Duplice scopo dell’art. 17 della legge n. 68 del 1999: rispetto degli adempimenti sul diritto al lavoro dei disabili e loro osservanza da parte dell’aggiudicataria

Lazzini Sonia 08/02/07
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L’attestazione va presentata con la domanda di partecipazione alla gara, quale requisito di idoneità morale, per evitare il pericolo di regolazione successiva all’aggiudicazione.
 
 
 
 
 
Parole chiave:
Appalti di lavori/appalti di servizi – duplice scopo della norma di cui art. 17 della legge n. 68 del 1999 – assicurare e perseguire il più ampio rispetto della normativa sul diritto al lavoro dei disabili – garantire all’Amministrazione la conclusione del contratto con un’impresa che ne osservi la normativa – il rispetto della normativa a tutela dei disabili deve essere attestato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara. – altrimenti pericolo di regolarizzazione successiva all’aggiudicazione – l’ adempimento è un requisito di partecipazione alla gara
 
 
Effetti dell’ entrata in vigore della Legge 3/2003*** – modifica delle modalità – deve ritenersi sufficiente la semplice dichiarazione in luogo della certificazione prevista dal ripetuto art. 17
 
 
***Legge 16 gennaio 2003, n. 3 "Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione" (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 Gennaio 2003 – Supplemento Ordinario n. 5)
ha così disposto:
“(…) Capo II – NORME DI SEMPLIFICAZIONE
Art. 15. (Modifiche al testo unico di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445)
Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, sono apportate le seguenti modificazioni:
dopo l’articolo 19 è inserito il seguente:
“Art. 19-bis.(L). (Disposizioni concernenti la dichiarazione sostitutiva)
La dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, di cui all’articolo 19, che attesta la conformità all’originale di una copia di un atto o di un documento rilasciato o conservato da una pubblica amministrazione, di un titolo di studio o di servizio e di un documento fiscale che deve obbligatoriamente essere conservato dai privati, può essere apposta in calce alla copia stessa”;
dopo l’articolo 77 è inserito il seguente:
“Art. 77-bis.(L). (Applicazione di norme)
Le disposizioni in materia di documentazione amministrativa contenute nei capi II e III si applicano a tutte le fattispecie in cui sia prevista una certificazione o altra attestazione, ivi comprese quelle concernenti le procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, di servizi e di forniture, ancorché regolate da norme speciali, salvo che queste siano espressamente richiamate dall’articolo 78”.”
           
Decisione primo grado
TAR dell’Umbria 10 marzo 2003, n. 162****
il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso principale ed annulla, per quanto di ragione, gli atti impugnati. Rigetta il ricorso incidentale. Spese compensate
 
 
Esito del giudizio di appello:
il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado
 
Conseguenze operative:
 
Va osservato che lo scopo della disposizione non è solo quello, di garantire all’Amministrazione la conclusione del contratto con un’impresa che osservi la normativa sul diritto al lavoro dei disabili, ma anche, se non prevalentemente, quello di assicurare e di perseguire il più ampio rispetto di quest’ultima. Non v’è dubbio, in proposito, che la finalità appena illustrata risulta conseguita con maggiore efficacia ove la disposizione venga letta nel senso, prospettato dall’appellante, che il rispetto della normativa a tutela dei disabili deve essere attestato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara
 
Mentre, infatti, quest’ultima interpretazione favorisce in maniera significativa, condizionando la stessa possibilità di partecipare alla procedura selettiva, l’osservanza della normativa in parola, l’opzione ermeneutica seguita dal T.A.R., condizionando la sola conclusione del contratto con l’impresa vincitrice della gara, garantisce con minore efficacia la tutela dei disabili, posto che, in quest’ultimo caso, il carattere eventuale e futuro della sanzione dell’esclusione potrebbe indurre le imprese partecipanti a rinviare ad un momento successivo la regolarizzazione, sotto il profilo considerato, della propria organizzazione. Tanto osservato circa la ratio dell’art. 17 legge. n. 68/99, va ribadito che l’esegesi della predetta disposizione maggiormente conforme alla sua finalità è senz’altro quella che qualifica l’adempimento in parola come requisito di partecipazione alla gara, e non come condizione dell’aggiudicazione, e che impone, conseguentemente, la produzione della relativa certificazione al momento della presentazione della domanda, e non, come erroneamente ritenuto dal TAR, all’esito della gara e prima dell’aggiudicazione definitiva
 
 
Da segnalare:
 
AUTORITA’ PER LA VIGILANZA SUI LAVORI PUBBLICI DETERMINAZIONE n. 13 del 15 luglio 2003 Cause di esclusione dalle gare d’appalto per l’esecuzione di lavori pubblici. Profili interpretativi ed applicativi
“Saranno, pertanto, le stazioni appaltanti a dover effettuare, ai sensi del disposto di cui all’art. 71, comma 1, del D.P.R. n. 445/2000, i necessari controlli sulla veridicità delle autodichiarazioni; controlli che, se relativi a dichiarazioni sostitutive di certificazione, andranno effettuati con le modalità di cui all’art. 43 dello stesso indicato D.P.R., e cioè consultando direttamente gli archivi dell’amministrazione certificante, oppure chiedendo alla stessa, anche a mezzo di strumenti informatici o telematici, conferma scritta della rispondenza tra quanto autodicharato alle risultanze dei registri da essa custoditi. Da tener presente al riguardo che, ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. n. 445/2000, le stazioni appaltanti non possono richiedere atti o certificati concernenti stati, qualità personali e fatti, di cui al successivo art. 46, che risultino attestati in documenti già in loro possesso o che comunque esse stesse siano tenute a certificare dovendo acquisirli d’ufficio previa indicazione all’interessato dell’amministrazione competente e degli elementi necessari al relativo reperimento."
 
Il cui esito negativo, per quanto riguarda il primo e il secondo classificato (i cui controllo devono essere fatti entro 30 giorni dall’aggiudicazione), andrà senz’altro a legittimare l’escussione della polizza provvisoria!!!
 
 
Il supremo giudice amministrativo ci ricorda :
 
Consiglio di Stato, Sezione V, decisione 4599 dell’8 agosto 2003
Non può essere, condiviso, invero l’assunto dell’appellante secondo cui la certificazione SOA rilasciatale sarebbe stata sufficiente ad assolvere ogni onere attestativo anche per quanto attiene alla documentazione dei requisiti di carattere generale oltre che a quella dei requisiti tecnico-finanziari.
E, invero, l’art. 1 del D.P.R. n. 34 del 25 gennaio 2000 prevede che quanto attestato dalla SOA è necessario e sufficiente a certificare la capacità economico-finanziaria; ma, per quanto attiene agli altri requisiti di cui all’art. 17 dello stesso decreto, è la stazione appaltante che deve verificare la sussistenza concreta degli stessi; e ciò indipendentemente dall’attestazione SOA, che vale solo ai fini anzidetti.
Ne consegue che l’attestazione SOA rilasciata all’interessata non era sufficiente a certificare il possesso, in capo alla stessa, dei requisiti generali, diversi da quelli relativi alla capacità tecnica e finanziaria; requisiti generali il cui possesso che deve essere verificato, di volta in volta, dalla stazione appaltante.
 
