Esegesi del riconoscimento sportivo degli enti sportivi dilettantistici

Scarica PDF Stampa

La dottrina maggioritaria ritiene che: “le società e le associazioni sportive dilettantistiche, per poter svolgere attività nell’ambito dell’ordinamento sportivo, debbono sottostare a due atti che costituiscono, rispettivamente, presupposto indispensabile per la loro qualifica di soggetti sportivi e condizione per lo svolgimento dell’attività, e precisamente, il riconoscimento ai fini sportivi e l’affiliazione’’[1]. Conformemente a tale linea di pensiero si afferma che “l’inquadramento nell’ordinamento sportivo nazionale avviene attraverso il riconoscimento del C.O.N.I.(…), l’inserimento negli ordinamenti particolari che reggono le singole discipline sportive avviene invece attraverso l’affiliazione alle Federazioni Nazionali”[2] e tale ipotetico potere di riconoscimento generale troverebbe il suo fondamento nell’articolo 5, comma 2°, del D.lgs. n. 242/1999[3] e nell’art. 7 della legge n. 186/2004. Anche il C.O.N.I. fa propria tale interpretazione con l’emanazione delle norme per l’istituzione e il funzionamento del registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche[4].

Tuttavia, l’articolo 5, comma 2°, del D.lgs. n. 242/1999, a nostro modo di vedere, fa riferimento solo al potere di affiliazione che il C.O.N.I. esercita nei confronti degli enti sportivi dilettantistici che intendono essere ricompresi nello sport istituzionalizzato. Infatti, l’affiliazione, “consiste nell’atto di riconoscimento ai fini sportivi (da parte del Consiglio Nazionale del C.O.N.I.) di un’associazione o società che ha, per suo scopo statutario, l’esercizio di un’attività sportiva che rientra tra quelle riconosciute dal C.O.N.I.”[5]. In caso contrario, la contestuale sussistenza dell’affiliazione e dell’iscrizione in un elenco tenuto dal C.O.N.I. costituirebbe un barocchismo, che comporterebbe, per gli enti sportivi dilettantistici, una duplicazione del riconoscimento e dei conseguenti controlli, determinando da un lato uno scrutinio ai fini dell’affiliazione, dall’altro una valutazione ai fini dell’iscrizione nell’elenco tenuto dal C.O.N.I. Difatti, l’accertamento dei requisiti previsti dalla legge 27 dicembre 2002 n. 289 (come successivamente integrata e modificata dalla legge n. 1282004) richiesti per l’iscrizione nell’elenco C.O.N.I. sono necessari anche per l’affiliazione (salvo che per essa ne sono richiesti generalmente di ulteriori, quali a titolo esemplificativo: un numero minimo di tesserati e la disponibilità di impianti sportivi). Pertanto, l’attività istruttoria che dovrebbe essere svolta dal Consiglio Nazionale del C.O.N.I. ai fini dell’iscrizione nel suddetto elenco si dovrebbe ritenere ricompresa nel più ampio scrutinio che viene posto in essere, dal Consiglio Nazionale del C.O.N.I. (anche se nella pratica delegato ai Consigli Federali), ai fini dell’affiliazione.

Ulteriormente, se la sussistenza dell’iscrizione nell’elenco tenuto dal C.O.N.I. e l’affiliazione costituissero due distinti riconoscimenti si darebbe luogo ad una possibile sovrapposizione di competenze, da cui il rischio di conflitti insanabili tra i provvedimenti conseguentemente emanati nella prassi da due autorità, visto che, in concreto, l’affiliazione viene deliberata dal Consiglio Federale delegato dal Consiglio Nazionale del C.O.N.I. Conseguentemente, un ente sportivo dilettantistico pur avendo ottenuto l’affiliazione potrebbe paradossalmente non essere iscritto nell’elenco tenuto dal C.O.N.I.

