Decisione di non affidare la progettazione di alcune opere: ai sensi dell’articolo 6 della legge 21 luglio 2000, n. 205, è devoluta al Giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva su tutte le controversie in materia di procedimenti di affidamento deg

Lazzini Sonia 29/12/08
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Sussiste la fattispecie di responsabilità civile precontrattuale, per la violazione degli articoli 1337 e 1338 del Codice civile, nel caso in cui una Stazione Appaltante giustifichi la determinazione di non procedere alla realizzazione del nuovo complesso facendo presente che le esigenze sono nel frattempo mutate, in vista di far fronte alle proprie necessità mediante il recupero di manufatti preesistenti?
 
Come sottolineato dalla Adunanza plenaria di questo Consiglio (decisione n. 6 del 5 settembre 2005)con specifico riferimento alla materia ora in trattazione, la violazione delle regole di correttezza che presiedono alla formazione del contratto può assumere rilevanza solo dopo che la fase pubblicistica abbia attribuito al ricorrente effetti concretamente vantaggiosi, come quello dell’aggiudicazione, e solo dopo che tali effetti siano venuti meno, nonostante l’affidamento ormai conseguito dalla parte interessata; ma nel caso in esame tale affidamento non poteva ritenersi concretamente formato, atteso che la ditta ricorrente non aveva mai conseguito l’aggiudicazione e non aveva mai assunto, quindi, la veste specifica di contraente; b) in secondo luogo, non sembra qualificabile come negligente ed illegittimo il comportamento dell’Amministrazione la quale, dopo aver impugnato, sia in sede d’appello che in sede di revocazione, la sentenza del T.A.R. di annullamento della graduatoria della gara, aveva riconsiderato le esigenze poste a base dell’appalto pervenendo, infine, alla conclusione che risultava preferibile la soluzione di provvedere alle proprie necessità non mediante la costruzione di nuovi locali, ma piuttosto attraverso recupero di manufatti già esistenti. A parte, infatti, che l’Amministrazione non può essere censurata né per essersi avvalsa degli strumenti giuridici di difesa apprestati dall’ordinamento (per cui appare fuori luogo quanto stigmatizzato nella sentenza appellata circa la “resistenza giurisdizionale protratta fino ad ogni possibile limite consentito”), né per aver privilegiato una soluzione ispirata ad apprezzabili ragioni di maggiore convenienza economica e funzionale; deve, poi, in ogni caso aggiungersi che nello stesso bando di gara l’Amministrazione non si era affatto impegnata a dare necessariamente corso all’affidamento dell’appalto risultando, quindi, priva dei vizi dedotti dalla parte interessata l’impugnata determinazione di non affidare l’incarico di progettazione, deve coerentemente escludersi un nesso di causalità tra la determinazione stessa ed il danno “ingiusto” asseritamente subìto dalla ditta ricorrente, così come la sussistenza del dolo o della colpa dell’Amministrazione per le scelte legittimamente e correttamente compiute
 
merita di essere segnalato il seguente passaggio tratto dalla decisione numero 5633 del 14 novembre 2008, emessa dal Consiglio di Stato
 
Ad avviso del Collegio sono invece fondate le censure rivolte avverso le statuizioni del primo giudice – il quale ha condannato l’Amministrazione ha risarcimento del danno per la violazione degli articoli 1337 e 1338 del Codice civile – dovendosi condividere le argomentazioni prospettate dall’appellante con particolare riferimento ai seguenti punti:
a) in primo luogo, come sottolineato dalla Adunanza plenaria di questo Consiglio (decisione n. 6 del 5 settembre 2005)con specifico riferimento alla materia ora in trattazione, la violazione delle regole di correttezza che presiedono alla formazione del contratto può assumere rilevanza solo dopo che la fase pubblicistica abbia attribuito al ricorrente effetti concretamente vantaggiosi, come quello dell’aggiudicazione, e solo dopo che tali effetti siano venuti meno, nonostante l’affidamento ormai conseguito dalla parte interessata; ma nel caso in esame tale affidamento non poteva ritenersi concretamente formato, atteso che la ditta ricorrente non aveva mai conseguito l’aggiudicazione e non aveva mai assunto, quindi, la veste specifica di contraente;
b) in secondo luogo, non sembra qualificabile come negligente ed illegittimo il comportamento dell’Amministrazione la quale, dopo aver impugnato, sia in sede d’appello che in sede di revocazione, la sentenza del T.A.R. di annullamento della graduatoria della gara, aveva riconsiderato le esigenze poste a base dell’appalto pervenendo, infine, alla conclusione che risultava preferibile la soluzione di provvedere alle proprie necessità non mediante la costruzione di nuovi locali, ma piuttosto attraverso recupero di manufatti già esistenti. A parte, infatti, che l’Amministrazione non può essere censurata né per essersi avvalsa degli strumenti giuridici di difesa apprestati dall’ordinamento (per cui appare fuori luogo quanto stigmatizzato nella sentenza appellata circa la “resistenza giurisdizionale protratta fino ad ogni possibile limite consentito”), né per aver privilegiato una soluzione ispirata ad apprezzabili ragioni di maggiore convenienza economica e funzionale; deve, poi, in ogni caso aggiungersi che nello stesso bando di gara l’Amministrazione non si era affatto impegnata a dare necessariamente corso all’affidamento dell’appalto, essendosi espressamente formulate riserve in proposito sia al punto 10 che al punto 11: e tali previsioni non hanno formato oggetto di specifiche contestazioni da parte della ditta ricorrente;
 
