D.l. “Lavoro” (48/23): sorveglianza sanitaria e nomina medico competente

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A cura di Paolo Del Guerra e Annarita Chiarelli
Il “Decreto Lavoro” (D.L.48/23) ha introdotto varie novazioni al TUSSL; in particolare, l’art.14, c.1, lett.a) ha modificato l’art.18, c.1, lett.a) in tema di VdR, che attualmente recita (in grassetto la novella): “Il  datore di  lavoro (…) e i dirigenti (…) devono: a)  nominare il medico competente  per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo e qualora richiesto dalla valutazione dei rischi di cui all’articolo 28”.(1)
Si intende così ampliare la copertura della sorveglianza sanitaria, sia pure con un percorso te­stuale accidentato, che richiede non poche contorsioni per tentare di ricondurlo a sintesi con il com­plesso delle norme vigenti: la novella disciplina espressamente il caso in cui il MC non fosse stato precedentemente nominato, in assenza di rischi “normati”.
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Indice

1. Atti parlamentari


La relazione governativa allegata al D.L. afferma: “La lettera a) introduce l’obbligo di nominare il medico competente ogniqualvolta la valutazione dei rischi ne suggerisca la presenza”.
Tale orientamento ritorna nel documento del centro studi di Senato e Camera: “La novella […] am­plia i casi in cui il datore di lavoro o il dirigente è obbligato alla nomina del medico competente […]; si introduce infatti la fattispecie della richiesta della medesima nomina da parte del documen­to di valutazione dei rischi, fattispecie che si aggiunge alle ipotesi in cui sia richiesta dalla discipli­na la sorveglianza sanitaria (la quale presuppone la nomina del medico)”.
L’obbligo sussiste pertanto in funzione di due categorie di rischi:
a) “normati” – con esplicita previsione di sorveglianza sanitaria;
b) “valutati” – con indicazione cogente (“richiesta”), in assenza di previsione normativa.

2. L’ennesimo caso di Comma 22?


Sul punto il testo è stato convertito senza modificazioni, nonostante un’evidente aporia, segnalata da subito(2): se la VdR “richiede” la sorveglianza sanitaria, e si nomina il MC, questi è a sua volta titolare dell’obbligo di collaborazione alla VdR (art.25, c.1., lett.a, TUSSL), con esito potenzialmente discordante sulla necessità della sorveglianza sanitaria.
La gestione della SSL in azienda rischia così di entrare in un pericoloso loop stile “comma 22”, co­munemente citato come: «Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo» (nel testo originale – J. Keller, Catch 22 – il paradosso risulta formulato in modo leggermente diverso): la VdR, atto indelegabile, ricon­ducibile alla responsabilità originaria del DdL, individua la necessità di nominare il MC per la sor­veglianza sanitaria, ma questi può – nella sua attività obbligatoria di collaborazione – ritenerla «non richiesta». Da un simile loop il DdL, dominus della SSL nella propria organizzazione, può uscire solo in due modi:
a) accogliendo le indicazioni del MC, accantona l’ipotesi di attivare la sorveglianza sanitaria e «licenzia» di conseguenza il MC;
b) procede alla nomina di altro MC (sempre «licenziando» il primo riottoso), e così via, con un rischio di regressus ad infinitum, ficnhé non ne individui uno che concordi con la valutazione.

