Danno biologico di lieve entità: prova rigorosa per il danno morale

Nel caso di danno biologico di lieve entità, il riconoscimento del danno morale richiede una prova più rigorosa.

Allegati

Nel caso di danno biologico di lieve entità, il riconoscimento del danno morale richiede una prova più rigorosa. Per approfondire il tema del danno e del suo risarcimento, consigliamo il completo e pratico volume “Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti

Tribunale di Brindisi -sez. civ.- sentenza n. 29 del 09-01-2025

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_BRINDISI_N._29_2025_-_N._R.G._00000252_2015_DEL_09_01_2025_PUBBLICATA_IL_09_01_2025.pdf 237 KB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Indice

1. I fatti: il danno biologico e morale


Il genitore di una minore che era nata a seguito di parto naturale pilotato eseguito in Ospedale conveniva in giudizio la struttura sanitaria dove era avvenuto detto parto, chiedendo il risarcimento dei danni subiti dalla figlia a causa delle condotte poste in essere dal personale dell’ospedale.
In particolare, l’attore esponeva che nel corso del parto, la bambina aveva subito la paresi del plesso brachiale destro a causa delle manovre errate eseguite durante l’intervento dai sanitari dell’ospedale e che successivamente la bambina non avrebbe ricevuto le opportune cure da parte di detti sanitari. A causa di ciò, secondo l’attore, la figlia aveva subito dei postumi invalidanti permanenti quantificati nella misura del 35%, imputabili causalmente ai sanitari e quindi alla struttura convenuta in quanto la bambina subito dopo il parto non aveva subito traumi di altra natura.
Dal punto di vista economico, quindi, l’attore chiedeva la condanna dell’ospedale al risarcimento del danno biologico per l’invalidità permanente come sopra quantificata e per quella temporanea (quantificazione poi ridotta in corso di causa in linea con gli esiti della CTU svolta durante il giudizio), nonché la condanna al risarcimento del danno morale pari ad 1/5 del danno biologico ed ulteriori €.50.000 per il danno esistenziale subito dalla bambina a causa del disagio e della sofferenza psico-fisica ed ulteriori €.150.000 per il danno da perdita di chance a causa dell’impossibilità per la figlia di svolgere attività sportive di natura agonistica o di accedere ad attività lavorative di tipo militare o simili richiedenti una perfetta integrità fisica.
La struttura sanitaria si costituiva in giudizio, negando una responsabilità dei propri sanitari nella causazione dei danni lamentati da parte attrice. Per approfondire il tema del danno e del suo risarcimento, consigliamo il completo e pratico volume “Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti”

FORMATO CARTACEO

Manuale pratico per invalidità civile, inabilità, disabilità e persone non autosufficienti

Con formulario e schemi, aggiornato al nuovo accertamento della disabilità/invalidità civile introdotto dal D.Lgs. 62/2024, come modificato dalla Legge 207/2024, e a tutte le prestazioni assistenziali e previdenziali 2025 dell’inabile al lavoro, della persona non autosufficiente, dell’invalido, del sordo e del cieco civile. Il volume analizza soggetti, procedimenti e prestazioni per offrire supporto al professionista che deve definire le opzioni disponibili per ottenere le provvidenze economiche o difendersi in un processo previdenziale.Numerose sono le novità della presente edizione:• le prestazioni assistenziali e previdenziali degli invalidi civili e dei disabili aggiornate al 2025• i limiti di reddito per le prestazioni previdenziali agli invalidi, inabili e alle persone non autosufficienti• gli ultimi orientamenti giurisprudenziali in materia di assegno sociale e soggetti beneficiari• le novità in materia di infortunio sul lavoro, infortunio in itinere, e malattia professionale• le prestazioni previdenziali degli invalidi di guerra aggiornate al 2025. Rocchina StaianoAvvocato, docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali presso l’Università di Teramo e in diritto del lavoro presso l’Università La Sapienza (sede Latina). Componente della Commissione di Certificazione dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Consigliera di parità effettiva della Provincia di Benevento e valutatore del Fondoprofessioni. Autrice di numerose pubblicazioni e di contributi in riviste anche telematiche.