Se è onere della SOA attestare il possesso dei requisiti tecnico-finanziari (che non possono essere posti in discussione dalla P.A.), per contro, per i requisiti di carattere generale, il legislatore non ha inteso sottrarne la concreta verifica alla stessa stazione appaltante, cui spettano i necessari apprezzamenti in merito alla rilevanza dei fatti riscontrati.
 
 
Di *************
 
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,   Quinta Sezione           ANNO 2003
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2632/2003, proposto dalla ***** UMBERTO s.a.s. di ***** Umberto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. ************ ed elettivamente domiciliata in Roma, via Panama 12, presso l’avv. *************,
CONTRO
la ***** Costruzioni s.p.a. (già s.r.l.), in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti ***** e ************ ed elettivamente domiciliata in Roma, via Arenula 41, presso la dott.ssa *******************,
e nei confronti
del Comune di PERUGIA, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’********************* presso il quale elettivamente domicilia in Roma, via Maria Cristina 8,
per l’annullamento
della sentenza del TAR dell’Umbria 10 marzo 2003, n. 162;
visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della ***** Costruzioni s.p.a. e del Comune di Perugia;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti di causa;
vista l’ordinanza della Sezione 15 aprile 2003, n. 1465;
relatore, alla pubblica udienza del 25 novembre 2003, il Cons. **************; uditi, per le parti, l’avv. ********, per delega dell’avv. *****, per l’appellante, l’avv. *****, per delega dell’avv. **********, per il Comune di Perugia, e l’avv. ************ per l’***** Costruzioni s.p.a..
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
F A T T O  
1) – Con la sentenza appellata il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla ***** Costruzioni s.r.l. per l’annullamento della determinazione dirigenziale 13 novembre 2002, n. 149, con la quale la società stessa è stata esclusa dalla procedura di licitazione privata per l’appalto dei lavori di realizzazione della rotatoria stradale via Dottori – via ********** ed è stata, conseguentemente, annullata la determinazione dirigenziale 28 maggio 2002, n. 68, con la quale l’appalto era stato aggiudicato alla stessa ***** s.r.l. ed è stata disposta la riconvocazione della commissione di gara per una nuova aggiudicazione; con il ricorso di primo grado erano anche impugnati i verbali di gara, il bando – dell’8 febbraio 2002 – e altri atti presupposti, consequenziali e connessi.
È stato, invece, respinto il ricorso incidentale proposto dall’odierna appellante.
2) – La sentenza è qui appellata dall’impresa *****, aggiudicataria della gara, che ne deduce l’erroneità sia nella parte in cui ha accolto il ricorso principale, sia in quella in cui ha rigettato il ricorso incidentale di primo grado.
Si è costituita in giudizio l’originaria ricorrente che, nelle proprie difese, oltre ad insistere per la conferma della sentenza appellata nella parte in cui ha annullato gli atti impugnati in primo grado ed ha respinto il ricorso incidentale, svolge anche appello incidentale condizionato, con riguardo a quella parte della sentenza che non ha accolto l’eccezione di tardività del primo motivo del ricorso incidentale di primo grado.
Si è costituito in appello anche il Comune di Perugia che, nelle proprie difese, insiste per la riforma della sentenza in esame nella parte in cui ha accolto il ricorso principale e per la sua conferma nella parte relativa al rigetto del ricorso incidentale ora detto.
3) – Con ordinanza 15 aprile 2003, n. 1465, la Sezione, rilevato che la procedura controversa appare immune dal vizio accertato dal TAR, ha sospeso l’efficacia della sentenza appellata.
Con memorie conclusionali le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
D I R I T T O
1) – Con la sentenza appellata il TAR ha accolto il ricorso proposto dalla ***** Costruzioni s.r.l. (ora, s.p.a.) per l’annullamento della determinazione dirigenziale 13 novembre 2002, n. 149, con la quale la società stessa è stata esclusa dalla procedura di licitazione privata per l’appalto dei lavori di realizzazione della rotatoria stradale via Dottori – via ********** ed è stata, conseguentemente, annullata le determinazione dirigenziale 28 maggio 2002, n. 68, con la quale l’appalto era stato aggiudicato alla stessa ***** s.r.l. ed è stata disposta la riconvocazione della commissione di gara per una nuova aggiudicazione; con il ricorso di primo grado erano anche impugnati i verbali di gara, il bando – dell’8 febbraio 2002 – e altri atti presupposti, consequenziali e connessi.
È stato, invece, respinto il ricorso incidentale proposto dall’odierna appellante.
La sentenza è qui appellata dall’impresa *****, aggiudicataria della gara, che ne deduce l’erroneità sia nella parte in cui ha accolto il ricorso principale, sia in quella in cui ha rigettato il ricorso incidentale di primo grado.
Si è costituita in giudizio l’originaria ricorrente che, nelle proprie difese, oltre ad insistere per la conferma della sentenza appellata nella parte in cui ha annullato gli atti impugnati in primo grado ed ha respinto il ricorso incidentale, svolge anche appello incidentale condizionato avverso il mancato accoglimento dell’eccezione di tardività del primo motivo del ricorso incidentale di primo grado.
L’appello è fondato nel merito, ciò che esime il Collegio dall’esaminare le eccezioni relative all’ammissibilità dell’originario ricorso.
2) – L’avviso di licitazione privata con il quale era indetta la gara d’appalto di cui si tratta prevedeva, tra l’altro, al punto 6 (la grafica è quella utilizzata dall’avviso stesso), che “tutti gli interessati dovranno altresì produrre, a pena di esclusione, una dichiarazione del legale rappresentante attestante che l’impresa non è assoggettabile agli obblighi di assunzioni obbligatorie di cui alla legge n. 68/99 (in caso di imprese che occupino non più di 15 dipendenti e da 15 a 35 dipendenti che non abbiano fatto nuove assunzioni dopo il 18 gennaio 2000) ovvero certificazione, in data non anteriore a quella di pubblicazione del presente bando, dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della suddetta legge (per le imprese che occupino più di 35 dipendenti e per quelle che occupino da 15 a 35 dipendenti e abbiano effettuato una nuova assunzione dopo il 18 gennaio 2000); tale certificazione dovrà recare data di rilascio non anteriore a quella di pubblicazione del presente bando, ovvero, qualora tale data sia antecedente (comunque nel limite di sei mesi di validità) dovrà essere accompagnata da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio a cura del legale rappresentante che confermi la persistenza della situazione dalla stessa attestata”.
