Forma del contratto e sua conclusione mediante strumenti telematici

Redazione 29/12/08
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Qualunque determinazione umana che rimane nella sfera giuridica interna di un soggetto, è inidonea a produrre conseguenze giuridiche.
Il concetto di forma esprime le modalità attraverso le quali, l’atto umano deve esteriorizzarsi, per poter acquistare rilevanza giuridica.
Nel nostro ordinamento vige, in materia contrattuale, il principio generale della libertà delle forme, in virtù del quale le parti di un contratto possono decidere liberamente il modo attraverso il quale esteriorizzare la loro volontà.
Tale principio assolve alla funzione di rendere più agevole la circolazione dei beni e la produzione della ricchezza, che trovano nel contratto lo strumento attraverso cui attuarsi.
Infatti, è di immediata percezione come sia molto più semplice e meno “costoso” concludere, ad esempio, un contratto verbalmente rispetto a farlo mediante atto pubblico.
Ma se in determinati ambiti è preferibile una maggiore rapidità nella contrattazione, in molti altri casi, in ragione degli interessi in gioco, è più auspicabile adottare dei meccanismi che, consentano ai contraenti di rendersi conto delle conseguenze che deriveranno dall’atto che compiono.
A tal fine, il legislatore ha per alcuni contratti richiesto l’utilizzo di una determinata forma a pena di nullità (c.d. forma ad substantiam).
L’art.1325 cod. civ., infatti, indica tra gli elementi essenziali del contratto, unitamente, all’accordo delle parti, alla causa e all’oggetto, anche << la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità>>.
Alla luce di tale disposizione codicistica, i contratti possono essere distinti in contratti, che in ossequio al principio generale della libertà delle forme, sono a forma libera, ed in contratti a forma vincolata o solenne, per i quali la legge richiede l’utilizzo di una determinata forma a pena di nullità.
I contratti a forma vincolata si dividono, a loro volta, in contratti per i quali la legge richiede che siano stipulati per atto pubblico (ad es. donazioni) e contratti che devono essere stipulati per atto pubblico o scrittura privata (ad es.alienazione di immobili).
La prescrizione di una forma ad substantiam risponde non soltanto all’esigenza di richiamare l’attenzione dei contraenti sull’importanza giuridica e sulle conseguenze economiche che conseguono dall’ atto che intendono concludere, (Bianca, efficacemente parla di funzione di responsabilizzazione del consenso), ma altresì a quella di certezza dell’ atto che si compie.
La redazione di un atto pubblico o di una scrittura privata conferisce alla dichiarazione negoziale, manifestata dai contraenti, la certezza del suo contenuto nel tempo e nei confronti di chiunque.
Ma affinché un contratto a forma vincolata o solenne, possa considerasi, validamente stipulato, occorre che il consenso delle parti manifestato nella forma richiesta, determini direttamente o indirettamente gli elementi essenziali del contratto, (nel caso ad esempio di un contratto di permuta immobiliare, esso sarà validamente concluso mediante atto scritto nel quale siano identificati le parti e i beni oggetto dello scambio e sia pure implicitamente la causa del contratto).
In tutti i casi in cui la forma (ai sensi dell’art.1325 cod. civ) è un elemento costitutivo del contratto, viene indicata come <
>, per sottolinearne la distinzione dalle << forme volontarie o convenzionali>>.
Le forme volontarie o convenzionali, rappresentano, a mio giudizio, una naturale conseguenza del principio generale della libertà delle forme, in quanto, così come le parti sono libere di scegliere la modalità, attraverso la quale costituire, modificare ed estinguere rapporti giuridici tra loro, allo stesso modo, possono liberamente scegliere di impegnarsi ad utilizzare una determinata forma, mediante, i cd. Patti di forma, ossia patti scritti con i quali, le parti convengono di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto (art.1352 cod. civ.).
E’ dunque evidente come la distinzione tra forme legali e forme volontarie non è soltanto nominalistica, bensì diversa è la fonte, la legge per le forme legali e l’autonomia negoziale per quelle volontarie, e di riflesso diverse sono le conseguenze che derivano dalla loro inosservanza.
Al di là di tutte le distinzioni tra i diversi tipi di forme, fatte fin qui, occorre porre l’accento su un ulteriore distinzione, spesso nella prassi trascurata, ossia tra forma e documento.
