Esame di avvocato e voto numerico: non sindacabili la rapidità, l’assenza di correzioni ed ammissibile la produzione di pareri pro veritate di esperti giuristi

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Le sentenze del TAR di Lecce, sez. I n. 1591 e del TAR Sicilia n. 1645, rispettivamente del 12/5/11 e del 9/9/11 (depositate il 9 ed il 14 settembre), affrontano la vexata questio della validità del giudizio sulle prove dell’esame di abilitazione forense espresso con la sola valutazione numerica.

Le vicende affrontate. In entrambi i casi due candidati, non ammessi alla prova orale, impugnavano tale decisione, dopo aver visionato i loro elaborati ed il relativo verbale di correzione, per la mancata motivazione della bocciatura. Il TAR salentino ha scelto di discostarsi dal proprio orientamento costante e rigettare il ricorso per carenza di prove. Nell’altra decisione la corte non solo ha confermato questa tesi prevalente, cui si è sempre conformata, ma ha anche deciso un altro punto molto controverso: l’assenza di segni di correzione sui compiti. Ha stabilito che ciò non è ostativo alla validità della motivazione implicita nel voto attribuito agli stessi.

Per comprendere meglio l’argomento, però, è necessario ricordare le correnti di pensiero succedutesi nel corso dei decenni su questo spinoso argomento.

Motivazione sì o no? Contrasto giurisprudenziale. Si ricordi che sul punto esistono due esegesi contrastanti: una minoritaria secondo la quale è obbligatoria la motivazione, anche succinta, delle ragioni della bocciatura (cfr. C.Cost. n.419/05 e 28/06; Cons. Stato, Sez. VI, n. 974/04; TAR Toscana n. 5557/05, Catania sez. IV n.146/06, Reggio Calabria n. 1677/06 e Veneto nn. 3014, 3015 e 3032/08 e giurisprudenza salentina costante) e l’altra, invece, che sostiene come essa sia implicita nel voto .

Per la prima tesi, più recente e minoritaria, l’esame è equiparato ad un vero e proprio concorso e, perciò, il giudizio sulle perfomances del candidato deve essere adeguatamente motivato, così come, del resto, è previsto per l’abilitazione al notariato (TAR Napoli sez. IV n. 8122/06; Granata “Esame di avvocato: voto numerico e motivazione nella giurisprudenza amministrativa napoletana”).

L’altra tesi, maggioritaria, invece, sostiene l’impossibilità di analogia tra i due esami di stato e che il voto numerico è già, di per sé, indicativo di una valutazione critica, seppur concisa, della commissione esaminatrice. La mancata motivazione, quindi, potrà essere impugnata solo in pochi tassativi casi, id est “soltanto in caso di espressione di giudizi discordanti tra i commissari o di contraddizione tra specifici elementi di fatto, i criteri di massima prestabiliti e la conseguente attribuzione del voto”. Il voto di per sé è una motivazione sintetica che rispetta i criteri di chiarezza e trasparenza del giudizio dei commissari, sempre riscontrabili dal verbale di correzione redatto dal segretario, al termine del vaglio e dell’attribuzione del punteggio e sottoscritto dal presidente della commissione(cfr. ex multis C.Cost. n. 175/11 con nota di L. Corrado in “DirittoeGiustizi@” del 11/06/11; C.Cost. nn. 34/10 e 12/72, ordd. nn. 28/06 e 419/05). La Consulta, in questi provvedimenti, evidenzia non solo il pieno rispetto degli artt. 2, 3, 24, 97, 111,113 e 117 Cost., ma anche che non è “invocabile l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni ai sensi del Trattato 29 ottobre 2004 (Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa), norma applicabile «agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione» (art. II-111, comma 1), mentre la disciplina degli esami di abilitazione all’esercizio della professione forense non sarebbe attinente all’attuazione del diritto comunitario.” (cfr. Cons.Stato sez. VI n. 5998/10 e sez. V n. 5227/09: ribadiscono questi principi e sono relative ai concorsi per l’accesso al pubblico impiego; “Cons. Stato, IV, 24 aprile 2009, n. 2576; 7 maggio 2004, n. 2881; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 7 aprile 2005, n. 747; T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 14 settembre 2006 n. 8122”).

Ammissibilità di pareri pro veritate sugli elaborati nel giudizio di impugnazione.

Questa è l’unica novità di rilievo introdotta dalla pronuncia salentina.

È onere del ricorrente produrre i propri compiti e chiedere il riesame di quelli di altri concorrenti, cui si presume sia stato rivolto un trattamento migliore. In ogni caso, quando viene impugnato il risultato della prova scritta ed i compiti devono essere sottoposti ad un’ulteriore analisi, per confermare o meno la valutazione della delegata commissione, essa è affidata ad un’altra commissione della stessa Corte di appello o di altra, a seconda dei casi, a discrezionalità del giudicante. Dovrà accertare la correttezza, l’equità e la trasparenza della correzione comparandola con altri compiti, presi a campione e ricorretti assieme a quelli contestati.

Nella fattispecie il ricorrente aveva richiesto un parere pro veritate ad un gruppo di esperti giuristi e lo aveva depositato in giudizio. Lo stesso, però, evidenziava la presenza di palesi errori di valutazione, ma anche la sostanziale insufficienza della prestazione, sì da giustificare il suddetto cambio di orientamento.

Infatti il TAR, sancendo un nuovo principio di diritto, ha affermato come “ il ricorrente sia legittimato a produrre pareri pro- veritate, e cioè opinioni che , per il fatto di essere formulate da esperti giuristi chiamati a pronunciarsi in ordine alla bontà degli elaborati confezionati dall’interessato, possano entrare a far parte del materiale probatorio che il giudice utilizza per formare il suo convincimento sul caso concreto.” Gli stessi, tuttavia, saranno valida prova “solo quando i pareri fanno registrare un considerevole discostamento dal giudizio espresso dalla commissione di esame”, che non è invocabile nella nostra ipotesi.

Il voto è una motivazione sufficiente anche se i compiti non presentano correzioni ? Nella quasi totalità dei casi, infatti, gli elaborati non presentano alcun segno di rilettura atto a far desumere i criteri adottati per la stessa. È sempre stato uno degli argomenti posti a fondamento della presunta disparità di trattamento e della carenza di trasparenza. Come sopra detto, il TAR Sicilia ha già dato una risposta positiva a questo interrogativo. Ha evidenziato, invero, che “taluni criteri di valutazione degli elaborati” sono prestabiliti ed applicati alla valutazione delle singole prove scritte, il cui giudizio è sintetizzato dal voto riportato in calce delle medesime con la firma del presidente della commissione. Tale voto, perciò, seppur sinteticamente, indica la motivazione del giudizio espresso dalla commissione. Esso “ha ad oggetto il valore complessivo dell’elaborato, con la conseguenza che anche la eventuale mancanza di annotazioni, sottolineature, glosse o altri segni grafici a margine non può costituire sintomo di omessa valutazione; per altro verso, nessuna norma impone di apporre annotazioni o segni di correzione sugli elaborati”. È, quindi, una mera espressione della discrezionalità di chi li valuta.

Le correzioni rapide sono discriminatorie? La sentenza in oggetto nega anche un’altra delle più frequenti lamentele poste a fondamento di tali ricorsi, spesso accolta con successo.

Secondo il TAR siciliano, richiamando l’orientamento della giurisprudenza maggioritaria e costante, “non sono di norma sindacabili in sede di legittimità i tempi dedicati dalla commissione giudicatrice alla correzione degli elaborati, se calcolati, come nel caso in esame, in base ad un computo presuntivo dato dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o per quello degli elaborati esaminati (…), in quanto “i componenti della commissione – in ragione delle loro specifiche competenze poste a base dei loro atti di nomina – sono perfettamente in grado di poter valutare nel più breve tempo un elaborato, specialmente quando esso sia sostanzialmente l’elencazione di massime giurisprudenziali, di per sé indicative solo della pertinenza della stesura alla traccia, ma non anche di specifiche capacità professionali”. ”. Invero anche ciò rientra tra i poteri discrezionali della commissione

Inoltre “non si può stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato”.

Sono talmente palesi i risvolti che queste decisioni avranno sui futuri casi analoghi che non è necessario alcun altro commento.

 

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Dott.ssa Milizia Giulia

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