Corte di Cassazione, Sezione Sesta Civile, ordinanza num. 13817/2016.
Perché la notifica di fallimento di una società sia valida è sufficiente che l’e-mail per la fissazione dell’udienza sia stata ricevuta dalla stessa, a prescindere dall’effettiva lettura del messaggio. Questo quanto stabilito dalla Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, che con l’ordinanza num. 13817 del 6 luglio 2016 ha respinto il ricorso di una società contro la curatela fallimentare.
La dichiarazione di fallimento e il ricorso in tribunale
La società in questione, dopo aver ricevuto notifica di fallimento, si era rivolta prima al Tribunale di Paola, nel cosentino, e poi in ricorso alla Corte d’appello di Catanzaro. Con sentenza del 3 dicembre 2014, la Corte d’appello aveva respinto il reclamo dell’impresa; tra i principali motivi di ricorso della società, appariva particolarmente rilevante quello “della mancata apertura della e-mail”, regolarmente inviata dall’Ufficio, per la fissazione dell’udienza di comparizione. A redimere la contesa è stata quindi chiamata la Corte di Cassazione, che ha giudicato infondati i motivi di ricorso con i quali la società lamentava la violazione degli artt. 15, 3° co. e 6 R.D. n. 267/42.
Le motivazioni alla base della decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha posto particolare attenzione sulla questione della mancata apertura della notifica a mezzo Posta Elettronica Certificata (PEC), che dal 1° luglio 2013 è l’unico mezzo consentito di comunicazione ufficiale tra imprese e pubblica amministrazione. In primo luogo, la Cassazione ha decretato che, come già stabilito nella sentenza num. 22352 del 2015, in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento “occorre aver riguardo unicamente alla sequenza procedimentale stabilita dalla legge”. Questo significa che, se dal lato del mittente ciò che conta è “la ricevuta di accettazione, che prova l’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata“, dal lato del destinatario fa fede “la ricevuta di avvenuta consegna, la quale, a sua volta, dimostra che il messaggio di posta elettronica certificata è pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario”.
A tali motivazioni non si può opporre, continua l’ordinanza, le “esigenze di sostanziale migliore comodità” addotte dalla ricorrente, che sosteneva che avrebbe dovuto ricevere la notifica a mezzo posta cartacea. È infatti onere della parte che eserciti l’attività d’impresa munirsi di un indirizzo PEC e assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata. La dichiarazione di fallimento, dunque, è valida in tutti i casi nei quali l’imprenditore l’abbia ricevuta ma non l’abbia aperta e letta. Questo principio, d’altronde, oltre a essere garantito dalle misure automatiche di notifica di invio e ricezione, è in linea con il valore cardine della celerità del processo.
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