La nuova composizione del parlamento olandese
I trend dimostrano, inequivocabilmente e a prescindere dal risultato finale, che i grandi partiti perdono consensi. I dati: 8 seggi in meno per il VVD (il partito di Rutte); ben 29 quelli persi dal PvdA, il partito laburista che raccoglieva la maggior parte degli elettori di centrosinistra. Consensi dispersi fra quelli che erano i piccoli partiti dell’ala progressista del parlamento, che oggi guardano dall’alto in basso la “vecchia” politica: fanno il botto i verdi del GroenLinks, che guadagnano 10 poltrone, ma anche D66 e CDA (alleati di Rutte, europeisti e progressisti) che guadagnano rispettivamente 7 e 6 rappresentanti in parlamento. Saranno queste le fazioni con cui il VVD dovrà fare i conti per formare una coalizione di governo.
Biggest wins in #DutchElection for smaller parties (GL, D66, CDA) at Labour’s expense. Wilders not the story here. https://t.co/DOBylch8Ul pic.twitter.com/GkiNcFkG6b
Billy Ehrenberg (@BillyEhrenberg) 16 marzo 2017
Chi ha incastrato Geert Wilders?
Queste erano state presentate come le elezioni di Geert Wilders, il “piccolo Trump” pronto a insidiare la vecchia Europa con il suo populismo xenofobo e nazionalista, ora ci ritroviamo meno di 24 ore dopo a commentare una delusione. Forse ci sta sfuggendo qualcosa?
Il partito di Wilders è sì cresciuto, ma decisamente meno rispetto alle aspettative. È la seconda formazione politica per rappresentanza in parlamento, ma difficilmente potrà fare la voce grossa dal momento che nessuno sembra disposto ad allearsi e allinearsi alle sue posizioni, decisamente estreme. Poco sarebbe cambiato anche in caso di vittoria: il governo in autonomia è un’utopia in Olanda (a causa della legge elettorale, molto vicina a un proporzionale puro) e Wilders non è nemmeno vicino ad avere l’appoggio necessario.
Certo, se la grande folla degli indecisi dell’ultimo momento avesse deciso di concentrare il proprio voto nel segno della protesta, dell’isolamento, dell’anti-europeismo, l’UE avrebbe ricevuto un forte scossone con prevedibili conseguenze sui mercati. Il messaggio invece è arrivato forte e chiaro: no ai muri, no alla paura del diverso ma no, anche e forse soprattutto, a un certo modo di fare politica. Il crollo del “vecchio” centrosinistra è un segnale importante di cui si dovrà discutere durante il sessantenario dell’Unione, previsto per il 25 marzo.
Il prossimo futuro? Francia e Germania e ancora tanta incertezza
La partita, a livello continentale, è ancora apertissima. Wilders ha definito queste elezioni “quarti di finale”. Arriveranno ore semifinali e finali, con Francia e Germania chiamate alle urne e nuove insidie: Marine Le Pen dovrebbe portare le presidenziali francesi al ballottaggio e in Germania, “L’alternativa per la Germania” il partito euroscettico, potrebbe crescere notevolmente.
L’Italia sta alla finestra. La coalizione di governo olandese includerà una serie di forze e rappresenterà una serie di istanze che forse non trovano rappresentanza nel panorama politico italiano. I Verdi, Sinistra Italiana e le varie “sinistre alternative” boccheggiano, il PD perde consensi, Forza Italia vivacchia e i 5stelle potrebbero finire per raccogliere il malessere generale, incarnato dal GroenLinks e dalle altre alternative olandesi. Senza dimenticare, ovviamente, la Lega di Salvini.
Alla fine della lunga nottata di spoglio dei voti Rutte ha ringraziato gli elettori: “Questa notte gli olandesi hanno fermato il tipo sbagliato di populismo” (This was an evening when
the Netherlands said Stop to the wrong sort of populism). Se gli orange ci hanno insegnato qualcosa è che per contrastare il “populismo sbagliato” c’è bisogno di un’alternativa all’alternativa. Oltre la politica tradizionale, oltre le risposte facili e oltre le reazioni viscerali.
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