La prova del danno morale deve essere più rigorosa se il danno biologico subito dal paziente è di bassa entità. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Indice
1. I fatti: il danno biologico e morale
Una signora si sottoponeva ad una TAC alla colonna vertebrale, a causa dei persistenti dolori che aveva alla schiena, dalla quale emergeva la presenza di un’ernia discale. Poiché il dolore non spariva, nonostante gli interventi a compressione, la paziente si rivolgeva ad un medico specialista presso una struttura sanitaria locale, il quale diagnosticava una lombosciatalgia sinistra da ernia discale con resistenza a terapia medica e programmava un intervento chirurgico di rimozione dell’ernia nelle settimane successive. In effetti qualche settimana dopo, la paziente veniva ricoverata presso la struttura sanitaria, dove veniva sottoposta al programmato intervento chirurgico di rimozione dell’ernia discale.
Tuttavia, durante il decorso post operatorio, la paziente accusava dolori intensi all’arto inferiore destro.
Nonostante la paziente si sottoponesse a continue diverse terapie e cure, il dolore persisteva e pertanto la paziente si sottoponeva ad una nuova tac lombare, dalla quale emergeva la presenza di una voluminosa ernia discale posteriore con prevalente collocazione a destra. A seguito della visita specialistica eseguita dal sanitario che l’aveva operata la prima volta, detto medico suggeriva una nuova operazione chirurgica.
Tuttavia la paziente, in considerazione del fatto che aveva ormai perso il rapporto fiduciario nei confronti del medico, si sottoponeva ad una visita presso un’altra azienda sanitaria e dalla TAC rachide lombosacrale eseguita emergeva la presenza di una lombosciatalgia bilaterale.
In considerazione di ciò e del fatto che col passare del tempo la situazione clinica della paziente era peggiorata, accusando dolori fortissimi ed avendo una mobilità estremamente limitata nonché un gravissimo stato depressivo, la paziente adiva al tribunale locale per far accettare la responsabilità del medico e della struttura sanitaria dove era stata eseguita l’operazione di rimozione dell’ernia discale al fine di far accertare i danni dalla medesima lamentati e quindi per ottenere il relativo risarcimento. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. Le valutazioni del Tribunale
Nella sentenza in esame, per quanto qui di interesse, il tribunale di Foggia ha affrontato il tema della risarcibilità del danno morale.
Il danno morale è la sofferenza interiore intesa come moto d’animo, manifestazione emotiva che può o meno accompagnarsi alla lesione della salute e che non assume rilevanza clinica prescindendo pertanto da qualsiasi verifica oggettiva secondo i criteri della medicina legale. In altri termini, il danno morale consiste in un peggioramento dello stato emotivo della persona che non può essere risarcito come una voce accessoria del danno biologico, da quantificarsi in maniera automatica attraverso un incremento percentuale del punto di invalidità biologica del corrispondente valore monetario.
Invece, il danno morale deve rispondere a criteri di valutazione del tutto autonomi, dovendo essere preventivamente accertato nella sua esistenza.
Nell’accertare l’esistenza di detto danno, poi, il giudice non può riconoscerlo in maniera automatica in tutti i casi in cui accetta la presenza di un danno biologico, in quanto il giudicante deve evitare duplicazioni risarcitorie che possono determinare un’ingiusta locupletazione del danneggiato.
Naturalmente, il danneggiato avrà la possibilità di provare l’eventuale sussistenza di conseguenze dannose anche sul piano interiore e psicologico, oltre a quelle sul piano della salute fisica.
Tuttavia, è necessario che il danneggiato fornisca una prova rigorosa della sussistenza di entrambe le conseguenze negative, sia quelle sul piano psichico, sia quelle sul piano fisico. La possibilità di utilizzare lo strumento della presunzione per dimostrare la presenza delle lesioni anche sul piano morale, sulla base dell’accertata sussistenza delle lesioni sul piano biologico, deve però ritenersi tanto più limitata quanto è più ridotta, in termini quantitativi, l’entità del danno biologico accertato.
In altri termini, il tribunale di Foggia ha ritenuto che al riconoscimento di danni biologici di lieve entità, corrisponde un maggior rigore a carico del danneggiato nell’allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate sul piano morale – psicologico, dovendo ritenersi normalmente assorbite, nel riscontrato danno biologico di lieve entità, anche le conseguenze astrattamente considerabili sul piano del c.d. danno morale.
Ciò in quanto si può ragionevolmente ritenere che i fatti lesivi di elevata gravità siano idonei a provocare delle forme di sconvolgimento o di devastazione della vita psicologica di una persona, mentre delle conseguenze di modesta entità dal punto di vista del danno biologico, comportino delle conseguenze limitate anche sul piano psicologico le quali rimangono assorbite, secondo un criterio di normalità, nel danno biologico (ovviamente, fatta salva la prova contraria da parte del danneggiato).
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3. La decisione del Tribunale
Sulla base degli accertamenti medico-legali eseguiti in corso di causa, gli ausiliari nominati dal giudice hanno accertato che la scelta terapeutica di effettuare l’intervento chirurgico da parte del sanitario sull’attrice (che era affetta da lombalgia cronica e da lombosciatalgia sinistra di recente insorgenza) era stata corretta, mentre non era condivisibile il posizionamento di un dispositivo in metallo tra le vertebre per stabilizzare l’area. Infatti, secondo la c.t.u., l’impianto del dispositivo non era annoverato nel modulo di consenso informato sottoscritto dalla paziente ed inoltre ha comportato in quest’ultima un danno biologico permanente complessivamente valutabile nel 5% in ragione della cicatrice rimasta sul corpo della paziente. Per quanto riguarda, invece, i dolori e le problematiche deambulatorie conseguenti all’operazione, gli ausiliari del giudice hanno ritenuto che la predetta sintomatologia era ricollegabile a delle complicanze inevitabili dell’operazione chirurgica medesima o comunque non era ricollegabile all’intervento, bensì a processi degenerativi propri della malattia.
Per quanto riguarda la mancanza del consenso informato con riferimento all’inserimento del dispositivo in metallo, il giudice ha ritenuto che detta carenza informativa non sia di per sé dimostrativa di un pregiudizio autonomamente risarcibile, in quanto il mancato obbligo informativo è soltanto parziale nonché relativo ad un intervento accessorio rispetto alla prestazione medica eseguita; in secondo luogo, in quanto l’attrice non ha dimostrato che, ove correttamente informata, non si sarebbe sottoposta all’inserimento del dispositivo.
In considerazione di ciò, il giudice ha ritenuto risarcibile soltanto il danno biologico, quantificato in cinque punti percentuali come nella c.t.u.
Analogamente, il giudice non ha ritenuto risarcibile il danno morale invocato dall’attrice.
A tal proposito, il giudice ha accertato che, a fronte di un danno biologico limitato al 5%, l’attrice non ha specificatamente allegato delle conseguenze sul piano psicologico che potessero essere prese in considerazione e ritenute come non comprese all’interno del danno biologico come sopra valutato.
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