E’ quindi evidente che la ricorrente pretende oggi di essere risarcita di danni che ha subìto solo perché si trovava in una situazione connotata da illiceità, ma che avrebbe tranquillamente evitato ove avesse rinunciato al proposito di realizzare l’impian

Lazzini Sonia 19/02/09
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Colui che si pone volontariamente in una situazione illecita si deve far carico anche delle conseguenze che da essa derivano.
 
L’accertata illiceità dell’intervento che la ricorrente si proponeva di realizzare in Comune di San Paolo in Civitate non può incidere, come prospetta la difesa della Regione, nel senso di rendere il danno eventualmente patito dalla ricorrente come “non ingiusto”, ossìa come “jure datum”: per tale, infatti, deve intendersi in danno cagionato da una condotta lecita, cioè consentita dall’ordinamento, mentre nel caso di specie si osserva che l’ipotetico danno subìto dalla ricorrente dovrebbe ascriversi in via diretta ad un atto amministrativo illegittimo (la DGR 560/2003), ed in via indiretta alla scelta, contraria alle norme urbanistiche vigenti, di collocare l’impianto in zona non idonea allo scopo._L’accertata illiceità dell’intervento edilizio proposto dalla ricorrente incide, invece sul nesso di causalità, essendo all’origine della illegittima DGR 560/2003 e costituendo, perciò, la causa prima dei danni ipoteticamente subìti dalla ricorrente: la situazione in cui la ricorrente si é venuta a trovare costituisce, insomma, il frutto della di lei autonoma scelta di allocare l’impianto in un’area agricola inidonea, per ragioni urbanistiche, allo scopo. _Orbene, i danni ipoteticamente subìti dalla ricorrente possono solo derivare, a ben guardare, da atti illegittimi che si sono inseriti in questo contesto di illiceità iniziale_Nel caso di specie é la stessa cosa, nel senso che la ricorrente, pretendendo di collocare l’impianto produttivo in zona agricola, doveva mettere in conto che la c.e. 24/99, già rilasciata sulla base di una interpretazione evidentemente troppo estensiva della normativa vigente, potesse essere rimessa in discussione in un successivo momento dalle competenti autorità, con tutte le conseguenze immaginabili. Per tale ragione essa deve farsi carico dei danni asseritamente patiti, ascrivibili non a caso fortuito ma, in definitiva, alla sua stessa condotta merita di essere segnalata la sentenza numero 48 del 14  gennaio 2009, emessa dal Tar Puglia, Bari ed in particolar modo il seguente passaggio:
orbene, i danni ipoteticamente subìti dalla ricorrente possono solo derivare, a ben guardare, da atti illegittimi che si sono inseriti in questo contesto di illiceità iniziale: la c.e. 24/99, illegittima, ha “confermato” la scelta del sito effettuata dalla ALFA Green Energy s.r.l., la quale può così essersi indotta ad iniziare dei lavori, che non avrebbero dovuto mai essere intrapresi e che poi sono stati arrestati prima per effetto della sospensione ordinata dal Comune (la quale però ha perso efficacia per decorso dei quarantacinque giorni), e poi per effetto della DGR 560/2003, illegittima ed annullata in sede giurisdizionale. E’ quindi evidente che la ricorrente pretende oggi di essere risarcita di danni che ha subìto solo perché si trovava in una situazione connotata da illiceità, ma che avrebbe tranquillamente evitato ove avesse rinunciato al proposito di realizzare l’impianto in una zona urbanisticamente incompatibile.
 
Tali danni, peraltro inesistenti, non possono esserle risarciti in forza del principio per cui colui che si pone volontariamente in una situazione illecita si deve far carico anche delle conseguenze che da essa derivano.
