E’ l’impresa partecipante ad una procedura selettiva che ha l’onere ( nel quadro della diligenza media richiesta al “buon imprenditore” ) di premunirsi, sin dal momento della presentazione dell’offerta, della documentazione necessaria all’attestazione dei

Lazzini Sonia 06/07/06
Scarica PDF Stampa
L’escussione della cauzione provvisoria, come conseguenza automatica e vincolata prevista in relazione ad alcune ipotesi ben definite dal legislatore, non contempla, peraltro, nessun meccanismo di proporzionalità, in base al quale ridurre l’entità della misura sanzionatòria, o addirittura escluderla in rapporto alla gravità della omissione.
 
Il Consiglio di Stato, Sezione IV, con la decisione numero 42 del 12 gennaio 2005 , in tema di sorteggio dei requisiti di ordine speciale, afferma che:
 
<Il carattere immediatamente precettivo e vincolante dell’univoca formulazione letterale sia delle vedute disposizioni legislative e regolamentari, sia, nel caso di specie, del punto II. del bando di gara, sia, infine, della citata nota dell’Amministrazione in data 6 settembre 2000, imponevano, in definitiva, all’Amministrazione di procedere all’accertamento, in capo all’odierna appellante, dell’allegazione della prova relativa al possesso dei requisiti di partecipazione ed alla valutazione della sua adeguatezza alla stregua esclusivamente del disposto della lex specialis e della normativa di rango sovraordinato ( anche per evidenti esigenze di par condicio dei concorrenti ); e, una volta conclusa con esito negativo ( come s’è visto, del tutto legittimamente ) tale verifica, la successiva attività di esclusione del concorrente ( che non costituisce peraltro oggetto del presente giudizio ), di escussione della cauzione provvisoria e di segnalazione del fatto all’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici si presenta priva di qualsivoglia contenuto discrezionale e si rivela, anzi, strettamente vincolata alla verifica dell’inadempimento in parola, senza che possano, in definitiva, distinguersi le due ipotesi dell’assoluta mancanza di prova e della difformità di quella fornita dalle modalità prescritte ( Cons. Stato, Sez. V, 7 marzo 2001, n. 1344 ) e senza che rilevi, come già visto, il carattere psicologico della violazione>
 
a cura di *************
 
 
 
 
R E P U B B L I C A     I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
 
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 4555 del 2001, proposto da
 
*** COSTRUZIONI s.n.c.,
 
in persona del legale rappresentante p.t.,
 
rappresentata e difesa dagli avv.ti ************, *************** e ***************** ed elettivamente domiciliata presso lo studio del terzo, in Roma, via Col di Lana, 28,   
 
c o n t r o
 
il MINISTERO dei LAVORI PUBBLICI – PROVVEDITORATO ALLE OPERE PUBBLICHE per la CAMPANIA,
 
in persona del Ministro p.t.,
 
costituitosi in giudizio, ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli ufficii della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12,
 
per l’annullamento
 
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, n. 4876/2000.
 
      Visto il ricorso, con i relativi allegati;
 
     Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
 
     Visto il dispositivo di sentenza n. 515/04;
 
     Visti gli atti tutti della causa;
 
     Data per letta, alla pubblica udienza del 30 novembre 2004, la relazione del Consigliere ****************;
 
     Udito, alla stessa udienza, l’avv. ******************** dello Stato per l’appellato Ministero, nessuno essendo ivi comparso per l’appellante;
 
     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
 
F A T T O
Con ricorso notificato il 20 novembre 2000, depositato dinanzi al T.A.R. per la Campania – Napoli in data 1 dicembre 2000 ed ivi rubricato al n. 12219 Reg. Ric. Anno 2000, la società odierna appellante impugnava la nota in data 6 ottobre 2000 del MINISTERO dei LAVORI PUBBLICI – PROVVEDITORATO ALLE OPERE PUBBLICHE per la CAMPANIA, con la quale si disponeva l’incameramento della cauzione provvisoria dalla stessa presentata nell’asta pubblica da detto Provveditorato tenuta per l’appalto dei lavori di ricostruzione della Chiesa SS. ***** del Rosario in Romagnano al Monte.
 
