Demolizione casa occupata: sentenza Corte EDU (PDF)

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L’articolo allegato, scaricabile in PDF, affronta il tema della proporzionalità della demolizione dell’unica casa di abitazione occupata da una madre con figli minori da meno di un anno, alla luce della recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo dell’11 aprile 2023 (Case of Simonova v. Bulgaria), e della conseguente necessità da parte del giudice italiano di una interpretazione adeguatrice non solo formale ma sostanziale ed evolutiva, in ragione della “socialità” del diritto di abitazione, annoverato tra i diritti fondamentali della persona, cui si conforma lo Stato democratico.
Il tema, di notevole interesse e dalle indubbie ricadute sociali, è, tuttavia, alquanto controverso nell’ordinamento interno, poiché la Cassazione penale da tempo afferma che non sussiste alcun diritto “assoluto” alla inviolabilità del domicilio, desumibile dalle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, pur costituenti espressione di un orientamento consolidato in materia, tale da precludere l’esecuzione dell’ordine di demolizione finalizzato a ristabilire l’ordine giuridico violato.
Insomma, secondo i giudici di legittimità, il diritto all’abitazione, pur riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all’art. 8 CEDU, non è meritevole di tutela in termini assoluti, dovendo piuttosto essere contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l’ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell’ambiente, che giustificano l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo che la normativa edilizia intende perseguire (così Cass. pen., 11 ottobre 2022, n. 42306).
Ma è proprio questo il punto!
Dal momento che, in Italia, l’attività esecutiva riguarda nella stragrande maggioranza dei casi ordini di demolizione rimasti ineseguiti per diversi lustri, può ritenersi che in tali casi l’ordine di demolizione assolva davvero a una funzione semplicemente ripristinatoria, rispetto alla quale il diritto alla inviolabilità del domicilio debba considerarsi recessivo?
Al quesito dà risposta la stessa Corte EDU, la quale, già con la nota sentenza del 27 febbraio 2008 nella causa Hamer c. Belgio, ha chiarito che “l’ordine di demolizione per un abuso edilizio costituisce sanzione penale” allorquando la sua esecuzione intervenga a distanza di numerosi anni a far data dalla “scoperta dell’abuso”.
In tali casi, non sembra azzardato sostenere che la sanzione acquisisca natura punitiva, tale da rendere applicabile nell’ordinamento interno l’art. 173 c.p.
Basti osservare, del resto, che l’omicidio d’impeto, la cui gravità si commenta da sola, si prescrive in anni ventuno.
La sanzione della demolizione, secondo la giurisprudenza interna, è invece imprescrittibile.
Se passano gli anni, la demolizione della casa, nella quale il contravventore ha costituito il luogo degli affetti, degli interessi e delle abitudini in cui si esprime la vita familiare e si svolge la continuità delle relazioni domestiche, non è forse vissuta come una pena o, al di là delle qualificazioni giuridiche, come una sanzione sproporzionata rispetto ai principi garantiti dalla CEDU e dalla Costituzione?
Peraltro, come sottolineato dalla Corte EDU nella sentenza Ivanova del 2016, un conto è proteggere il diritto meramente economico di chi costruisce violando la normativa edilizia ed un altro conto è assicurare che la prima ed unica casa di una persona in difficoltà economica o in una condizione di salute precaria non venga demolita con leggerezza, a maggior ragione allorquando dalla realizzazione dell’intervento sia decorso un notevole lasso di tempo, tale da ingenerare una posizione di legittimo affidamento.

Articolo in PDF e sentenza CASO SIMONOVA c. BULGARIA

SENTENZA-CEDU-con-traduzione-NON-UFFICIALE-IN-ITALIANO.pdf 280 KB
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