 
Tale principio, espresso dal brocardo “qui in re illicita versatur tenetur etiam pro casu”, é per esempio sotteso, sebbene temperato dall’esonero da responsabilità in relazione agli eventi dovuti al caso fortuito, alla disciplina del c.d. concorso anòmalo, disciplinato dall’art. 116 c.p., a mente del quale il concorrente nel reato risponde anche del non voluto ma diverso e più grave reato commesso dal compartecipe, quando sussista un nesso di causalità materiale e psichica, quando – cioè – il diverso e più grave evento non voluto fosse prevedibile dall’agente: la ratio della norma deve proprio individuarsi nel fatto che chi si pone volontariamente in una situazione illecita deve mettere in conto che essa possa “degenerare” in conseguenze diverse e peggiori di quelle inizialmente previste e volute, dal momento che non tutte le circostanze sono direttamente controllabili dall’agente.>
 
A cura di *************
 
N. 00048/2009 REG.SEN.
N. 00154/2006 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 154 del 2006, proposto da:
ALFA Green Energy Srl, rappresentato e difeso dagli avv. ******************, *****************, con domicilio eletto presso ***************** in Bari, via Manzoni, 5;
contro
Regione Puglia, rappresentato e difeso dall’avv. ***********************, con domicilio eletto presso *********************** in Bari, via Dalmazia N.70;
per sentire condannare la Regione Puglia, in persona del Presidente pro-tempore, ai sensi dell’art. 2043 e segg. c.c., al pagamento, in favore della società ricorrente, della somma di E. 53.504.000, 00 oltre interessi e rivalutazione, o di quella somma maggiore o minore che sarà accertata in corso di causa e ritenuta di giustizia a titolo di danno subìto in conseguenza di atto illegittimo, già annullato in sede giurisdizionale con sentenza n. 5505/2004 dl Tar Puglia-Bari;
in via subordinata per sentir pronunciare sentenza che, ex art. 35 D. L.vo 80/98, stabilisca i criteri in base ai quali parte resistenza dovrà proporre a favore di parte ricorrente il pagamento di una somma entro un congruo termine, con riserva, in caso di mancato accordo, di proporre ricorso per ottemperanza per chiedere le determinazioni delle somme dovute;
  
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22/10/2008 il dott. *************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
FATTO
Con ricorso notificato il 13/01/2006 e depositato il successivo 28/01/2006, la ricorrente ALFA Green Energy s.r.l., premettendo di aver ottenuto dal Comune di San Paolo in Civitate la concessione edilizia n. 24 del 19/05/1999, relativa alla realizzazione di una centrale di produzione elettrica alimentata a biomasse; che tale concessione edilizia veniva annullata d’ufficio dalla Regione Puglia con DGR 560 del 17/04/2003, la quale DGR, alla volta, veniva annullata in sede giurisdizionale con sentenza del TAR Puglia-Bari n. 5505 del 26/11/2004; che a causa di tale vicenda i lavori di costruzione della centrale di produzione di energia elettrica non avevano potuto terminare in tempo utile per accedere alle agevolazioni previste dalla legge ed alle quali la ricorrente era già stata ammessa a beneficiare; tanto premesso la ricorrente chiedeva che la Regione Puglia fosse condannata a risarcire a di lei favore i danni conseguenti alla illegittima determinazione annullata dal TAR Puglia.
Si costituiva in giudizio la Regione Puglia contestando la domanda, eccependo difetto di giurisdizione e rilevando che la sentenza n. 5505/2003 del TAR Puglia-Bari aveva ritenuto illegittima la DGR 560/2003 non in conseguenza della accertata legittimità della concessione edilizia annullata d’ufficio, ma solo per la ragione che risultava essere stata adottata oltre il termine legislativamente fissato.
Alla pubblica udienza del 28/03/2008 il Collegio, con ordinanza 59/2008, disponeva adempimenti istruttori, rinviando per il prosieguo alla udienza pubblica del 21/05/2008; questa ultima veniva ulteriormente differita al 22/10/2008, quando il ricorso veniva introitato a decisione definitiva.
In limine a tale udienza la ricorrente depositava atto di costituzione in giudizio con l’avv.to *****************, che veniva congiunto nella difesa all’originario difensore domino, avv.to ******************.