Nella propria richiesta d’invito in data 28 febbraio 2002 la società ***** precisava, tra l’altro, di essere assoggettata agli obblighi di assunzioni obbligatorie di cui alla legge 68/99 e che, a tal fine, allegava certificazione.
Produceva, quindi, una dichiarazione, in pari data, con la quale precisava “che ai fini dell’assolvimento degli obblighi di cui alla legge 68/99, conferma la persistenza della situazione certificata dalla originaria attestazione e si impegna ad esibire, qualora richiesto da codesto Ente appaltante, l’originale del certificato in suo possesso”; tale pregressa certificazione, in data 16 luglio 2001, attestava che la ditta ***** Costruzioni era in regola con gli adempimenti previsti dall’art. 9, comma 6, della legge n. 68 del 1999, rientrando la stessa nell’ipotesi normativa di cui all’art. 3, comma 1, lettera c), della legge medesima” (norma, questa, secondo cui  “i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui all’art. 1 nella seguente misura..…: c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti”).
Così facendo, peraltro, la stessa non si atteneva – come, del resto, inoppugnatamente riconosciuto dallo stesso TAR – alla lex specialis della gara che, a pena di esclusione, richiedeva che la certificazione prodotta fosse ricompresa nei sei mesi di validità decorrenti dalla data del rilascio (ciò in conformità, del resto, con l’art. 41 del T.U. 28 dicembre 2000, n. 445, sulla validità semestrale dei certificati).
Il TAR ha ritenuto, invero, che la presentazione di tale certificazione non fosse, effettivamente, conforme al bando di gara, ma che l’impugnazione di questo fosse intervenuta tempestivamente, l’interesse alla rimozione della clausola in questione essendosi consolidato solo a seguito dell’esclusione della ditta ricorrente che, del resto, in un primo tempo, non era stata esclusa e, quindi, godeva di un affidamento circa la conformità della documentazione prodotta.
Lo stesso TAR ha, inoltre, ritenuto che la clausola in questione non fosse imposta dal dettato normativo di cui all’art. 17 della legge n. 68/1999 (norma che, se correttamente interpretata, non imporrebbe necessariamente la presentazione della certificazione ai fini della partecipazione alla gara, bensì ai fini essenziali dell’aggiudicazione); e che il Comune non avrebbe potuto legittimamente disporre lo speciale onere di documentazione di cui si tratta, ponendosi esso in contrasto con i principi generali in materia di documentazione e con quelli che esigono che ogni onere sia sorretto da una ratio idonea a giustificarlo e che non aggravi ingiustificatamente il procedimento; in particolare, i primi giudici hanno ritenuto che se l’autocertificazione era idonea con riguardo a requisiti quali l’insufficienza di precedenti penali, a maggior ragione avrebbe dovuto esserlo in relazione al requisito in parola, salva la successiva doverosa verifica in sede di aggiudicazione.
3) – Ritiene la Sezione, condividendo le censure svolte con l’appello principale, che le conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici non possano essere condivise.
La disposizione oggetto della presente indagine (art. 17 della legge n. 68 del 1999) prescrive che “le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della presente legge, pena l’esclusione”.
Tale norma è stata interpretata, dalla giurisprudenza di questo Consiglio prevalentemente in termini restrittivi (con l’eccezione della decisone n. 2020 del 17 aprile 2002); si ricordano, in particolare, la decisione della Sezione n. 3733 del 6 luglio 2002 e, in senso conforme, quella 24 maggio 2002, n. 2861, nonché la decisione della Sezione VI, 21 luglio 2003, n. 4202.
Il Collegio ritiene di doversi conformare a tale ormai prevalente orientamento, secondo cui una corretta esegesi della norma anzidetta esige, prima di procedere alla lettura del dato testuale, la preliminare individuazione della sua ratio e degli interessi da quella protetti al fine di attribuire alla stessa il significato e la portata precettiva maggiormente conformi alla sua finalità.
Va al riguardo osservato che lo scopo della disposizione non è solo quello, di garantire all’Amministrazione la conclusione del contratto con un’impresa che osservi la normativa sul diritto al lavoro dei disabili, ma anche, se non prevalentemente, quello di assicurare e di perseguire il più ampio rispetto di quest’ultima. Non v’è dubbio, in proposito, che la finalità appena illustrata risulta conseguita con maggiore efficacia ove la disposizione venga letta nel senso, prospettato dall’appellante, che il rispetto della normativa a tutela dei disabili deve essere attestato al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
Mentre, infatti, quest’ultima interpretazione favorisce in maniera significativa, condizionando la stessa possibilità di partecipare alla procedura selettiva, l’osservanza della normativa in parola, l’opzione ermeneutica seguita dal T.A.R., condizionando la sola conclusione del contratto con l’impresa vincitrice della gara, garantisce con minore efficacia la tutela dei disabili, posto che, in quest’ultimo caso, il carattere eventuale e futuro della sanzione dell’esclusione potrebbe indurre le imprese partecipanti a rinviare ad un momento successivo la regolarizzazione, sotto il profilo considerato, della propria organizzazione. Tanto osservato circa la ratio dell’art. 17 legge. n. 68/99, va ribadito che l’esegesi della predetta disposizione maggiormente conforme alla sua finalità è senz’altro quella che qualifica l’adempimento in parola come requisito di partecipazione alla gara, e non come condizione dell’aggiudicazione, e che impone, conseguentemente, la produzione della relativa certificazione al momento della presentazione della domanda, e non, come erroneamente ritenuto dal TAR, all’esito della gara e prima dell’aggiudicazione definitiva.