3. La valutazione dei rischi


Occorre delimitare meglio l’ambito della collaborazione del MC alla VdR, per coordinare le diverse disposizioni del TUSSL con cui la nuova norma si va ad intersecare.
L’art.29, c.1, TUSSL vincola il DdL a valutare i rischi ed elaborare il DVR “in collaborazione con il RSPP e con il MC nei casi di cui all’art.41”, cui si aggiunge ora la nuova ipotesisia pure in modo implicito, perché il punto non è stato modificato. Diversamente, si dovrebbe concludere che in questo caso il MC non abbia alcun obbligo di collaborazione – conclusione che, oltre a non esse­re sostenuta dal TUSSL, delineerebbe una nuova figura: un MC «a responsabilità limitata». La discrasia appena sottolineata è innegabile.
Il precetto di collaborazione non può essere eluso dal DdL pre-confezionando una VdR, ed un DVR, cui il MC debba aderire passivamente (es. per mera «presa visione»), men che meno sulla necessità di sorveglianza sanitaria, che – vedremo – è propriamente un “insieme di atti medici”.
L’obbligo di collaborazione del MC (nel senso della parallela disposizione dell’art.25, c.1, lett.a) è stato così delimitato dalla Commissione Interpelli, per la quale va inteso “inteso in maniera attiva; in sintesi il medico competente, prima di redigere il protocollo sanitario deve avere una conoscenza dei rischi presenti e […] collaborare alla valutazione dei rischi. Qualora il medico competente sia nominato dopo la redazione della valutazione dei rischi, subentrando ad un altro medico competen­te, deve provvedere ad una rivisitazione della valutazione stessa previa acquisizione delle necessa­rie informazioni da parte del datore di lavoro e previa presa visione dei luoghi di lavoro, per gli aspetti di competenza. L’eventuale mancata collaborazione del medico competente può essere og­getto di accertamento da parte dell’organo di vigilanza”. Il DdL “deve richiedere la collaborazio­ne […] sin dall’inizio del processo valutativo, a partire dalla scelta dei metodi da adottare […][2].
Sull’obbligo si è pronunciata anche la Suprema Corte[3], affermando che il MC “[…] assume elemen­ti di valutazione non soltanto dalle informazioni che devono essere fornite dal datore di lavoro, quali quelle di cui all’art.18, c.2, ma anche da quelle che può e deve direttamente acquisire dì sua iniziativa, ad esempio in occasione delle visite agli ambienti di lavoro di cui all’art.25, lettera I) o perché fornitegli direttamente dai lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria o da altri sogget­ti”[4]. Tale obbligo, dunque, percorre due distinte traiettorie: l’una ad impulso del DdL (in assenza del quale il MC si trova in una situazione difficile, ma incolpevole); l’altra di iniziativa, che si basa su informazioni acquisite autonomamente, di cui deve rendere partecipe il DdL, se non vuole versare in colpa.
Possiamo concludere che la rivalutazione dei rischi ad opera del MC appena nominato ex art.14 è un atto non solo opportuno, ma assolutamente dovuto – un’altra ipotesi di “comma 22”.

4. Ma cos’è la sorveglianza sanitaria?


Un contributo chiarificatore giunge dalla definizione (art.2, c.1, lett.m, TUSSL), come “insieme de­gli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa”.
Si scopriamo trattarsi di un’attività di competenza medica, su cui parrebbe ragionevole dovesse, da ultimo, decidere il MC, e non altri (DdL – RSPP): sarebbe quanto mai curioso che questi fosse coinvolto solo a valle della decisione, potendosi trovare così nella condizione di dover provvedere alla sorveglianza sanitaria, non potendo tuttavia individuare alcun “atto medico” appropriato. In tal caso il MC dovrebbe effettuare… cosa?
Ulteriori spunti si rinvengono all’art.25, c.1, lett.b), che stabilisce come il MC “programma ed effet­tua la sorveglianza sanitaria di cui all’art.41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati”. Ancora una volta appare singolare che non rientri nella programmazione della sorveglianza sanitaria proprio la decisio­ne sulla sua necessità, riducendone il senso alla mera calendarizzazione.
Il successivo art.41 definisce contenuti e modalità di attuazione della sorveglianza sanitaria.
Riconosciamo così tre indizi che potranno contribuire a una proposta di soluzione:
1) la sorveglianza sanitaria è un insieme di atti medici per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori;
2) il MC deve tenere conto degli indirizzi scientifici più avanzati;
3) il MC, più che altre figure con differenti percorsi formativi e professionali, è il detentore del sapere pertinente alla decisione.
E dobbiamo rilevare, infine, che l’art.41 resta immodificato, rendendo la novazione potenzialmente inefficace: il c.1, lett.a) recita ancora “nei casi previsti dalla normativa vigente”. Una maggiore pre­cisione poteva giovare, almeno in termini di stile.