Essendo, infatti, stato richiesto alla società medesima di comprovare, ai sensi dell’art. 10 – comma 1 quater – della legge n. 109/94 e succ. modifiche ed integrazioni, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti nel relativo bando di gara, essa aveva presentato, secondo l’impugnato provvedimento, documentazione che “non ha consentito l’esatta determinazione del costo sostenuto per il personale dipendente ( requisito di cui al punto 2 lettera c) del bando di gara ), per i seguenti motivi: a) mancano i modelli riepilogativi attestanti gli avvenuti versamenti effettuati dalla ditta a favore dell’INPS, INAIL e CASSA EDILE; b) manca l’autocertificazione relativa alla ripartizione del costo del personale dipendente fra le varie qualifiche, secondo i parametri previsti nel D.P.R. n. 34/2000 art. 18 comma 10, richiesta da questo Istituto …, né è possibile desumerne il relativo dato da altri elementi”.
 
La ricorrente lamentava, davanti al T.A.R., la sussistenza di diversi vizii di violazione di legge e di eccesso di potere, sostenendo, in buona sostanza, di avere adeguatamente comprovato all’Amministrazione il dato del costo complessivo del personale dipendente mediante produzione delle dichiarazioni annuali dei redditi ( modello 740, 750 o Modello Unico ) e dei Modelli 770 relativi agli ultimi cinque anni.
 
Il T.A.R. respingeva il ricorso, sulla base del fondamentale assunto che “si palesa destituita di fondamento la pretesa di parte ricorrente di pervenire alla disapplicazione dell’univoco e chiaro dato letterale della norma di cui al menzionato art. 18, comma 11, del d.P.R. 34 del 2000, ripetuta peraltro pedissequamente dal punto II c del bando” ( pag. 4 sent. ).
 
Avverso le conclusioni alle quali è pervenuto il TAR insorge ora la società interessata, sostenendone l’erroneità e insistendo nelle proprie tesi.
 
Si è costituito in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti ( già dei Lavori Pubblici ), chiedendo il rigetto dell’appello.
 
La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 30 novembre 2004.
 
D I R I T T O
1. – L’appello deve essere respinto e la sentenza resa dai primi giudici va confermata.
 
La controversia attiene ad un atto, con il quale il MINISTERO dei LAVORI PUBBLICI – PROVVEDITORATO ALLE OPERE PUBBLICHE per la CAMPANIA ha disposto l’incameramento della cauzione provvisoria a suo tempo prestata dalla società appellante in occasione della partecipazione ad un appalto di lavori pubblici, incameramento dovuto alla presentazione, da parte della stessa, a seguito del sorteggio previsto dall’art. 10, comma 1-quater, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, di documentazione, richiesta a riprova del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa indicati dal bando di gara, che “non ha consentito l’esatta determinazione del costo sostenuto per il personale dipendente ( requisito di cui al punto 2 lettera c) del bando di gara ), per i seguenti motivi: a) mancano i modelli riepilogativi attestanti gli avvenuti versamenti effettuati dalla ditta a favore dell’INPS, INAIL e CASSA EDILE; b) manca l’autocertificazione relativa alla ripartizione del costo del personale dipendente fra le varie qualifiche, secondo i parametri previsti nel D.P.R. n. 34/2000 art. 18 comma 10, richiesta da questo Istituto …, né è possibile desumerne il relativo dato da altri elementi” (nota in data 6 ottobre 2000 del MINISTERO dei LAVORI PUBBLICI – PROVVEDITORATO ALLE OPERE PUBBLICHE per la CAMPANIA).
 
Il T.A.R. ha respinto il ricorso, sulla base del fondamentale assunto che “si palesa destituita di fondamento la pretesa di parte ricorrente di pervenire alla disapplicazione dell’univoco e chiaro dato letterale della norma di cui al menzionato art. 18, comma 11, del d.P.R. 34 del 2000, ripetuta peraltro pedissequamente dal punto II c del bando” ( pag. 4 sent. ).
 
2. – Dispone l’art. 10, comma 1-quater, della legge n. 109/94, cit. che "i soggetti di cui all’art. 2 comma 2 , prima di procedere alla apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10% delle offerte presentate, arrotondato all’unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro 10 giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione richiesta in detto bando o nella lettera di invito. Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, i soggetti aggiudicatori procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, alla escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto alla Autorità per i provvedimenti di cui all’art. 4 comma 7 nonché per l’applicazione delle misure sanzionatorie di cui all’art. 8, comma 7".
 