Oltretutto, la duplicazione dei riconoscimenti sarebbe in contrasto con il divieto di aggravamento del procedimento amministrativo di cui all’art. 1, comma 2°, della legge n. 241/1990, secondo il quale: “la pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria’’.

Inoltre, l’articolo 5, comma 2°, del D.lgs. n. 242/1999, non fa riferimento all’iscrizione in un elenco tenuto dal C.O.N.I, se avesse inteso il riconoscimento in tale senso, lo avrebbe espressamente previsto, per evitare che si potessero configurare dei fraintendimenti con la previgente affiliazione.

E’ appena il caso di chiarire, che se si dovesse ritenere l’articolo 5, comma 2°, del D.lgs. 23 luglio 1999, n. 242, applicabile, in modo indiscriminato, a qualunque società e associazione sportiva dilettantistica, si incorrerebbe in un sindacato di illegittimità costituzionale per violazione degli articoli 2 e 18 della Costituzione che prevedono la libertà associativa per realizzare la propria personalità perseguendo interessi meritevoli di tutela, quale quello sportivo[6].

In più, l’art. 7 della legge n. 186/2004, richiamato dalla dottrina maggioritaria a fondamento di un doppio riconoscimento, come già illustrato nel capitolo precedente, fa riferimento esclusivamente alla trasmissione da parte del C.O.N.I. di un elenco di enti sportivi dilettantistici con funzione certificatoria.

Dunque, l’iscrizione nell’elenco tenuto dal C.O.N.I, seppur giuridicamente è da considerare una duplicazione e non può corrispondere a un riconoscimento sportivo, in passato avrebbe potuto trovare una giustificazione di carattere prettamente pratico. Infatti, tale elenco di enti sportivi dilettantistici dovendo essere trasmesso all’Agenzia delle Entrate, avrebbe facilitato l’attività di accertamento svolta da essa. La dottrina afferma al riguardo che l’Agenzia delle Entrate mediante la trasmissione del modello si prefiggeva l’obiettivo di costituire una vera e propria banca dati degli enti sportivi dilettantistici che intendevano avvalersi del regime fiscale agevolato[7]. Tuttavia, la previsione diretta ad abrogare l’art. 7 della legge n. 186/2004, contenuta nel D. L. n. 185/2008[8], seppur non prevista nella legge di conversione n. 2/2009, dimostra come la giustificazione pratica della tenuta del registro C.O.N.I. sia comunque venuta meno, una volta che la legge di conversione, con l’introduzione del Modello Eas, abbia proceduto all’eliminazione del monopolio del C.ON.I. nella tenuta di un elenco degli enti sportivi dilettantistici[9]. Inoltre, in ogni caso, la funzione di unico organismo certificatore dell’effettiva attività sportiva svolta dagli enti sportivi dilettantistici, riconosciuta al C.O.N.I. dall’art. 7, della legge n. 186/2004, a nostro modo di vedere, non giustifica l’esclusione delle agevolazioni per gli enti sportivi dilettantistici che non sono iscritti in tale elenco. Invero, la funzione certificatoria comporta solo la nascita di una presunzione relativa di esercizio d’attività sportiva dilettantistica, ma non può di certo comportare la negazione dello svolgimento di un’attività sportiva dilettantistica per gli enti non iscritti nell’elenco C.O.N.I. In sostanza, la legge n. 186/2004 prevede una facoltà (e non un obbligo) che spetta agli enti sportivi dilettantistici. Pertanto, la legge n. 186/2004, a nostro modo di vedere, non potrebbe giustificare la pigrizia della Pubblica Amministrazione nello svolgimento dell’attività di accertamento, con l’applicazione dell’automatismo per cui alla mancata iscrizione nell’elenco corrisponderebbe l’assenza della natura sportiva dilettantistica e neppure potrebbe comportare l’impossibilità in giudizio per l’ente di dimostrare lo svolgimento di un’attività sportiva dilettantistica, a maggior ragione nell’ipotesi in cui l’ente sportivo è affiliato.

