Il decreto Monti-Passera che doveva dare respiro alle imprese è fatto su calcoli sbagliati per cui i fondi non sono sufficienti
tratto da www.lagazzettadeglientilocali.it
La Camera dei deputati ha approvato il decreto che sblocca 40 miliardi di pagamenti per saldare i debiti della pubblica amministrazione, provvedimento numero 25/2013, arrivato a Montecitorio l’altro ieri mattina. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato per la conversione definitiva, che dovrà avvenire entro il 7 giugno.
Si è trattato di una decisione pressoché unanime: i votanti a favore delle “Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali” sono stati 450, nessun contrario e 107 astenuti. Hanno detto sì anche e Sinistra, Ecologia e Libertà, nonostante si trovi attualmente all’opposizione. Astenuto invece il Movimento 5 Stelle intanto, emergono le prime cifre sui soggetti interessati dal provvedimento: sono 17mila le amministrazioni segnate nella banca dati e già l’altro ieri è stato firmato il primo decreto di riparto + allegato.
Si tratta, insomma, di un’approvazione flash per una legge molto attesa da tutti gli operatori, a fronte di un debito stimato da Bankitalia in 90 miliardi di euro e dunque, di poco inferiore al fabbisogno degli enti pubblici insolventi verso fornitori e prestatori di servizi o prestazioni.
Il decreto, ultima legge approvata dal governo Monti in Consiglio dei Ministri, ha subito qualche rallentamento, prima, per le elezioni del Presidente della Repubblica e, poi, per la costituzione e l’insediamento del nuovo governo. Se a ciò si aggiunge che il Parlamento si trovava in una situazione di paralisi quasi completa, dove gli unici organi in funzione erano le Commissioni speciali avviate specificamente per risolvere il nodo dei debiti della p.a. e sveltire l’iter pro esodati, allora il tempo di discussione intermedio è rimasto tutto sommato nei limiti del ragionevole.
Un decreto che nella sua elaborazione ha visto Anci protagonista. Con il coinvolgimento del mondo produttivo e dell’imprenditoria è stato così raggiunto un risultato che porta una boccata di ossigeno alle imprese, ma anche ai comuni e ai territori, attraverso quello che è un primo allentamento, seppur ancora insufficiente, del Patto di stabilità interno.
Nella sostanza il decreto prevede un riparto totale di 5 miliardi, dei quali poco meno di 4 sono riservati ai comuni, prevedendo nel contempo l’aumento di 1,2 miliardi nei pagamenti che potranno essere effettuati dalle Regioni e, di grande importanza, l’integrazione nel Patto di stabilità c.d. verticale di 950 milioni per i comuni, il 50% dei quali destinati agli enti con popolazione fra i 1.000 e 5.000 abitanti. Si tratta di un complesso di risorse che rappresenta un effettivo allentamento del Patto di stabilità per il 2013 e un palese riconoscimento della necessità di risolvere i problemi legati ai vincoli sugli investimenti degli enti locali.
Numerosi, come noto, gli emendamenti presentati, tra cui, in primis, quelli che fissano a 30 giorni i termini del pagamento a partire dal momento in cui verranno erogate le risorse del Ministero. Da notare che eventuali pratiche aperte con Equitalia non esentano i creditori dalla riscossione del dovuto.
Altro aspetto chiesto a gran voce dalle imprese è quello del Durc retrodatato, che potrà essere rilasciato a partire dal momento in cui viene certificata la legittimità al versamento e non quando questo viene versato di fatto. La cosiddetta “fase due” dello sblocco dei pagamenti partirà dal 15 settembre, con il termine del censimento degli enti che presentano ancora pratiche insolute.
Anci: “prima boccata d’ossigeno per imprese e territori”
L’Associazione dei comuni italiani esprime quindi apprezzamento per la azione delle forze politiche e parlamentari che hanno saputo cogliere l’importanza e la portata di questo intervento normativo, ma nel contempo l’Anci ribadisce la richiesta alla Presidenza del Consiglio per l’avvio di un confronto urgente per modificare le regole del Patto di stabilità e per avviare nuovi rapporti finanziari tra centro e periferia.
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