1. Premessa
Chiunque si occupi di riconoscimento – in via amministrativa o giudiziale – dello status civitatis italiano iure sanguinis si è trovato – almeno una volta nella propria vita professionale – ad affrontare la controversa questione della diretta trascrivibilità degli atti di stato civile formati all’estero, ossia la possibilità per soggetti residenti all’estero, potenziali discendenti di cittadini italiani, di richiedere la trascrizione diretta degli atti di stato civile propri (ed eventualmente anche dei propri ascendenti) ad un Comune italiano.
La trascrizione degli atti di stato civile formati all’estero, nella fattispecie in esame, ha come effetto sostanziale quello di formalizzare e concretizzare l’avvenuta dichiarazione di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis.
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2. Un fenomeno in ascesa: la normativa applicabile
In effetti, negli ultimi tempi, stiamo assistendo ad una proliferazione di richieste presentate agli Ufficiali di Stato Civile di Comuni italiani da parte di cittadini stranieri non residenti di procedere alla trascrizione dei propri atti di stato civile in quanto discendenti diretti da un cittadino italiano o ascendenti di cittadini riconosciuti cittadini italiani.
In entrambi i casi, i soggetti interessati non sono presenti in Italia.
A sostegno delle proprie richieste, gli istanti richiamano:
– l’art. 12 del Dpr. 396/2000 che prevede la possibilità per chi ha interesse di richiedere direttamente la trascrizione degli atti di stato civile all’Ufficiale dello Stato Civile Competente.
– l’art. 17 del Dpr. 396/2000 che individua la competenza alla trascrizione degli atti di stato civile in capo all’Ufficiale dello Stato Civile dove, in mancanza di residenza e di iscrizione Aire, risultano trascritti gli atti degli ascendenti;
– l’art. 1 della legge 91/1992 che definisce cittadino italiano il figlio di cittadino italiano.
Gli articoli sopra citati, tuttavia, non vanno, considerati in maniera isolata ma devono essere letti nel contesto di tutto il sistema normativo che disciplina lo Stato Civile italiano.
Precisamente, quando la trasmissione in Italia degli atti di stato civile ai fini della trascrizione avviene tramite l’Autorità Consolare all’estero, il Consolato identifica il comune competente applicando l’articolo 17 del Dpr. 396/2000, utilizzando a scalare i cd. criteri a cascata. Pertanto, se il soggetto non è iscritto in Apr (Anagrafe della Popolazione Residente), se non è iscritto in Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), se non ha un atto di nascita già iscritto o trascritto, il Comune competente sarà quello in cui esistono gli atti di nascita dei genitori o degli avi ed in quel Comune saranno trasmessi gli atti di fini della trascrizione. È opportuno, tuttavia, precisare che, in questi casi, il Consolato effettuerà la trasmissione – previo controllo sulla regolarità formale degli atti – soltanto a conclusione di un procedimento di verifica del possesso della cittadinanza italiana in capo al soggetto i cui atti vengono trasmessi.
Quando, invece, la richiesta di trascrizione degli atti di stato civile viene effettuata direttamente dagli interessati, in base all’art. 12 comma 11 del Dpr. 396/2000, al Comune italiano competente (individuato utilizzando, come per l’Autorità Consolare all’Estero, i medesimi predetti criteri “a cascata”) all’Ufficiale dello Stato Civile sarà richiesto di verificare in primis in capo al soggetto il possesso della cittadinanza italiana.
3. I presupposti applicativi: il preventivo accertamento dello status civitatis italiano iure sanguinis
Il riconoscimento dello status civitatis italiano iure sanguinis non è un automatismo: va, infatti, richiesto e verificato.
Sul tema, in passato, era già intervenuto il Tar Lazio che, con sentenza n. 6990/2014 aveva chiarito che “La richiesta di ottenere la cittadinanza italiana è un diritto personalissimo che concerne lo stato della persona e richiama una situazione giuridica che investe la persona nella sua posizione all’interno della società. In quanto tale è un diritto che non può essere azionato senza preventivo accertamento della volontà del soggetto, volontà che deve poter essere espressa e poi concretamente manifestata”. L’automatico riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis riguarda, ex art. 5 Legge n. 123/1983, esclusivamente i figli minorenni di genitore che sia (alla data della loro nascita o successivamente ad essa, purché prima del compimento della loro maggiore età) in possesso dello status civitatis italiano. Pertanto, quando il genitore italiano richiede la trascrizione dell’atto di nascita del figlio minorenne nato all’estero, l’Ufficiale di Stato Civile del Comune interessato procede alla trascrizione senza indugio perché il minore è italiano per il solo fatto di essere nato da cittadino italiano.