Oltretutto, là dove si ritenesse che le agevolazioni fiscali spettino solo alle associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte nell’elenco tenuto dal C.O.N.I, o comunque affiliate, si andrebbe a dare definitiva cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico al monopolio di fatto esercitato dal C.O.N.I. e dalle sue articolazioni in ambito sportivo[10]. Invero, il C.O.N.I, ai sensi dell’art. 1 del D.lgs. n. 15/2004, è “la confederazione delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate”[11] e a loro volta le federazioni detengono una posizione sostanzialmente monopolistica nell’ambito dello sport organizzato. La struttura giuridicamente verticistica dello sport esistente in Italia trova conferma anche nei sistemi sportivi degli altri stati europei[12] (a titolo meramente esemplificativo si pensi al sistema sportivo tedesco che dottrina autoctona definisce ‘’monopolistische struktur der sportverbande”)[13]. Tale monopolio viene stigmatizzato dalla dottrina straniera che sostiene che nell’attività sportiva “this freedom is substantially restricted by de facto the monopoly of the sports federations and their rules[14]. Infatti, “as a rule European sport organizations are monopolies within their particular sport as a result of the European Model of Sport, which only allows a single federation for sport in each country (…) if regulation and organization vested in one and the same body leads to significant commercial conflict of interest[15]. Anche la Commissione Europea chiarisce che lo sport ha una sua specificità, essendo organizzato in modo piramidale[16]. Tale caratteristica trova fondamento nello stesso ordinamento sportivo internazionale, si pensi al riguardo all’art. 28 della Carta Internazionale Olimpica là dove prevede che un Comitato Olimpico Nazionale non potrà riconoscere più di una Federazione Nazionale per ogni sport amministrato da una Federazione Internazionale[17].

Tuttavia, a nostro modo di vedere, la struttura verticistica dello sport non dovrebbe essere ulteriormente favorita, ma, invece, andrebbe contrastata da legislazioni interne e comunitarie che, adottando i principi generali del diritto, si oppongano a posizioni piramidali nel mercato, che a cascata comportano effetti negativi sia per i lavoratori che per i consumatori, i quali non avrebbero la possibilità di scelta del sistema migliore tra quelli possibili, avendone solo uno a disposizione. La dottrina afferma che “per la gestione nazionale di una certa pratica sportiva olimpica, al più si possa realisticamente arrivare (…) ad una concorrenza per il mercato, non certo nel mercato”, visto che solo un’organizzazione può ricoprire il ruolo di Federazione sportiva[18]. Uno studioso del diritto chiarisce che “the (European) Commission’s competition sports policy has not convincingly addressed the tremendous polarization which has been going on in the European world of sport[19].

Del resto non osta alla costituzione di un ente sportivo dilettantistico, dal punto di vista concreto, la mancata richiesta del riconoscimento al C.O.N.I. sotto il profilo della mancanza di scopo, visto che l’ente sportivo non potrebbe partecipare a competizioni sportive ufficiali[20]. Difatti, la finalità a cui devono tendere gli enti sportivi non è necessariamente la partecipazione a competizioni organizzate dal C.O.N.I. o dal C.I.O. ma la realizzazione della personalità individuale attraverso lo svolgimento dell’attività sportiva, che potrebbe estrinsecarsi anche in altri contesti organizzati (o non) estranei a quelli definiti ufficiali.

 

 

 


[1] C. G. IZZO, Le Società sportive dilettantistiche in C. G. IZZO – A. MERONE – M. TORTORA, Il diritto dello sport, Torino, UTET, 2007, p. 83.

[2] L. COLANTUONI, Diritto sportivo, Torino, Giappichelli, 2009, p. 81.

[3] Ai sensi dell’articolo 5, comma 2°, del D.lgs. 23 luglio 1999, n. 242, il Consiglio nazionale del C.O.N.I. ha il compito di deliberare in ordine ai provvedimenti di riconoscimento, ai fini sportivi, delle federazioni sportive nazionali, delle società ed associazioni sportive, degli enti di promozione sportiva, delle associazioni benemerite e di altre discipline sportive associate al C.O.N.I. e alle federazioni, sulla base dei requisiti fissati dallo statuto, tenendo conto a tal fine anche della rappresentanza e del carattere olimpico dello sport, dell’eventuale riconoscimento del C.I.O. e della tradizione sportiva della disciplina; consultabile in www.normattiva.it/uri-res.

[4] All’art. 1 del documento denominato “norme per l´istituzione e il funzionamento del registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche” si afferma che ‘’il C.O.N.I. istituisce, in forma telematica, il registro delle associazioni e società sportive dilettantistiche (…) allo scopo del riconoscimento ai fini sportivi di cui all’articolo 5, comma 5° lettera c) del D.lgs. 23 luglio 1999, n. 242. Il registro è pubblicato sul sito istituzionale del C.O.N.I. ed è oggetto di verifica annuale anche ai fini della trasmissione al Ministero della economia e della finanze – Agenzia delle Entrate, dell’elenco delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi, ai sensi del comma 2° dell´articolo 7 del Decreto Legge, 28 maggio 2004, n. 136, convertito dalla Legge, 27 luglio 2004, n. 186”, consultabile on line sul sito www.coni.it.

[5] L. SANTORO, L’affiliazione in G. LIOTTA – L. SANTORO, Lezioni di diritto sportivo, Milano, Giuffrè, 2009, p. 46.

[6] Inoltre, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 3 novembre 2010, n. 296, prevede l’assicurazione obbligatoria per gli infortuni accaduti durante ed a causa dello svolgimento delle attività sportive (o connesse ad esse) ovvero in occasione dell’espletamento delle attività proprie della qualifica di tecnico o dirigente, solo per gli sportivi dilettanti tesserati dalle Federazioni sportive nazionali, dalle Discipline associate e dagli Enti di promozione sportiva. Non può non rivelarsi la mancata ricomprensione in siffatta tutela di uno sportivo che non risulti tesserato ad alcuna organizzazione riconosciuta dal C.O.N.I. Per tali soggetti, come già avviene anche per la certificazione medica, non è previsto alcun obbligo di tutela, né per la salute né assicurativo. Pertanto, a nostro modo di vedere, si realizzerebbe un’illecita discriminazione tra sportivi, che ha come corollario la necessità di apprestare mezzi diretti alla tutela della salute di tutti gli individui che esercitano la pratica sportiva.

[7] C. DE STEFANIS – A. QUERCIA, Associazioni sportive dilettantistiche e Società sportive, Rimini, Maggioli, 2012, p. 393.

[8] All’articolo 30, comma 4°, del D.L. n. 185/2008 si afferma: “L’articolo 7 del decreto legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, è soppresso”, consultabile in www.parlamento.it.

[9] Infatti la legge 28 gennaio 2009, n. 2 che ha convertito in legge con modificazioni il D.L, 29 novembre 2008, n. 185, recita: “i corrispettivi, le quote e i contributi di cui all’articolo 148 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e all’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 non sono imponibili a condizione che gli enti associativi siano in possesso dei requisiti qualificanti previsti dalla normativa tributaria e, ad esclusione delle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali di cui all’articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, in possesso dei requisiti di cui al comma 5° del presente articolo, trasmettano per via telematica all’Agenzia delle entrate, al fine di consentire gli opportuni controlli, i dati e le notizie rilevanti ai fini fiscali mediante un apposito modello da approvare entro il 31 gennaio 2009 con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. Con il medesimo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti i tempi e le modalità di trasmissione del modello di cui al comma 1°, anche da parte delle associazioni già costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto, ad esclusione delle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali di cui all’articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, in possesso dei requisiti di cui al comma 5° del presente articolo, nonché le modalità di comunicazione da parte dell’Agenzia delle entrate in merito alla completezza dei dati e delle notizie trasmessi ai sensi del comma 1°. L’onere della trasmissione di cui al comma 1° è assolto anche dalle società sportive dilettantistiche di cui all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Le disposizioni di cui al comma 1° non si applicano alle associazioni pro loco che optano per l’applicazione delle norme di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e agli enti associativi dilettantistici iscritti nel registro del Comitato olimpico nazionale italiano che non svolgono attività commerciale”; consultabile in www.camera.it.