DIRITTO
1. Al fine di comprendere le ragioni della decisione occorre premettere quanto segue in punto di fatto.
In data 20/12/1996 veniva stipulata, tra la Officine Umberto ALFA – BETA S.p.A. e l’GAMMA S.p.A. una convenzione preliminare per la cessione, ai sensi della L. 9/91 e del Decreto Ministero Industria Commercio e Artigianato 25/09/1992, di energia elettrica prodotta da biomasse: la Officine Umberto ALFA S.p.A. si impegnava, a mezzo di tale convenzione, a cedere all’GAMMA, per il periodo di otto anni, tutta l’energìa elettrica che sarebbe stata prodotta da nuovo impianto che intendeva realizzare in Comune di Foggia, Passo Breccioso, mentre l’GAMMA si impegnava a ritirare tale energia alle condizioni ed ai prezzi previsti dalla normativa vigente. La convenzione prevedeva in particolare l’obbligo per la Officine Umberto ALFA S.p.A. di terminare i lavori di realizzazione dell’impianto entro il mese di marzo 1999 (art. 2), con facoltà per l’GAMMA di chiedere la risoluzione della convenzione in caso di ritardo nella esecuzione dei lavori imputabile alla società produttrice superiore ad un anno (art. 4). La Convenzione Preliminare prevedeva inoltre l’obbligo per le parti di stipulare la c.d. Convenzione Definitiva una volta trascorso, dalla ultimazione dell’impianto, un periodo di collaudo della durata massima di sei mesi.
Con atto 01/07/1998, ratificato dall’GAMMA in data 10/09/1998, la ricorrente ALFA Green Energy s.r.l. subentrava nei diritti della Officine Umberto ALFA S.p.A..
Con decreto del Ministero Industria, Commercio e Artigianato n. 13 del 27/01/99 la ricorrente veniva formalmente autorizzata ad installare ed esercire in Comune di San Paolo Civitate, località ****** ( e quindi non più in Comune di Foggia ) una centrale termoelettrica con recupero energetico da rifiuti, ed in data 19/05/1999 veniva rilasciata alla ALFA Green Energy s.r.l. la relativa concessione edilizia dal Comune di San Paolo in Civitate.
Con nota 11/02/2000 prot. 203197 il Ministero della Industria Commercio ed Artigianato significava alla ricorrente che, al fine di accedere alle agevolazioni previste dalla legge, i termini ultimi per la messa in esercizio dell’impianto e per la decorrenza delle incentivazioni dovevano intendersi fissati, rispettivamente, nel 01/02/2001 e nel 01/08/2002; tuttavia, a seguito di richiesta della interessata, il termine ultimo per la messa in esercizio dell’impianto veniva prorogato, con D.M. 07/02/2001 n. 15/002/2001, al 01/02/2003, rimanendo invece invariato il termine di decorrenza delle incentivazioni.
I lavori venivano però sospesi in data 23/02/2000 dallo stesso Comune, il quale, paventando contrarietà della concessione edilizia alla destinazione – agricola – impressa dallo strumento urbanistico vigente alla zona interessata dall’intervento, tempo prima aveva anche inviato alla ricorrente la comunicazione relativa all’avvio del procedimento finalizzato al ritiro della concessione edilizia 24/99.
Nel procedimento interveniva la Regione Puglia, la quale, dopo alcune richieste di informazioni interlocutorie, con deliberazione di Giunta n. 1097 del 24/07/2001 accertava in via definitiva la non conformità della concessione edilizia n. 24/99 alle norme urbanistiche vigenti e contestualmente assegnava al Comune di San Paolo Civitate il termine di 30 giorni per adottare il formale provvedimento di annullamento d’ufficio della concessione stessa: a tale incombente, nella inerzia del Comune, provvedeva nuovamente la Regione Puglia, con DGR n. 560 del 17/04/2003.
Sia la DGR 1097/2001 che la DGR 560/2003 venivano gravate innanzi a questo Tribunale nell’ambito del ricorso n. 2126/2001 R.G.. Con sentenza n. 5505/2004 il ricorso veniva accolto limitatamente alla DGR 560/2003, la quale veniva riconosciuta illegittima sulla base della considerazione che ai sensi dell’art. 27 L. 1150/42 – applicabile ratione temporis – l’annullamento regionale delle deliberazioni comunali assunte in violazione delle prescrizioni del piano regolatore avrebbe dovuto essere adottato nel termine massimo di diciotto mesi dall’accertamento delle violazioni stesse, accertamento che nel caso di specie doveva ritenersi consacrato nella DGR 1097 del 24/07/2001: la DGR 560/2003, pertanto, risultava illegittima in quanto adottata tardivamente.
