Gli atti di emulazione, definizione e disciplina giuridica

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Il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri.

A norma dell’art. 832 del codice civile, il proprietario ha diritto di godere e disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo, ovviamente osservando i limiti stabiliti dall’ordinamento, l’ampiezza del suo diritto subisce una compressione di diversa intensità  se sulla stessa cosa gravino altri diritti reali di godimento, sino a che la proprietà viene denominata “nuda” se con essa concorra il diritto di usufrutto.

Il proprietario, del suo bene ne può fare quello che vuole, ma non può compiere degli atti a esclusivo scopo di arrecare danno ad altri, e non può esercitare il suo diritto in modo arbitrario, badando al suo esclusivo interesse personale.

La necessità di fissare dei limiti al diritto di proprietà risponde all’esigenza di salvaguardare sia gli interessi privati (limiti posti nell’interesse privato), soprattutto degli altri proprietari, sia quelli della collettività (limiti posti nell’interesse pubblico).

Il significato di questo divieto è evidente, l’esercizio del diritto di proprietà non può diventare strumento per danneggiare o infastidire gli altri soggetti.

La previsione ex articolo 833 del codice civile, ha carattere residuale di vera e propria norma di chiusura ed è invocabile se manchino specifiche violazioni di altre disposizioni.

La giurisprudenza, tranne in rari casi, ha sempre preferito dare un’interpretazione restrittiva della norma stessa, che si manifesta nell’escludere la sua applicazione analogica fuori dal campo dei diritti reali.

In diritto si definisce atto emulativo o atto di emulazione quell’atto, che costituisce esercizio di un diritto soggettivo, che non abbia altro scopo se non quello di nuocere o recare molestia ad altri, configurandosi così come abuso del diritto.

Il fondamento  del divieto degli atti emulativi è il principio dell’abuso del diritto, che deriva dalla concezione dei diritti soggettivi come forme di tutela di interessi socialmente apprezzabili.

Il principio dell’abuso del diritto è un principio che segna un limite alla tutela del diritto stesso, e diversamente da altri limiti, che restringono in via preventiva ed astratta il contenuto del diritto, il principio dell’abuso riguarda l’alterazione funzionale di questo perché colpisce atti che risultano nocivi per gli altri.

Il divieto di abuso del diritto si pone come limite esterno all’esercizio, potenzialmente pieno ed esclusivo, del diritto soggettivo.

Nel nostro ordinamento non esiste una norma che sanzioni l’abuso del diritto.

Si può configurabile un abuso quando un diritto viene esercitato in contrasto con la buona fede o con lo scopo in vista del quale il diritto stesso è stato riconosciuto dal legislatore.

Le norme di riferimento sono l’articolo 833 e l’articolo 1175 del codice civile.

La sussistenza di un atto emulativo presuppone il concorso di due elementi, cio che sia privo di utilità per chi lo compie e che abbia l’esclusivo scopo di nuocere o di recare molestia ad altri.

Contro gli atti emulativi è possibile esperire un’azione di risarcimento danni, per equivalente o in forma specifica, o un’azione inibitoria.

L’atto riconosciuto emulativo, dovendosi ai sensi dell’articolo 833 del codice civile considerare illecito, produce la conseguenza della rimozione della molestia (demolizione dell’opera) o del  risarcimento del danno , anche in applicazione degli articoli 2043 e 2058 del codicecivile.

In riferimento al compimento dell’atto stesso secondo autorevole dottrina al fine  di dare effettiva applicazione alla regola, si dovrebbe avere riguardo non all’animus (che è irrilevante perché quello che conta è il fatto di recare molestia, non l’intenzione di recarla, essa se non c’è vantaggio, è in re ipsa) ma al rapporto oggettivo tra vantaggi del proprietario e svantaggi del terzo, anche ex articoli 2 e  42  comma 2 della Costituzione, con conseguente obbligo di attivarsi (ad esempio potando le piante che recano disturbo al vicino) per la salvaguardia dell’altrui interesse.

Secondo altra dottrina avallata dalla giurisprudenza quasi unanime, l’atto emulativo consiste in un atto di esercizio del diritto di proprietà, con finalità pregiudizievole, intesa come  animus nocendi, cioè intenzione dolosa di arrecare danno.

