Decreto del fare: misure per la giustizia civile

Redazione 19/06/13
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Anna Costagliola

Via libera del Consiglio dei Ministri al cd. «Decreto del fare», con diverse misure per il rilancio economico del Paese. Il decreto, approvato lo scorso 15 giugno dal Consiglio dei Ministri, è ora alla verifica dei conti da parte della ragioneria generale per ulteriori approfondimenti sulle coperture. Una volta messo a punto definitivamente, il testo passerà al vaglio del Capo dello Stato per la firma. Ultimo passaggio per l’entrata in vigore sarà la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale; solo allora il decreto-legge verrà presentato alle Camere per la conversione.

Lo stato della giustizia civile costituisce, senza dubbio, uno dei maggiori fattori di svantaggio competitivo per la società italiana e, inoltre, è allarmante il numero di condanne riportate dallo Stato per violazione del termine della ragionevole durata dei processi.

Per far fronte a queste criticità il decreto appena varato contiene una serie di misure volte ad incidere sui tempi della giustizia civile e migliorarne l’efficienza.

A tal fine si prevede:

a) l’istituzione di un contingente di 400 giudici non togati per lo smaltimento del contenzioso pendente presso le Corti di Appello. Possono essere chiamati all’ufficio di giudice ausiliario i magistrati e gli avvocati dello Stato a riposo, gli avvocati e i notai, anche se a riposo, i professori e i ricercatori in materie giuridiche.

La nomina a giudice ausiliario ha durata di 5 anni e può essere prorogata per non oltre un quinquennio. Entro 30 giorni dal compimento di ciascun anno dalla nomina il Consiglio giudiziario in composizione integrata verifica che il giudice ausiliario abbia definito il numero minimo di procedimenti stabilito e propone al Consiglio Superiore della Magistratura la sua conferma o, in mancanza e previo contraddittorio, la dichiarazione di mancata conferma. In ogni momento il presidente della Corte di Appello propone motivatamente al Consiglio giudiziario la revoca del giudice ausiliario che non sia in grado di svolgere diligentemente e proficuamente il proprio incarico;

b) l’istituzione di stage di formazione presso gli uffici giudiziari dei Tribunali e delle Corti d’Appello. I giovani laureati in Giurisprudenza più meritevoli (valutati in funzione della media degli esami fondamentali e dalla media di laurea), i quali abbiano presentato apposita domanda, potranno, pertanto, svolgere un periodo di formazione tecnico-pratica della durata complessiva di 18 mesi presso i predetti uffici giudiziari. Gli ammessi assistono e coadiuvano il magistrato nel compimento delle ordinarie attività. Lo svolgimento dello stage non dà diritto ad alcun compenso e non determina il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo né di obblighi previdenziali e assicurativi.

L’esito positivo del periodo di formazione costituirà titolo idoneo per l’accesso al concorso per magistrato ordinario e sarà valutato come anno sostitutivo ai fini del compimento del periodo di tirocinio professionale per le professioni di avvocato e di notaio, ovvero ai fini della frequenza dei corsi di specializzazione per le professioni legali. L’esito positivo del periodo di formazione costituirà, inoltre, titolo di preferenza, a parità di merito, nei concorsi indetti dall’amministrazione della giustizia e dall’amministrazione della giustizia amministrativa, oltre che titolo di preferenza per la nomina di giudice onorario di Tribunale e di vice procuratore onorario;

c) l’istituzione della figura di assistente di studio presso la Corte di Cassazione, sulla scorta dell’esperienza maturata presso altri organi costituzionali come la Corte delle leggi e il Consiglio Superiore della Magistratura. Si prevede, pertanto, che 30 magistrati ordinari già in ruolo siano assegnati dal CSM alle sezioni civili della Corte di Cassazione, per conseguire un aumento della produttività del settore, contrastando l’attuale tendenza ad un aumento delle pendenze;

d) la semplificazione della motivazione della sentenza civile, la quale potrà fare anche esclusivo riferimento a precedenti conformi ovvero contemplare il rinvio a contenuti specifici degli scritti difensivi o degli altri atti di causa;

e) la previsione, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, che il giudice, quando anticipa la data dell’udienza, deve rispettare un termine per la comparizione delle parti di non oltre 30 giorni dalla scadenza del termine minimo a comparire e, in quella sede, decidere sulla provvisoria esecuzione del decreto;

f) l’introduzione di nuovo art. 185bis (Proposta di conciliazione del giudice) nel corpo del codice di rito che propone un modello di giudice che opera su un piano collaborativo e partecipativo nella gestione del contenzioso e non più unilaterale-decisionale rispetto alle parti. Il giudice è sostanzialmente chiamato a partecipare alla gestione diretta della lite attraverso la formulazione di proposte di definizione della lite e ciò al duplice fine di assicurare la celere definizione del procedimento e di fornire una prima risposta concreta alla domanda di giustizia dei cittadini;

g) il ripristino, per diminuire il numero dei procedimenti giudiziari in entrata, della mediazione obbligatoria per numerose tipologie di cause, con l’esclusione delle controversie per danni da circolazione stradale. Se è ribadito, pur dopo la declaratoria di illegittimità della Corte costituzionale dell’art. 5, co. 1, D.Lgs. 28/2010 per eccesso di delega (sent. n. 272 del 6 dicembre 2012), l’obbligo del preventivo tentativo di conciliazione per chi intende avviare una causa civile in una serie di innumerevoli materie all’uopo indicate, è notevolmente ridotto l’importo dei costi della mediazione se al primo incontro non si raggiunge l’intesa. Inoltre, il procedimento di conciliazione non potrà, in ogni caso, andare oltre i 3 mesi, a fronte dei precedenti 4.

Correlativo alla reintroduzione dell’istituto della mediazione obbligatoria è anche il ripristino della previsione che intima all’avvocato di informare l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Se la magistratura appare tendenzialmente soddisfatta delle misure adottate dal Governo per ridare efficienza alla giustizia civile, assolutamente critica si è mostrata l’avvocatura, che in persona del presidente del Consiglio Nazionale Forense (CNF), Guido Alpa, ha inviato una lettera al Ministro della Giustizia chiedendo un incontro, «quanto prima» con tutti i rappresentanti dell’avvocatura. Nella missiva al Guardasigilli si segnalano le «gravi criticità» delle norme in materia di giustizia contenute nel decreto legge «del fare». Le segnalazioni hanno riguardato essenzialmente la mediazione obbligatoria rilevandosi, in primo luogo, l’inopportunità del reinserimento dell’obbligatorietà e la sua assoluta illegittimità rispetto ai principi dell’ordinamento giuridico.

Sottolinea l’avvocatura come susciti sconcerto la reintroduzione dell’istituto della mediazione obbligatoria in un decreto legge, dopo che la Consulta ha pronunziato l’illegittimità costituzionale di tale disciplina. A parte i dubbi sulla scelta di una fonte emergenziale in una materia coperta da riserva assoluta di legge, si evidenzia come la sentenza della Corte costituzionale abbia provocato la caducazione dell’intera pregressa normativa per eccesso di delega, ritenendo assorbiti e non infondati gli altri possibili vizi: si tratta dunque di profili di illegittimità che permangono. Questi vizi restano evidenziati da numerosissime ordinanze di remissione provenienti da molte istanze giudiziarie nazionali, e riguardano molti altri profili, tra i quali la stessa obbligatorietà del meccanismo, la sua onerosità, e soprattutto l’assenza di opportune garanzie di preparazione giuridica per i mediatori, reclutabili anche tra soggetti privi di formazione tecnico giuridica. Né si considera, a tale ultimo riguardo, risolutiva del problema la previsione relativa all’iscrizione di diritto degli avvocati negli albi dei mediatori. Inoltre, i risultati che la mediazione obbligatoria ha sortito sono assai deludenti.

Duro anche il giudizio dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura (OUA) su alcuni aspetti del decreto in oggetto, segnatamente sul tema della mediazione. Se più in generale si contesta il ricorso alla decretazione di urgenza per l’ennesimo intervento spot sulla giustizia, ancor più grave appare l’utilizzo di un tale strumento, che esclude il confronto con l’istituzione che rappresenta coloro che esercitano il ministero della difesa in giudizio, per disciplinare aspetti relativi allo stesso accesso dei cittadini alla giustizia.

Per l’OUA, mentre è comprensibile il ricorso a uno strumento straordinario per aggredire l’arretrato e smaltirlo, mediante la previsione di una misura una tantum per rimettere la nostra macchina giudiziaria sulla buona strada dell’efficienza, è invece del tutto immotivato insistere sulla mediazione obbligatoria con l’adozione di un provvedimento urgente, pur con alcuni timidi correttivi rispetto al passato, reintroducendo un sistema che ha dimostrato di essere inefficace per le finalità dichiarate.

Anche l’Associazione Nazionale Avvocati Italiani (ANAI), presieduta dal Maurizio De Tilla, ha bocciato le misure del Decreto del fare. Soprattutto si chiede l’ANAI il perché di tanta insistenza e di tanta frenesia per una media conciliazione obbligatoria che non ha precedenti in Europa è che è stata riconosciuta incostituzionale dalla Consulta per il pregiudiziale eccesso di delega, con il rischio che gli ulteriori vizi di costituzionalità che hanno formato oggetto di ben 12 ordinanze di rimessione vengano sin da subito riproposte portando ad una nuova declaratoria di incostituzionalità.

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