Quanto alla DGR 1097/2001, la sentenza 5505/2004 dichiarava inammissibile il relativo gravame per difetto di interesse, qualificando tale atto come meramente propulsivo vincolante, in quanto tale privo di concreti profili di lesività.
E’ su tali presupposti che la ricorrente ha dedotto (pag. 10 del ricorso introduttivo) di non aver potuto ultimare l’impianto entro il 31/01/2003, di non aver goduto delle incentivazioni e di aver quindi “perso il diritto di vendere all’GAMMA l’energia da produrre secondo il prezzo incentivante convenuto nella convenzione preliminare” del 20/12/1996; e, ritenendo sussistenti, in capo alla Regione Puglia, tutti gli elementi costituivi della responsabilità ex art. 2043 c.c., ha chiesto la condanna della stessa al risarcimento di tutti i danni subìti, consistenti nella mancata percezione del prezzo incentivante per tutto il periodo di durata della convenzione GAMMA e per la quantità di energìa che l’impianto avrebbe annualmente immesso nella rete nazionale, e quindi: E. 0,11/Kw x 60.800.000 Kw annui x 8 anni = E. 53.504.000,00.
A seguito della ordinanza istruttoria n. 59/2008 veniva acquisita agli atti del giudizio la nota 01/07/2008 della Gestore dei Servizi Elettrici – ****** S.p.A. – ente gestore delle incentivazioni delle fonti rinnovabili – nella quale si riferisce che la ALFA Green Energy s.r.l. sin dal 22/01/2002 ha ceduto a tale ACSM S.p.A. il ramo d’azienda relativo alla progettazione dell’impianto di produzione di energia elettrica da biomasse oggetto della Convenzione Preliminare 20/12/1996; che tale subentro é stato formalmente accettato dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale – GRTN S.p.A., subentrato ex lege all’GAMMA S.p.A. nella Convenzione Preliminare 20/12/1996; e che il 19/06/2002 é stata stipulata, tra GRTN S.p.A. e ACSM S.p.A. la “Convenzione definitiva per la cessione di energia elettrica ai sensi dell’art. 22 comma 4 L. 9/91”, una copia della quale é stata prodotta dalla G.S.E. S.p.A. ed é acquisita agli atti del giudizio: ivi si legge che l’impianto é stato trasferito in Comune di Como e che i lavori di costruzione dello stesso risultano essere stati ultimati in data anteriore al 27/08/2001.
2. Tanto premesso in punto di fatto é ora possibile procedere ad esaminare le domande ed eccezioni proposte dalle parti.
2.1 Va preliminarmente scrutinata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Regione Puglia, la quale sostiene che la DGR 560/2003 costituirebbe, in quanto adottata tardivamente, atto emesso in carenza di potere e quindi, sostanzialmente, mero comportamento, non collegato all’esercizio di un potere pubblicistico.
L’eccezione é palesemente infondata.
A tacer d’altro, si deve infatti rilevare che non essendo stata proposta impugnazione avverso la sentenza n. 5505/2004 di Questo Tribunale (si veda al proposito la certificazione rilasciata in data 20/05/2008 dal Consiglio di Stato), si é formato inter partes un giudicato interno che esclude che la DGR 560/2003 possa considerarsi atto emesso in carenza di potere. L’annullamento della ricordata DGR 560/2003 ad opera di Questo Tribunale presuppone infatti la qualificazione di essa in termini di atto illegittimo, ché, altrimenti, il relativo gravame avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse (l’atto emesso in carenza di potere é nullo e improduttivo di effetti, e quindi inidoneo ad incidere nella sfera giuridica del destinatario) ed all’occorrenza essere rimesso alla Autorità Giudiziaria Ordinaria: ciò che, invece, non é avvenuto. E’ quindi evidente che la sentenza n. 5505/2004 pronunciata inter partes da Questo Tribunale presuppone che alla DGR 560/2003 debba ascriversi natura di atto amministrativo meramente illegittimo.
