Decreto Sviluppo-bis (D.L. 179/2012): modifiche alla disciplina del procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento

Redazione 24/10/12
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Anna Costagliola

La disciplina della composizione delle crisi da sovraindebitamento è stata per la prima volta varata con il D.L. 212/2011, che conteneva un regolamentazione organica e di sistema del fenomeno della crisi delle piccole imprese e delle famiglie e del procedimento volto alla composizione della stessa.

Con il citato decreto legge, obiettivo del Governo è stato quello di consentire l’accesso ad una procedura «soft» per risolvere le situazioni di crisi in cui dovessero incorrere i «piccoli», imprese o famiglie (consumatori), offrendo a questi soggetti la possibilità di concordare con i creditori un piano di ristrutturazione dei debiti che determinasse la finale «esdebitazione» del soggetto in crisi. In questa prospettiva, le disposizioni relative a imprese e famiglia sono andate di pari passo (quanto alle condizioni di ammissibilità del concordato, all’oggetto del piano, alle maggioranze necessarie per la sua approvazione, al ruolo degli organismi di composizione della crisi), anche in considerazione della medesima ratio di intervento, volta a predisporre un efficace strumento per la gestione delle situazioni di crisi che coinvolgono i soggetti «deboli».

Singolare la procedura seguita poi in Parlamento, mediante lo «spacchettamento» in due tronconi del pacchetto di norme recate dal D.L. 212/2011. Infatti, nel successivo dibattito parlamentare le misure per le imprese hanno seguito una corsia preferenziale, accelerandosi per esse l’iter di un disegno di legge già presente in Parlamento e approvato dalle Camere (L. 3/2012). Viceversa, le misure per i debiti dei consumatori hanno proseguito il loro iter in Aula in sede di conversione del D.L. 212/2011. Tuttavia, in sede di esame del disegno di legge di conversione del D.L. 212/2011 da parte della Camera è stata cassata anche la parte del decreto relativa al sovraindebitamento del cittadino consumatore, destinata a confluire in un successivo disegno di legge, ancora pendente innanzi alla Commissione Giustizia alla Camera.

Pertanto, con l’approvazione della L. 3/2012 (Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi di sovra indebitamento), è stata introdotta nell’ordinamento una speciale procedura volta a far fronte, sul terreno stragiudiziale, alla situazione di eccessivo indebitamento in cui dovessero trovarsi le aziende al di sotto della soglia di fallibilità, vale a dire quelle che per ricavi, attivo patrimoniale o volume dei debiti non sono sottoponibili a fallimento e alle altre procedure concorsuali, ma nei confronti delle quali sono unicamente esperibili le azioni esecutive individuali. Tale strumento rievoca quelli disciplinati in altri Paesi europei, come la Francia o la Germania, e rinviene il suo immediato precedente normativo nella procedura di concordato preventivo e, più ancora, negli «accordi di ristrutturazione dei debiti» di cui all’art. 182bis della legge fallimentare. Il fine ultimo è quello di evitare il ricorso all’espropriazione forzata, con un indubbio ritorno in termini economici tanto per il debitore che per il sistema giudiziario nel suo complesso.

Il decreto crescita-bis (D.L. 179/2012), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2012 (Supplemento Ordinario n. 194), tra gli altri interventi, mira ad integrare e correggere proprio la L. 3/2012, nella parte in cui detta un’organica disciplina in materia di composizione della crisi da sovraindebitamento delle imprese non soggette alle vigenti procedure concorsuali (Capo II).

La storia parlamentare e le emergenze statistiche relative al primo impatto applicativo della L. 3/2012 acuiscono i profili di necessità e urgenza dell’intervento correttivo, posto che l’ordinamento, sostanzialmente, continua a non offrire alcuna risposta efficiente per la crisi del debitore civile e per le esposizioni debitorie delle imprese non fallibili, che connotano significativamente il tessuto economico nazionale. Tali ragioni appaiono ancor di più avvalorate dalla persistenza della profonda crisi economica che investe indifferentemente famiglie ed imprese, per cui si reputa opportuno porre rimedio anche alle situazioni di difficoltà del «debitore persona fisica che abbia assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta».

Al testo della L. 3/2012 sono apportate modifiche che investono, da un lato, il presupposto soggettivo per l’apertura delle procedure in esame, individuando un procedimento specificamente destinato al consumatore; d’altro lato, la natura del procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento, trasformandolo in chiave concordataria, e dunque prevedendo che i creditori che non aderiscono alla proposta di accordo non siano definibili quali creditori estranei, come tali titolari del diritto ad essere soddisfatti integralmente, ma siano vincolati comunque dall’accordo.

Le modifiche al testo della L. 3/2012 avvengono mediante la tecnica dell’interpolazione, attuando una ristrutturazione dell’articolato attraverso una ripartizione dello stesso in sezioni e paragrafi. In particolare, il Capo II, rerubricato «Procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio», viene ripartito nelle seguenti tre sezioni:

Sezione primaProcedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (artt. 6-14bis della legge);

Sezione secondaLiquidazione del patrimonio (artt. 14ter-14duodecies della legge);

Sezione terzaDisposizioni comuni (artt. 15-16 della legge).

La prima sezione è a sua volta ripartita in paragrafi al fine di rendere chiara la divaricazione che subisce la procedura di omologazione a seconda che sia introdotta dal debitore non consumatore ovvero dal consumatore. Per il soggetto-consumatore è infatti definito un percorso di composizione della crisi in parte diversificato da quello disegnato per il debitore-imprenditore, incaricato quest’ultimo di improntare la procedura su di un accordo, richiedendosi invece al primo la predisposizione di un piano, anch’esso destinato alla omologazione da parte del giudice, il quale consenta un regolamento negoziale della propria esposizione debitoria.

Quanto ai contenuti, il D.L. 179/2012:

a) definisce la figura del consumatore come possibile beneficiario di un’apposita procedura di composizione della crisi da introdursi attraverso la proposta di un piano; tale procedura è, essenzialmente, contrassegnata dall’assenza di un procedimento volto ad acquisire l’adesione o il dissenso dei creditori rispetto al piano proposto, ma si basa esclusivamente su di una valutazione giudiziale di fattibilità della proposta e di meritevolezza della condotta d’indebitamento adottata dal consumatore, ciò in forza della considerazione che non sia rintracciabile alcun interesse economico dei creditori ad operare il «salvataggio» del soggetto-consumatore;

b) incide sul contenuto del piano (sia esso prospettato dal debitore-imprenditore in prospettiva di un accordo, sia invece formulato dal consumatore), prevedendo la possibilità di un pagamento anche non integrale dei creditori privilegiati (con l’esclusione di determinati crediti tributari e previdenziali, dei quali è possibile la sola dilazione di pagamento);

c) stabilisce la vincolatività della proposta omologata, ove superato il vaglio di convenienza, e quello di meritevolezza nel caso del consumatore, anche nei confronti dei creditori che non abbiano aderito alla proposta;

d) riduce, ispirandosi al modello tedesco, al 60% (in luogo dell’attuale 70%) la soglia prevista per il raggiungimento dell’accordo tra debitore non consumatore e creditori;

e) regola un autonomo procedimento di omologazione del piano del consumatore fondato su un giudizio di meritevolezza della condotta del debitore, basato a sua volta sulla ragionevolezza della prospettiva di adempimento delle obbligazioni avuta dal debitore e sulla mancanza di colpa nella determinazione del sovraindebitamento;

f) introduce la possibilità di una procedura alternativa di liquidazione di tutti i beni del debitore, anche se consumatore, avente una durata minima quadriennale;

g) subordina, all’esito della liquidazione, al verificarsi di determinate condizioni e ad uno specifico giudizio del Tribunale l’effetto di esdebitazione per i crediti non soddisfatti.

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