Dies a quo del danno subìto dal figlio a causa del farmaco assunto dalla madre in gravidanza

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Con la sentenza numero 2375 del 24/01/2024 la III sezione della suprema Corte (Pres. Travaglino – relatore Guzzi) delinea i contorni della prescrizione del danno subito dal soggetto nato con malattia conseguente all’assunzione di farmaco nocivo da parte della madre durante la gestazione, chiarendo anche la ripartizione dell’onere della prova.

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Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – Sent. n. 2375 del 24/01/2024

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Indice

1. I fatti

Tizio conveniva in giudizio il Ministero della Salute per sentirlo condannare al risarcimento dei danni da questi subiti in ragione dell’assunzione da parte della madre del farmaco “Talidomide” durante la gestazione, e che aveva determinato la nascita di Tizio focomelico.
La domanda veniva accolta in primo grado, ove si discuteva soprattutto della intervenuta prescrizione dell’azione risarcitoria, promossa, secondo la prospettazione del Ministero oltre il termine di cui all’art. 2947 cc. Promuoveva appello il Ministero della Salute, e la Corte di appello adita accoglieva il gravame ritenendo prescritto il credito. In particolare la Corte d’appello ribaltava la sentenza di primo grado, non condividendo la tesi del giudice inferiore che aveva individuato il “dies a quo” del termine prescrizionale nella data di presentazione della domanda di indennizzo, ritenendo che fosse “inverosimile o estremamente improbabile che nessun pediatra o medico di base” avesse indicato ai familiari di Tizio – nonché, successivamente, “al medesimo paziente divenuto maggiorenne” – la “possibile causa della sua peculiare infermità“. E ciò in considerazione del fatto che, appena tre anni dopo la sua nascita, con una serie di decreti ministeriali, il Ministero allora della Sanità aveva ritirato dal commercio i farmaci contenenti (Talidomide). Di conseguenza, “pur non sussistendo alcuna ipotesi di sospensione della prescrizione determinata dalla minore età”, il giudice di seconde cure ha ritenuto che il “dies a quo” del termine di prescrizione potesse farsi decorrere “dal compimento della maggiore età da parte dell’interessato, in cui risulta formalizzata la diagnosi di focomelia dalla CMO“.
Tizio ricorre in cassazione, e l’oggetto della valutazione degli Ermellini attiene all’esatta individuazione del dies a quo quinquennale. La critica mossa da Tizio nel ricorso di legittimità attiene alla violazione dell’art. 2935 cc, per avere il Giudice di merito individuato il termine iniziale della prescrizione nella maggiore età di Tizio in luogo del momento della sua conoscenza effettiva della causa della malattia e della responsabilità del convenuto Ministero. Detto termine veniva allegato da Tizio nel giudizio di merito nel momento della presentazione della domanda amministrativa per il relativo indennizzo.
La critica, poi, si estende all’eccessivo e illogico utilizzo delle presunzioni da parte della corte di merito, che ha presunto la informazione ricevuta da Tizio dal medico curante, la conoscenza degli atti amministrativi e delle conoscenze scientifiche, onde anticipare il dies a quo. Con il secondo motivo, poi, si censura l’inversione dell’onere della prova, affermando Tizio che era onere del Ministero provare la conoscenza della patologia e della sua causa, e quindi della responsabilità dell’Ente, in data antecedente a quella certa della domanda amministrativa.
Per approfondimenti, si consiglia il seguente volume, il quale ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile:

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La Riforma Cartabia della giustizia civile

Aggiornata ai decreti attuativi pubblicati il 17 ottobre 2022, la presente opera, che si pone nell’immediatezza di questa varata “rivoluzione”, ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile. Analizzando tutti i punti toccati dalla riforma, il volume tratta delle ricadute pratiche che si avranno con l’introduzione delle nuove disposizioni in materia di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, nonché di processo di cognizione e impugnazioni, con uno sguardo particolare al processo di famiglia, quale settore particolarmente inciso dalle novità. Un focus è riservato anche al processo del lavoro, quale rito speciale e alle nuove applicazioni della mediazione e della negoziazione assistita, che il Legislatore pare voler nuovamente caldeggiare. Francesca SassanoAvvocato, è stata cultrice di diritto processuale penale presso l’Università degli studi di Bari. Ha svolto incarichi di docenza in numerosi corsi di formazione ed è legale accreditato presso enti pubblici e istituti di credito. Ha pubblicato: “La nuova disciplina sulla collaborazione di giustizia”; “Fiabe scritte da Giuristi”; “Il gratuito patrocinio”; “Le trattative prefallimentari”; “La tutela dell’incapace e l’amministrazione di sostegno”; “La tutela dei diritti della personalità”; “Manuale pratico per la protezione dell’incapace”; “Manuale pratico dell’esecuzione mobiliare e immobiliare”; “Manuale pratico delle notificazioni”; “Manuale pratico dell’amministrazione di sostegno”; “Notifiche telematiche. Problemi e soluzioni”.

