Esame avvocato 2015: i candidati si ribellano di fronte al gran numero di bocciature alla prova per l’esame d’avvocato

Redazione 11/07/16
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Solo a Palermo, per esempio, su 1.122 candidati, 718 non sono stati ammessi alle prove orali – pari addirittura al 36% dei partecipanti – ma nel resto d’Italia sono ancora di più.

Lo scorso 28 giugno, dopo mesi di attesa, sono stati pubblicati i risultati della prova per esame avvocato 2015.  Per buona parte dei candidati, che si sono visti registrare la bocciatura, si è trattata di una vera e propria batosta.

Solo a Palermo, per esempio, su 1.122 candidati, 718 non sono stati ammessi alle prove orali – pari addirittura al 36% dei partecipanti – ma nel resto d’Italia sono ancora di più. Così, un vero e proprio popolo di aspiranti giuristi, – se si considera che i non ammessi corrispondano al 64 per cento – dopo aver ingoiato il boccone amaro, ha affollato gli studi legali per presentare ricorso.

Nel caso palermitano, il ricorso potrebbe fondarsi in concreto sull’assenza della motivazione per ogni elaborato, sul mancato rispetto del giudizio collegiale e del principio dell’anonimato per i singoli test.

Gli elementi del ricorso: la mancanza delle motivazioni, il voto collegiale e il tempo di correzione

Corretti dalla Corte d’Appello di Lecce, gli elaborati mancherebbero della motivazione. Se l’annotazione non c’è, viene meno la trasparenza nell’operato della commissione. Ciascuno ha infatti il diritto di capire dove ha sbagliato. Per questo motivo, i tribunali amministrativi di tutta Italia hanno già posto sotto la lente d’ingrandimento il difetto di motivazione.

Inoltre, alcune sentenze dimostrano come sia di fondamentale importanza il fatto che il voto sia espresso da ogni membro della commissione. Secondo la prassi ciascuno dei cinque commissari, valutando gli scritti, debba esprimere un giudizio fino a un massimo di 10 punti. La sommatoria dei singoli voti, poi, può raggiungere sino ai 50 punti che equivalgono all’eccellenza. A Palermo, invece, il voto degli scritti non era la sommatoria dei singoli voti, ma il riassunto degli stessi.

Gli aspiranti avvocati, inoltre, con i verbali alla mano, hanno denunciato il tempo troppo breve dedicato alla correzione dei compiti, cioè appena 6 minuti a scritto, in media.

L’appello degli aspiranti avvocati per maggior trasparenza nella correzione dei compiti

Poiché tutt’oggi non esistono tabelle di valutazione, né criteri, I praticanti palermitani reclamano più trasparenza nella correzione dei compiti. Infatti, chi chiede di rivedere gli scritti nella stragrande maggioranza dei casi si trova davanti a pagine immacolate, senza nessuna correzione.

Per questo gli  aspiranti avvocati hanno inviato una lettera al ministro della Giustizia Andrea Orlando, con la quale, oltre a manifestare rabbia e delusione, affrontano i veri problemi che si celano dietro ad un esame concepito male e gestito malissimo:

Ci risulta difficile concepire il motivo per cui un giovane, laureatosi all’età di ventiquattro anni , debba trovarsi, quattro anni più tardi e alla soglia dei trenta, nella più assoluta incertezza circa il proprio futuro. Per quanto ci riguarda, presso la Corte d’appello di Palermo, si è assistito quest’anno ad un’inspiegabile bocciatura di massa,” dice la lettera rivolta al Ministro della Giustizia Orlando, pubblicata sul blog del gruppo #praticantealzalatesta.

Il calvario dell’aspirante avvocato

Oltre a svolgere ben due anni di praticantato, un aspirante avvocato deve superare una prova scritta che si compone di tre parti. Innanzitutto la stesura di un parere di diritto civile, poi di diritto penale e infine la redazione di un atto.

Ma la prova in sé non è ancora finita perché, alla fine dei conti si tratta di una trafila di un anno e mezzo. Dopo gli esami scritti, che si svolgono a dicembre, chi supera la selezione deve passare pure un esame orale. Ma, visto che la correzione arriva solamente a giugno, si inizia con l’altra prova solo a partire da settembre.

Rispetto al passato, la media di chi è passato agli orali è ancora più bassa quest’anno, cioè poco più di un terzo. Torino è il capoluogo con più promossi, circa il 58 per cento, mentre a Milano sono appena il 35 per cento e a Napoli il 29 per cento.  

In buona sostanza, il futuro del giovane giurista viene deciso dall’imperscrutabile arbitrio di un commissario che, vedendo il candidato come un possibile futuro concorrente, si arroga il potere di regolare il numero di quanti vorrebbero accedere alla professione. In caso di esito negativo, l’aspirante avvocato dovrà attendere nuovamente un anno per poter ripetere la prova, nel medesimo clima di incertezza. In tutto questo arco di tempo, che si può snodare lungo diversi anni, il praticante non è in grado di sostentarsi autonomamente. Egli, mettendo da parte l’orgoglio, deve chiedere ai propri genitori l’ennesimo esborso economico,” continua la lettera.

Redazione

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