Difesa d’ufficio: quando i compensi sono a carico dello Stato

Redazione 11/04/18
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Difesa d’ufficio: la prova del mancato recupero del compenso

La Corte di Cassazione è intervenuta in materia di compenso professionale dell’avvocato che presti la difesa d’ufficio e non riesca a recuperare il proprio compenso dal cliente che ha beneficiato della sua attività. Si tratta dell’ordinanza n. 7067 del 21 marzo scorso, con cui la sesta sezione della Suprema Corte ha chiarito la portata dell’onere probatorio gravante sul professionista che intenda recuperare il proprio compenso per l’attività svolta a difesa di un imputato. In particolare, i giudici di legittimità hanno affermato che, ai fini del riconoscimento del diritto alla corresponsione dei compensi, è sufficiente che l’avvocato provi di aver tentato il pignoramento mobiliare, con esito negativo, dimostrando in tal modo l’impossibilità di recuperare quanto gli spetterebbe.

Nel caso di specie, il professionista otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti del proprio assistito, il quale diventava definitivo allo spirare del termine per l’opposizione, non proposta dall’imputato ingiunto. Seguiva pertanto la notifica dell’atto di precetto e, successivamente, del pignoramento mobiliare.

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Istanza di liquidazione dei compensi da parte dell’erario

A fronte dell’esito negativo del pignoramento mobiliare, l’avvocato presentava istanza di liquidazione dei propri compensi a carico dello Stato, la quale veniva rigettata dal competente gip. Ugualmente, a fronte dell’opposizione al rigetto formulata dal professionista, il tribunale si pronunciava in termini negativi, sostenendo che la prova del pignoramento negativo non fosse sufficiente per dimostrare il diritto a ricevere il compenso professionale da parte dell’erario. L’avvocato ricorreva dunque in Cassazione, la quale ha precisato che l’avvocato ha diritto a richiedere il compenso allo Stato quando ha esperito inutilmente gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione, per il recupero dei crediti.

Nel caso di specie, tale prova era stata fornita dall’istante, al quale pertanto è stato riconosciuto il diritto alla liquidazione, con totale capovolgimento delle precedenti pronunce giurisdizionali.

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