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5. Un ulteriore problema generato dalla novella


Il D.L.48/23 non ha pensato neppure a disciplinare il caso – parallelo a quello trattato – in cui il MC sia già stato nominato, e gli venga “richiesta”, sulla base della VdR operata dal DdL, un’attività  ul­teriore rispetto a quella già formalizzata nel protocollo sanitario, sulla cui necessità non concordi, in base al contributo alla VdR: un’altra possibile fonte di “comma 22”.
Se la novella normativa tratta solo della “nomina”, sul piano sostanziale della logica (e della prassi) le due situazioni sono del tutto sovrapponibili.
Sarà la giurisprudenza a trovare soluzioni, tenendo conto, però, che l’ordinamento è refrattario ad interpretazioni estensive di norme penalmente sanzionate[5], che travalichino il limite costituzionale imposto dai principi di tassatività e determinatezza della fattispecie penale (art.26, Cost.).
Si comprende come la questione non verta tanto sull’ipotesi sanzionatoria, quanto sull’esigibilità da parte del DdL dell’assolvimento di un compito che, in caso di conclusioni discordanti della VdR, non appare con ragionevole certezza dovuto.
Non è difficile ipotizzare che anche qui l’esito sarà per lo più la sostituzione con altro professionista in sintonia col DdL.

6. I primi autorevoli commenti


Diverse organizzazioni avevano sottolineato evidenti incoerenze.
Secondo la SIML[6] le indicazioni degli atti parlamentari citati “confermano […] l’assenza di modifi­che all’articolo 41 per cui continua a valere quanto fatto sinora in termini di Sorveglianza Sanita­ria, lasciando peraltro una parvenza di discrezionalità al Medico Competente che può essere fonte di contenziosi se non più precisamente normata”. Secondo tale lettura, la norma, per risultare di ap­plicabilità indiscutibile, avrebbe dovuto contestualmente modificare l’art.41, TUSSL in materia di sorveglianza sanitaria; era preferibile una diversa soluzione, non considerata in sede di conversione: la preventiva nomina per la collaborazione alla VdR, da cui scaturisse l’attivazione solo su confor­me parere del MC. In caso negativo la nomina sarebbe decaduta, non dovendosi dar luogo alla sor­veglianza sanitaria.
La CIIP sosteneva una diversa tesi: “È una importante novità, forse la più innovativa, che introduce l’obbligo di nominare il medico competente ogniqualvolta la valutazione dei rischi suggerisca la necessità di una sorveglianza sanitaria quale misura di prevenzione. […] La scelta […] dovrebbe porre fine ad un dibattito che si protrae da molti anni tra chi sosteneva la liceità […] per i soli ri­schi “normati” e chi riteneva si potesse ampliare ad altri rischi […], purché valutati, anche al fine di ottemperare a quanto previsto dall’art.18 e dall’art.15. […] Con questa innovazione si rinsalda il rapporto stretto […] tra la valutazione dei rischi e le scelte di sorveglianza sanitaria […]. L’inno­vazione apportata eviterà continui aggiornamenti necessari per includere singoli rischi, vecchi (si pensi solo ai rischi per la sicurezza, lavori in quota, con macchine semoventi, su strada, …ma an­che a rischi per la salute non inclusi nel D.Lgs.81/08 quali le condizioni climatiche, le posture in­congrue […]. […] sarà importante il ruolo dei MC e delle associazioni scientifiche nell’aiutare chi dovrà revisionare la valutazione dei rischi decidendo se gli stessi siano o meno meritevoli di sorve­glianza sanitaria.
Nel documento del 2018 “Il D.Lgs. 81/08 dieci anni dopo” CIIP aveva formulato questa proposta ritenendola una maggiore tutela dei lavoratori verso i nuovi rischi. Riteniamo, tuttavia, come ave­vamo allora precisato, che “La maggiore discrezionalità nell’offerta di sorveglianza sanitaria deve, però, essere subordinata alla massima trasparenza e pertanto è necessario che le scelte operate siano strettamente correlate alla valutazione dei rischi, esplicitandone i motivi ed evidenziando le possibi­li correlazioni con la salute e sicurezza dei lavoratori.” Questo ad evitare accertamenti sanitari im­propri ed un utilizzo improprio della sorveglianza sanitaria e del giudizio di idoneità. […]. In sede di conversione [..] sarebbe utile […] che l’estensione […] ai rischi valutati venisse richiamata anche nell’art.41”, rilevando che l’innovazione “non risolve il problema relativo a chi debba valutare la necessità di attuare la sorveglianza sanitaria, decisione ancora affidata al datore di lavoro che sull’argomento ha poche o nulle competenze”.

7. D.Lgs.626/94 vs. TUSSL


La diversa formulazione dell’art.3, D.Lgs.626/94 –  corrispondente all’art.15, TUSSL – consentiva un margine discrezionale, laddove prevedeva (c.1, lett. l) il “controllo sanitario in funzione dei ri­schi specifici”, mentre la parallela disposizione del TUSSL si limita a menzionare il “controllo sani­tario”. La soppressione del rimando ai rischi specifici non poteva essere casuale, e con ogni proba­blità era intesa ad evitare proprio l’attivazione della sorveglianza sanitaria in ipotesi non espressa­mente previste.
La principale preoccupazione è che il legislatore abbia abbattuto uno dei pilastri concettuali della sorveglianza sanitaria nel TUSSL, ossia la configurazione come sistema obbligatorio «chiuso», da applicare a tutti i lavoratori, a parità di rischi e condizioni organizzative.
Il dibattito si è nel tempo discostato dalle posizioni iniziali sulla sorveglianza sanitaria, che già dalle prime disposizioni introdotte col D.Lgs.277/91, era da vari interpreti considerata un’eccezione[7] – persino a stento tollerata – al divieto generale dello Statuto dei Lavoratori (L.300/70) a sottoporre i lavoratori a controllo dello stato di salute da parte del DdL, al di fuori del caso previsto dall’art.5, c.3.
A prescindere dall’evidente – e ostinata – incomprensione delle differenze tra le due norme per ambito di applicazione (diritto al lavoro vs. prevenzione), finalità (“controllo dello stato di salute” vs. “sorveglianza sanitaria in funzione dei rischi”) e nozione di idoneità (“fisica” vs. “alla mansione specifica”) la preoccupazione di precludere qualsiasi margine di discrezionalità al DdL appare ancora oggi del tutto legittima, per due motivi almeno:
a) garantire pari livelli di tutela e trattamento a tutti i lavoratori;
b) evitare eccessi di zelo (con britannico understatement), dalle conseguenze potenzialmente serie sul rapporto di lavoro, nel caso di inidoneità del lavoratore a fronte di un accertamento dal fonda­mento quanto meno discutibile.
In tal senso riservare la decisione finale al MC costituirebbe un importante elemento di garanzia.

8. Ricostruzione del quadro della sorveglianza sanitaria alla luce della novella


Onde evitare di scadere in considerazioni del tutto generiche, è opportuno ricostruire i casi in cui la sorveglianza sanitaria è obbligatoria, ovvero perché consegue alla VdR, individuando ipotesi che potrebbero rientrare nella nuova casistica (tab.1).
 
Tab.1 – Diverse ipotesi di sorveglianza sanitaria che richiederebbe la nomina del MC.
Obbligatoria
– Movimentazione manuale dei carichi
– Videoterminali
Agenti fisici:
– rumore
– vibrazioni
– radiazioni ottiche artificiali
– campi elettromagnetici
– Agenti chimici pericolosi
– Agenti cancerogeni e mutageni
– Amianto
– Agenti biologici
– Ferite da puntura e taglio

Consentita solo nei casi previsti
Alcoldipendenza[8]
Tossico-dipendenza[9]

Conseguente alla VdR (esempi)
– Sovraccarico biomeccanico arto superiore
– Posture incongrue
– Lavori in quota
– Lavori in ambienti confinati
– Lavori subacquei
– Microclima “severo”
– Stress lavoro correlato
 
Ci limitiamo ad approfondire, a titolo esemplificativo, due casi.
Per il sovraccarico biomeccanico sono disponibili documenti ISO[10] ed evidenze scientifiche[11].
Per lo SLC un documento del Coordinamento Tecnico Interregionale[12] ipotizzava la possibilità di sorveglianza sanitaria per individuare sintomi e/o franche patologie (es. disturbo dell’adattamento lavorativo) “quando, al termine dell’intero percorso […] (valutazione preliminare, azioni correttive, valutazione approfondita, ulteriori misure di miglioramento) permane una condizione ineliminabile di stress potenzialmente dannosa”.