Si rileva, infine, che l’interpretazione appena illustrata risulta significativamente avvalorata e corroborata dal dato letterale della disposizione esaminata. L’univoco testo della norma, infatti, là dove prescrive alle imprese che “partecipino a bandi” di “presentare preventivamente” la dichiarazione e la certificazione ivi descritte, individua chiaramente nella presentazione della domanda di partecipazione la fase procedimentale nella quale va adempiuta quella prescrizione, escludendo, al contempo, la riferibilità dell’avverbio “preventivamente”, per come inteso dal T.A.R., all’aggiudicazione definitiva della gara. Il contestuale utilizzo delle dizioni “partecipazione a bandi per appalti pubblici” e “presentazione preventiva” e l’evidente connessione logica tra le stesse impongono, in definitiva, la lettura della disposizione sopra preferita ed impediscono, di contro, come già osservato, di accedere alla diversa esegesi, in quanto contraria al palese significato letterale delle espressioni usate, che circoscrive l’adempimento in parola alla sola fase finale della procedura e che lo qualifica come mera condizione dell’aggiudicazione definitiva o, addirittura, della stipulazione del contratto. Le convergenti indicazioni ricavate dall’esegesi logica e da quella letterale della disposizione inducono, in definitiva, ad affermare con chiarezza che l’attestazione, nelle forme indicate dalla norma, del rispetto della normativa a pena d’esclusione, contestualmente alla domanda di partecipazione alla gara.
4) – È anche vero che il legislatore è, successivamente, intervenuto in materia con l’articolo 77bis (L) del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), secondo cui “le disposizioni in materia di documentazione amministrativa contenute nei capi II e III si applicano a tutte le fattispecie in cui sia prevista una certificazione o altra attestazione, ivi comprese quelle concernenti le procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, di servizi e di forniture, ancorché regolate da norme speciali, salvo che queste siano espressamente richiamate dall’articolo 78” (articolo aggiunto dall’art. 15 della legge 16 gennaio 2003, n. 3); e che, non essendo la norma di cui si discute contenuta nell’ora detto art. 78, ne consegue che, con l’entrata in vigore della disciplina in parola, deve ritenersi sufficiente la semplice dichiarazione in luogo della certificazione prevista dal ripetuto art. 17.
Si tratta, però, non di norma interpretativa, ma modificativa del previgente assetto normativo (“Capo II – Norme di semplificazione, articolo 15: modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445: 1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sono apportate le seguenti modificazioni…..”; e, tra queste, quella introduttiva del nuovo art. 77bis dianzi riportato).
E, non trattandosi di disciplina interpretativa, deve, a maggior ragione, ritenersi che, prima dell’entrata in vigore della novella normativa, dovesse tenersi per ferma l’interpretazione della norma sopra condivisa.
Da quanto sopra consegue che correttamente la società ***** s.r.l. è stata esclusa dalla gara di cui si tratta per insufficiente produzione documentale.
5) – La società ***** ripropone anche le prime due censure svolte in primo grado, assorbite dal TAR.
Le stesse sono infondate.
5.1) – Con la prima, si deduce che i provvedimenti di avvio dei procedimenti di esclusione della esponente e, in particolare, quello di esclusione dalla gara della stessa, sarebbero stati dichiaratamente adottati in sede e nell’esercizio del potere di verifica dei conteggi presentati dall’aggiudicataria, secondo quanto dispone l’art. 90, comma 7, del D.P.R. n. 554/1999 e, dunque, dopo l’aggiudicazione definitiva e prima del contratto; in una fase, quindi, si assume, extraconcorsuale, in quanto con l’aggiudicazione definitiva la gara si sarebbe conclusa.
Con la conseguenza che non sarebbero stati possibili un procedimento ed un provvedimento di esclusione dalla gara, ormai conclusa, né sarebbe stato necessario rispettare l’obbligo della par condicio; e con l’ulteriore conseguenza che il provvedimento di esclusione avrebbe dovuto essere congruamente motivato sotto il profilo del pubblico interesse ed, anzi, la P.A. ben avrebbe potuto e dovuto richiedere documentazione integrativa volta a regolarizzare quella già prodotta.
La censura non può essere condivisa, dal momento che la determinazione impugnata è stata assunta in un momento in cui l’aggiudicazione non era ancora definitiva, come emerge dallo stesso verbale di gara e dal fatto che l’Amministrazione ha dato sollecitamente corso a procedure di verifica dell’offerta dell’aggiudicataria, avviando più procedimenti a tal fine, conclusisi con l’esclusione della società ***** dalla gara e l’aggiudicazione all’odierna appellante.
5.2) – Né miglior sorte può avere il secondo motivo di ricorso, con cui la società ***** deduce che il difetto della certificazione di cui si è detto avrebbe potuto e dovuto essere superato, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 109/1994, mediante la semplice integrazione documentale da tale disposizione prevista.
E, invero, la documentazione prodotta dall’impresa era oggettivamente carente e non avrebbe potuto esserne richiesta l’integrazione se non violando i principi della par condicio tra i concorrenti.
6) – Per completezza può, infine, osservarsi che, con memoria conclusionale, peraltro, non notificata, la società appellata insta per l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno; a parte ogni questione sulla sua ammissibilità (non essendosi il TAR pronunciato in punto di danno) l’infondatezza dell’originario ricorso e la fondatezza dell’appello rendono improcedibile tale domanda.
7) – Per tali assorbenti motivi – che esimono il Collegio dall’esaminare le ulteriori censure svolte dall’appellante anche per contestare la pronuncia dei primi giudici relativa al ricorso incidentale da essa svolto in primo grado, nonché le relative controdeduzioni ed eccezioni svolte dalla società quì appellata – l’appello in epigrafe appare fondato e va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
Le spese dei due gradi di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma il 25 novembre 2003 dal Collegio DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10 Dicembre 2003
 
