Def 2017: con la nuova manovra arriva un aumento delle tasse?

Redazione 04/04/17
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Ancora pochi giorni prima dell’approvazione del Def 2017, il Documento di economia e finanza che dovrà essere presentato a Bruxelles entro il prossimo 10 aprile. Molti i possibili interventi che dovranno portare alla riduzione di 3,4 miliardi del rapporto fra deficit e Pil: il timore è quello che il Documento possa provocare un deciso aumento delle tasse.
Tra i campi di intervento che potrebbero essere toccati dal Def, la riforma del catasto, l’aumento dell’Iva e il taglio dei contributi ai giovani neoassunti. Tutti punti molto delicati ancora in discussione al Governo: il premier Gentiloni assicura che non ci saranno aumenti delle tasse, ma molti dubbi restano.
In attesa del 10 aprile, dunque, facciamo un punto della situazione e vediamo chi potrebbe risentire in particolare del Def 2017.
 
Il nuovo Def tra sacrifici e misure per la crescita
Il Def da approvare entro pochi giorni dovrà servire a ridurre di 0,2 punti (dal 2,3 al 2,1%) il rapporto tra deficit e Pil: una correzione da 3,4 miliardi richiesta dall’Europa e necessaria per evitare ben più pesanti sanzioni future.
Questa è sostanzialmente, a oggi, l’unica cosa certa. Nella pratica, il Governo non ha ancora deciso in che modo reperire le risorse necessarie. Il Primo Ministro Gentiloni prova a rassicurare gli animi parlando di “Dec”, Documento di economia e crescita: niente aumento delle tasse, almeno ad aprile, ma una seria lotta all’evasione fiscale e perfino lo stanziamento di 1 miliardo per le zone terremotate.
Di parere diverso sembrerebbe il Ministro dell’econimia Pier Carlo Padoan, più disposto ad alzare le tasse e ritoccare le accise su alcol, tabacchi e benzina. E persino l’ex premier Renzi, solitamente opposto a impopolari aumenti fiscali, sembra adesso molto più favorevole all’innalzamento dell’Iva da decidere il prossimo autunno.
La riforma del catasto 2017
Uno dei punti principali del nuovo Def 2017 sarà quasi sicuramente la riforma del catasto.
Se sarà ripresa, come sembra, nelle forme nelle quali era stata pensata nel 2014, la riforma del catasto porterà alla riformulazione delle categorie esistenti e a una completa rivalutazione dei valori patrimoniali degli immobili. Una rivalutazione che dovrebbe assicurare una maggiore equità ma che nella pratica potrebbe tradursi in un repentino (e ulteriore) aumento dell’imposizione.
Il calcolo della nuova rendita catastale prevede innanzitutto che si determini, sulla base delle rilevazioni periodiche dell’Osservatorio del mercato immobiliare Omi, il valore medio di mercato dell’immobile. Il valore, ed è questa la novità principale, va calcolato a metro quadro e non per numero di vani, come invece avviene oggi. Al valore medio così trovato dovranno poi essere applicati degli algoritmi predisposti dall’Agenzia delle Entrate. Sul dato finale, per evitare che i calcoli restituiscano valori esagerati e al di sopra dei prezzi di mercato, va infine applicato uno “sconto” automatico del 30%.
Il taglio dei contributi per i giovani neoassunti
Molto importante, anche se non ancora confermata, la misura che prevede il taglio dei contributi per giovani lavoratori al primo impiego. Lo sgravio potrebbe durare fino a tre anni, ma molto dipenderà dalle risorse disponibili: il Governo dovrà decidere anche se il taglio sarà totale o solo parziale. In ogni caso, le future pensioni non dovrebbero essere penalizzate.
Ma non solo: nell’ottica di approfittare del Def non solo per rientrare nei parametri europei ma anche per incentivare la ripresa e la crescita, si sta pensando per i lavoratori sotto i 35 anni a una “dote formazione” portabile che serva ad agevolare nuovi inserimenti occupazionali.
Previsto l’aumento dell’Iva il prossimo autunno?
Un problema ancora più grave, anche se meno urgente, riguarda l’aumento dell’Iva che potrebbe essere deciso il prossimo autunno.
La Legge di Stabilità per il 2018 dovrà infatti tenere conto dei 20 miliardi di euro necessari per rispettare i target fiscali concordati con l’Europa e quindi per non far scattare le clausole di salvaguardia. Tali clausole prevedono, in caso di mancato raggiungimento dei target, l’aumento dell’aliquota Iva ordinaria dal 22 al 25% e di quella sui beni primari dal 10 al 13%. Un aumento che avrebbe, è evidente, conseguenze molto negative sulla già fragile ripresa economica del nostro Paese.
 
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