Sussiste pertanto la Giurisdizione del Giudice Amministrativo a conoscere della domanda tendente all’accertamento dei danni cagionati dalla DGR 560/2003 ai sensi dell’art. 7 L. 1034/71, come modificato dall’art. 35 D. L.vo 80/98.
2.2. Palesemente destituite di fondamento sono poi le domande risarcitorie formulate dalla ricorrente ALFA Green Energy s.r.l. ex art. 2043 c.c.
2.2.1. Sotto un primo profilo si deve rilevare che le voci di danno evidenziate dalla ricorrente sono risultate assolutamente inesistenti.
2.2.1.1. La ALFA Green Energy s.r.l. ha dedotto, in ricorso introduttivo, di non aver potuto ultimare l’impianto in tempo utile per accedere alle incentivazioni previste dalla legge e di aver quindi “perso il diritto di vendere all’GAMMA” l’energìa prodotta dall’impianto, ma tali allegazioni non sono risultate corrispondenti alla realtà. Ed invero: l’impianto risulta essere stato ultimato nell’agosto 2001, previo trasferimento di esso dal Comune di San Paolo in Civitate al Comune di Como, mentre la Convenzione Preliminare 20/12/1996, lungi dall’essere stata dichiarata risolta dall’GAMMA, e per esso dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale, é stata portata ad ulteriore esecuzione con la stipula della Convenzione Definitiva, firmata il 19/06/2002.
2.2.1.2. Solo in memoria 11/10/2008, evidentemente consapevole delle pesanti implicazioni derivanti dalle informazioni acquisite dalla G.S.E. S.p.A., la ricorrente ha surrettiziamente modificato l’originaria domanda, insinuando che il danno ricevuto sarebbe insito nella circostanza che “la ricorrente, non potendo più ottenere dal Ministero dello Sviluppo Economico le incentivazioni dapprima riconosciutele, é stata costretta dall’illegittima azione amministrativa della Regione Puglia a cedere ad altri il suddetto ramo d’azienda”: ciò che lamenta la ricorrente in memoria conclusiva, insomma, non é più il mancato guadagno derivante dalla esecuzione della Convenzione Preliminare del 20/12/1996, ma il fatto di essere stata obbligata a cedere ad altri il ramo d’azienda titolare del rapporto oggetto di causa.
Tuttavia, anche così rivisitata la domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente risulta destituita di fondamento. Non é stato dedotto né provato che la vendita del ramo d’azienda da ALFA Green Energy s.r.l. a ACSM S.p.A. sia avvenuta a condizioni irrisorie o anche solo inferiori a quelle di mercato. In ogni caso emerge con chiarezza, dalla cronologia dei fatti sopra riportata, che la ricorrente si é mossa tempestivamente al fine di non perdere i diritti derivanti dalla Convenzione Preliminare: se l’impianto ha potuto essere terminato nell’agosto del 2001, é perché, evidentemente, il trasferimento in Comune di Como era stato programmato diverso tempo prima, presumibilmente addirittura prima che la Giunta Regionale accertasse, con la DGR 1097 del 24/07/2001, il contrasto tra la c.e. 24/99 e lo strumento urbanistico vigente. Non vi é dunque prova della sussistenza di un nesso di causalità tra la decisione della ricorrente di spostare l’impianto o di cedere il ramo d’azienda e l’azione amministrativa intrapresa dalla Regione Puglia: tale nesso di causalità si potrebbe, al limite, ravvisare, con l’azione amministrativa intrapresa già dall’inizio dell’anno 2000 dal Comune.