 
 
 
****TAR dell’Umbria 10 marzo 2003, n. 162
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 67/2003, proposto da ***** Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. ************ con domi-ci-lio eletto presso l’avv. *************** in Perugia, via Martiri dei Lager 120
contro
Comune di Perugia (unità operativa contratti ed archivio) in persona del Sindaco pro tempore, rappre-sentato e difeso dall’avv. **************** con domicilio eletto presso lo stesso in Perugia, corso Vannucci, 39;
e nei confronti di
soc. *********************, in persona del legale rappre-sen-tante pro tempore, rappresen-tato e difeso dall’avv. **************************** e dell’avv. ************, con domicilio eletto presso gli stessi in Perugia, via Bonazzi, 9
per l’annullamento
I. con il ricorso principale: a) della determinazione dirigenziale 13 novembre 2002 n. 149, con la quale la ricorrente è stata esclusa dalla procedura di licitazione privata per l’appalto dei lavori di realizzazione della rotatoria stradale via Dottori-via Berlinguer, ed è stata conseguentemente annullata la determinazione dirigenziale 28 maggio 2002, n. 68, con la quale l’appalto era stato aggiudicato all’attuale ricorrente, ed è stata disposta la riconvocazione della commissione di gara per una nuova aggiudicazione;
b) degli atti presupposti a tale determinazione, e in particolare degli atti (meglio specificati nel ricorso) di avvìo del procedimento di esclusione e altri atti strumentali ed endoprocedimentali;
c) degli atti conseguenti alla suddetta determinazione n. 149, e in particolare il verbale della commissione di gara con l’aggiudicazione all’impresa *****, la determinazione di approvazione degli atti e l’eventuale contratto;
d) in subordine e per quanto d’interesse della ricorrente: del bando di gara 8 febbraio 2002, nella parte in cui impone prescrizioni che si rilevano in contrasto con l’interpretazione data dalla giurisprudenza al disposto dell’art. 17 della legge 12 marzo 1999 n. 68;
II. con il ricorso incidentale dell’Impresa *****: degli atti della commissione di gara e successive determinazioni dirigenziali, nella parte in cui non dispon-gono l’esclusione dell’impresa ***** per motivi diversi ed ulteriori rispetto a quelli posti a base della determinazione n. 149 del 13 novembre 2002.
            Visto il ricorso con i relativi allegati;
            Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune e quello della impresa *****;
            Visto il ricorso incidentale dell’impresa *****, notificato il 19 febbraio 2003 e depositato il 24 febbraio successivo;
            Viste le memorie difensive e gli atti tutti del giudizio;
            Udita, alla camera di consiglio del 26 febbraio 2003, in sede cautelare, la relazione del Presidente ******* e udite le parti come da verbale;
            Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
            1.         Con "avviso" in data 8 febbraio 2002, il Comune di Perugia ha indetto una licitazione privata per lavori stradali consistenti nella rea-liz-za-zione di una rotatoria fra via Dottori e via Berlinguer, per l’accesso al polo ospedaliero ***********.
            Il criterio di gara era quello del prezzo più basso, determinato mediante offerta a prezzi unitari, ai sensi dell’art. 21, comma 1, lettera c), della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive mdoficihe.
            L’importo a base di gara era di euro 483.249,82, di cui euro 14.497,49 per oneri di sicurezza, non soggetti a ribasso.
            Hanno chiesto di essere invitate, e sono state ammesse alla gara, fra le altre, l’impresa ***** (attuale ricorrente) e l’impresa ***** (contro-inte-ressata e ricorrente incidentale). Le offerte presentate sono state in tutto 44.
            2.         L’esame delle offerte si è svolto il 28 maggio 2002.
            All’apertura delle offerte è risultato che l’impresa ***** offriva un ribasso del 13,74% per un importo complessivo dichiarato di euro 418.843,24.
            Nell’offerta dell’impresa ***** si leggeva invece un ribasso del 13,074%, in cifre, e, in lettere, un ribasso del «tredici virgola settanta-quattro» mentre l’importo complessivo dichiarato era di euro 420.070,10. La commissione di gara ha ritenuto valido l’importo espresso in lettere, come previsto dalla lex specialis in caso di discordanza.
            Scartate le offerte basse in modo anomalo (diciotto), sono risultate più vantaggiose, alla pari, quella dell’impresa ***** e quella dell’impresa *****, entrambe con un ribasso del 13,74%.
            A questo punto, la commissione di gara ha proceduto al sorteggio fra le due suddette offerte; il sorteggio è stato favorevole all’impresa *****.
            E’ stata quindi dichiarata aggiudicataria provvisoria l’impresa ***** con un ribasso del 13,74%. Poiché a questo ribasso corrisponde un importo totale di euro 418.843,25 (ivi incluso l’importo di euro 14.497,49 per oneri di sicurezza, non soggetti a ribasso) mentre l’importo indicato dall’impresa ***** era di euro 420.070,10, la commissione di gara si è esplicitamente riservata di procedere alla verifica dei prezzi unitari e dei relativi conteggi, a norma dell’art. 90, comma 7, del regolamento approvato con d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.
            Gli atti della gara sono stati approvati, con riserva della suddetta verifica e degli altri accertamenti di rito, con determinazione dirigenziale n. 68 del 28 maggio 2002.
            3.         Prima di procedere all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, l’Ufficio contratti del Comune ha formulato l’ipotesi che l’offerta della ditta ***** fosse viziata supponendosi che il ribasso del 13,074% fosse stato applicato, dalla ditta offerente, anche agli oneri di sicu-rezza, che sono invece esclusi dal ribasso.
            Di conseguenza, con lettera in data 5 luglio 2002, ha comunicato all’impresa ***** l’avvio del procedimento per l’esclusione dalla gara.
            L’impresa ***** ha presentato le proprie controdeduzioni, osservando che il ribasso offerto, a norma di regolamento, era quello indicato in lettere (pari al 13,74% e non al 13,074%) e che non si riferiva agli oneri di sicurezza; e che l’ulteriore discordanza fra il suddetto ribasso e il prezzo totale indicato dalla ditta doveva essere risolta con il procedimento di cui all’art. 90, comma 7, del regolamento.
            Con una seconda lettera in data 1° ottobre 2002, il Comune ha avvisato l’impresa l’***** dell’avvìo del procedimento di esclusione per altro motivo: e cioè perché detta impresa, al momento della richiesta di invito alla gara, non aveva documentato nei modi previsti dal bando uno dei requisiti di partecipazione (essere in regola con gli obblighi di cui alla legge n. 68/1999 in tema di assunzione dei disabili).
            L’impresa ***** ha presentato le proprie controdeduzioni.
            Con determinazione dirigenziale 13 novembre 2002, n. 149, il Comune ha ritenuto accoglibili le controdeduzioni dell’impresa ***** riferite alla prima ipotesi di esclusione (applicazione del ribasso anche agli oneri di sicurezza). Ha, invece, giudicato non accoglibili quelle relative alla seconda ipotesi di esclusione (irregolare certificazione del rispetto delle prescrizioni di cui alla legge n. 68/1999), ed ha conseguentemente dichiarato l’esclusione dell’impresa *****.
            Successivamente (verbale 19 dicembre 2002) sono state rinnovate le operazioni d’individuazione delle offerte anomale, ed è ancora risultata offerta più vantaggiosa (escluse le anomale) quella dell’impresa ***** (que-sta volta da sola). Di conseguenza l’aggiudicazione è stata pronunciata nei suoi confronti.
            4.         L’impresa ***** impugna davanti a questo Tribunale la propria esclusione, nonché gli atti preparatori (nella parte in cui sono lesivi della sua posizione) e gli atti conseguenti, in particolare l’aggiudicazione alla ditta con-tro–interessata. Impugna specificamente, altresì, la clausola del bando che im-po-ne gli oneri documentali la cui inosservanza è stata posta a base della sua esclu-sione. Tali oneri, secondo la ricorrente, sono illegittimi in quanto ec-ce-do-no – ingiustificatamente ed irragionevolmente – quanto prescritto dalla legge.