9. Conclusioni: una proposta operativa


Per dare il giusto peso al termine “necessità” impiegato dal legislatore, occorre quanto meno che la sorveglianza sanitaria non sia attivata arbitrariamente, sulla scorta di ragionamenti (almeno in apparenza) precauzionali: in tal caso si ravviserebbe una mera “opportunità”.
Occorre pertanto individuare i criteri di “necessità”, anche in vista di possibili contenziosi con gli organi di vigilanza (USL, Ispettorato del Lavoro), il che richiede – per gli scriventi – di ritornare alle fonti del diritto penale del lavoro, ed in particolare all’obbligo datoriale di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, tanto attraverso il TUSSL, quanto attraverso la norma più volte definita “norma di chiusura del sistema prevenzionistico”, l’art.2087 c.c.
Il processo di VdR muove dalla definizione di rischio (art.2, c.1, lett.s, TUSSL), che rimanda alla probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno, in quella condizione d’impiego o esposizione.
La VdR è a sua volta definita (lett.q) come “valutazione globale e documentata di tutti i rischi per  la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza”. Tale definizione, se letta disgiuntamente dalla precedente, potrebbe risultare fuorvian­te, inducendo a pretermettere la rilevanza dei danni nel ragionamento richiesto.
È così possibile formulare una proposta operativa (tab.2).
 
Tab.2 – Proposta di criteri per la legittimazione della necessità di sorveglianza sanitaria
1. Rilievo di un rischio “non normato” per cui si valuta l’attivazione della sorveglianza sanitaria
2. Individuazione di danni alla salute (infortuni, tecnopatie) correlabili al rischio, che risultino pre­vedibili, prevenibili ed evitabili in concreto (nella mansione specifica)
3. Probabilità non meramente eventuale che l’evento si verifichi nella mansione specifica in cui il rischio è presente (prevedibilità e concretizzazione del rischio)
4. Presenza in letteratura (nazionale e/o internazionale) di documentazione tecnica, emanata da enti internazionali, e/o scientifica condivisa dalla comunità di riferimento, a support della sorve­glianza sanitaria
Se sono soddisfatti tutti e quattro i criteri, attivare la sorveglianza sanitaria.
Se invece sono soddisfatti i criteri 1-2-3 senza il n.4, procedere con i successivi 5 e 6.
5. Disponibilità di metodi (anamnestici, clinici, strumentali) che, impiegati nella sorveglianza sani­taria, possano ridurre la probabilità che l’evento dannoso si concretizzi, o – nel caso di tecnopa­tia – determini conseguenze meno gravi, se individuato più precocemente
6. Condizioni patologiche (o di ipersuscettibilità) note che aumentino il rischio del verificarsi dell’evento dannoso, identificabili su base anamnestica, clinica e/o strumentale in sede di sorve­glianza sanitaria
Se è soddisfatto il criterio n.5 (ed eventualmente il n.6), attivare la sorveglianza sanitaria.
 
Il reale oggetto della prevenzione, ciò che deve essere scongiurato attraverso la VdR e le misure conseguentemente stabilite, è il danno alla salute, così che non abbia a manifestarsi, o se ne riduca al minimo la probabilità: per gli infortuni il caso più evidente sono le lesioni (/morte) per caduta dall’alto; per le tecnopatie si possono indicare come esempio le malattie da sovraccarico biomecca­nico dell’arto superiore.
Diversamente ci si troverebbe sul terreno dei reati di evento (artt. 589 e 590 c.p.), che rappresentano il fallimento della prevenzione, secondo il modello giurisprudenziale dell’evento prevedibile, pre­venibile ed evitabile in concreto (da quel determinato agente, o garante)[13]; ed infatti nel processo penale il ragionamento muove dall’evento in concreto, che non sempre la VdR ha considerato e for­malizzato nel DVR. Sarà allora proprio il criterio dell’individuazione dei danni il primum movens per l’attivazione della sorveglianza sanitaria nei rischi “non normati”.
Il secondo criterio è probabilistico, organico al concetto di rischio: non si deve trattare di ipotesi remote, meramente eventuali, ma la probabilità di concretizzazione del rischio deve essere apprez­zabile (anche senza puntuale quantificazione); in altre parole, secondo l’evidenza scientifica o l’esperienza in quel contesto (o altri simili) si verificano infortuni o tecnopatie di tale specie.
Altro criterio, che siano caratterizzate condizioni di cui il lavoratore potrebbe essere portatore, per­sino a sua insaputa, che aumentano la probabilità che l’evento dannoso si realizzi: si pensi ai di­sturbi dell’equilibrio per i lavori in quota. La diagnosi non può implicare l’esecuzione di esami complessi da parte del MC, fatta salva la possibilità di ricorrere a consulenze ed accertamenti spe­cialistici.
Nel caso di cui al punto 4 potrebbe essere proposto come buona pratica il richiamo ai documenti nel DVR, a giustificazione della “necessità”; a maggior ragione, in assenza di documenti specifici sarà necessario dettagliare finalità e metodi della sorveglianza sanitaria che si intende attivare (punti 5-6).

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Fabio Donelli, Mario Gabbrielli | Maggioli Editore 2023

  1. [1]

    Useremo nel testo il riferimento al decreto legge originale, convertito, con modificazioni, con L. 3 luglio 2023, n.85 (GU 3 luglio 2023, n.153)

  2. [2]

    Interpello N. 5/2014 del 13/03/2014

  3. [3]

    Ossicini A. Valutazione, sorveglianza sanitaria e medico competente: circolo vizioso senza soluzione, Punto Sicuro quotidiano sulla sicurezza sul lavoro, ambiente, security, 23 maggio 2023.

  4. [4]

    Sez. III pen., 15 gennaio 2013, n.1856;  9 agosto 2018, n.38402; e, da ultimo, Sez.IV pen., 1 giugno 2021, n.21521, anche in termini di posizione di garanzia del MC proprio sulla mancata collaborazione.

  5. [5]

    Sez. III, 2013, cit.

  6. [6]

    La sanzione (arresto fino a 2 mesi, o ammenda da 368,56 a 1474,21€) è stabilita dall’art.58, c.1, lett.b, TUSSL

  7. [7]

    SIML (Commissione permanente SIML sull’attività professionale dei Medici Competenti) Prime riflessioni sull’ arti­colo 14 “Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81” del Decreto-legge n.48 del 4 maggio 2023. Maggio 2023.

  8. [8]

    Così si è espresso un insigne interprete del diritto penale del lavoro (Guariniello R. Molestie  e  violenze, anche ses­suali, nei luoghi di lavoro. Wolters Kluver, 2018).

  9. [9]

    Intesa in materia di individuazione delle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi, ai fini del divieto di assunzione e di somministrazione di be­vande alcoliche e superalcoliche, ai sensi dell’articolo 15, L.30 marzo 2001, n.125. Intesa ai sensi dell’articolo 8, comma 6, L.5 giugno 2003, n.131. (Repertorio atti n.2540). (GU Serie gen. n.75 del 30-03-06).

  10. [10]

    Provvedimento 30 ottobre 2007, recante Intesa, ai sensi dell’art.8, comma 6, L.5 giugno 2003, n.131, in materia di accertamento di assenza di tossicodipendenza (Repertorio atti n.99/CU) (GU Serie gen. n.266 del 15-11-07).

  11. [11]

    UNI ISO 11228-3; ISO_TR 1229/2014; UNI EN 1005-5.

  12. [12]

    Per il metodo OCRA: Occhipinti E, et al. Guidelines for the Prevention of Work-Related Musculoskeletal Disorders: The Italian Experience. Handbook of Standards and Guidelines in Ergonomics and Human Factors, Chapt.IV,  307-316, Lawrence Erlbaum Associates; 2005

  13. [13]

    Coordinamento Tecnico Interregionale della Prevenzione nei luoghi di lavoro. STRESS LAVORO-CORRELATO. Indicazioni per la corretta gestione del rischio e per l’attività di vigilanza alla luce della lettera circolare del 18 novem­bre 2010 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; 2012.

  14. [14]

    S.U.. pen., 18 settembre 2014, n.34343, Thyssenkrupp.

Annarita Chiarelli

Paolo Del Guerra

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