La norma, in virtù della ratio che la sorregge ( ch’è quella di attribuire all’istituto della cauzione una funzione di garanzia riferita non più soltanto alla stipula del contratto bensì alla serietà ed affidabilità dell’offerta, da verificarsi in tempi brevi e certi prima della apertura delle buste delle offerte ), non distingue tra inadempimento formale ( per errore o altro ) e inadempimento sostanziale ( consistente nell’accertamento della mancanza dei requisiti richiesti per partecipare alla gara ), con la conseguenza che non solo l’esclusione dalla gara, ma anche l’incameramento della cauzione e la segnalazione del fatto all’Autorità conseguono automaticamente una volta scaduto il termine stabilito dal legislatore ( v. Cons. St., V, 8 maggio 2002, n. 2482 ).
 
A non dissimili conclusioni è pervenuta, peraltro, l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ( v. l’atto di regolazione 30 marzo 2000, n. 15 ), laddove ha affermato che "dalla formulazione del testo della norma e dalla ratio sottesa si evince che il termine di dieci giorni entro cui occorre documentare i requisiti indicati è da considerare perentorio ed improrogabile; nel senso che il suo obiettivo decorso, senza che il sorteggiato abbia fatto pervenire alla stazione appaltante la necessaria documentazione, implica l’automatico effetto della esclusione dalla gara, dell’incameramento della cauzione provvisoria e della segnalazione all’Autorità di vigilanza. Né assume rilievo l’effettivo possesso dei requisiti da parte dell’impresa, ovvero la documentazione degli stessi successivamente al decorso dei dieci giorni assegnati, dato che, per come è formulata la norma, rileva, al fine della produzione degli effetti indicati, il solo dato obiettivo e formale dell’inadempimento nel termine prescritto".
 
Detto incameramento prescinde, dunque, dall’accertata falsità delle dichiarazioni rese dalle imprese, rendendosi applicabile per il solo dato formale e obiettivo dell’inadempimento e restando quindi esclusa la necessità di indagini sull’elemento psicologico del concorrente per verificare se abbia o meno falsamente e coscientemente, ovvero con colpa, dichiarato il possesso dei requisiti, di cui invece difetta, o di cui abbia comunque omesso di dimostrare l’effettivo possesso nei modi previsti dalla lex specialis e dalla normativa regolamentare di riferimento.
 
In particolare, pertanto, la mancata dimostrazione del predetto possesso assume una rilevanza oggettiva ( indipendentemente dalla colpevolezza o meno del ritardo o dell’omissione ) e comporta necessariamente l’esclusione dalla gara, l’incameramento automatico della cauzione e la segnalazione all’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, che sono tutte misùre tese a sanzionare il comportamento dell’impresa, che non abbia documentato il ridetto possesso nei modi ed entro il termine indicati dalla legge.
 
L’escussione della cauzione provvisoria, come conseguenza automatica e vincolata prevista in relazione ad alcune ipotesi ben definite dal legislatore, non contempla, peraltro, nessun meccanismo di proporzionalità, in base al quale ridurre l’entità della misura sanzionatòria, o addirittura escluderla in rapporto alla gravità della omissione.
 
Poste queste premesse normative di carattere generale e venendo alla fattispecie all’esame, valga notare che il punto II. del bando della gara in argomento fa espresso rinvio, in òrdine al possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti alle imprese partecipanti, all’art. 31 del D.P.R. n. 34/2000, che, per quanto concerne in particolare il dato del costo per il personale dipendente, opera a sua volta un rinvio ai valori fissati dall’art. 18, comma 10, dello stesso decreto.
 
Quanto, poi, alla documentazione comprovante il possesso di tale requisito, il comma 11 dello stesso art. 18 prevede ch’esso “è documentato con il bilancio corredato dalla relativa nota e riclassificato in conformità delle direttive europee dai soggetti tenuti alla sua redazione, e dagli altri soggetti con idonea documentazione, nonché da una dichiarazione sulla consistenza dell’organico, distinto nelle varie qualifiche, da cui desumere la corrispondenza con il costo indicato nei bilanci e dai modelli riepilogativi annuali attestanti i versamenti effettuati all’INPS e all’INAIL ed alle Casse edili in ordine alle retribuzioni corrisposte ai dipendenti e ai relativi contributi”.
 