Va ancora rilevato che benché la cessione del ramo d’azienda sia stata formalizzata solo con atto del 22/01/2002, la ALFA Green Energy s.r.l. , sin dal 27/09/2001 chiedeva che l’impianto e la Convenzione Preliminare fossero volturati a favore della ACSM S.p.A. (cfr. Convenzione Definitiva, pag. 3), il che la dice lunga sul fatto che le trattative tra ALFA Green Energy s.r.l. e ACSM S.p.A. sono durate a lungo e sono sfociate nell’atto definitivo, probabilmente dopo la sottoscrizione di atti preliminari, solo quando le parti avevano acquisito la certezza che la Convenzione Preliminare non sarebbe stata risolta.
Va ancora considerato che i lavori di realizzazione dell’impianto erano stati ultimati con ampio anticipo rispetto alla scadenza; che la sola ipotesi di risoluzione della Convenzione Preliminare per inadempimento era legata alla tardiva realizzazione dell’impianto imputabile alla società produttrice; e che, in particolare, l’ubicazione dell’impianto non rivestiva, nell’ambito della Convenzione Preliminare stipulata con l’GAMMA, alcuna importanza, tanto é vero che nella Convenzione Preliminare si allude ad un impianto da realizzarsi in Comune di Foggia, mentre la concessione edilizia venne chiesta e rilasciata dal Comune di San Paolo in Civitate. E’dunque evidente che la ricorrente ben sapeva di non incorrere in alcun inadempimento contrattuale, nei confronti dell’GAMMA, spostando l’impianto in altro luogo e mantenendone le caratteristiche produttive; é perciò lecito presumere che essa abbia preso la decisione di allocare l’impianto in altro luogo subito dopo aver ricevuto, dal Comune, la comunicazione di avvio del procedimento relativo all’annullamento della c.e. 24/99.
Pertanto, al di là del fatto che la ricorrente non ha assolto, sul punto, all’onere probatorio, si deve dire che nessun elemento lascia presumere che la vicenda portata alla attenzione del Collegio abbia comportato una effettiva perdita di valore del ramo d’azienda ceduto alla ACSM S.p.A., il quale, all’esatto opposto, si é presumibilmente mantenuto integro proprio grazie alla tempestiva – e contrattualmente legittima – decisione di spostare l’impianto, rinunciando a realizzarlo in Puglia.
2.2.2. Sotto diverso profilo si deve rilevare che, comunque, qualsivoglia danno possa aver subìto la ricorrente, esso non potrebbe ritenersi risarcibile in quanto causalmente determinato da comportamento ascrivibile unicamente alla ricorrente, e cioè alla decisione di ubicare l’impianto in zona urbanisticamente incompatibile.
Va rilevato, preliminarmente, che la fattispecie oggetto del presente giudizio é caratterizzata da un aspetto veramente singolare, originato dalla coesistenza di due distinti atti amministrativi di contenuto opposto. Infatti, da una parte si ha la c.e. 24/99, la quale non é mai stata formalmente annullata e che come tale gode, in via astratta, della presunzione di legittimità propria di tutti gli atti amministrativi; d’altra parte si ha la DGR 1097 del 24/07/2001, la quale pure non é mai stata annullata in sede giurisdizionale o di autotutela, che invece ha accertato l’illegittimità della c.e. 24/99 per incompatibilità dell’intervento con la destinazione urbanistica impressa all’area di progetto.
Tenuto conto del fatto che la Regione é istituzionalmente deputata ad esercitare compiti di vigilanza e controllo sulla attività dei Comuni in materia urbanistica ed edilizia, l’accertamento contenuto nella DGR 1097/2001 deve essere considerato come atto idoneo a far cadere la presunzione di legittimità della c.e. 24/99, la quale é rimasta formalmente “in vita” – sino al momento in cui ha perso definitivamente efficacia per decorso dei termini – senza però essere assistita da presunzione di legittimità.
Il Collegio ritiene quindi di poter considerare l’intervento assentito con la c.e. 24/99 illegittimo per incompatibilità con lo strumento urbanistico senza che ciò debba implicare la disapplicazione della c.e. 24/99, mai formalmente annullata.
