Nuovo decreto immigrazione: stretta su protezione speciale

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Il naufragio di migranti avvenuto a Steccato di Cutro (Crotone) lo scorso 26 febbraio, con allo stato 87 vittime e numerosi dispersi, unitamente allo sbarco sulle nostre coste in questi giorni di un numero abnorme di migranti, ha indotto il governo ad emanare una decretazione di urgenza in primo luogo per contrastare le attività criminose dei cosiddetti “scafisti” prevedendo una normativa penale particolarmente rigorosa. Tale misura, in linea di principio legittima e necessaria, unitamente alle altre previsioni del decreto legge n.20/2023, tra cui una stretta sulla protezione speciale, non sembra tuttavia in grado di contrastare efficacemente un fenomeno epocale come quello migratorio che solo un intervento diretto dell’Unione Europea, che tarda ad intervenire, potrebbe attenuare.

Indice

1. Il naufragio di Cutro e le eventuali responsabilità   


Lo scorso 26 febbraio una tragedia si è verificata presso le Coste di Cutro, in Calabria, dove, allo stato, 87 migranti hanno perso la vita e altri sono dispersi cercando di raggiungere le coste italiane. Secondo le prime ricostruzioni, il naufragio è avvenuto a causa della rottura del natante su cui i migranti viaggiavano, anche a causa delle proibitive condizioni del tempo.
Nei giorni successivi al naufragio un pool di avvocati ha depositato presso la Procura della Repubblica di Crotone un corposo esposto che si basa su un buco nelle comunicazioni di salvataggio, che sembra sia durato dalle ore 23.00 del 24 febbraio alle ore 4.00 del 25 febbraio e che potrebbe aver contribuito a causare la tragedia.[1]
Secondo gli esponenti se alle operazioni di approdo dell’imbarcazione con oltre 100 migranti avessero partecipato unità navali in grado di far approdare il mezzo navale in un luogo più sicuro forse la tragedia non si sarebbe verificata. Infatti, il silenzio sulle comunicazioni, unito alle proibitive condizioni metereologiche, potrebbero aver causato la tragedia, poichè sarebbe bastato spostare l’approdo per superare la secca situata alla foce del fiume Tacina e forse le vite dei migranti potrebbero essere state salvate.
Sempre dal punto di vista dei denuncianti sono in discussione le responsabilità nella catena dei soccorsi a cominciare proprio da chi aveva il compito di intervento. Infatti, poco prima della mezzanotte del 24 febbraio era stato lanciato un “mayday”, ovvero quel segnale radiofonico internazionale che un’imbarcazione o un velivolo emettono per indicare una situazione di emergenza. Quel segnale è stato attivo sino alle ore 4.57 del 25 febbraio, mentre l’avvistamento operato da Frontex (Agenzia europea della Guardia di Frontiera e Costiera) si riferisce alle ore 23.03 del 25 febbraio. Quindi il “mayday” è stato lanciato ben prima che Frontex intervenisse ed è stato emesso un S.A.R. (una richiesta di ricerca e soccorso) lanciato senza che fosse seguito dall’accertamento del natante perché non si ha notizia di uno sbarco nello stesso tratto di costa.
Per quanto concerne il possibile contrasto tra una “operazione di polizia” e una “operazione di soccorso”, di cui si è discusso ampiamente, la disciplina della fattispecie è contenuta nel Decreto del Ministero dell’Interno in data 14 luglio 2003 (Disposizioni in materia di contrasto all’immigrazione clandestina). Infatti, l’art. 6 prevede che “Nelle acque territoriali e interne italiane le unità navali delle forze di polizia svolgono attività di sorveglianza e di controllo ai fini della prevenzione e del contrasto del traffico illecito di migranti. Le unità navali della Marina Militare e della Capitaneria di Porto concorrono a tale attività attraverso la tempestiva comunicazione dell’avvistamento di natanti in arrivo o mediante tracciamento e riporto dei natanti stessi, in attesa dell’intervento delle Forze di Polizia”. Ma la norma stabilisce anche, ai fini del soccorso, che “Quando in relazione agli elementi meteomarini ed alla situazione del mezzo navale sussistono gravi condizioni ai fini della salvaguardia della vita umana in mare, le unità di Stato presenti, informata la direzione centrale e sotto il coordinamento dell’organizzazione di soccorso in mare provvedono alla pronta adozione degli interventi di soccorso curando nel contempo i riscontri di polizia giudiziaria”.
Per quanto concerne le norme comunitarie, per il Regolamento (UE) N. 656/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, la situazione è di pericolo in mare quando si nota una circostanza che “può far pensare alla probabilità del pericolo”.
Si pone quindi il problema se nella fattispecie ci si trovi, dopo la segnalazione di Frontex, in una situazione di “search and rescue”. Non si può negare che Frontex abbia avvistato l’imbarcazione e abbia lanciato l’allarme. D’altro canto l’operazione “Themis”, in cui era impegnato l’aereo di Frontex, ha lo scopo di migliorare il “law enforcement”, cioè il rafforzamento dell’attività di polizia “continuando a considerare la ricerca ed il soccorso come componente cruciale”. Inoltre che a bordo ci fossero migranti era apparso evidente da subito, in quanto il thermoscanner aveva rilevato a bordo la presenza di persone e anche perché gli sbarchi negli ultimi anni sul tratta di tratta crotonese sono stati decine con migliaia di persone.
Sulla vicenda farà piena luce la Magistratura, ma non si può negare che vi siano delle ombre e dei risvolti poco chiari.