Disposizione, questa ( ripetuta peraltro pedissequamente nella nota in data 6 settembre 2000 del MINISTERO dei LAVORI PUBBLICI – PROVVEDITORATO ALLE OPERE PUBBLICHE per la CAMPANIA, di invito a comprovare, a norma dell’art. art. 10, comma 1-quater, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti nel bando di gara e dichiarati in sede di offerta ), tanto chiara in ordine alla modalità di dimostrazione del requisito in argomento ed alla necessità, in specie ( per quanto concerne le società, quale l’odierna appellante, non tenute alla redazione del bilancio corredato della relativa nota ), della presentazione di “una dichiarazione sulla consistenza dell’organico, distinto nelle varie qualifiche, da cui desumere la corrispondenza con il costo indicato nei bilanci” e dei “modelli riepilogativi annuali attestanti i versamenti effettuati all’INPS e all’INAIL ed alle Casse edili in ordine alle retribuzioni corrisposte ai dipendenti e ai relativi contributi”, da escludere sia ogni incertezza nell’interpretazione della veduta clausola di bando, sia l’addotta scusabilità dell’errore, in cui la ricorrente (per vero in subordine) assume di essere incorsa nell’individuazione, invece, delle dichiarazioni annuali dei redditi (mod. 740, 750 o Modello Unico) e delle dichiarazioni annuali dei sostituti di imposta (Mod. 770), quale documentazione atta a dimostrare il possesso del requisito.
 
Corretta, peraltro, appare la decisione del giudice di primo grado laddove ha ritenuto che a nulla rilevi “il diverso indirizzo eventualmente desumibile dalla circolare ministeriale del marzo 2000”, che la ricorrente richiama a sostegno della tesi della validità della documentazione da essa presentata; indirizzo, peraltro, che, ritiene il Collegio, a ben vedere non è comunque collidente con la veduta ( e chiara ) previsione normativa, atteso che la possibilità, contemplata dalla citata circolare, di presentazione delle dichiarazioni annuali dei redditi a giustificazione del requisito de quo, vale solo ad individuare quella “idonea documentazione”, che il comma 11 citato prevede sia presentata in uno con la menzionata “dichiarazione” e con gli indicati “modelli riepilogativi”.
 
Detta documentazione ha dunque l’indubbia funzione, versandosi in ipotesi di impossibile dimostrazione del requisito mediante presentazione di documentazione amministrativa certificativa delle qualità richieste e dunque di sua sostituzione mediante “dichiarazione” e “modelli” provenienti dall’interessato (contenenti, a differenza della dichiarazione resa ai fini dell’ammissione alla gara, l’analitica ed esatta specificazione e quantificazione dei requisiti effettivamente posseduti), di consentire ogni eventuale controllo di veridicità di tali documenti “di parte”; e proprio perché, allora, essa è solo funzionale alla verifica di tali dichiarazioni e modelli, non può certo ritenersi che la sua presentazione valga a legittimamente sostituire dichiarazione e modelli omessi.
 
Quanto appena sopra considerato da un lato risulta pienamente in armonia con il veduto dettato del comma 11 dell’art. 18, cit.; dall’altro non si pone in contrasto con la conclusione in passato raggiunta da questo Consiglio circa la non utilizzabilità della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai fini dell’attestazione dei requisiti di partecipazione ai sensi dell’art. 10, comma 1-quater, della legge n. 109/94 ( Cons. St., V, 9 dicembre 2002, n. 6768 ), dal momento che, per il requisito in questione, è la stessa norma a prevedere espressamente una attività dichiarativa e/o certificativa proveniente dal privato interessato ai fini della definitiva dimostrazione del possesso dello stesso; attività, questa, che non consiste, peraltro, in una mera ripetizione delle dichiarazioni già acquisite con la domanda di partecipazione ed a cui comunque deve accompagnarsi, come s’è visto, “idonea documentazione”, per i fini di eventuale verifica di cui si è detto.
 