            Il Comune e la controinteressata si sono costituiti sollevando eccezioni di rito e svolgendo difese di merito.
            La controinteressata, inoltre, ha proposto ricorso incidentale, dedu-cen-do che l’impresa ***** avrebbe dovuto essere esclusa (anche) per motivi diversi ed ulteriori rispetto a quello su cui si è basato il provvedimento del Comune.
            5.         Investito della domanda cautelare, il Collegio ritiene, con l’as-sen-so delle parti, di poter definire la controversia con decisione immediata.
            6.         Esaminando dapprima il ricorso principale, si osserva che nel suo contesto assume una rilevanza essenziale l’impugnazione della clausola del bando.
            Ed invero non si può negare che la certificazione allegata dall’impresa ***** alla domanda di partecipazione fosse – per il profilo ora in conte-stazione – difforme rispetto alla clausola del bando.
            La clausola in questione (n. 6 dell’avviso di gara) era del seguente tenore:
            «(…) Tutti gli interessati dovranno altresì produrre, a pena di esclu-sione, una dichiarazione del legale rappresentante, attestante che l’impresa non è assoggettabile agli obblighi di assunzioni obbligatorie di cui alla legge n. 68/99 (…) ovvero certificazione, in data non anteriore alla pubblicazione del presente bando, dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme della sud-detta legge (…). Tale certificazione dovrà recare data di rilascio non ateriore a quella di pubblicazione del presente bando, ovvero, qualora tale data sia antecedente (comunque nel limite dei sei mesi di validità) dovrà essere ac-com-pagnata da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio a cura del legale rappresentante che confermi la persistenza della situazione dalla stessa attestata».
            In concreto, alla propria domanda di partecipazione l’impresa *****, di-chiarando di essere soggetta agli obblighi di cui alla legge n. 68/99, ha allegato un certificato di ottemperanza, rilasciato dall’autorità competente il 16 luglio 2001, e una dichiarazione sostitutiva di atto notorio con la quale il legale rappresentante della ditta autocertificava la persistenza della situazione attestata dal suddetto certificato.
            La documentazione prodotta dalla parte era dunque difforme rispetto alla prescrizione del bando, perché il certificato – pur accompagnato da una formale autocertificazione di persistenza della situazione ivi attestata – risultava emesso in una data (16 luglio 2001) risalente a più di sei mesi prima della data (7 marzo 2002) di presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
            Va sottolineato che la contestazione non riguarda il possesso del re-qui-sito: che la ditta ***** possegga il requisito è incontroverso (fra l’altro, in sede di controdeduzioni al secondo preavviso di esclusione ha prodotto un altro certificato, datato 30 aprile 2002). La contestazione riguarda solo la regolarità della documentazione, e più precisamente il fatto che l’autocerti-fi-ca-zione si appoggia su un certificato vecchio di (poco) più di sei mesi, mentre doveva appoggiarsi su un certificato vecchio non più di sei mesi.
            Va sottolineato, altresì, che qui si discute unicamente della regolarità della documentazione richiesta ai fini dell’ammissione alla gara, la quale è dunque una documentazione provvisoria: com’è noto, infatti, la legge n. 109/1994, all’art. 10, comma 1-quater, prevede che tale documentazione provvisoria sia sottoposta a verifica (mediante l’acquisizione delle certi-fi-ca-zioni definitive) nei confronti di un certo numero di concorrenti, apposita-mente sorteggiati prima dell’apertura delle offerte, e, in ogni caso, nei confronti dell’aggiudicatario.
            7.         Tutto ciò premesso, si deve dunque confermare che la docu-men-tazione prodotta dall’impresa *****, a titolo provvisorio, ai fini della qua-lificazione, non corrispondeva a quanto prescritto dal bando.
            Ne consegue che la sua esclusione appare conforme alla lex specialis della gara: e che si dovrà dunque prendere in esame l’impugnazione della relativa clausola del bando.
            8.         E’ preliminare a questa disamina la questione della tempe-sti-vi-tà dell’impugnazione del bando.
            Il bando, invero, è stato impugnato solo congiuntamente al provve-di-mento di esclusione, e non mediante un ricorso immediato; e, del resto, il ricorso è stato notificato il 23 gennaio 2003, vale a dire quando il termine per una eventuale impugnazione diretta era già abbondantemente scaduto.
            Viene dunque in rilievo la nota e dibattuta problematica relativa all’individuazione dei casi nei quali il bando di gara o di concorso può (deve) essere impugnato immediatamente, e quelli nei quali invece può (deve) essere impugnato congiuntamente al successivo atto di esclusione dalla gara o, se del caso, alla graduatoria.
            Il Collegio, aderendo alla giurisprudenza più tradizionale ed anche ai propri precedenti (es.: sent. n. 657/2000) ritiene che il bando vada consi-de-rato, in linea di principio, atto endoprocedimentale, strumentale e pre-pa-ra-torio, e che pertanto non sia suscettibile d’impugnazione diretta, ma possa e deb-ba essere impugnato congiuntamente all’atto terminale, rappresentato dalla graduatoria (in caso di concorso a pubblico impiego) o dall’aggiudica-zione (in caso di gara d’appalto): si equipara all’atto terminale (in quanto è, di fatto, l’atto terminale per quanto riguarda la posizione dell’interessato) l’atto di esclusione di un concorrente.
            Sin qui, la regola generale: vi è poi l’ec-ce-zio-ne, costituita dalle clau-so-le di bando che, stabilendo determinati re-qui-siti di ammissione, compor-tano automaticamente l’esclusione di chi ne è sprov-vi-sto. Ciò si dice, pe-raltro, solo delle clausole ad excludendum ossia quelle che fissano i requisiti og-gettivi dei candidati, vale a dire determinate qualità personali (ad es.: limite mi-nimo di altezza per un concorso a pubblico impiego: Cons. St., sez. V, 18 di-cembre 2000, n. 6770) o titoli (ad es. un determinato titolo di studio, l’ap-par-tenenza a determinate categorie, ecc.). In tali casi infatti l’interessato è escluso dalla gara a priori, e non è legittimato neppure a presentare la do-man–da di partecipazione (anche se comunemente si ritiene che debba co-mun-que presentarla, per dimostrare e radicare l’interesse a ricorrere).
            Pare diverso il caso delle clausole che non sanciscono l’esclusione a priori di chi si trovi in determinate condizioni di fatto, bensì impongono oneri procedurali, sia pure a pena di esclusione. La differenza consiste in ciò, che l’interessato è legittimato a presentare la domanda, e non è dunque escluso a priori, ma "sarà" escluso nel momento in cui la sua eventuale inottemperanza sarà rilevata e sanzionata dagli organi di gara.
            La vicenda in esame è particolarmente significativa in tal senso, in quanto la ricorrente principale è stata esclusa solo con un atto di secondo grado, ossia di autotutela, dopo che in una prima fase era stata ammessa, in base a un giudizio di conformità della documentazione alle prescrizioni del bando. A quest’ultimo riguardo, non è condivisibile la tesi secondo la quale l’ammissione alla gara s’intenderebbe sempre fatta con riserva di verifica dei requisiti, sicché l’ammissione non giustificherebbe alcun affidamento. E’ vero che in una fase successiva all’ammissione è prevista la verifica dei requisiti (legge n. 109/1994, art. 10, comma 1-quater), ma questa verifica ha per oggetto la veridicità delle autocertificazioni prodotte ai fini dell’ammissione: altra cosa è l’accertamento preliminare della regolarità e completezza delle au-tocertificazioni stesse, nella fase della qualificazione. Nel caso presente l’im-presa ***** non è stata esclusa perché sia stato appurato che le sue auto-cer-tificazioni non erano veridiche, ma perché la commissione di gara re melius perpensa ha ritenuto irre-go-lare un’au-tocertificazione che in un primo momento aveva giudicato regolare.
            Peraltro, una volta informata di essere stata ammessa, l’impresa ***** aveva un legittimo affidamento riguardo alla regolarità della propria docu-men-tazione. Se la sua esclusione fosse stata decisa, invece, quando si sarebbe dovuto, e cioè nella fase della qualificazione, l’impresa ***** sarebbe stata ancora nei termini per una impugnazione diretta del bando (se non altro, mediante ricorso straordinario al Capo dello Stato) e dunque avrebbe potuto pienamente tutelarsi anche qualora si volesse ritenere che la clausola de qua fosse di quelle delle quali è possibile e necessaria l’impugnazione diretta. In questa luce risulta dunque che se l’impresa ***** è decaduta dalla possibilità della impugnativa diretta del bando, ciò è avvenuto anche a causa di un erroneo affida-mento indotto dal comportamento dell’amministrazione. Dato dunque e non concesso che il bando dovesse essere impugnato direttamente, si dovrebbe concedere all’impresa ***** il beneficio dell’errore scusabile.
            In conclusione, l’impugnazione della clausola del bando va ritenuta tempestiva ed ammissibile.
            9.         Il problema della legittimità della clausola si pone perché essa appare formulata in deroga al principio generale in materia di gare, secondo il quale ai fini dell’ammissione il possesso dei requisiti è dimostrato mediante autocertificazioni, salvo il successivo controllo sulla loro veridicità, ai sensi dell’art. 10, comma 1-quater, citato). E ciò in conformità con un generale orientamento della legislazione verso la semplificazione dei procedimenti amministrativi e degli oneri imposti ai privati (legge n. 241/90).
            Anche il bando in esame, in effetti, prevedeva che ai fini dell’am-missione la generalità dei requisiti (es.: inesistenza di cause di esclusione ai sensi dell’art. 75 del d.P.R. n. 554/99, come mod. dal d.P.R. n. 412/2000, possesso di attestazione SOA) formasse oggetto di una dichiarazione autocertificativa.
            Per un solo ed unico requisito, e cioè il fatto di essere in regola con le prescrizioni della legge n. 68/1999 sull’assunzione obbligatoria dei disabili, l’autocertificazione non era sufficiente; o più precisamente era sufficiente solo qualora il candidato dichiarasse di non essere soggetto agli obblighi in questione, mentre il candidato soggetto a quegli obblighi non poteva limitarsi ad autocertificare il loro assolvimento, ma doveva allegare un certificato dell’autorità competente.
            Pare dunque evidente la peculiarità della disciplina dettata dalla lex specialis per quello specifico requisito.
            Ciò posto, si profilano due questioni distinte:
            a) se tale peculiarità di disciplina costituisse l’applicazione doverosa e vincolata della legge sul collocamento dei disabili (legge n. 68/1999);
            b) se, in caso contrario, l’ente appaltante avesse comunque il potere di dettare autonomamente una regola siffatta.
            10.       Alla prima questione questo Collegio ha già dato risposta negativa con sentenza n. 657 pubblicata il 27 luglio 2000. Si possono parzial-mente riprodurre le considerazioni allora svolte, che si ritengono tuttora persuasive.
            10.1.    Viene in rilievo l’art. 17 della legge n. 68 del 1999, che qui si trascrive letteralmente:
            «Le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certi-ficazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottem-pe-ranza alle norme della presente legge, pena l’esclusione».
            Il Comune, introducendo nel bando la clausola in contestazione, mostra di ritenere che la disposizione ora trascritta vada interpretata come rivolta a stabilire non solo un requisito sostanziale di partecipazione alle gare, ma a dettare, altresì, regole speciali per la sua documentazione, in deroga alle regole generali in materia di docu-men-tazione dei requisiti. In particolare, la parola "preventivamente" do-vrebbe essere intesa come rivolta a stabilire l’onere di produrre la certi-fi-cazione degli uffici competenti, insieme all’auto-certi-ficazione del legale rappresentante, sin dal momento iniziale della gara. E la parola "nonché" dovrebbe essere intesa come rivolta a stabilire una neces-saria simultaneità fra la presentazione dell’autocertificazione e quella della certificazione.
            10.2.    Il Collegio ritiene che l’interpretazione così prospettata non possa essere condivisa.
            L’art. 17 della legge n. 68/99 si presenta ictu oculi come redatto in termini sommari e generici («le imprese…qualora intrattengano rapporti con-ven-zionali o di concessione con pubbliche amministrazioni…») e con lin-guag-gio tecnicamente approssimativo («imprese pubbliche e private»; «parte-ci-pare a bandi»). Sicché appare quanto meno discutibile la tesi che in un siffatto contesto la parola "preventivamente" voglia avere un significato tanto puntuale e preciso da riferirsi tassativamente ad una determinata fase della procedura di gara. Di per sé, infatti, la parola "preventivamente" potrebbe anche intendersi semplicemente nel senso che l’onere dev’essere adempiuto prima del perfezionamento del contratto.
            Quanto alla parola "nonché", si osserva che se veramente dovesse intendersi nel senso di una necessaria simultaneità degli adempimenti, la norma sarebbe nel suo insieme irrazionale, in quanto non vi sarebbe alcuna ragione di esigere l’autocertificazione, se questa va prodotta simulta-nea-mente alla certificazione dell’autorità. Anzi, proprio il fatto che la norma preveda espressamente la necessità (anche) dell’autocertificazione indica che il legislatore pensava a due adempimenti distinti – e dunque da effettuare in fasi diverse del procedimento.
            10.3.    Non sembra neppure che la tesi di uno speciale e più gravoso onere di documentazione sia giustificata dalla particolare rilevanza dell’inte-resse pubblico tutelato.
            Il Collegio non vuol certo disconoscere la primaria importanza della tutela del diritto al lavoro dei disabili, ma non si può dire neppure che si tratti di un interesse pubblico tale da richiedere un regime di docu-menta-zione più gravoso di quello in vigore per tutti gli altri requisiti, fra i quali ve ne sono taluni che sembrano di non minore importanza.
            Peraltro, dato e non concesso che il diritto al lavoro dei disabili meriti un plus di tutela rispetto ad ogni altro interesse pubblico, sta di fatto che da questo punto di vista nessun giovamento ne deriverebbe dall’anti-ci-pazione della produzione del relativo certificato dalla fase interme-dia alla fase iniziale del procedimento.
            Ed invero, anche a voler ammettere che l’autocertificazione non dia le stesse garanzie della certificazione dell’autorità, si deve ricordare che la cer-ti-fi-cazione dell’autorità viene comunque acquisita prima del perfe-zio-na-mento del contratto, e dunque "preventivamente" all’instaurazione del rap-porto. Il con-corrente che, avendo prodotto un’autocertificazione inve-ritiera, non sia in grado di presentare, al momento debito, la certifica-zione dell’au-torità, si espone non solo alla perdita della chance di concludere il contratto, ma, altresì, alla sanzione della perdita della cauzione provvisoria.
            Dal punto di vista della ratio della tutela dei disabili, dunque, si deve concludere che non solo il relativo interesse pubblico è adeguatamente tutelato dalle ordinarie regole di gara, ma anche che a questo nulla aggiun-ge–rebbe il regime più rigoroso dettato, nella specie, dal bando.
            10.4.    Ad avviso del Collegio, dunque, tutto concorre a far ritenere che l’art. 17 della legge n. 68/99 esprima solo la volontà di introdurre un requisito aggiuntivo per la partecipazione alle gare, e non anche quella di derogare alle regole generali in materia di documentazione dei requisiti.
