Engagement

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Il cervello: quell’apparato con il quale pensiamo di pensare” (Ambrose Bierce)

 

L’engagement è definito come uno stato mentale positivo e appagante verso il lavoro che si manifesta con la dedizione, il coinvolgimento e il vigore ( Schaufeli – Baker), ma perché questo si verifichi vi è la necessità di un ritorno sull’investimento in termini di prestazioni di ruolo, di possibilità di rischiare senza il timore di conseguenze negative per status e carriera, infine di possedere risorse ed energie non assorbite altrove al fine di poterle investire nelle prestazioni di ruolo ( Kahn).

Questo comporta un orientamento costruttivo al cambiamento e alla modifica dei processi e delle relazioni interpersonali, rafforzando ulteriormente l’attitudine lavorativa, tuttavia bisogna ricordare che la percezione individuale del cambiamento e del suo rapporto con l’attitudine lavorativa stessa varia in funzione della generazione a cui appartiene il lavoratore e al livello di responsabilità, infatti le percezioni individuali e le capacità si modificano da una generazione all’altra ( Basaglia – Paolino).

La letteratura riconosce attualmente quattro generazioni di lavoratori, i veterani, i baby boomers ( 1950-1964), la generazione X ( 1965-1981) e la generazione Y ( 1982- 2000) ( Yu- Miller), in ciascuna generazione l’età incide non solo in quanto esperienza condivisa alla luce delle future aspettative, ma anche in rapporto alle altre fonti di identità e categorie, nasce l’esigenza da valutare non solo differenti aspettative e bisogni, ma innanzitutto differenti capacità e visioni prospettiche dei problemi e dei valori ( Basaglia – Paolino).

Attualmente i problemi finanziari sono venuti a sovrapporsi a qualsiasi altra esigenza organizzativa o produttiva che sia, tanto da rischiare un corto circuito tra una sempre massiccia innovazione informatica e la mancata successione generazionale in ambito lavorativo, dobbiamo considerare che l’innovazione, il cambiamento e la tecnologia in generale hanno bisogno prevalentemente di soggetti operarativi rientranti nelle generazioni X e Y, solo una stretta minoranza ad alta specializzazione rientra tra i baby boomers, si vengono quindi a scontrare due esigenze opposte di sfoltimento delle vecchie generazioni e di immissione delle nuove questo in stretto rapporto quantitativo e qualitativo con l’innovazione comprimendo al contempo i costi.

Non può quindi esservi una sola ed unica via, bensì nasce l’esigenza di una serie di interventi mirati e integrati fra di loro al fine di favorire l’esodo e la ricollocazione in nuovi ruoli con minore tecnologia e maggiore esperienze “umanistiche”, differenziando nella sostanza le funzioni lavorative, in quanto ogni generazione ha una propria identità in evoluzione che può alterare negativamente i processi organizzativi in particolare in questo momento in cui il salto tecnologico assume le dimensioni di una rivoluzione post – industriale ( Fiol- Pratt- O Conner).

La distonia è ancora più evidente se si raffronta con le esperienze di riforma gestionale del pubblico impiego che si sono sviluppate in Europa ( OCAP – SdA Bocconi), le quali vanno dall’introduzione di nuovi modelli di selezione predisposti dall’ufficio per la selezione del personale delle istituzioni europee ( EPSO), alla valorizzazione delle alte potenzialità di alcune amministrazioni OCSE ( Bellè – Cantarelli).

Dobbiamo infatti considerare che un eccesso di innovazione tecnologica su ambienti lavorativi non generazionalmente adatti può innescare o aggravare effetti fisici e psicologici dai rilevanti costi economici, sia in termini produttivi che sanitari, come nelle ipotesi di patologie oculistiche e psichiche, d’altronde l’effetto annuncio può avere un effetto boomerang nel lungo periodo.

 

bibliografia

  • N. Bellè – P. Cantarelli, Il pubblico impiego nel XXI secolo, 71-72, E & M – SdA Bocconi, Etas, 1/2012;

  • S. Basaglia – C. Paolino, Work attitudes e generazioni. Differenze nella diversità, 39-43, E & M – Sda Bocconi, Etas 4/2011;

  • C. M. Fiol – M. G. Pratt – E. J. O Conner, managing intractable identity conflicts, Accademy of management review, 34, 32 – 55, 2009;

  • H. C. Yu – D. Miller, The generation gap and cultural influence. A Taiwan empirical investigation, Cross cultural management, 10, 23-41, 2003;

  • W.Kahn, Psychological conditions of personal engagement and disengagement at work, Accademy of management journal, 33, 692 – 724, 1990.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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