Né all’Amministrazione può farsi càrico, come pretende l’odierna appellante, nel caso ( proprio della presente fattispecie ) di omessa presentazione della “dichiarazione” e dei “modelli” di cui al citato comma 11, di una attività di estrapolazione dei dati necessarii ai fini della dimostrazione del possesso del requisito in questione dalla diversa documentazione ( nel caso di specie di carattere fiscale ) presentata dall’interessato, la quale, come s’è visto, dovrebbe essere aggiuntiva e non sostitutiva dei primi.
 
Ciò dal momento che una tale attività comporterebbe un indubbio aggravamento della procedura, in evidente contrasto con i criterii di efficienza e di efficacia ( cui, a norma dell’art. 1 della legge n. 109/94, l’attività amministrativa in materia di opere e lavori pubblici deve uniformarsi ) e con le esigenze di certezza e celerità proprie dei procedimenti per l’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici (e, in particolare, della fase procedimentale nella quale si inserisce il controllo di cui si tratta), con rischi di un incontrollabile differimento dei tempi occorrenti per l’accertamento conclusivo dell’effettivo possesso dei requisiti richiesti ai partecipanti alla gara.
 
Del resto, è l’impresa partecipante ad una procedura selettiva del tipo di quella in questione che ha l’onere ( nel quadro della diligenza media richiesta al “buon imprenditore” ) di premunirsi, sin dal momento della presentazione dell’offerta, della documentazione necessaria all’attestazione dei detti requisiti (come risultante, nel caso di specie, in maniera netta e chiara dalla lettura integrata del punto II del bando di gara e del combinato disposto degli artt. 18 e 31 del D.P.R. n. 34/2000); cosicché l’eventuale accertata inosservanza, da parte sua, dell’obbligo di documentazione sancito dall’art. 10, comma 1-quater della legge n. 109/94 ( e, quindi, la sussistenza del presupposto per l’escussione della cauzione provvisoria prestata dall’impresa stessa ) da un lato non può essere “scusata” adducendo in qualche modo disfunzioni organizzative interne o lamentando genericamente ed inconferentemente un aggravamento del procedimento, dall’altro, come già detto, non tollera ulteriori indagini da parte dell’Amministrazione in ordine all’elemento psicologico ( se l’inadempimento sia, cioè, dovuto a dolo o colpa dell’impresa ) ed alla gravità della violazione ( se questa, cioè, sia costituita da dichiarazioni false ovvero veritiere ma rese con modalità difformi da quelle richieste dalla legge ). 
 
Il carattere immediatamente precettivo e vincolante dell’univoca formulazione letterale sia delle vedute disposizioni legislative e regolamentari, sia, nel caso di specie, del punto II. del bando di gara, sia, infine, della citata nota dell’Amministrazione in data 6 settembre 2000, imponevano, in definitiva, all’Amministrazione di procedere all’accertamento, in capo all’odierna appellante, dell’allegazione della prova relativa al possesso dei requisiti di partecipazione ed alla valutazione della sua adeguatezza alla stregua esclusivamente del disposto della lex specialis e della normativa di rango sovraordinato ( anche per evidenti esigenze di par condicio dei concorrenti ); e, una volta conclusa con esito negativo ( come s’è visto, del tutto legittimamente ) tale verifica, la successiva attività di esclusione del concorrente ( che non costituisce peraltro oggetto del presente giudizio ), di escussione della cauzione provvisoria e di segnalazione del fatto all’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici si presenta priva di qualsivoglia contenuto discrezionale e si rivela, anzi, strettamente vincolata alla verifica dell’inadempimento in parola, senza che possano, in definitiva, distinguersi le due ipotesi dell’assoluta mancanza di prova e della difformità di quella fornita dalle modalità prescritte ( Cons. Stato, Sez. V, 7 marzo 2001, n. 1344 ) e senza che rilevi, come già visto, il carattere psicologico della violazione.
 
3. – Alle considerazioni che precedono conseguono la reiezione dell’appello e la conferma della decisione impugnata.
4. – Le spese processuali possono essere integralmente compensate tra le parti.
 
P.Q.M.
 
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
 
Spese del grado compensate.
 
     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 
     Così deciso in Roma, addì 30 novembre 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il ……12/01/2005……………………………

Lazzini Sonia

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento