Diritto penale ai tempi del Coronavirus

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Il reato di inosservanza di un provvedimento dell’autorità: caratteristiche generali

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Negli ultimi giorni, a causa dei provvedimenti restrittivi emanati dal governo a causa del diffondersi del COVID-19, sono state previste una serie di sanzioni, anche di carattere penale, per chi non dovesse rispettare tali provvedimenti.

In particolare più volte abbiamo avuto modo di confrontarci con la fattispecie di reato di cui all’art. 650 c.p. rubricato “inosservanza dei provvedimenti dell’autorità”.

Ebbene a tale fattispecie di reato incorrere chiunque violerà un provvedimento emanato dall’autorità, provvedimento che per tutti noi, in questo delicato momento, si sostanzia nel non abbandonare il domicilio se non per cause di necessità, lavoro o salute.

Va subito precisato come la fattispecie di reato in esame rientra nell’alveo delle contravvenzioni per la cui sussistenza non è richiesta una valutazione in merito alla presenza dell’elemento soggettivo (dolo o colpa).

I reati contravvenzionali, inoltre, non prevedono, a differenza dei delitti, come sanzione da irrogare la reclusione o la multa bensì l’arresto o l’ammenda.

Ebbene il reato di Inosservanza dei Provvedimenti dell’Autorità è un reato a forma libera, un reato comune poiché può essere commesso da chiunque ed infine il bene giuridico tutelato dalla norma in questione è l’ordine pubblico.

Inoltre il reato di cui all’art. 650 c.p. rappresenta un classico esempio di norma penale in bianco poichè il precetto è formulato in modo generico, dovendo perciò essere completato da atti normativi di grado inferiore (es. regolamenti, provvedimenti amministrativi ecc).

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Le conseguenze in caso di violazione del reato di cui all’art. 650 c.p.

Come già anticipato l’inosservanza di un provvedimento dell’autorità comporta l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 euro.

Va chiarito come per i reati contravvenzionali non è previsto l’arresto in flagranza quale misura pre-cautelare per cui una volta accertata la violazione, gli ufficiali di PG procederanno ad una segnalazione alle autorità procedenti ed inizieranno le indagini; una volta concluse le indagini il Pubblico Ministero procedente eserciterà l’azione penale con l’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio ex art. 550 c.p.p. a seguito del quale si instaurerà il processo in senso stretto.

A tal punto va precisato quali in concreto siano le conseguenze derivanti dalla violazione della fattispecie di reato di cui all’art. 650 c.p.

Ebbene, qualora venisse provata la penale responsabilità dell’imputato le possibili conseguenze sul piano sanzionatorio sarebbero svariate.

Il peggiore degli scenari nel quale potrebbe incorrere un soggetto che ha violato la fattispecie di reato di cui all’art. 650 c.p. è sicuramente la condanna a 3 mesi di arresto, ma ciò non comporterà la restrizione della libertà personale.

Una soluzione alternativa potrebbe essere quella della scelta della cosiddetta sospensione del procedimento con messa alla prova.

Tale istituto, regolato ai sensi dell’art. 168 bis c.p. stabilisce che per i reati per cui la legge prevede una pena pecuniaria o comunque una pena non superiore nel massimo ad anni 5, è possibile tramite un’attività di volontariato, estinguere le conseguenze del reato.

Nel caso fosse accertato, dalla PG operante che non solo sia stata commessa una violazione ex art. 650 c.p., ma sia stato dichiarato anche il falso si incorrerà nella fattispecie di reato di cui all’art. 495 c.p.

Il reato di flase attestazioni ad un pubblico ufficiale sulla identita’ o qualita’ personali proprie o di altri: caratteristiche

Nel caso in cui, a seguito di un controllo di PG, un soggetto fornisse false dichiarazioni in merito alla ragione per la quale abbandonava il domicilio, questi incorrerà nella più grave fattispecie di reato ex art. 495 c.p.

Ebbene tale fattispecie di reato rientra a differenza del reato ex art. 650 c.p., nell’alveo dei delitti per cui, quindi, come già detto, è prevista la sanzione della reclusione o della multa.

Il reato di cui all’art. 495 è un reato comune poiché può essere posto in essere da chiunque ed il bene giuridico tutelato è la fede pubblica.