            In altre parole, quanto ai modi, alle forme ed ai termini per la documentazione del requisito, si deve intendere che l’art. 17 faccia un tacito rinvio alle norme generali in materia di gare (legge n. 109/94) e a quelle ancora più generali in materia di procedimento amministrativo (legge n. 241/90).
            Conviene sempre preferire l’interpretazione grazie alla quale la disposizione interpretata si inserisce organicamente e coerentemente nel sistema normativo complessivo, salvo che non risulti evidente l’intenzione contraria (e non è questo il caso).
            11.       Si passa così alla seconda questione: se il Comune potesse legittimamente disporre uno speciale onere di documentazione, esercitando la propria autonomia.
            A questa domanda il Collegio ritiene di dover rispondere negati-vamente.
            Si è già mostrato come l’imposizione di uno speciale onere di documentazione, limitato a quello specifico requisito, si ponga da un lato in conflitto con i princìpi generali in materia di documentazione e, dall’altro lato, non sia sorretto da alcuna ratio idonea a giustificarlo.
            Va ricordato, fra l’altro, il disposto dell’art. 1, comma 2, della legge n. 241/90, che vieta alle amministrazione di «aggravare il procedimento», vale a dire d’imporre oneri procedimentali aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti dalla legge, se non per specifiche e giustificate esigenze.
            Tali particolari esigenze, nella specie, non sono state rappresentate, né d’altronde è agevole immaginarle: se l’autocertificazione si ritiene suf-ficiente (salvo ovviamente il successivo controllo) per requisiti come l’assen-za di precedenti penali, non si vede perché non la si ritenga sufficiente per un altro requisito, e per esso solo.
            12.       Alla luce delle suesposte consierazioni, il ricorso principale appare meritevole di accoglimento, nel senso che va ritenuta illegittima la con-troversa clausola del bando, con la conseguente illegittimità dell’esclu-sione dell’impresa *****.
            13.       Si deve ora prendere in esame il ricorso incidentale dell’impresa *****, con il quale si sostiene che l’impresa ***** doveva essere esclusa per altre ragioni.
            13.1.    Secondo la ricorrente incidentale, l’impresa ***** avrebbe dovuto essere esclusa per avere applicato il ribasso anche all’importo degli oneri per la sicurezza, che invece è per legge insuscettibile di ribasso.
            Il Collegio ritiene che la censura sia infondata in punto di fatto.
            Va ricordato che l’impresa *****, nella scheda di offerta, ha indicato il proprio ribasso nella misura del «13,074» in cifre, e nella diversa misura del «tredici virgola settantaquattro» in lettere (e cioè del 13,74). In presenza di due indicazioni difformi, doveva essere considerata prevalente quella indicata in lettere (art. 90, comma 2, d.P.R. n. 554/1999).
            Correttamente e doverosamente, dunque, l’autorità di gara ha inteso che l’offerta dell’impresa ***** era un ribasso del 13,74%.
            Applicando detto ribasso all’importo a base d’asta, e tenuto conto che gli oneri per la sicurezza non sono ribassabili, si ottiene un importo comples-sivo di euro 418.843,25. Quest’ultimo è, in effetti, l’importo complessivo indi-cato nella propria offerta dall’impresa *****, che ha proposto il medesimo ribasso dell’impresa *****.
            Peraltro, se fosse vero ciò che sostiene la ditta *****, e cioè che le due imprese hanno offerto la stessa percentuale di ribasso (13,74%) ma l’una (*****) l’avrebbe applicata solo ai prezzi che erano legittimamente ribassa-bili, mentre l’altra (*****) l’avrebbe applicata anche agli oneri non ribassabili, ne dovrebbe conseguire, come importo complessivo dell’impresa *****, un importo sensibilmente inferiore a quello dell’impresa *****. Ma non è così, perché anzi l’importo complessivo dell’offerta ***** risulta superiore (e non già inferiore) a quello dell’offerta *****.
            E’ vero che in tal modo emerge una ulteriore discrepanza nelle indi-ca-zioni dell’offerta *****: l’importo complessivo, ossia la somma delle singole vo-ci di prezzo, indicato il euro 420.070,10, non corrisponde esatta-mente all’importo che risulta dall’applicazione della percentuale di ribasso (che sarebbe, come già detto, pari ad euro 418.843,25).
            Trattasi però di una ipotesi puntualmente prevista e disciplinata dalla normativa, e precisamente dall’art. 90, comma 7, del regolamento: «La sta-zione appaltante, dopo l’aggiudicazione definitiva e prima della stipu-la-zione del contratto, procede alla verifica dei conteggi presentati dall’aggiudicatario tenendo per validi e immutabili i prezzi unitari e correggendo, ove si riscontrino errori di calcolo, i prodotti o la somma di cui al comma 2. In caso di discordanza fra il prezzo complessivo risultante da tale verifica e quello dipendente dal ribasso percentuale offerto tutti i prezzi unitari sono corretti in modo costante in base alla percentuale di discordanza. I prezzi unitari offerti, eventualmente corretti, costituiscono l’elenco dei prezzi unitari contrattuali».
            L’amministrazione appaltante deve dunque rettificare i singoli prezzi unitari indicati dall’impresa *****, in modo da ricondurre il loro totale alla somma di euro 418.843,25: somma cui si perviene, come già detto, appli-cando il ribasso del 13,74% alla base d’asta, limitatamente all’importo ribassabile, e senza applicare alcun ribasso agli oneri per la sicurezza.
            In questa luce, la prima censura del ricorso incidentale va respinta.
            13.2.    Con una seconda censura, la ricorrente incidentale deduce che l’offerta dell’impresa ***** non sarebbe rispettosa del disposto dell’art. 90, comma 3, secondo periodo, del regolamento, e cioè della seguente dispo-sizione «Il modulo è sottoscritto in ciascun foglio dal concorrente e non può presentare correzioni che non sono da lui stesso espressamente confermate e sottoscritte.».
            Nella fattispecie, l’offerta dell’impresa ***** presenta numerose corre-zioni alle indicazioni dei singoli prezzi. Peraltro in corrispondenza di ciascuna di esse risulta apposto il timbro dell’impresa, con la firma dell’offe-rente (ana-loghe formalità non risultano seguite, invece, per le indicazioni alle quali non sono state apportate correzioni). Pare al Collegio che con ciò sia stata adem-piuta la prescrizione secondo la quale ciascuna correzione dev’esse-re distin-ta-mente confermata e sottoscritta dall’offerente. E’ vero che non si leggono frasi di stile come ad esempio: «si conferma la presente corre-zione»; ma la volontà di confermare è trasparente.
            Bene dunque ha fatto la commissione di gara a non rilevare, sotto questo profilo, alcun motivo di esclusione.
            Il fatto poi che (come deduce la ricorrente incidentale) il numero delle correzioni sui moduli dell’offerta sia eccezionalmente elevato e che ciò (aggiungendosi alle già rilevate discrepanze fra il ribasso espresso in cifre e quello espresso in lettere, nonché fra quest’ultimo e l’importo complessivo indicato nella stessa offerta) possa far sospettare una scarsa attitudine alla contabilità, non può assur-gere, in mancanza di apposite previsioni normative, a motivo di esclusione, tanto meno discrezionale.
            14.       In conclusione, si deve accogliere (nei sensi sopra specificati) il ricorso principale, mentre va respinto il ricorso incidentale.
            Si ravvisano tuttavia giusti motivi per compensare le spese.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso principale ed annulla, per quanto di ragione, gli atti impugnati. Rigetta il ricorso incidentale. Spese compensate.
            Ordina che la presente decisione venga eseguita dall’autorità ammi-nistrativa.
            Così deciso in Perugia il 26 febbraio 2003, dal Tribunale am-mi-ni-strativo regionale dell’Umbria, riunito in camera di consiglio nelle persone dei signori magistrati:
1) Avv. ********************, Presidente, relatore
2) Avv. ****************
3) ************************
IL PRESIDENTE, est.
                      *************************
 
 
 

Lazzini Sonia

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