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2. Il decreto legge n. 20/2023


Il nuovo decreto legge 10 marzo 2023, n. 20prevede “Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare”. 
Con tale provvedimento il Governo ha dato una risposta alla tragedia consumata a Cutro lo scorso 26 febbraio, e stabilisce una stretta sull’ immigrazione irregolare, l’ampliamento dei flussi di ingresso per lavoro, la semplificazione delle procedure, ma anche il rafforzamento dei centri per i rimpatri e stabilisce canali privilegiati di accesso per i cittadini di paesi che organizzano una formazione lavorativa ad hoc.[2]
 Il decreto si prefigge l’intento di disciplinare l’immigrazione non programmata, canalizzata da anni sulle rotte del mare, ma anche attraverso i Balcani, e si concentra sull’ampliamento dei canali di ingresso per lavoro. Lo strumento è quello del decreto flussi, che secondo il Presidente del Consiglio sarebbe stato contenuto nei numeri in questi ultimi anni, proprio a causa dell’assorbimento delle quote di immigrazione da parte di quanti arrivavano via mare, chiedendo poi protezione internazionale, ed ottenendo nella stragrande maggioranza dei casi un permesso di protezione umanitaria o di protezione speciale. Con il nuovo provvedimento, l’intenzione del Governo è quella di adottare strumenti per favorire l’ingresso di chi viene per lavoro, e disincentivare quanti invece si rivolgono agli scafisti per entrare in modo irregolare. Resta salva, solo in parte, la normativa a tutela dei richiedenti protezione internazionale.[3]
In primo luogo, le quote di stranieri da ammettere per lavoro nel periodo 2023-2025, saranno determinate con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in deroga all’art. 3 del Testo unico dell’immigrazione, con possibilità di adottare ulteriori decreti durante il triennio. Il DPCM verrà inviato al Parlamento per consentire entro trenta giorni il rilascio dei pareri delle competenti commissioni parlamentari. Al termine dei trenta giorni il decreto sarà comunque adottato.
I criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso dovranno tenere conto dell’analisi del fabbisogno del mercato del lavoro effettuata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previo confronto con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative.
Allo scopo, poi, di prevenire l’immigrazione irregolare, nei decreti flussi saranno assegnate in via preferenziale delle quote riservate ai lavoratori di Stati che, anche in collaborazione con l‘Italia, avranno promosso per i propri cittadini campagne mediatiche aventi ad oggetto i rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento nei traffici migratori irregolari.
Inoltre, è prevista anche la semplificazione per l’ottenimento del nulla osta al lavoro, da intendersi come rilasciato se non sono state acquisite dalla Questura, nei 60 giorni previsti per legge, le informazioni relative agli elementi ostativi. Elementi ostativi che se accertati successivamente comporteranno comunque la revoca del nulla osta e del visto, la risoluzione di diritto del contratto di soggiorno e la revoca del permesso di soggiorno. Tuttavia, con il solo nulla osta, anche prima della sottoscrizione del contratto di soggiorno, verrà comunque consentito lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Tra le rilevanti novità introdotte dal Decreto “Cutro”, c’è una stretta sulla protezione speciale. Per comprendere la portata della modifica, occorre fare riferimento al primo Decreto Salvini. Infatti, Si tratta di un provvedimento analogo al primo decreto sicurezza, e cioè del decreto legge 4 ottobre 2018, n.118, convertito con la legge 17 dicembre 2018, n.132.[4]
Tale provvedimento aveva abrogato il permesso per motivi umanitari, restringendo le maglie dell’accoglienza dei richiedenti asilo. Infatti, in moltissimi casi, quando le domande di protezione internazionale non potevano essere accolte, per mancanza dei requisiti previsti dalla normativa, veniva generalmente accordato allo straniero quanto meno il permesso umanitario. Dopo un vuoto normativo durato due anni, nel 2020 con il Decreto sicurezza n. 130/2020 era stato introdotto un permesso parzialmente diverso per presupposti rispetto a quello umanitario, ma teso comunque a far fronte alla situazione degli stranieri, presenti da anni sul territorio nazionale in attesa della definizione della domanda di protezione internazionale, o dei relativi ricorsi, che avevano avviato un percorso di integrazione nel nostro Paese. Il permesso per protezione speciale a salvaguardia della vita privata e familiare dello straniero, introdotto nel 2020 all’art. 19 comma 1.1 (terzo e quarto periodo) del Testo unico immigrazione (D.lgs. n. 286/1998), prevedeva:
·         il divieto di respingimento o espulsione dello straniero in presenza di “fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare” (art. 19 co.1.1. terzo periodo);
·         la valutazione era condotta tenendo conto “della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine” (art. 19 co. 1.1. quarto periodo).
Ebbene la novità rilevante è che il Decreto in questione, abroga le disposizioni citate (art. 19 co.1.1 terzo e quarto periodo), espungendo dall’ordinamento anche il permesso per protezione speciale a salvaguardia della vita privata e familiare dello straniero.
La previsione riguarda le nuove domande, con espressa esclusione delle istanze già presentate al 13 marzo 2023 e dei casi in cui lo straniero ha già ricevuto l’invito alla presentazione dell’istanza da parte della Questura competente.
Per i permessi di protezione speciale già rilasciati, e tuttora in corso di validità, il nuovo decreto consente il rinnovo per una sola volta e con durata annuale, salva la facoltà di conversione del titolo di soggiorno in motivi di lavoro.
Nel provvedimento, inoltre, si è agito anche in materia penale in relazione a quanto previsto dall’art. 8 che prevede per l’appunto delle disposizioni penali (da intendere latu sensu ossia non solo riferite al diritto penale sostanziale, ma anche in relazione al diritto penitenziario e alla procedura penale).[5]Infatti l’art. 8, comma 1, lett. a), del decreto legge n. 20/2023 modifica l’art. 12 del d.lgs., 26 luglio 1998, n. 286 e prevede un aggravamento di pene per le due fattispecie di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ivi previste.
Invece, l’art. 8, co. 1, lett. b), del decreto legge in esame introduce una nuova fattispecie di reato, essendo  stabilito che “Chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, quando il trasporto o l’ingresso sono attuati con modalità tali da esporre le persone a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità o sottoponendole a trattamento inumano o degradante, è punito con la reclusione da venti a trenta anni se dal fatto deriva, quale conseguenza non voluta, la morte di più persone. La stessa pena si applica se dal fatto derivano la morte di una o più persone e lesioni gravi o gravissime a una o più persone. 2. Se dal fatto deriva la morte di una sola persona, si applica la pena della reclusione da quindici a ventiquattro anni. Se derivano lesioni gravi o gravissime a una o più persone, si applica la pena della reclusione da dieci a venti anni[…].[6]

3. Conclusioni


Con il provvedimento di cui trattasi il governo ha cercato di dare attuazione ad uno degli obiettivi più salienti del programma di governo e, cioè, al contrasto dell’immigrazione clandestina.[7]
Tuttavia, tali disposizioni, in particolare quelle di natura penale, legittime e necessarie, potrebbero non avere una reale efficacia deterrente, anche perché sarà difficile stipulare dei protocolli d’intesa con Stati, come ad esempio la Libia e la Tunisia, che non sono in grado di attuare delle concrete politiche repressive.
Ma, soprattutto, si deve rilevare che il provvedimento che attua una stretta sull’istituto della protezione speciale si pone in contrasto con le convenzioni internazionali in materia, e, in particolare quelle di Ginevra e di Amburgo.
Secondo la Convenzione di Ginevra stilata dagli Stati Membri delle Nazioni Unite subito dopo la Seconda Guerra Mondiale e conosciuta come Convenzione ONU del 1951, un rifugiato è colui che «temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese».[8]
Pertanto, uno dei principi essenziali della Convenzione di Ginevra è il principio di non respingimento (non refoulement): una persona che chiede protezione non può essere in nessun caso respinta verso luoghi dove la sua libertà e la sua vita sarebbero minacciati.
Il principio di non refoulement non si applica solo ai rifugiati riconosciuti, ma anche a quei richiedenti asilo che siano in attesa della decisione finale sul loro status e che quindi potrebbero essere riconosciuti rifugiati. E ciò perché il riconoscimento dello status di rifugiato ha natura dichiarativa e non costitutiva.[9]
In conclusione, si ribadisce che l’unica strada possibile da percorrere, anche se in salita, in quanto non condivisa da alcuni Paesi europei, tra cui soprattutto l’Ungheria, la Polonia e la Svezia, sia quella di continuare in maniera decisa le trattative con l’Unione Europea per imporre agli Stati membri una redistribuzione più equa dei migranti sbarcati in Italia, senza che questa si configuri come un benevola concessione.

  1. [1]

    E. Lorito, La tragedia di Cutro e i suoi mille interrogativi, in Panorama del 13 marzo 2023.

  2. [2]

    S. Occhipinti, Immigrazione: le novità del nuovo Decreto, in Altalex del 13 marzo 2023

  3. [3]

    S. Occhipinti, Immigrazione: le novità del nuovo Decreto, cit.

  4. [4]

    P. Gentilucci, Le nuove controverse politiche dell’immigrazione, in Diritto.it del 14 novembre 2022.

  5. [5]

    A. Di Tullio D’Elisis, Immigrazione: le novità del decreto legge 20/2023, in Diritto.it del 13 marzo 2023.

  6. [6]

    A. Di Tullio D’Elisis, Immigrazione: le novità del decreto legge 20/2023, cit.  

  7. [7]

    P. Gentilucci, Il nuovo decreto immigrazione e il ruolo delle ONG, in Diritto.it del 5 gennaio 2023.

  8. [8]

    P. Gentilucci, Il drastico, confuso e contradditorio intervento in materia di immigrazione posto in essere dalla normativa emergenziale sul Coronavirus, in Democrazia e Sicurezza, del 29 maggio 2020

  9. [9]

    G. Paccione, Il principio di non refoulement e la deterritorializzazione del controllo della frontiera marittima, in diritto.it, 2014.

Consigliato per l’approfondimento

Novità di questa edizione è la trattazione delle procedure anagrafiche riguardo sia ai cittadini europei e ai loro familiari che ai cittadini di paesi terzi.

Prof. Paolo Gentilucci

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