Tra le misure comprese nel D.L. 70/2011 del 13 maggio è prevista anche una sanatoria per gli interventi edilizi eseguiti in parziale difformità dal titolo abitativo. Se la differenza rispetto all’indice contemplato dal permesso di costruire per cubatura, superficie e altezze risulta minore del 2% la posizione di chi ha realizzato l’opera è giuridicamente legittima. La misura del suddetto parametro di tolleranza è stata espressamente stabilita dall’art. 5, comma 2, del decreto sviluppo. La norma infatti, inserendo il comma 2 ter all’art. 34 del D.P. R.380/2001, Testo unico edilizia, dispone che si esclude la presenza di parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali.
La ratio sottesa alla previsione in oggetto è chiaramente la salvaguardia del principio della certezza del diritto che consiste nella possibilità di conoscere la valutazione concreta operata dal diritto positivo con riferimento alle azioni e situazioni compiute. Non sussistendo infatti prima dell’intervento del decreto sviluppo una definizione compiuta ed univoca di parziale difformità, il rischio per l’operatore non sorretto dalla previsione di standard e conseguenze predefiniti è quello di esporre la sua attività alle imprevedibili valutazioni ed apprezzamenti discrezionali della pubblica amministrazione, con buona pace del legittimo affidamento e della stabilità dei rapporti giuridici..
Sempre in nome della certezza del diritto, resta chiaro che legislatore regionale non potrà disattendere la soglia del 2% perché, diversamente, finirebbe per introdurre nel sistema giuridico una fattispecie di abuso edilizio che il legislatore nazionale ha volutamente inteso escludere.
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