Viceversa, se la medesima richiesta riguarda la trascrizione dell’atto di nascita del figlio maggiorenne nato all’estero, l’ufficiale dello stato civile non può procedere alla trascrizione perché, in tal caso, il possesso della cittadinanza italiana deve essere verificato.
Il punto cruciale della questione, quindi, non riguarda tanto la richiesta di trascrizione diretta dell’atto di nascita formato all’estero quanto piuttosto il preventivo riconoscimento della cittadinanza italiana in capo al richiedente, dal quale conseguirà la trascrizione del suo atto di nascita.
4. Il parere del consiglio di stato e l’orientamento giurisprudenziale prevalente
Stante la peculiarità della materia, sul punto è intervenuto – a chiarire ogni dubbio – anche un recente parere del Consiglio di Stato recepito dal Ministero dell’Interno (cfr. parere Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 20.02.2019 e circolare Ministero dell’Interno n. 8/2019). Invero, il Consiglio di Stato – facendo proprie le posizioni dei Ministeri interrogati sul punto, il Ministero degli Affari Esteri e il Ministero della Giustizia – specifica che “La norma (n.d.r. cioè l’art. 12, comma 11 Dpr 369/2000) riconosce pertanto al cittadino italiano interessato alla pubblicità dell’atto la facoltà di chiedere direttamente la trascrizione degli atti formati all’estero all’Ufficiale di Stato civile individuato ai sensi dell’art. 17, evitando così il passaggio attraverso l’Autorità diplomatica-consolare italiana”. Dalla lettura del parere, emerge chiaramente la posizione del Consiglio di Stato che, presuppone come esistente, ai fini della trascrivibilità degli atti di stato civile formatisi all’estero, la circostanza dell’intervenuto accertamento della cittadinanza italiana.
Orbene, detto orientamento è stato recepito e confermato anche dalla giurisprudenza più recente.
Sul punto, infatti, tra i tanti, già il Tribunale di Aosta con decreto n. 23/2020 del 13.12.2019 fa proprie le motivazioni del Comune, espresse nel diniego al cittadino di procedere alla trascrizione degli atti di stato civile dei propri ascendenti, specificando che “non è normativamente prevista la trascrivibilità degli atti di stato civile relativi a soggetti che pur verosimilmente vantando i presupposti per il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis non abbiano tuttavia mai richiesto detto riconoscimento neppure ove sussista al fine puntuale istanza di altro soggetto”.
Analogamente, il decreto n. 603/2020/VG del Tribunale di Padova del 28/10/2020 – in armonia con quanto previsto dalla circolare applicativa del Ministero dell’Interno K.28.1 che, lo ricordiamo, in quanto contenente prescrizioni applicative impartite direttamente dal Ministero dell’Interno, risulta vincolante per l’Ufficiale di Stato Civile che ricopre posizione di subordinazione rispetto al Ministero dell’Interno (cfr. Cons. Stato n. 4478/2016) – ritiene pienamente legittimo e corretto il provvedimento di rigetto adottato dal Comune interessato, la cui ratio “[…] risponde all’esigenza concreta di svolgimento di un’istruttoria approfondita sul punto necessariamente nel luogo che costituisce il centro degli interessi degli istanti per le quali le autorità consolari hanno tutti gli strumenti e che non sarebbe egualmente esplicabile da autorità operanti in Italia, luogo del tutto privo di legami fattivi con i richiedenti”.
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Conclusioni
In buona sostanza, a parere di chi scrive, il caso in esame rappresenta il mero tentativo di ottenere con la trascrizione diretta degli atti di stato civile una sorta di riconoscimento “semplificato” della cittadinanza italiana, aggirando la procedura compiutamente descritta dalla Circolare K.28.1.
Tale disciplina, infatti, deve ragionevolmente intendersi a tutela del diritto, personalissimo appunto, al riconoscimento della propria cittadinanza che non può, perciò, essere sacrificato con l’affermazione officiosa di una cittadinanza il cui “acquisto” (rectius, riconoscimento) non risulti essere stato richiesto dal diretto interessato.
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