c)risultando, quindi, priva dei vizi dedotti dalla parte interessata l’impugnata determinazione di non affidare l’incarico di progettazione, deve coerentemente escludersi un nesso di causalità tra la determinazione stessa ed il danno “ingiusto” asseritamente subìto dalla ditta ricorrente, così come la sussistenza del dolo o della colpa dell’Amministrazione per le scelte legittimamente e correttamente compiute.
 
 
A cura di *************
 
N. 5633/2008
Reg. Dec.
N. 9916/2002
Reg.Ric.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
il consiglio di stato in sede giurisdizionale
sezione quarta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso iscritto al NRG 9916/2002 proposto dal MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato e per legge domiciliato presso la stessa in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
 
contro
STUDIO ALFA PROGETTAZIONI, in persona del legale rappresentante, in proprio e nella qualità di capogruppo dell’associazione temporanea di imprese cui partecipano la ALFABIS. S.p.a. e il prof. arch. *************, tutti rappresentati e difesi in giudizio dall’avv. prof. *******************, ed elettivamente domiciliati presso lo stesso in Roma, Largo Messico, n. 7;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. I-bis, n. 1768 del 7 marzo 2002.
Visto il ricorso in appello;
visto l’atto di costituzione in giudizio dei soggetti intimati;
vista la pronuncia interlocutoria n. 5826 del 12 settembre 2006 e l’ordinanza presidenziale istruttoria n. 3 del 23 novembre 2007;
visti gli atti tutti della causa;
relatore, alla pubblica udienza del 28 ottobre 2008, il consigliere *************** e uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato ******* e l’avvocato ********** su delega dell’avvocato **********;
visto il dispositivo m. 628 del 31 ottobre 2008;
ritenuto e considerato quanto segue:
 
FATTO
Con atto notificato il 22 novembre 2002, depositato il successivo 28 novembre, il Ministero della difesa ha proposto appello avverso la sentenza del T.A.R. Lazio n. 1768/2002, che aveva accolto il ricorso proposto dallo Studio ALFA Progettazioni ed altri, in associazione temporanea di imprese, inteso: a) all’annullamento della nota in data 14 maggio 2001 mediante la quale l’Amministrazione aveva comunicato l’intendimento di non procedere all’incarico di affidamento della progettazione per fabbricati da adibire a propri uffici; b) ovvero alla condanna della stessa Amministrazione al risarcimento dei danni per la mancata esecuzione della sentenza del T.A.R. del Lazio n. 2276/1998, passata in giudicato, che aveva annullato l’aggiudicazione della gara relativa alla progettazione in questione ad un concorrente diverso dal raggruppamento sopra menzionato.
L’ Amministrazione appellante giustifica la determinazione di non procedere alla realizzazione del nuovo complesso facendo presente che le esigenze sono nel frattempo mutate, in vista di far fronte alle proprie necessità mediante il recupero di manufatti preesistenti, e contesta le statuizioni del giudice di primo grado sotto i seguenti profili:
a) violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato;
b) difetto di giurisdizione in ordine ad un mero comportamento dell’Amministrazione;
c) inconfigurabilità di una responsabilità precontrattuale nel procedimento in questione;
d) legittimità del ripensamento dell’Amministrazione, anche in relazione alla riserva, contenuta nel bando di gara, della facoltà di eventuale affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva;
e) carenza dei presupposti del risarcimento del danno, per mancanza del nesso di causalità e del dolo o colpa dell’Amministrazione;
f) assenza di prova del danno subìto dagli interessati.
Si è costituto il raggruppamento interessato, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.
La causa è stata rinviata per due volte, non essendo stato possibile acquisire il fascicolo d’ufficio del ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Lazio.
A seguito della ordinanza presidenziale n. 8/2007, le parti hanno depositato copia dei documenti prodotti in primo grado.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 28 ottobre 2008.
 