[10] Secondo una dottrina parzialmente conforme a tale orientamento: “l’organizzazione dello sport dilettantistico e professionistico, è espressione di un monopolio legale costituito dalla struttura formata dal C.O.N.I. e dalle Federazioni sportive. Ciò vuol dire che le vicende e gli eventi ufficiali in tale settore sono gestiti direttamente ed esclusivamente da tale struttura, la quale si è assodato avere carattere pubblicistico”, si veda L. DI NELLA, Il fenomeno sportivo nell’ordinamento giuridico, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1999, p. 248.

[11] L’art. 1 del D.lgs. n. 15/2004 stabilisce che “il C.O.N.I. è la Confederazione delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate e si conforma ai principi dell’ordinamento sportivo internazionale, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato olimpico internazionale, di seguito denominato C.I.O. L’ente cura l’organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, ed in particolare la preparazione degli atleti e l’approntamento dei mezzi idonei per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali o internazionali. Cura inoltre, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, anche d’intesa con la commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, istituita ai sensi dell’articolo 3, della legge 14 dicembre 2000, n. 376, l’adozione di misure di prevenzione e repressione dell’uso di sostanze che alterano le naturali prestazioni fisiche degli atleti nelle attività sportive, nonché la promozione della massima diffusione della pratica sportiva, sia per i normodotati che, di concerto con il Comitato italiano paraolimpico, per i disabili, nei limiti di quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616. Il C.O.N.I, inoltre, assume e promuove le opportune iniziative contro ogni forma di discriminazione e di violenza nello sport”, consultabile in www.camera.it.

[12] In tema vedi The Helsinki Report on sport, consultabile in http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ.

[13] J. R. FRITZWEILER – B. PFISTER – T. SUMMERER, Praxishandbuch sportrecht, Munchen, Verlag C.H. Beck, 1998, p. 13 e s.s.

[14] M. COLUCCI, Sport Law, Supplement 1, Italy, in F. HENDRICKX, International Encyclopaedia of Laws, Kluwer Law International BV, The Netherlands, 2004, p. 63.

[15] L. HALGREEN, European Sports Law: a comparative analysis of the European and American models of sport, Copenhagen, Forlaget Thomson, 2004, p. 155.

[16] Commissione europea, Libro Bianco sullo Sport, Bruxelles, 2007, che al punto 4.1 afferma: “la specificità della struttura sportiva, che comprende in particolare l’autonomia e la diversità delle organizzazioni dello sport, una struttura a piramide delle gare (…), l’organizzazione dello sport su base nazionale e il principio di una federazione unica per sport”, consultabile in http://ec.europa.eu/sport/documents/wp_on_sport_it.pdf.

[17] L’art. 28 della Carta Internazionale Olimpica recita: “An N.O.C. shall not recognise more than one national federation for each sport governed by an I.F”, consultabile in www.olympic.org.

[18] F. GOISIS, La giustizia sportiva tra funzione amministrativa ed arbitrato, Milano, Giuffrè, 2007, p.118.

[19] L. HALGREEN, European Sports Law: a comparative analysis of the European and American models of sport, Copenhagen, Forlaget Thomson, 2004, p. 163.

[20] In senso difforme F. GOISIS, La giustizia sportiva tra funzione amministrativa ed arbitrato, Milano, Giuffrè, 2007, p. 127.

Roberto Carmina

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento