Implicazioni del recepimento italiano della Direttiva UE 2023/970: scenari applicativi e prospettive normative. Se come Dante ciascuno deve trovare il suo giusto posto nell’ordine delle cose, così ogni lavoratore deve trovare nel salario il riflesso del proprio valore, senza ingiustizie di genere. Per approfondimenti sul nuovo diritto del lavoro, abbiamo organizzato il corso di formazione Corso di alta formazione in sicurezza sul lavoro – Analisi dei rischi, appalti privati e pubblici e tecniche ispettive INL
(a cura della Dottoressa Levato Francesca, ispettore del lavoro in servizio presso l’INL. Quanto di seguito riportato esenta da implicazioni l’amministrazione di appartenenza ed è frutto esclusivo del pensiero dell’autore)
Indice
- 1. Premessa: un equilibrio da ricostruire per il lavoro
- 2. Trasparenza retributiva: perché è decisiva
- 3. La Direttiva UE 2023/970: contenuti essenziali in chiave professionale
- 4. Le principali innovazioni
- 5. Il quadro italiano: ciò che già esiste e ciò che ancora manca
- 6. Le implicazioni del recepimento della Direttiva UE 2023/970
- 7. Conclusioni
- Formazione in materia per professionisti
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1. Premessa: un equilibrio da ricostruire per il lavoro
Nella sua lettera apostolica riguardante il Credo niceno, il pontefice Leone XIV utilizza l’espressione “Generato, non creato” per incoraggiarci a contemplare la natura fondamentale dell’esistenza. Le origini interne ed esterne di qualcosa sono utili anche per comprendere i sistemi sociali ed economici, soprattutto quando si tratta di sistemi retributivi. Quando la retribuzione è ben progettata, segue schemi naturali come un fiume che scorre nella sua direzione naturale, ed emerge attraverso criteri consolidati e misurabili. La struttura retributiva si basa sul valore del lavoro, sulle competenze personali, sulle responsabilità assegnate e sui risultati conseguiti. Il metodo di retribuzione non coinvolge preferenze personali o scelte selettive, poiché si basa su un processo sistematico e misurabile che crea fiducia e valore duraturo. Quando la retribuzione viene creata con metodi artificiali, appare innaturale perché si basa su giudizi personali o accordi negoziati che non riflettono il lavoro effettivamente svolto o i principi di equità. Come in un normale ecosistema, tutte le parti contribuiscono alla sopravvivenza dell’intero sistema e qualsiasi distribuzione iniqua del divario retributivo di genere costituisce uno squilibrio sistemico. Non si tratta solo di ingiustizie personali, ma di conseguenze che incidono anche sull’efficienza, sul vantaggio competitivo dell’impresa e sulla coesione sociale.
2. Trasparenza retributiva: perché è decisiva
La trasparenza salariale emerge come principio fondamentale in questo contesto, rafforzato dalla Direttiva UE 2023/970, che modificherà significativamente i processi di determinazione, comunicazione e verifica dei salari. Lo stipendio non è semplicemente una somma di denaro che ricevi per un lavoro; è il fulcro del tuo rapporto con il datore di lavoro. È la somma di denaro che hai guadagnato con il tuo lavoro e dimostra che la società, la tua professione e il tuo datore di lavoro apprezzano e rispettano il lavoro che svolgi giorno dopo giorno. La tua busta paga ti ricompensa per il tuo tempo, il tuo talento e il tuo impegno. Questo reddito è ciò che usi per sopravvivere nel presente e per prepararti al futuro, che si tratti di investimenti, risparmi o pensione. Pertanto, gli stipendi sono più di semplici transazioni di pagamento tra un dipendente e un datore di lavoro. Ci informano se un’azienda tratta i propri dipendenti in modo equo all’interno dell’organizzazione e come le risorse sono distribuite equamente nella società. Uno dei principali fattori che impediscono una retribuzione equa è la mancanza di trasparenza. Quando gli stipendi non vengono resi pubblici, è difficile stabilire se si riceve la giusta retribuzione o meno. Esiste una discriminazione, e il più delle volte è contro le donne, che si cela dietro il velo di segretezza nelle pratiche retributive. Ecco perché la trasparenza retributiva è fondamentale, perché fa emergere le disparità laddove regna il silenzio. Non si limita a trasmettere informazioni, ma genera un vero e proprio impulso a creare equità e responsabilità. La trasparenza retributiva permette di rivelare la distribuzione iniqua, le pratiche distorte, la discriminazione e tutto il resto. È un vantaggio per tutti. Aiuta i dipendenti a comprendere il proprio valore professionale e a verificare se la retribuzione è in linea con il loro lavoro e la loro mansione. Il numero di cause per discriminazione viene ridotto dai dirigenti aziendali e, nel mercato del lavoro, non danneggiano l’immagine aziendale. Il sistema nel suo complesso ne trae beneficio. I brillanti funzionari europei hanno più volte affermato che la parità retributiva porta a un aumento del PIL, a un aumento del numero di donne nel mondo del lavoro e a una maggiore stabilità del sistema previdenziale. La trasparenza finanziaria aiuta i dipendenti a capire quando il loro stipendio è adeguato rispetto ad altri lavoratori in posizioni simili, promuovendo così responsabilità e consapevolezza. La politica richiede alle aziende di rivedere le proprie politiche e la retribuzione dei dipendenti e di correggere pratiche ingiuste e discriminazioni. Un ambiente di lavoro equo, motivante e collaborativo può essere creato attraverso la trasparenza retributiva che promuove la fiducia reciproca. La parità retributiva ha un impatto sulla salute mentale delle persone, nonché sul livello di soddisfazione per il lavoro e sull’efficienza dell’azienda. Retribuzioni percepite ingiuste causano stress, insoddisfazione e un elevato turnover dei dipendenti. Trasparenza ed equità nelle politiche salariali promuovono fiducia, motivazione e spirito di comunità tra i lavoratori. Una retribuzione equa è sempre giusta e aiuta le persone, le aziende e le comunità a moltiplicarsi. È anche un piano che mantiene l’azienda sana e aiuta le persone a lavorare meglio.
3. La Direttiva UE 2023/970: contenuti essenziali in chiave professionale
Il fatto che donne e uomini debbano prendere lo stesso stipendio non è solo un concetto teorico: è un diritto ben preciso stabilito dall’articolo 157 del TFUE, il quale afferma senza mezzi termini che a chi fa un lavoro di pari valore va dato un salario identico. Nel corso degli anni questo concetto è stato reso più forte dalla Direttiva 2006/54/CE, focalizzata sulle opportunità uguali e un trattamento giusto, ma nella realtà ci sono ancora molti blocchi, soprattutto perché i modi in cui si stabiliscono gli stipendi non sono chiari. Con l’arrivo della Direttiva UE 2023/970, uscita a maggio 2023 e valida da giugno 2026, si apre una nuova fase: la legge europea introduce regole più efficaci per assicurare che l’uguaglianza di salario non rimanga solo sulla carta. Non si parla più solo di norme ufficiali: vengono introdotti strumenti pratici che modificano il modo in cui i dipendenti e le società parlano di soldi. Tra le novità più significative c’è il dovere per le aziende di mostrare dati salariali separati per sesso, divisi per gruppi di impiegati che fanno lo stesso lavoro o mansioni equivalenti. Questo permette di vedere subito se ci sono differenze ingiustificate dentro l’ufficio. Anche la selezione del personale cambia parecchio: gli annunci di lavoro dovranno specificare chiaramente quanto si guadagnerà all’inizio o una forbice di stipendio, ed è proibito chiedere ai candidati quanto guadagnavano prima, per impedire che vecchie disparità influenzino le scelte attuali. I lavoratori ottengono nuovi diritti reali: ora possono richiedere per iscritto dettagli sul proprio stipendio e compararlo con la media ricevuta dai colleghi dello stesso genere e della stessa qualifica. Allo stesso tempo, le aziende devono spiegare come decidono gli stipendi, le assunzioni, gli avanzamenti di carriera e i premi, basandosi su criteri oggettivi e non legati al genere. Un aspetto davvero nuovo riguarda le differenze di paga superiori al 5% che non si possono spiegare con motivi oggettivi: in questi casi diventerà obbligatorio un controllo congiunto, fatto insieme ai rappresentanti dei lavoratori, per capire la radice del problema e suggerire come aggiustarlo. Inoltre, le società con più di 250 dipendenti dovranno inviare ogni anno un resoconto sul loro divario retributivo di genere, mentre quelle medie dovranno farlo ogni tre anni. Le autorità del Paese utilizzeranno queste informazioni per verificare il rispetto delle regole e seguire come cambiano le differenze di salario.
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4. Le principali innovazioni
Le misure di protezione per coloro che patiscono ingiustizie sui salari sono state rese molto più solide: chi nota un trattamento sleale potrà ricevere un risarcimento che include stipendi arretrati, premi aggiuntivi e ogni altro compenso non ricevuto. Inoltre, spetta ora al principale dimostrare che le disparità salariali non sono causate da trattamenti discriminatori. Un altro cambiamento rilevante è il via libera alla discriminazione multipla, ovvero quando questa scaturisce dalla combinazione di diversi elementi, come sesso ed origine o sesso e condizioni fisiche. Ciò estende parecchio la difesa per i gruppi più esposti, tenendo conto delle sfaccettature della vita reale, dove i problemi di disparità raramente dipendono da una singola causa. La nuova norma stabilisce diverse azioni di grande peso, le quali assicurano un bilanciamento informativo tra le parti e diminuiscono la probabilità di accordi sfavorevoli per chi conosce meno i prezzi di mercato. A livello gestionale, le aziende sopra certi numeri dovranno rendere noti con regolarità dati riassuntivi sul divario di paga tra uomini e donne. Sul fronte legale, la difesa del dipendente migliora grazie al cambio di responsabilità probatoria: sarà il datore di lavoro a dover provare che non c’è discriminazione se si solleva un problema di disparità di paga. Infine, la direttiva obbliga gli Stati a implementare sistemi di penalità più forti, con misure concrete, adeguate e veramente scoraggianti, per assicurare che gli adempimenti introdotti non rimangano solo sulla carta. In sostanza, questa direttiva si basa su un piano di prevenzione strutturale che va oltre il vecchio modo di agire concentrato solo sulle cause singole.
5. Il quadro italiano: ciò che già esiste e ciò che ancora manca
Il sistema italiano ha leggi ben definite sulla parità di stipendio, ma certi aspetti non sono ancora al passo con i dettami della nuova direttiva europea. La legislazione attuale è un buon punto di partenza, ma va aggiornata e ampliata per coprire al meglio le nuove necessità di chiarezza e per impedire le ingiustizie. L’Italia ha un impianto normativo rilevante, dal decreto legislativo 198 del 2006 alla modifica della legge 162 del 2021, includendo strumenti come l’attestazione di parità di genere e lo spostamento dell’onere della prova. Ciononostante, ci sono ancora limiti: l’obbligo di trasparenza è solo in parte applicato, le verifiche non sono standardizzate, e le multe non sempre scoraggiano. La giurisprudenza stabilisce che avere lo stesso stipendio non è automatico, ma necessita di chiarezza e della capacità di scovare le differenze ingiustificate: la Cassazione, con la sentenza numero 17008 del 2025, ha riaffermato un concetto chiave: la parità salariale non vuol dire automaticamente ricevere la paga dei colleghi che fanno lavori simili, se non si dimostra un trattamento discriminatorio. Questo parere conferma che la protezione effettiva dipende soprattutto dalla trasparenza e dal saper identificare subito le disparità senza una valida ragione. Mettendo a confronto la legge nazionale e la Direttiva UE emergono differenze notevoli: prima di tutto la chiarezza sui salari (in Italia i rapporti sono limitati e ogni due anni; in Europa si richiede una comunicazione più frequente, dettagliata e facile da confrontare); il riserbo sui compensi (la legge italiana non vieta espressamente di tenere nascosto quanto si guadagna. La direttiva europea, invece, annulla ogni accordo che impedisca di condividere o discutere il proprio stipendio); i controlli e le misure di ripristino (in Italia il bollino di parità è facoltativo. Nella direttiva, il controllo diventa obbligatorio se emerge un divario salariale superiore al cinque percento senza spiegazioni); la garanzia di esecuzione e le penalità (il sistema italiano prevede multe leggere e legate soprattutto al rapporto biennale. Il diritto europeo, invece, esige l’adozione di sanzioni efficaci, proporzionate e davvero scoraggianti).
6. Le implicazioni del recepimento della Direttiva UE 2023/970
Per allinearsi alla Direttiva UE 2023/970, l’Italia necessita di un intervento completo e strutturale: non bastano ritocchi normativi isolati, serve creare un sistema di gestione degli stipendi che rispetti i parametri europei. Nello specifico, le grandi società dovranno passare dalla rendicontazione ogni due anni a una relazione annuale, usando parametri uniformi per confronti chiari tra settori e aziende, rendendo i dati più accessibili a chi lavora e a chi cerca impiego. Un aspetto cruciale è la chiarezza sui compensi: si dovrà imporre un netto divieto sul “segreto degli stipendi”, rendendo nulle le clausole che vietano ai dipendenti di parlare apertamente di quanto guadagnano. Se ci sono differenze salariali superiori al cinque percento senza una valida motivazione, scatta l’obbligo di un controllo congiunto con i sindacati, con piani di intervento concreti. Le imprese dovranno usare strumenti più avanzati per monitorare costantemente stipendi, premi e avanzamenti di carriera, mentre il legislatore dovrà inasprire le penali e assicurare il diritto a risarcimenti integrali. Le verifiche sul campo diventeranno più mirate, focalizzate sull’individuazione e correzione di favoritismi legati al genere o ad altri fattori interconnessi come età, origine, disabilità o orientamento sessuale. Guardando alla strategia, adeguarsi alla direttiva offre anche un vantaggio: le aziende possono aggiornare i sistemi HR, rendere più obiettivi e aperti i parametri di valutazione e ridurre il rischio di cause legali. Sarà essenziale censire con cura gli stipendi attuali, individuando problemi e disparità ingiustificate, modificare i regolamenti interni eliminando le clausole di riservatezza, formare il personale delle risorse umane e coinvolgere i rappresentanti dei lavoratori nella definizione di procedure chiare e concordate. In breve, se gestita con preparazione e visione, l’applicazione della direttiva non sarà solo un obbligo legale, ma un modo per rafforzare la mentalità aziendale, migliorare la capacità di competere e promuovere una gestione del personale più giusta, trasparente e duratura. I controlli ispettivi per l’equità salariale dovranno mirare a verificare in modo ancora più preciso che le imprese rispettino le norme sulla trasparenza e sull’equità dei compensi. Tramite l’analisi dei dati relativi agli stipendi e la valutazione dei criteri usati per retribuzioni e bonus, gli ispettori potranno scoprire possibili trattamenti discriminatori di genere e richiedere modifiche. Per approfittare al massimo di queste occasioni, è fondamentale innanzitutto mappare con attenzione la situazione retributiva corrente, scoprendo eventuali problemi e differenze immotivate, e introdurre sistemi di valutazione equi, basati su parametri tecnici, capaci di assicurare imparzialità e visibilità nelle scelte su stipendi e promozioni. Nello stesso tempo, occorre rivedere le norme interne delle imprese, togliendo quei patti di segretezza sugli stipendi che potrebbero intralciare l’applicazione completa della legge. Addestrare il personale delle risorse umane e i capi reparto sui criteri di imparzialità di genere è un passo fondamentale per garantire che le scelte siano coerenti e non favoriscano nessuno. Introdurre un sistema informativo interno che permetta di avere subito dei resoconti è un altro elemento cruciale, così come coinvolgere i rappresentanti dei lavoratori nella creazione di procedure chiare e concordate. Per concludere, le ditte dovrebbero esaminare per tempo gli effetti del futuro controllo obbligatorio, per non essere colte alla sprovvista quando scattano i doveri di verifica e di possibili aggiustamenti. In breve, se gestita con programmazione e visione futura, l’accettazione della direttiva non sarà soltanto un dovere legale, ma un punto di forza per consolidare l’ambiente aziendale, aumentare la capacità di competere e incoraggiare un modo giusto e duraturo di gestire le persone.
7. Conclusioni
L’uguaglianza di salario, senza esagerare, è una delle basi di un sistema economico attuale. La Direttiva Europea 2023/970 segna una svolta: si passa dalla protezione della singola persona alla gestione preventiva generale, dal farsi causa all’esame costante, dalla segretezza alla chiarezza. L’Italia, che ha già leggi valide, deve fare un passo avanti: integrare i modi europei di trasparenza, rendere più forti e preparare meglio gli enti di controllo, aggiornare i metodi delle aziende. Come avviene in natura, dove l’equilibrio è ciò che serve per campare, anche nel mondo del lavoro l’equità è la condizione per una crescita equilibrata, che dura nel tempo e che permette di competere. Accogliere la direttiva non è quindi solo un obbligo di legge, ma un momento per cambiare mentalità che può rimettere al centro i principi di rispetto, bravura e correttezza su cui si basa tutta la struttura legale italiana.
Formazione in materia per professionisti
Corso di alta formazione in sicurezza sul lavoro – Analisi dei rischi, appalti privati e pubblici e tecniche ispettive INL
Il percorso offre ai professionisti del settore una visione chiara, concreta e aggiornata sugli obblighi del datore di lavoro in materia di sicurezza, sugli strumenti ispettivi dell’INL e sulle dinamiche di responsabilità negli appalti privati e pubblici. L’obiettivo è costruire una competenza solida e spendibile tanto nell’attività di consulenza quanto nelle strategie difensive in occasione di accessi ispettivi.
Il ciclo si conclude con un quadro ragionato delle principali novità in vigore dal 1° gennaio 2026.
Obiettivi del corso
• Comprendere come si costruisce una valutazione dei rischi efficace e tempestiva e quali responsabilità possono emergere in caso di omissioni o carenze documentali
• Conoscere l’approccio ispettivo e guidare i propri assistiti nella predisposizione di audit interni coerenti con il metodo INL
• Acquisire una visione chiara delle complesse dinamiche proprie della sicurezza negli appalti, su come valutare la filiera e qualificare correttamente i soggetti sotto il profilo prevenzionistico
• Affrontare la vigilanza in materia di contratti pubblici sotto il profilo degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro
• I partecipanti saranno preparati ad affrontare trasformazioni tecnologiche e organizzative che influenzeranno il sistema prevenzionistico dal 2026 in avanti
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