Peraltro, l’accertata illiceità dell’intervento che la ricorrente si proponeva di realizzare in Comune di San Paolo in Civitate non può incidere, come prospetta la difesa della Regione, nel senso di rendere il danno eventualmente patito dalla ricorrente come “non ingiusto”, ossìa come “jure datum”: per tale, infatti, deve intendersi in danno cagionato da una condotta lecita, cioè consentita dall’ordinamento, mentre nel caso di specie si osserva che l’ipotetico danno subìto dalla ricorrente dovrebbe ascriversi in via diretta ad un atto amministrativo illegittimo (la DGR 560/2003), ed in via indiretta alla scelta, contraria alle norme urbanistiche vigenti, di collocare l’impianto in zona non idonea allo scopo.
L’accertata illiceità dell’intervento edilizio proposto dalla ricorrente incide, invece sul nesso di causalità, essendo all’origine della illegittima DGR 560/2003 e costituendo, perciò, la causa prima dei danni ipoteticamente subìti dalla ricorrente: la situazione in cui la ALFA Green Energy s.r.l. si é venuta a trovare costituisce, insomma, il frutto della di lei autonoma scelta di allocare l’impianto in un’area agricola inidonea, per ragioni urbanistiche, allo scopo.
Orbene, i danni ipoteticamente subìti dalla ricorrente possono solo derivare, a ben guardare, da atti illegittimi che si sono inseriti in questo contesto di illiceità iniziale: la c.e. 24/99, illegittima, ha “confermato” la scelta del sito effettuata dalla ALFA Green Energy s.r.l., la quale può così essersi indotta ad iniziare dei lavori, che non avrebbero dovuto mai essere intrapresi e che poi sono stati arrestati prima per effetto della sospensione ordinata dal Comune (la quale però ha perso efficacia per decorso dei quarantacinque giorni), e poi per effetto della DGR 560/2003, illegittima ed annullata in sede giurisdizionale. E’ quindi evidente che la ricorrente pretende oggi di essere risarcita di danni che ha subìto solo perché si trovava in una situazione connotata da illiceità, ma che avrebbe tranquillamente evitato ove avesse rinunciato al proposito di realizzare l’impianto in una zona urbanisticamente incompatibile.
Tali danni, peraltro inesistenti, non possono esserle risarciti in forza del principio per cui colui che si pone volontariamente in una situazione illecita si deve far carico anche delle conseguenze che da essa derivano. Tale principio, espresso dal brocardo “qui in re illicita versatur tenetur etiam pro casu”, é per esempio sotteso, sebbene temperato dall’esonero da responsabilità in relazione agli eventi dovuti al caso fortuito, alla disciplina del c.d. concorso anòmalo, disciplinato dall’art. 116 c.p., a mente del quale il concorrente nel reato risponde anche del non voluto ma diverso e più grave reato commesso dal compartecipe, quando sussista un nesso di causalità materiale e psichica, quando – cioè – il diverso e più grave evento non voluto fosse prevedibile dall’agente: la ratio della norma deve proprio individuarsi nel fatto che chi si pone volontariamente in una situazione illecita deve mettere in conto che essa possa “degenerare” in conseguenze diverse e peggiori di quelle inizialmente previste e volute, dal momento che non tutte le circostanze sono direttamente controllabili dall’agente.
Nel caso di specie é la stessa cosa, nel senso che la ricorrente, pretendendo di collocare l’impianto produttivo in zona agricola, doveva mettere in conto che la c.e. 24/99, già rilasciata sulla base di una interpretazione evidentemente troppo estensiva della normativa vigente, potesse essere rimessa in discussione in un successivo momento dalle competenti autorità, con tutte le conseguenze immaginabili. Per tale ragione essa deve farsi carico dei danni asseritamente patiti, ascrivibili non a caso fortuito ma, in definitiva, alla sua stessa condotta.
2.3. Il ricorso va conclusivamente rigettato.
2.4. Attesa la complessità delle questioni giuridiche connesse alla vicenda esaminata, stimasi equo compensare le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Bari, sezione III, definitivamente pronunciando sulle domande di cui al ricorso in epigrafe, le respinge.
Compensa le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22/10/2008 con l’intervento dei Magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Vito Mangialardi, Consigliere
***************, Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

Lazzini Sonia

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