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2. Danno del figlio a causa del farmaco assunto dalla madre in gravidanza: l’analisi della Cassazione

La Corte esamina congiuntamente i due motivi e li accoglie in virtù del ragionamento che segue.
La Corte esordisce ricordando che, in relazione al c.d. “exordium praescriptionis“, ha esteso ai danni conseguenti alla somministrazione di farmaci contenente “Talidomide” gli stessi principi enunciati con riferimento ai danni da emotrasfusione di sangue infetto.
In particolare, il precedente riferisce che anche per il danno da somministrazione di un farmaco senza adeguati controlli sulle potenzialità di produrre effetti collaterali dannosi per la salute” vale l’affermazione per cui il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre “non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche da apprezzarsi in riferimento al sanitario o alla struttura sanitaria cui si è rivolto il paziente”, occorrendo, in particolare, “accertare se siano state fornite informazioni atte a consentire all’interessato il collegamento con la causa della patologia o se lo stesso sia stato quanto meno posto in condizione di assumere tali conoscenze dovendosi accertare se siano state fornite informazioni atte a consentire all’interessato il collegamento con la causa della patologia o se lo stesso sia stato quanto meno posto in condizione di assumere tali conoscenze” (Cass. Sez. 63, ord. 3 giugno 2020, n. 10515).
In ragione di tanto, il dies a quo della prescrizione deve coincidere anche in questo caso con la presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo (come previsto dall’art. 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229), “spettando alla controparte dimostrare, anche attraverso il ricorso a prova presuntiva, che già prima di quella data il danneggiato conosceva o poteva conoscere, con l’ordinaria diligenza, l’esistenza della malattia e la sua riconducibilità causale all’assunzione del farmaco.”
Ragionamento questo seguito, in termini di premessa, nella sentenza impugnata, sebbene, poi, si ritenga provata, sulla base di un ragionamento presuntivo non corretto, la pregressa conoscenza, o meglio, conoscibilità, da parte dell’interessato, rispetto al momento della presentazione della domanda di liquidazione dell’indennizzo, dell’efficienza causale dell’assunzione del farmaco rispetto alla propria disabilità.
La Corte di merito, infatti, ha reputato “inverosimile o estremamente improbabile che nessun pediatra o medico di base” avesse indicato ai familiari del A.A. – nonché, in seguito, “al medesimo paziente divenuto maggiorenne” – la “possibile causa della sua peculiare infermità”, facendo risalire, in ogni caso, almeno all’anno in cui risulta formalizzata la diagnosi di focomelia dalla CMO”, la conoscenza della eziopatogenesi dell’infermità.

3. Conclusioni

Quelle della sentenza di merito, quindi, si debbono relegare a mere ipotesi congetturali, sfornite di qualsivoglia base fattuale che disattendono il principio secondo cui una simile prova presuntiva, proprio perché destinata a contraddire un fatto storico obiettivo (la presentazione della domanda di indennizzo), “si deve fondare su fatti certi”, ovvero, “si deve dedurre da questi sulla base di massime d’esperienza o dell’”id quod plerumque accidit”, non potendo tale presunzione consistere in una congettura, o meglio in “una mera supposizione”, ciò che si verifica, appunto, quando la presunzione si fondi “su fatti incerti” e venga “dedotta da questi in via di semplice ipotesi”; in altri termini occorre che “il fatto noto dal quale risalire a quello ignoto sia circostanza obiettivamente certa e non mera ipotesi o congettura, pena la violazione del divieto del ricorso alle “praesumptiones de praesumpto”” (cosi, con riferimento ai danni da emotrasfusione, Cass. Sez. 3, sent. 28 giugno 2019, n. 17421, Cass. Sez. 6-3, ord. 3 marzo 2022, n. 10190,).
Il ricorso viene, quindi, accolto e la causa rimessa alla corte di appello in diversa composizione che deciderà la causa applicando il seguente principio:
Il termine di prescrizione del credito risarcitorio relativo ai danni, subiti nella fase di vita prenatale a causa dell’assunzione di farmaci ad effetti teratogeni da parte della gestante, decorre, di regola, dalla presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo di cui all’art. 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, salvo prova, di cui è onerato il convenuto, da fornirsi anche in via presuntiva, che la consapevolezza, in capo al danneggiato, del nesso causale tra l’assunzione del farmaco e la propria condizione di disabilita e/o menomazione non sia maturata in epoca anteriore“.

Michele Allamprese

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