

Da ultimo, tuttavia, i giudici di legittimità, con la sentenza n. 3201/20 hanno fatto un parziale “retrofont”, stabilendo che spetti all’opponente provare i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi dell’effetto giuridico del provvedimento sanzionatorio oggetto di giudizio. Quindi, sostiene la Corte, seppur sia posto a carico dell’amministrazione l’onere di provare i fatti costitutivi dell’effetto giuridico del provvedimento sanzionatorio, nondimeno sull’opponente grava necessariamente un “prioritario” onere di allegazione volto a contestare la sussistenza di tali fatti costitutivi.

Rifiuto di sottoporsi ad alcoltest ex art 186 comma VII C.d.S.

Preliminarmente occorre dire che fino al D.L. 3 agosto 2007 n. 117, il rifiuto di sottoporsi ad alcoltest era considerato un reato punito con l’arresto fino ad un mese e con l’ammenda da € 258,00 fino a € 1.032. Con citato decreto, convertito in l. 160/07, tale fattispecie veniva depenalizzata e ridotta ad illecito amministrato, provocando una chiara distorsione del sistema, paralizzando gli accertamenti di cui agli art.li 186 e187 C.d.S. La Corte di Cassazione sul punto affermò che, in caso di rifiuto di sottoporsi ad alcoltest, potendo desumere lo stato di ebbrezza da indici sintomatici (tipo l’alito vinoso), per il principio del favor rei, poteva ritenersi integrata la fattispecie più lieve, ossia quella ex art 186 comma II let. a); (per quanto concerne l’ipotesi dell’art 187 C.d.s., la mancanza di accertamento, non essendo sopperibile da indici comportamentali, come per lo stato di ebbrezza, precludeva la possibilità di affermare la responsabilità penale del conducente).

Quindi, con il D.L. 23 maggio 2008 n. 92, convertito in L. 24 luglio 2008 n. 125, si è reintrodotto, nel Codice della Strada, il reato di rifiuto di consentire l’accertamento dell’eventuale stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica, da parte degli organi di polizia stradale.

Attualmente, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, nel caso di rifiuto dell’accertamento cui al comma III-IV-V, il conducente è punito con il medesimo trattamento sanzionatorio di cui al comma II, let. c) (ossia la fattispecie più grave inerente il più alto tasso alcolemico rilevato), dunque con la pena dell’ammenda da € 1.500,00 a € 6.000,00, e con l’arresto da tre mesi ad un anno (medesima pena è prevista dall’art 187 comma VIII).

Alla pena sopra indicata si aggiunge la pena accessoria della sospensione della patente da sei mesi a due anni, e la confisca del veicolo, salvo che appartenga a persona estranea al reato.

Nel caso in cui il fatto sia commesso da soggetto già condannato nei due anni precedenti per lo stesso reato, è prevista la revoca della patente.

Il rifiuto in esame non richiede necessariamente manifestazioni espresse d’indisponibilità, ma può considerarsi sussistente anche quando il conducente del veicolo – pur opportunatamente edotto circa le modalità di esecuzione dell’accertamento – attui una condotta ripetutamente elusiva del metodo di misurazione del tasso alcolemico, sul punto si è espressa la Corte di Cassazione Pen. sez. IV con sent. n. 22005/18.

Nonostante l’espresso richiamo alle pene di cui al comma II let. c) della medesima disposizione, deve ritenersi che per il reato di rifiuto di sottoporsi ad accertamento non possa applicarsi il raddoppio della pena accessoria della sospensione della patente nel caso in cui il veicolo appartenga a persona estranea. Così si è espresso la Cass. Pen.  sent. n. 15184/15 (contra Cass. Pen. sent. n. 14169/14).

Quanto alla circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale, si ritiene che questa non sia configurabile rispetto al reato di rifiuto ex art 186 comma VII C.d.S. stante la diversità ontologica della fattispecie incriminatrice rispetto a quella della guida in stato di ebbrezza. Cass. Pen. Sez. Un. Sent. n. 46625/15.

Rispetto al reato in esame deve ritenersi esclusa l’applicazione della circostanza aggravante dovuta all’aver commesso il fatto in orario notturno, in tal senso si è espressa la Cass. Pen. sez IV sent. 36073/17.

Giunti a questo punto non resta che fare un breve richiamo agli aspetti procedurali che sembrano avere una reale importanza rispetto alla fattispecie richiamata.

La Cassazione Penale a Sezioni Unite, con sentenza n.13682/16, ha statuito la compatibilità del reato inerente il rifiuto di sottoporsi ad alcoltest con la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Le medesime conclusioni valgono anche per il reato di rifiuto di narcotest, seppur in questo caso sembra prevalere un atteggiamento di maggior rigore.

Nella citata sentenza la Suprema Corte si sofferma sull’art 131 bis c.p.p. stabilendo come la valutazione della particolare tenuità del fatto debba effettuarsi alla luce di un’attenta ponderazione circa la considerazione della condotta, delle conseguenze del reato e del grado di colpevolezza.

Nel caso in esame non emergeva una condotta di guida particolarmente pericolosa, la pena irrogata era quella del minimo edittale, e quindi la Corte aveva ritenuto che vi fossero indici significativi nel senso della possibile sussunzione del fatto nell’ipotesi di particolare tenuità. Ciò che rileva sembra quindi essere la circostanza che il fatto illecito abbia generato un contesto concretamente e significativamente pericoloso rispetto ai beni collettivi tutelati.

Il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte nella citata sentenza è: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art 131 bis c.p.p., è compatibile con il reato del rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcoolemetrico, previsto dall’art 187 comma VII C.d.S.

Riflessioni conclusive: ipotesi di disparità di trattamento.

La Suprema Corte Penale, con sent. n. 10038/19 si è espressa a seguito del ricorso presentato da un privato cittadino responsabile, secondo la Corte d’Appello di Venezia, del reato di cui all’art 186 comma II let. c) e comma II bis c.d.s., condannato (pena sospesa), a 4 mesi di arresto e € 1.400 di ammenda, oltre alla confisca della vettura e revoca della patente.

Avverso alla sentenza di secondo grado, il condannato ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione di legge in relazione all’art 3 Cost e art 186 C.d.s., e vizio di motivazione. Il ricorrente sosteneva che l’attuale dettato dell’art 186 c.d.s. comportasse una disparità di trattamento tra la sanzione del soggetto che, dopo aver commesso un incidente, fosse stato trovato in stato di ebbrezza e il soggetto che, dopo il sinistro, si rifiuti di sottoporsi ad accertamento. Nel primo caso è prevista la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, mentre nel secondo (per il non recidivo nei due anni), solo la sospensione. Nel caso in questione pare quindi che se il soggetto in questione si fosse semplicemente rifiutato di sottoporsi ad accertamento, avrebbe ottenuto un trattamento sanzionatorio più mite.

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso, rigettandolo ed affermando che la questione su cui il ricorrente articolava il motivo fosse già stata respinta dai Giudici di merito. Non vi sarebbe alcuna similitudine tra le disposizioni dell’art 187 comma II e II bis, e il comma VII del medesimo articolo, e per tale motivo non può porsi il problema della disparità di trattamento.

La Corte di Venezia sostenne che, nel caso di guida in stato di ebbrezza con incidente stradale, il contesto fosse quello di pericolo per la collettività generato da intossicazione alcolica, mentre nel caso di rifiuto di sottoporsi ad accertamento, rilevasse unicamente un comportamento negativo consistente in un ostacolo nell’attività di controllo per la sicurezza stradale.

La netta differenza starebbe quindi nella ratio dei due precetti, rientrando nella discrezionalità del legislatore la diversità sanzionatoria delle due fattispecie.

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Note

Alesci Garanzie difensive nell’esecuzione dell’alcoltest – le modalità di accertamento del tasso alcolemico e il rispetto delle garanzie difensive. Giur. It. 2016

 

D’Auria Reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico – le Sezioni Unite fanno chiarezza sul rifiuto di sottoporsi ad alcooltes. Giur. It. 2016

 

Basile e G. Losappio Percorsi di giurisprudenza – i reati del codice della strada: guida alterata, fuga, omesso soccorso. Giur. It. 2020

Dott.ssa Ester Giovannelli

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