Ebbene, tale figura di reato prevede quale pena una sanzione che va da un minimo di 1 anno di reclusione ad un massimo di 6 anni di reclusione.

Nel caso di tale violazione è consentito l’arresto in flagranza e l’applicazione di misure cautelari restrittive della libertà personale.

E’ evidente come il reato di cui all’art. 495 c.p. comporti conseguenze nettamente più gravose rispetto a quelle previste in caso di violazione della fattispecie di reato ex art. 650 c.p.

Tale violazione potrà comportare, qualora accertata con sentenza dal Giudice, conseguenze serie per l’imputato poiché, non solo rischierà una condanna fino a 6 anni ma rischierà di vedersi applicato anche la misura cautelare più restrittiva, ovvero la custodia cautelare in carcere.

Invero di ancora maggiore allarme sociale, sono altre due fattispecie di reato nelle quali si può incorrere nel caso di violazioni del DPCM del 9-11 marzo 2020, approvate per l’emergenza dovuta dalla diffusione del COVID-19 e sono: il reato di cui all’art. 438 c.p. ed il reato di cui all’art. 452 c.p.

Il reato di cui all’art. 438 c.p.: epidemia

Il reato di cui all’art. 438 c.p. è una figura di reato sicuramente più grave e di maggiore allarme sociale rispetto alla già analizzate fattispecie di reato ex art. 650 c.p. ed ex art. 495 c.p.

Ebbene, in primo luogo il reato di “Epidemia” è un delitto, così come la fattispecie di rato di cui all’art. 495 c.p., e per tale ragione necessita la valutazione in merito all’elemento soggettivo (dolo quanto meno nelle forme del dolo generico) e sul piano sanzionatorio i delitti prevedono l’ergastolo, la reclusione o la multa.

Il reato di cui all’art. 438 c.p. è anch’esso un reato comune poiché può essere commesso da chiunque e di evento; è un reato sia di danno, consistente nel contagio della malattia, che di pericolo consistente nella potenziale diffusione ad altri della malattia; il bene giuridico tutelato è la salute pubblica.

Va a tal proposito precisato come la salute è bene costituzionalmente tutelato ex art. 32 Cost. ed è compito dello stato quello di garantire e proteggere sempre la salute dei cittadini, per tale ragione, poiché appunto la salute dei cittadini è da considerarsi bene di primaria importanza, il legislatore ha stabilito per chi viola la fattispecie di reato ex art. 438 c.p., mettendo così a repentaglio la salute dei cittadini, la pena dell’ergastolo.

Per tale ragione è consentito l’arresto in flagranza e la applicazione, quale misura cautelare, della custodia in carcere.

E quindi, per potersi configurare la violazione di cui all’art. 438 c.p. è necessario che il soggetto agente violi la disposizione di Legge con coscienza e volontà di diffondere l’epidemia tramite la diffusione di germi patogeni.

Quindi sarà necessario provare che la volontà del soggetto, che violava le restrizioni di cui al DPCM 9-11 marzo 2020, sia quella di diffondere il virus Covid-19.

Va precisato come appare al quanto arduo riuscire a provare la suddetta circostanza mentre sembra sicuramente più verosimile che un soggetto possa incorrere nella più lieve fattispecie di reato di cui all’art. 452 c.p., rubricato delitti colposi contro la salute pubblica.

Al fine della configurazione della fattispecie di reato ex art. 452 c.p. è sufficiente che si agisca con negligenza, imprudenza, imperizia.

Infatti con molta probabilità un cittadino, affetto da coronavirus, dovesse violare le norme imposte dal DPCM in tema d misure restrittive per fronteggiare l’emergenza da COVID-19, non agirà con la volontà di diffondere l’epidemia ma con impudenza e negligenza rischiando, quindi, di diffondere il virus.

Come abbiamo potuto analizzare le conseguenze di natura penalistica, in caso di violazione del DPCM del 9-11 marzo 2020, saranno più blande per coloro i quali semplicemente abbandonino il domicilio senza l’autorizzazione richiesta e più gravose per chi dichiari il falso ed ancora più gravose per chi, contagiato, sia trovato al di fuori del proprio domicilio.

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Giovanni Varriale

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