La forma abbiamo visto è la modalità di manifestazione della volontà, il documento invece, può definirsi come qualunque cosa (ad esempio la carta, la pietra etc.) che consente di far conoscere fatti giuridicamente rilevanti, (ad esempio, la scrittura privata è la forma del contratto col quale tizio da in locazione l’immobile x a caio, mentre, il documento è il foglio di carta dove tale contratto è stato scritto).
Dunque ne consegue che mentre la forma è lo stesso negozio, in quanto gli atti umani devono manifestarsi all’esterno per acquistare rilevanza giuridica, al documento può riconoscersi funzione di semplice strumento di rivelazione, il cui carattere secondario implica che, la sorte del documento attraverso il quale è stato espresso il consenso non incide come tale sull’esistenza del contratto, ma eventualmente sull’esercizio del diritto ad esso collegato.
Il documento può essere cartaceo o non cartaceo, i documenti cartacei possono essere, a loro volta, scritti o scritti e sottoscritti.
Peculiarità della sottoscrizione è la sua univocità, ossia la sua idoneità ad individuare inequivocabilmente il soggetto che la ha apposta ed è dunque per tal ragione che mentre l’atto non deve essere necessariamente scritto di pugno dal suo autore, la sottoscrizione, invece, è sempre autografa.
Proprio la sua univocità fa sì che essa rappresenti il momento perfezionativo del contratto formale, la cui mancanza, nei casi di forma ad substantiam, impedisce che l’accordo possa considerarsi concluso, mentre nei casi di forma ad probationem, che lo stesso possa essere provato. 
In seguito alla diffusione delle tecnologie informatiche ha acquisito sempre maggior rilevanza il documento elettronico, ossia il documento che utilizza come supporto materiale di documentazione il supporto informatico. Ma se l’utilizzo dei segni grafici fa sì che esso possa, senza alcun dubbio, considerarsi un documento scritto, più problematica è stata la sua riconduzione nell’ambito nei documenti scritti e sottoscritti.
Infatti sino al 1997, la dottrina maggioritaria escludeva che il documento informatico potesse essere equiparato alla scrittura privata, per l’impossibilità del suo autore di sottoscriverlo mediante le modalità tradizionali di sottoscrizione.
Nel 1997, la legge delega Bassanini 1, operò una vera e propria equiparazione tra il documento informatico e la scrittura privata, in quanto si individuò una tecnologia che consentiva di creare una firma (cd. firma digitale) che avesse le stesse caratteristiche di univocità della sottoscrizione.
La firma digitale funziona attraverso l’utilizzo di chiavi crittografiche asimmetriche, che garantiscono l’autenticità del documento e la riservatezza .
Attualmente, l’intera disciplina è regolata dal Codice dell’amministrazione digitale così come modificato dal d.lgs 159/06, il quale, non soltanto nell’art. 21 afferma che il documento informatico da chiunque formato è valido e rilevante a tutti gli effetti di legge se rispetta i requisiti tecnici previsti dall’art 72 dello stesso codice, ma, altresì, accanto alla firma digitale prevede altri due tipi di firme: la firma elettronica e la firma elettronica qualificata.
La distinzione tra i tipi di forma riveste grande importanza ai fini probatori ed ai fini dell’efficacia sostanziale del documento, infatti, nella prassi la validità e l’efficacia probatoria di un documento elettronico varia in relazione alla firma ad esso apposta.
E’ possibile allora distinguere tra:
1)documento informatico non firmato (equiparato alla riproduzione meccanica);
2)documento informatico, cui è apposta una firma elettronica semplice (sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità e di sicurezza);
3)documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale (l’unico a cui può riconoscersi l’efficacia prevista dall’art. 2702 cod.civ., infatti fa piena prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni da chi lo ha sottoscritto, se formato nel rispetto delle regole tecniche, che garantiscano l’identificabilità dell’autore e l’integrità del documento).
La distinzione appena fatta riveste una centrale importanza ai fini della validità che, caso per caso, può essere riconosciuta ai contratti conclusi mediante strumenti informatici.
Infatti se è pur vero che in applicazione del principio della libertà delle forme, tutti i contratti a forma libera, possono senza alcun dubbio considerarsi validamente conclusi anche se stipulati mediante strumenti informatici, discorso diverso deve essere fatto nei casi di contratti a forma vincolata, per i quali l’utilizzo della firma digitale ha profondamente inciso.
La firma digitale e la firma elettronica qualificata conferiscono al documento informatico, attraverso il quale due o piu parti costituiscono, modificano o estinguono tra loro rapporti giuridici patrimoniali il valore di scrittura privata, ne consegue che allo stato attuale potranno validamente essere stipulati mediante strumenti informatici, tutti i contratti per i quali il legislatore prescrive la forma della scrittura privata, ma non i contratti per la validità dei quali il legislatore richiede l’atto pubblico.
Un ulteriore problematica che emerge in relazione alla conclusione di tale tipo di contratto è quella rappresentata dalla difficoltà, rispetto ai contratti “tradizionali”, di stabilire il momento ed il luogo in cui il contratto può considerarsi concluso.
A tal fine occore tener presente la disciplina codicistica, ai sensi della quale, ex art.1326 cod civ. <>. Nonché, ai sensi dell’art 1334 cod civ, la proposta ed accettazione producono i loro effetti dal momento in cui pervengono a conoscenza del relativo destinatario.
Inoltre l’art. 1335 prevede una presunzione di semplice conoscenza dell’accettazione che avviene nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario a meno che questo non provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne conoscenza.
Alla luce di ciò, occorre distinguere i casi in cui i contratti vengono stipulati per mezzo della posta elettronica, nei quali il momento della conclusione coincide con quello in cui l’accettazione arriva all’indirizzo del proponente, in quanto la casella postale, resa disponibile da un provider, costituisce l’indirizzo elettronico cui fare riferimento per l’applicazione della presunzione di cui all’art. 1335,
da quelli in cui il contratto,si perfeziona mediante l’uso di computer, per es. nelle ipotesi di compilazioni di appositi moduli di acquisto presenti in molti siti.
 In questi ultimi casi il cliente provvede a compilare il modello proposto dal venditore, inserendo il codice dei beni, la quantità, il luogo di consegna, i suoi dati identificativi, le modalità di pagamento e la conclusione del contratto avverrà , nel momento in cui l’impulso elettronico trasmesso attraverso la rete telematica giunge al computer del proponente.
La distinzione appena fatta tra contratti conclusi mediante posta elettronica e contratti conclusi mediante l’utilizzo di computer è importante, anche, al fine di stabile il luogo di conclusione degli stessi.
L’ art. 1326 si riferisce solo al “momento”, senza nulla aggiungere in merito al luogo della conclusione del contratto.
 La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie ritengono che un contratto possa considerarsi concluso nel luogo in cui si trova il proponente al momento in cui ha notizia dell’accettazione.
Ne consegue, che nei contratti perfezionati tramite computer, il luogo di conclusione dello stesso è quello in cui si trova il terminale che ha ricevuto gli impulsi elettronici contenenti l’accettazione,
mentre, nei contratti conclusi tramite l’invio di un messaggio per posta elettronica, la dottrina maggioritaria ritiene che il luogo non è quello dove il soggetto si trova quando "scarica" l’e-mail, bensì quello ove è collocato il server del provider contenente la casella postale del proponente.
Le peculiarità strutturali dei contratti in questione influiscono anche ai fini della disciplina applicabile per i vizi della volontà.
Infatti, anche se non vi è alcun ostacolo che impedisca di applicare le disposizioni codicistiche dettate in materia ( è possibile che un contratto possa essere annullato, qualora, ex art. 1427 il consenso fu dato per errore, estorto con violenza o carpito con dolo), la dottrina è concorde nel riconoscere, nell’ambito del commercio elettronico, un ruolo marginale agli stati soggettivi.
La stessa situazione di incapacità del dichiarante, per es. il minore che utilizzi la carta di credito dei genitori, non può in alcun modo essere rilevata dalla controparte, in quanto in tali casi il contratto è comunque valido ed efficace.
L’estrema facilità con la quale chiunque ed in qualunque momento( internet è come un grandissimo centro commerciale aperto 24 ore su, 24), può acquistare qualsiasi bene venduto on-line, rappresenta, a mio giudizio, una grande opportunità che ha ormai eliminato qualunque distanza territoriale (se voglio posso anche acquistare con un semplice click qualunque prodotto tipico di un lontanissimo e sperduto paese del mondo), allo stesso tempo, però, moltissime sono le insidie nelle quali si può cadere.
Per tal ragione la disciplina legislativa in tale settore non soltanto non può non risponde alle esigenze di tutela dei consumatori, ma, altresì, deve costantemente adeguarsi alle sempre nuove esigenze emergenti dal commercio on-line.
 
Marina D’Ambra

Redazione

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