L’opinione della dottrina prevalente vede nell’intenzione  dolosa  elemento costitutivo della fattispecie dell’atto di emulazione, la quale prova è a carico del danneggiato.

La condotta dell’agente deve essere connotata dal cosiddetto animus nocendi, che consiste, oltre alla dolosa volontà di nuocere, nella mancanza di qualsivoglia vantaggio per l’agente e per l’intrinseca dannosità dell’atto stesso.

In particolare, il danno che l’atto è idoneo a cagionare consiste nella lesione di interessi che non sono autonomamente tutelati nella vita di relazione.

In giurisprudenza si afferma che, perché si abbia un atto emulativo vietato ai sensi dell’articolo 833 del codice civile, è necessario che l’atto di esercizio del diritto sia privo di utilità per chi lo compie e sia posto in essere all’esclusivo scopo di nuocere o di recare molestia ad altri.

Perché si abbia un atto emulativo vietato dalla legge non è sufficiente che il comportamento del soggetto attivo arrechi nocumento o molestia ad altri, è anche necessario che il fatto sia posto in essere per questa esclusiva finalità senza essere sorretto da nessuna giustificazione di natura utilitaristica dal punto di vista economico e sociale, con la conseguenza che l’atto emulativo non è configurabile se il proprietario ponga in essere degli atti che, anche essendo contrari all’ordinamento e che comportano molestia e nocumento ad altri, siano soggettivamente intesi a procurargli un vantaggio.

Non costituisce atto emulativo, la sostituzione di una siepe con un muro in cemento, rivolto a precludere ai vicini “l’inspectio” nel proprio fondo, perché restando la funzione del manufatto identica a quella della siepe, la sostituzione non si può dire manifestamente priva di utilità.

In realtà ponendosi il carattere emulativo come limite esterno al diritto di proprietà esercitabile dal confinante, lo stesso deve essere valutato in termini restrittivi, con la conseguenza che, nonostanela costruzione possa non rispondere completamente a quei requisiti funzionali che ne avevano giustificato la creazione, l’obiettiva idoneità a soddisfarli in gran parte consente di escludere la ravvisabilità dell’atto emulativo.

Non è riconducibile a questa categoria di atti l’azione del proprietario che chieda l’eliminazione di una veduta aperta dal vicino a distanza illegale (nella specie si è esclusa la natura di atti emulativi dell’acquisto di una striscia di terreno antistante l’immobile in cui si aprono le vedute, in vista dell’aggiudicazione poi mancata del medesimo in sede di asta pubblica, nonché dell’esercizio dell’azione di rispetto delle distanze legali).

Non si può considerare emulativa la domanda di eliminazione di una veduta aperta dal vicino a distanza illegale (ex artt. 905, 906 cod. civ.), che tende al riconoscimento della libertà del fondo ed alla rimozione di una situazione illegale e pregiudizievole.

Non è riconducibile alla categoria degli atti emulativi l’azione del proprietario che chiede la riduzione della costruzione realizzata dal vicino violando gli accordi negoziali sulle dimensioni del manufatto ed arrecando pregiudizio estetico.

L’unica pronuncia delle sezioni unite in tema ha stabilito che l’atto di emulazione richiede un comportamento che il proprietario, come tale ed in connessione alle facoltà che a questo titolo gli spettano, pone in essere all’esclusivo scopo di nuocere o recare molestia ad altri, e non è configurabile con riguardo all’azione che il proprietario stesso proponga contro il vicino per pretendere l’adempimento di un obbligo contrattualmente assunto.

Non costituisce applicazione di un principio il divieto per il proprietario di compiere atti che non abbiano se non lo scopo di nuocere o recare molestia ad altri.

La norma dell’articolo 833 del codice civile non può essere invocata fuori del campo per il quale è dettata e, in particolare, contro un condomino, il quale eserciti il proprio diritto di rivolgersi al giudice per fare dichiarare l’asserita nullità di una deliberazione dell’assemblea dei condomini.

Dott.ssa Concas Alessandra

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