Fisco: il “tax freedom day”

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In data 6 giugno c.m. i contribuenti aventi residenza fiscale in Italia, cittadini e non cittadini italiani, hanno “finito” – teoricamente – di erogare contributi previdenziali e tasse allo Stato, scattando il giorno successivo, 7 giugno 2022, il c.d. “tax freedom day”, ossia il giorno della liberazione fiscale. Chiaramente si tratta di una valutazione fatta prendendo come spunto di riferimento la base del contribuente medio e pertanto, una volta che sono stati saldati i conti delle varie Imu ( Imposta Municipale Propria ), Iva ( Imposta sul valore aggiunto ) , Tari ( tassa sui rifiuti ), Irap (Imposta regionale sulle attività produttive ), Ires ( Imposta sul reddito delle società ), Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche ), contributi previdenziali nonché addizionali varie ogni percettore di reddito inizia a guadagnare per sé medesimo. Avendo come parametro di riferimento l’anno precedente, nel 2022 l’evento è arrivato con un giorno di anticipo, essendo stati necessari ben 157 giorni lavorativi, includendo nel computo anche i sabati e le domeniche.
In sostanza i lavoratori, che pagano le tasse, hanno lavorato per poco più di 5 mesi per l’Erario. Giova ricordare che è residente in Italia ai fini delle imposte sui redditi chi per la maggior parte dell’anno (almeno 183 giorni l’anno, 184 in quelli bisestili) è iscritto nell’Anagrafe delle persone residenti in Italia, oppure ha il proprio domicilio o la propria dimora abituale in Italia.

Da chi viene eseguita l’operazione di calcolo?

Tale operazione di calcolo viene effettuata come ogni anno ad opera dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre, osservando che l’indicazione del  “giorno di liberazione fiscale” non è altro che “un puro esercizio teorico che serve a dimostrare, se ancora ce ne fosse bisogno, l’eccessivo peso fiscale che grava sugli italiani”.

La rilevazione effettuata ad opera dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre ha rilevato come il raggiungimento della “liberazione fiscale” dopo  157 giorni lavorativi è determinato anche da una “Pressione fiscale al 45,4% in Italia, ancora sopra il livello di guardia”.

Come viene effettuata l’operazione di calcolo?

Per determinare il “tax freedom day” viene presa la stima del PIL nazionale dell’anno corrente e viene divisa per il 365 giorni che compongono l’anno. All’esito di tale operazione si ricava il dato medio giornaliero. In un’operazione successiva vengono prese in considerazione le previsioni del gettito dei contributi previdenziali, delle imposte e delle tasse che coloro i quali percepiscono un reddito verseranno nel 2022, il tutto rapportato al PIL giornaliero.

La situazione del 2021

Lo scorso anno il peso dei tributi, delle imposte e delle tasse in generale ha raggiunto una soglia pari al 43,5%, ponendo l’Italia alla posizione numero sei tra i ventisette Paesi membri dell’Unione Europea subito dietro a: 1) Danimarca (48,1%), 2) Francia (47,2%), 3) Belgio (44,9%), 4) Austria (43,8%), 5) Svezia (43,7%). Prendendo come punto di riferimento lo scorso anno  la media dell’Unione Europea era pari alla soglia del 41,5%.

Il confronto con i principali competitor europei

Secondo quanto argomentato dall’ Ufficio Studi CGIA – Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre – : “ Tra i big dell’UE solo la Francia ha un fisco più esoso del nostro. Dal confronto con gli altri Paesi europei non emerge un risultato particolarmente entusiasmante. Nel 2021 (ultimo anno in cui è possibile effettuare una comparazione con i paesi Ue) i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino all’8 giugno (159 giorni lavorativi), vale a dire 5 giorni in più rispetto alla media registrata nei Paesi dell’area euro e 7 se, invece, il confronto è realizzato con la media dei 27 Paesi che compongono l’Unione europea. Se confrontiamo il “tax freedom day” italiano con quello dei nostri principali competitori economici, solo la Francia presenta un numero di giorni di lavoro necessari per pagare le tasse nettamente superiore (+14), mentre tutti gli altri hanno potuto festeggiare la liberazione fiscale in anticipo. In Germania, ad esempio, questo è avvenuto 4 giorni prima che da noi, in Olanda 14 e in Spagna 17. Il paese più virtuoso è l’Irlanda; con una pressione fiscale del 21,5 per cento, i contribuenti irlandesi assolvono gli obblighi fiscali in soli 78 giorni lavorativi, cominciando a lavorare per se stessi il 20 marzo: 80 giorni prima rispetto al nostro “tax freedom day”

Storico del “tax freedom day”: giorno più veloce e giorno più tardivo

Analizzando la serie storica elaborata dall’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre si ricorda come il “giorno di liberazione fiscale” più veloce rimane quello registrato nel lontano 2005, anno dove la pressione fiscale raggiunse la soglia del 39% ed i contribuenti lo raggiunsero, lasciandosi dietro le scadenze del fisco, dopo “soli” 142 giorni lavorativi in data 23 maggio. Il giorno più tardivo è stato quello dello scorso anno raggiunto in data 8 giugno 2021 con una pressione fiscale pari alla soglia del 43,5 %. Giova mettere in evidenza la circostanza che: tale notevole pressione fiscale non è addebitabile ad un incremento della riscossione imposto a carico di famiglie ed imprese bensì ad un consistente aumento registrato dal PIL nazionale (il quale ammonta oltre il 6,5 %) che, successivamente all’imponente crollo registrato durante la pandemia da Sars – Cov – 2 (Covid – 19) (ammontante al – 9 %), ha concorso in maniera significativa ad incrementare decisamente il gettito fiscale.

Le scadenze fiscali di giugno

Come ogni anno il mese di giugno presenta numerosi adempimenti di carattere fiscale. Leggendo l’agenda riportata sul sito dell’Agenzia delle Entrate l’adempimento di imposizioni e tributi fiscali è pari a ben 141 scadenze, 122 delle quali (pari ad una soglia dell’86,5 % dell’ammontare totale) imporranno ai contribuenti un pagamento. Si tratta di un calendario di scadenze che impone delle riflessioni. La prima di queste riguarda l’eccessiva pressione fiscale sul contribuente medio determinando un costo che non ha pari in Europa, la seconda ma non meno importante riguarda il costo dell’evasione fiscale che per l’anno 2021 è stata pari a 182,1 miliardi di euro suddivise nelle seguenti aree di evasione fiscale: economia criminale, economia sommersa, evasione ad opera delle big company, evasione delle società di capitali, evasione delle piccole e medie imprese nonché quella perpetrata dai lavoratori autonomi.

Le previsioni per il 2022

Per l’anno corrente secondo le proiezioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze lo Stato dovrebbe incassare circa 40 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al 2021. Occorre evidenziare che una percentuale del suddetto incremento del gettito è determinata anche dall’impatto della forte inflazione che, sulla base delle previsioni dei fiscalisti, dovrebbe variare tra il 6% e il 7%. Sicché in una situazione come quella attuale dove i contribuenti rischiano di vedere erosi risparmi e giacenze, dove stanno subendo, forti, rincari che possono far crollare i consumi interni la speranza potrebbe essere la restituzione di questo gettito ulteriore attraverso l’intervento del Governo, in modo da rafforzare il potere d’acquisto delle famiglie e dei contribuenti in generale, che tra pandemia e  guerra, con annessi aumenti anche immotivati, rischiano di trovarsi in gravi difficoltà economiche.

 

Avvocato Rosario Bello

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