DIRITTO
1. – Ritiene la Sezione che sia, anzitutto, da disattendere il primo motivo di appello inteso a prospettare la violazione dell’articolo 112 c.p.c., per la mancata corrispondenza tra i chiesto e il pronunciato, negandosi che la ditta ricorrente avesse mai chiesto il risarcimento dei danni, a titolo di responsabilità precontrattuale, per la omessa stipulazione del contratto di pubblico appalto in questione.
Dall’esame del ricorso di primo grado emerge con chiarezza che l’impugnativa era tra l’altro volta ad ottenere, nell’impossibilità di conseguire l’affidamento dell’incarico, la reintegrazione per equivalente dei danni patrimoniali subìti; per quanto riguarda, poi, la connotazione della responsabilità in cui sarebbe incorsa Amministrazione, resta naturalmente attribuita al Giudice la qualificazione giuridica dei fatti prospettati dalle parti.
2. – Ugualmente priva di fondamento appare l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’appellante, che fa leva sull’assunto secondo cui la domanda risarcitoria può essere proposta dinanzi al giudice amministrativo non per meri comportamenti ma soltanto se riconducibile al previo annullamento di un atto amministrativo, nella fattispecie mancante.
In proposito deve rilevarsi, preliminarmente, che nel caso di specie il danno lamentato dalla ditta interessata non viene in realtà addebitato a meri comportamenti dell’Autorità; ma ad una serie di determinazioni amministrative oggetto di specifiche censure. Va sottolineato, quindi, che ai sensi dell’articolo 6 della legge 21 luglio 2000, n. 205, è devoluta al Giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva su tutte le controversie in materia di procedimenti di affidamento degli appalti pubblici, con la conseguenza che al detto Giudice spetta in ogni caso la cognizione anche delle questioni attinenti alle eventuali responsabilità per la violazione della normativa applicabile, ivi comprese quelle attinenti al risarcimento del danno, ove spettante.
3. – Ad avviso del Collegio sono invece fondate le censure rivolte avverso le statuizioni del primo giudice – il quale ha condannato l’Amministrazione ha risarcimento del danno per la violazione degli articoli 1337 e 1338 del Codice civile – dovendosi condividere le argomentazioni prospettate dall’appellante con particolare riferimento ai seguenti punti:
a) in primo luogo, come sottolineato dalla Adunanza plenaria di questo Consiglio (decisione n. 6 del 5 settembre 2005)con specifico riferimento alla materia ora in trattazione, la violazione delle regole di correttezza che presiedono alla formazione del contratto può assumere rilevanza solo dopo che la fase pubblicistica abbia attribuito al ricorrente effetti concretamente vantaggiosi, come quello dell’aggiudicazione, e solo dopo che tali effetti siano venuti meno, nonostante l’affidamento ormai conseguito dalla parte interessata; ma nel caso in esame tale affidamento non poteva ritenersi concretamente formato, atteso che la ditta ricorrente non aveva mai conseguito l’aggiudicazione e non aveva mai assunto, quindi, la veste specifica di contraente;
b) in secondo luogo, non sembra qualificabile come negligente ed illegittimo il comportamento dell’Amministrazione la quale, dopo aver impugnato, sia in sede d’appello che in sede di revocazione, la sentenza del T.A.R. di annullamento della graduatoria della gara, aveva riconsiderato le esigenze poste a base dell’appalto pervenendo, infine, alla conclusione che risultava preferibile la soluzione di provvedere alle proprie necessità non mediante la costruzione di nuovi locali, ma piuttosto attraverso recupero di manufatti già esistenti. A parte, infatti, che l’Amministrazione non può essere censurata né per essersi avvalsa degli strumenti giuridici di difesa apprestati dall’ordinamento (per cui appare fuori luogo quanto stigmatizzato nella sentenza appellata circa la “resistenza giurisdizionale protratta fino ad ogni possibile limite consentito”), né per aver privilegiato una soluzione ispirata ad apprezzabili ragioni di maggiore convenienza economica e funzionale; deve, poi, in ogni caso aggiungersi che nello stesso bando di gara l’Amministrazione non si era affatto impegnata a dare necessariamente corso all’affidamento dell’appalto, essendosi espressamente formulate riserve in proposito sia al punto 10 che al punto 11: e tali previsioni non hanno formato oggetto di specifiche contestazioni da parte della ditta ricorrente;
c)risultando, quindi, priva dei vizi dedotti dalla parte interessata l’impugnata determinazione di non affidare l’incarico di progettazione, deve coerentemente escludersi un nesso di causalità tra la determinazione stessa ed il danno “ingiusto” asseritamente subìto dalla ditta ricorrente, così come la sussistenza del dolo o della colpa dell’Amministrazione per le scelte legittimamente e correttamente compiute.
4. – Sulla base delle considerazioni sopra svolte l’appello deve essere accolto e restano, pertanto, assorbite le ulteriori doglianze dell’appellante in ordine alla mancata puntuale prospettazione del danno da parte della ditta interessata.
5. – Le spese del doppio grado di giudizio, tenuto conto della particolarità della vicenda in questione, possono essere interamente compensate fra le parti.
 
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:
          accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado;
          dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 ottobre 2008, con la partecipazione di:
Costantino Salvatore – Presidente f.f.
*************** – Consigliere, est.
**************** – Consigliere
Vito Carella – Consigliere
************** – Consigliere
 
L’ESTENSORE                                  IL PRESIDENTE F.F.
***************                         ********************
               
 
IL SEGRETARIO
*************

Lazzini Sonia

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