 

Rocchina Staiano | Maggioli Editore 2025

2. Le valutazioni del Tribunale


Preliminarmente, il giudice, nel ricordare che la legge Gelli-Bianco ha qualificato la responsabilità della struttura sanitaria come avente natura contrattuale (stante la conclusione di un contratto atipico di spedalità al momento dell’accettazione del paziente) ed ha qualificato la responsabilità dei sanitari come avente natura extracontrattuale (salva l’ipotesi della sussistenza di un pregresso contratto d’opera professionale stipulato con il paziente), ha precisato che la disciplina degli oneri probatori in materia di responsabilità contrattuale si presenta diversa nelle ipotesi di obbligazioni di facere professionale rispetto a quella prevista per le obbligazioni di dare.
In particolare, nelle obbligazioni di facere professionale (come per la responsabilità sanitaria), poiché l’obbligazione che grava sulla struttura sanitaria è di mezzi (piuttosto che di risultato), la condotta che si deve pretendere dal medico o dalla struttura è un comportamento professionale diligente che sia astrattamente idoneo a consentire la guarigione del paziente.
Conseguentemente, il paziente deve provare il contratto e/o il “contatto” con la struttura sanitaria e deve allegare un inadempimento qualificato del professionista, cioè che per effetto della condotta posta in essere dal sanitario possa essere derivato l’aggravamento della situazione patologica del paziente o l’insorgenza di nuove patologie (c.d. nesso di causalità materiale tra condotta ed evento); mentre resta a carico dell’obbligato – sia esso il sanitario o la struttura – la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che gli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto o imprevedibile ed inevitabile.

Potrebbero interessarti anche:

3. La decisione del Tribunale


Nel caso di specie, secondo il Tribunale, anche all’esito della CTU svolta, è stato provato che gli esiti invalidanti subiti dalla nascitura sono stati causati – più probabilmente che non – da una manovra errata posta in essere dai sanitari che hanno eseguito il parto.
Secondo il CTU, gli esiti invalidanti residuati alla bambina a causa dell’errata manovra dei sanitari sono quantificabili nella misura del 6-8%, mentre il periodo di inabilità temporanea è stato quantificato in 445 giorni di inabilità totale, 91 giorni di inabilità al 50% e 65 mesi di inabilità al 25% (poi ridotti dal giudice in 33 mesi, pari a 990 giorni).
In considerazione della sussistenza del nesso di causalità nonché dell’entità della lesione come accertati dal CTU, il giudice ha ritenuto di accogliere la domanda attorea e di condannare la struttura sanitaria al risarcimento dei danni subiti dalla bambina.
Per quanto riguarda il danno biologico, permanente e temporaneo, il giudice – trattandosi di lesione micropermanente – ha quantificato detto danno applicando la disciplina prevista dal codice delle assicurazioni (così come richiamata dalla Legge Gelli-Bianco).
Per quanto riguarda il danno morale, il giudice, pur riconoscendo che tale voce di danno è ontologicamente diversa rispetto al danno biologico, ha evidenziato che l’attore che ne chiede il risarcimento deve fornire gli elementi di prova necessari per la valutazione della sua sussistenza nonché per la sua quantificazione. In considerazione del fatto che si tratta di un pregiudizio relativo ad un bene immateriale, la prova della sussistenza e della quantificazione del danno morale può essere fornita anche tramite presunzioni, ma il danneggiato deve allegare e dimostrare fatti noti da cui il giudice possa risalire, mediante un ragionamento inferenziale, al fatto ignoro della sussistenza e dell’entità del pregiudizio morale.
Tale regola probatoria, però, deve tenere conto del fatto che, nel caso di danni biologici di lieve entità, il danneggiato dovrà offrire una prova più rigorosa circa le conseguenze dannose che sostiene di aver subito, ciò in quanto devono ritenersi normalmente assorbite nel danno di lieve entità anche le conseguenze che astrattamente sono considerabili sul piano del danno morale.
Nel caso in esame, il giudice ha ritenuto di non riconoscere il danno morale in quanto, da un lato, la sofferenza fisica che ha subito la bambina a causa della condotta inadempiente dei sanitari è già inclusa nella liquidazione del danno biologico (mentre potrà essere oggetto si separata quantificazione soltanto le sofferenze che eccedono l’id quod plreumque accidit); dall’altro lato, in quanto la parte attrice non ha fornito alcuna prova di pregiudizi che vadano oltre la fisiologica sofferenza che consegue alle lesioni fisiche subite, né tali pregiudizi ulteriori sono emersi all’esito della consulenza medico legale svolta sulla bambina anche con l’ausilio di una psicologa.
Infine, il giudice ha ritenuto di non riconoscere a parte attrice neanche il danno da perdita di chance, in quanto parte attrice non ha fornito elementi probatori, nemmeno tramite presunzioni, idonei a dimostrare che la bambina avesse intenzione di svolgere attività sportive a livello agonistico o ambisse a svolgere professioni per cui è richiesta una perfetta integrità fisica (anzi, la tenerissima età della minore nel momento in cui si è verificato il fatto illecito, esclude che fosse già consolidata la volontà di dedicarsi a qualsivoglia tipo di attività).

Avv. Muia’ Pier Paolo

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento