Danno da emotrasfusione: Cassazione – Sezione terza civile – sentenza 5-31 maggio 2005, n. 11609 (a cura di Milizia Giulia

sentenza 16/02/06
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La sentenza sotto riportata ha una grande importanza in quanto per la prima volta il Ministero della Salute viene ritenuto responsabile civile per il danno da emotrasfusione, nonch?, in astratto, viene riconosciuto il concorso tra il diritto all?equo indennizzo ex L.210/92 e la responsabilit? aquiliana ex art.2043.

La Suprema Corte, inoltre, elenca dei rigidi e tassativi paletti per la riconoscimento del danno da emotrasfusione e la sua risarcibilit?: vi deve essere un nesso causale ex art.41 c.p., condicio sine qua non per l?esperibilit? dell?azione,? e deve essere fatto ricorso al fatto storico, piuttosto che a quello tecnico ed a quello notorio, il quale ? categoricamente escluso per tali fatti.

Infatti si pu? agire ed ottenere il risarcimento del danno de quo, solo e? soltanto, se quelle infezioni sono ?..sorte successivamente al momento in cui la scienza medica ha raggiunto le necessarie conoscenze sulle predette infezioni, secondo le ben note teorie sul nesso di causalit???.

Si tenga presente che in base alla consolida conoscenza medica i tre ceppi dei virus Hiv, Hbv, *** (Aids, epatite B e C) sono stati individuati rispettivamente 1985, 1978, 1988, ergo saranno risarcibili solo le infezioni contratte da trasfusioni contaminate? successive a queste annate.

Se si pensa che ancora oggi il numero di soggetti che contraggono tali malattie a causa di trasfusioni contaminate, c.d. sangue infetto, ? ancora troppo elevato, cos? come il numero di contagiati nei passati decenni, si riesce a capire a fondo la portata rivoluzionaria di questa sentenza.

Dott.ssa **************, patrocinatore legale del foro di Grosseto

*** qui di seguito la sentenza

Cassazione ? Sezione terza civile ? sentenza 5-31 maggio 2005, n. 11609
Presidente **** ? relatore Segreto
Pm ******* ? parzialmente conforme – ricorrente XXXX ed altri

Svolgimento del processo

Con citazione notificata il 12 maggio 1999, il MINISTERO DELLA SANITA? conveniva davanti alla Corte di appello di Roma XXXX, YYYYY, ZZZZ, KKKKKK esercente la potest? sul minore (omissis) (minori); XXXX, YYYYY, ZZZZ.
Con il suddetto atto il Ministero proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma emessa inter partes in data 7 luglio 1998, pubblicata il 27 novembre 1998, notificata il 14 aprile 1999 che aveva adottato le seguenti statuizioni: a) dichiarato l?inammissibilit? dell?intervento svolto con comparsa del 28 ottobre? 1997 da CP e TP con compensazione delle spese del giudizio nei confronti della parte convenuta;
b) accolto la domanda formulata dagli originari attori e dagli intervenuti appellati e dichiarato per le causali di cui in motivazione la responsabilit? del convenuto Ministero in ordine ai danni tutti degli attori ed intervenuti, subiti e subendi singolarmente da ciascuno di essi, materiali, morali, alla vita di relazione e biologici, in aggiunta alle provvidenze di natura indennitaria di cui alla legge 210/92, come modificata dalla legge? 238/97, a causa delle infezioni da HIV, epatite B ed epatite C, conseguenti ad emotrasfusioni da sangue infetto o da assunzione di emoderivati infetti;
c) dichiarato, altres?, che ciascuno dei succitati attori ed interventori aveva diritto ad ottenere singolarmente il risarcimento dei suddetti danni;
d) condannato per l?effetto il Ministero della Sanit? al risarcimento dei medesimi danni di cui sopra nella misura da quantificarsi, per ciascuno, in separata sede;
e)dichiarato inammissibile la domanda di provvisionale formulata da attori ed intervenuti.
Si costituivano gli attori appellati che resistevano all?appello.
Si costituivano T.P. e ****, che proponevano appello incidentale, ed assumevano l?ammissibilit? dell?intervento spiegato e chiedevano altres? la condanna del Ministero della Sanit? al risarcimento dei danni per la lesione del loro diritto alla riservatezza.
XXXX, quale erede di ZZZZZZZZ, interveniva e chiedeva il rigetto dell?appello.
La Corte di appello di Roma, con sentenza depositata il 23 ottobre 2000,dichiarava inammissibile l?intervento volontario in sede di appello esplicato da XXXXXXX e rigettava l?appello principale svolto dal Ministero della Sanit? e per l?effetto confermava la sentenza appellata di condanna generica del Ministero della Sanit? a risarcire i danni da liquidarsi in separata sede in favore di FFFFFFFFF, XXXX, YYYYY, ZZZZ, gi? rappresentato da XXXX, YYYYY, ZZZZ.
La corte territoriale riformava la sentenza del Tribunale di Roma e rigettava la domanda di risarcimento danni avanzata da tutti gli altri soggetti diversi dai precedenti nei confronti del Mistero della Sanit?; rigettava l?appello incidentale proposto dai soggetti intervenuti in appello e quello proposto da CT e PT..
Riteneva la Corte di merito che non sussisteva l?inammissibilit? dell?appello principale (con conseguente formazione del giudicato) nei confronti di XXXX, YYYYY, ZZZZ divenuti maggiorenni prima della notificazione dell?atto di appello effettuata – tuttavia – ai soggetti esercenti la patria potest? e non ad essi personalmente, poich? ci? deve avvenire solo se vi sia stata denuntiatio del mutamento di stato da parte del procuratore costituito ovvero notifica di ci? alla controparte. Secondo il giudice di appello nella fattispecie correttamente era stata ritenuta l?esistenza di un litisconsorzio facoltativo, stante la connessione impropria tra le cause, che presentavano la stessa questione ed erano ammissibili anche gli interventi spiegati in primo grado, da qualificarsi come litisconsortili ovvero autonomi adesivi, senza necessit? di consenso da parte del Ministero.
Riteneva la corte di merito che non sussistevano i presupposti per la sospensione ex articolo 295 Cpc del procedimento in attesa della definizione di un giudizio penale, pendente in Trento; che l?intervento spiegato solo in appello da FFFFFFFF era inammissibile; che l?eccezione di prescrizione era infondata, poich? il giorno di decorrenza della stessa ? quello non della trasfusione, ma dell?esteriorizzazione e conoscibilit? dell?infezione e che nella fattispecie gli attori ed interventori avevano avuto conoscenza di ci? solo a seguito delle certificazioni delle Commissioni mediche ospedaliere o equipollenti e poich?, in ogni caso, la prescrizione penale del reato era decennale.
Nel merito riteneva la corte di appello che sussistesse in astratto la configurabilit? di un danno diverso e distinto dall?indennizzo accordato dalle leggi n. 210/1992 e n. 238/1997 a titolo di solidariet? sociale ai soggetti affetti da HIV – HBV – HCV, in conseguenza di emotrasfusioni o di assunzioni da emoderivati.
Riteneva la corte di inerito che il Ministero non potesse rispondere del danno n? a norma dell?articolo 2049 Cc, non essendovi un rapporto di dipendenza o di committenza delle Usl n? a norma dell?articolo 2050 Cc, poich? detta pericolosit? poteva essere semmai ascritta agli importatori o ai distributori, ma non al Ministero, che svolgeva compiti di sorveglianza, direttiva e di autorizzazione (legge 592/67;? 833/78, legge 531/87), ma che il ministero dovesse rispondere dei danni a norma dell?articolo 2043 Cc? proprio per inosservanza dei suddetti compiti di istituto, senza procedere ai necessari controlli, al ritiro del sangue infetto ed a disporre il divieto di uso; che nella fattispecie il nesso eziologico delle malattie da emotrasfusione o assunzione di emoderivati era provato dalle certificazioni delle Commissioni Medico ospedaliere o degli Istituti Universitari.
Riteneva tuttavia la corte di merito che potesse affermarsi una responsabilit? del ministero solo per quelle infezioni che erano sorte successivamente all?epoca in cui la scienza medica aveva raggiunto le necessarie conoscenze sulla certezza diagnostica delle infezioni HIV, HBV, HCV, attraverso il controllo della seriopositivit? e del contagio e degli opportuni rimedi immunologie, atti a prevenire il contagio e cio?, quanto all?epatite B, a decorrere dal 1978, quanto alla AIDS a decorrere dal 1985 e quanto all?epatite C a decorrere dal 1988; che non poteva addurre il Ministero a scriminante la carenza di emoderivati trattati, in quanto ci? era conseguenza dell?insufficiente azione del Ministero nell?attuazione del cd. Piano Sangue e che in ogni caso ci? non legittimava il Ministero a permettere la circolazione di emoderivati non trattati.
Pertanto la corte territoriale riconosceva il diritto al risarcimento dei danni in favore dei soggetti di cui al dispositivo, per i quali era accertato che l?emotrasfusione o l?assunzione degli emoderivati era successiva alle date suddette, con riferimento alle infezioni da ciascuno riportate. Riteneva poi la corte territoriale che non ricorrevano gli estremi per la concessione di una provvisionale; che andava rigettato l?appello proposto dai soggetti, agenti con le sigle TP e CP, poich? correttamente il primo giudice aveva ritenuto inammissibile l?intervento, in quanto nell?atto di proposizione dell?azione giudiziaria nella sua forma di azione o di intervento devono essere indicate le generalit? complete dei soggetti agenti o intervenuti, che consentano la verifica, attraverso il contraddittorio delle parti, della provenienza soggettiva delle pretese e che le norme invocate sulla tutela della riservatezza non comportavano che si potesse agire attraverso le suddette due sigle.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Ministero della Salute (ricorso n. 29916/01).
Resistono con controricorso gli attori e gli interventori; coloro tra questi che si erano visti rigettare la domanda in appello (XXXXXXX ed altri, ma non C.T.. e T.P., riportati in epigrafe) hanno proposto ricorso incidentale (ricorso n. 3086/02).
Autonomo ricorso per cassazione (ricorso n. 29407/01) hanno proposto gli attori e gli interventori che si erano visti rigettare la domanda in appello (YYYYYYYY ed altri, riportati in epigrafe, ma non C.T. e T.P.). Resiste con controricorso il Ministero della Salute, che ha anche proposto ricorso incidentale (ricorso n. 238/02), al quale resistono con controricorso i ricorrenti principali.
Hanno presentato memoria XXXXX, YYYYYY, ZZZZZZZZZ .

Motivi della decisione

1. Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi, a norma dell?articolo 335 Cpc.
Va, poi, osservato che, nelle more, sono intervenute separate transazioni, regolarmente depositate a norma dell?articolo 372 Cpc, tra il Ministero della Salute e tutte le altre parti, ad eccezione di XXXXX, YYYYYY, ZZZZZZZZZ, ricorrenti principali nel ricorso r.g. n. 29407/01 e controricorrenti, ricorrenti incidentali nel ricorso n. 3086/2002, nonch? ad eccezione di XXXXX, YYYYYY, ZZZZZZZZZ, resistenti questi ultimi avverso i ricorsi proposti dal Ministero della Salute. Ne consegue che vanno dichiarati inammissibili, per sopraggiunta carenza di interesse, conseguente alla cessazione della materia del contendere per avvenuta transazione, tutti i ricorsi proposti dai vari soggetti danneggiati, ad eccezione di quelli dei suddetti XXXXX, YYYYYY, ZZZZZZZZZ, nonch? i ricorsi proposti dal Ministero della salute, ad eccezione di quelli proposti contro i cinque predetti, nonch? dei sunnominati XXXXX, YYYYYY, ZZZZZZZZZ.
Infatti, qualora si verifichi in corso del giudizio di cassazione la cessazione della materia del contendere, essa da luogo alla inammissibilit? del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, in quanto l?interesse ad agire, e quindi anche l?interesse ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui ? proposta l?azione (o l?impugnazione), ma anche nel momento della decisione, poich? ? in relazione a tale decisione – ed in considerazione della domanda originariamente formulata – che va valutato tale interesse (Cassazione 13113/03).
1.2. Pertanto vanno esaminati i ricorsi principali ed incidentali proposti dai predetti XXXXX, YYYYYY, ZZZZZZZZZ, nonch? i ricorsi principali ed incidentali proposti dal Ministero della Salute contro i predetti cinque, nonch? i sunnominati XXXXX, YYYYYY, ZZZZZZZZZ.
2. Ritiene questa Corte di dover esaminare anzitutto il ricorso principale e quello incidentale, proposti dal Ministero della salute, contenendo gli stessi questioni pregiudiziali di rito.
Con il primo motivo del ricorso principale il Ministero lamenta la violazione delle norme sulla competenza funzionale inderogabile, in relazione all?articolo 25 Cpc.
Lamenta il ricorrente che i giudici di merito non abbiano rilevato d?ufficio la violazione del foro erariale, poich? numerosi soggetti, intervenuti nel processo, avrebbero dovuto proporre le rispettive azioni risarcitorie davanti a tribunali diversi da quelli di Roma.
3.1. Ritiene questa Corte che il motivo sia infondato e che lo stesso vada rigettato.
Va preliminarmente osservato che, a norma dell?articolo 25, 2^ parte, Cpc, allorch? l?amministrazione dello Stato ? convenuta, il foro erariale si determina con riguardo al giudice del luogo in cui ? sorta o deve eseguirsi l?obbligazione.
A norma del primo comma dell?articolo 38 Cpc, nella versione anteriore alla modifica apportata dall?articolo 4 della legge 353/90 ed applicabile alla fattispecie ratione temporis, detta incompetenza era rilevabile anche d?ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
Ne consegue che nella fattispecie non ? di alcuna rilevanza, come sostenuto dai resistenti, che il convenuto sia unicamente il Ministero della Salute, o che unica ? la condotta ovvero che identica sia la questione trattata.
3.2. E? ben vero, infatti, che ?pi? parti possono agire? – come nella specie – ?o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono, esiste connessione per l?oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione dipende,totalmente o parzialmente, della risoluzione di identiche questioni? ( articolo 103, primo comma, Cpc).
La previsione, che ne risulta, del litisconsorzio facoltativo – sia attivo, come nella specie, che passivo – non ? accompagnata da contestuali modificazioni della competenza per territorio.
Modificazioni siffatte sono, bens?, previste ?aliunde? ( articolo 33 Cpc). Riguardano, tuttavia, soltanto l?ipotesi del litisconsorzio facoltativo passivo. Ne risulta stabilito, infatti, che ?le cause contro pi? persone, che a norma degli articoli 18 e 19 Cpc dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi, se sono connesse per l?oggetto o per il titolo possono essere proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di esse, per essere decise nello stesso processo?. La ?connessione? da luogo, quindi, sia al litisconsorzio facoltativo attivo che a quello passivo. Solo per il litisconsorzio passivo, tuttavia, pu? comportare le previste modificazioni della competenza per territorio e peraltro esclusivamente attinenti alle disposizioni di cui agli articoli 18 e 19 Cpc, e non a quelle di cui all?articolo 25 Cpc.
Il litisconsorzio facoltativo attivo, invece, non comporta in nessun caso modificazioni di competenza.
3.3. Quanto al ?luogo in cui ? sorta l?obbligazione?, allorch? siverta in ipotesi di responsabilit? extracontrattuale, data la struttura dell?illecito aquiliano, esso non pu? coincidere con il luogo in cui si ? avuta la condotta commissiva o omissiva, ma con il luogo in cui ? si ? verificato lo specifico evento dannoso ingiusto.
Infatti nella fattispecie si versa (come pi? dettagliatamente si dir? in seguito), in un?ipotesi di litisconsorzio facoltativo, nell?ambito del quale ciascuno degli attori o intervenuti ha agito per la tutela della propria situazione protetta, con la conseguente autonomia e scindibilit? delle singole cause, e non di class action ben nota ad altri ordinamenti, per la tutela di interessi collettivi (cfr. articolo 3, legge 281/98).
3.4. Va osservato a questo punto che, ai fini della determinazione della competenza, l?articolo 5 Cpc, anche nella formulazione antecedente alla modifica introdotta dall?articolo 2 legge 353/90, attribuisce valenza determinante non gi? al ?decisum? bens? al ?deductum? o, meglio, al ?disputandum?, e perci? alla valutazione della domanda, con ogni suo accessorio, al momento della relativa proposizione (Cassazione 8243/00).
Inoltre, gi? prima dell?introduzione ad opera della legge 353/90 della regola, sancita nel comma 3 del novellato articolo 38 Cpc, secondo cui le questioni sulla competenza per valore, materia eterritorio sono decise in base a quello che risulta dagli atti, doveva ritenersi insito nel sistema processuale il principio per il quale il giudice, chiamato a risolvere una questione di competenza, non pu? utilizzare prove costituende ma soltanto prove costituite, ossia entrate in causa ?senza un?apposita istruzione?, secondo la regola stabilita dall?articolo 14 Cpc limitatamente alla competenza per valore nelle cause relative a somme di danaro o a beni mobili, ma estensibile all?intero sistema. In mancanza di prove precostituite, poich? ai fini della determinazione della competenza per materia si deve aver riguardo all?oggetto della domanda proposta dall?attore, restando irrilevanti le contrarie contestazioni del convenuto, quando il primo lamenta la violazione di un suo diritto allegando uno specifico fatto relativo ad un determinato rapporto giuridico, senza che il secondo eccepisca la evidente strumentalit? dell?allegazione,il giudice competente ? quello indicato dalla legge in relazione a tale rapporto (Cassazione 7304/96; Cassazione 12376/97).
3.5. Nella fattispecie va osservato che tutti i resistenti nel controricorso (pag. 21, previa numerazione delle pagine) assumono di essersi sottoposti a trasfusioni presso gli ospedali di Roma o di aver assunto emoderivati acquistati presso farmacie romane, con la conseguenza che il contagio infettivo si era verificato in Roma. In ogni caso gli attori e gli interventori non hanno addotto con la domanda di aver subito trasfusioni infette o assunzioni di emoderivati nel luogo di propria residenza o in luogo diverso da quello, per cui sarebbe sussistito un foro erariale diverso da quello adito.
A fronte di tale assunto non vi erano elementi, n? ne indica il ricorrente Ministero, per poter sostenere che il contagio si fosse verificato in altro luogo.
Ne consegue il rigetto del motivo.
4. Con il secondo motivo del ricorso principale e con il primo motivo del ricorso incidentale, il ricorrente Ministero lamenta la violazione ex articolo 360 Cpc, n. 3 e 4, in relazione agli articoli 103 e 101 Cpc.
Assume il ricorrente che il giudice di merito avrebbe violato la disciplina contenuta nel codice civile sul litisconsorzio facoltativo e la separazione delle cause, per le variegate posizioni giuridiche, sia in relazione al momento iniziale della controversia che agli atti di intervento. Secondo il ricorrente non vi era omogeneit? di posizioni giuridiche e, poich? i diritti vantati erano scissi, distinti ed autonomi, non ricorrono i presupposti del litisconsorzio,stante la spiccata individuazione ed autonomia delle cause.
5.1. Ritiene questa Corte che i suddetti due motivi, essendo identici, vadano trattati congiuntamente.
Essi sono in parte infondati ed in parte inammissibili e vanno rigettati.
Infatti l?articolo 103 Cpc contempla non soltanto il litisconsorzio facoltativo cosiddetto proprio, cio? quando fra pi? cause proposte esista connessione per l?oggetto e per il titolo, ma anche quello cosiddetto improprio, cio? quando pi? cause presentino in comune, anche solo in parte, qualche questione, la cui soluzione sia necessaria per la decisione; in entrambe le ipotesi, le parti, come possono promuovere il giudizio con unico atto di citazione, cos? possono validamente appellare con unico atto di gravame avverso la sentenza di primo grado (Cassazione 7428/83).
Allorch? sussista un?ipotesi di litisconsorzio facoltativo, per cui le parti possono agire nello stesso processo a titolo di litisconsorzio facoltativo ex articolo 103 Cpc, allo stesso modo ciascuna di esse pu? intervenire volontariamente nel giudizio promosso da uno soltanto dei danneggiati, ai sensi dell?articolo 105, comma 1, Cpc, allo scopo di far valere il proprio autonomo diritto al relativo risarcimento (Cassazione 9566/00).
5.2. Nella fattispecie, come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata, sussiste l?identit? della questione della risarcibilit? del danno da emotrasfusione, oltre la misura degli indennizzi previsti dalla legge 210/92 e 238/97, e di quella della sussistenza o meno al riguardo della responsabilit? aquiliana del Ministero della Salute, ragioni che hanno indotto il giudice di merito alla trattazione unitaria delle cause.
5.3. E? inammissibile, invece, la censura di mancata separazione delle cause relative ai singoli attori o interventori.
Infatti il provvedimento con cui il giudice di merito rigetta o accoglie la richiesta di separazione dei giudizi riuniti non ? censurabile in cassazione, neanche attraverso l?impugnazione della sentenza che chiude il giudizio in cui il provvedimento sia stato adottato, poich? il provvedimento in tema di separazione delle cause ? del tutto discrezionale ed ha natura ordinatoria e non decisoria.
6. Con il terzo motivo del ricorso principale ed il secondo motivodel ricorso incidentale, il Ministero della Salute lamenta la violazione dell?articolo 105, comma 1 e 2 Cpc, in relazione all?articolo 360 n. 3 e 4 Cpc.
Il ricorrente lamenta che non siano stati dichiarati inammissibili gli interventi spiegati nel corso del giudizio di primo grado, poich? gli stessi non sono n? principali, n? litisconsortili n? ad adiuvandum.
7.1. Ritiene questa Corte che il motivo ? infondato e che lo stesso vada rigettato.
Ai fini dell?intervento principale o dell?intervento consortile (o adesivo autonomo), che si hanno quando rispettivamente il terzo intervenga in causa per far valere un proprio diritto nei confronti di tutte le parti originarie o soltanto di alcune di esse, anche sela norma dell?articolo 105 Cpc esige che il diritto vantato dall?interveniente non si limiti ad avere una meramente generica comunanza di riferimento al bene materiale in relazione al quale si fanno valere le contrapposte pretese delle parti, si deve tuttavia riconoscere che la diversa natura delle azioni esercitate rispettivamente dall?attore e, in via riconvenzionale, dal convenuto, e di quella esercitata dall?interveniente, o la diversit? dei rapporti giuridici con esse dedotti in giudizio non costituiscono elementi decisivi per escludere l?ammissibilit? dell?intervento medesimo, essendo sufficiente a far ritenere ammissibile l?intervento la circostanza che la domanda dell?interveniente presenti una connessione o un collegamento con quella di altre parti relativa allo stesso oggetto sostanziale, connessione o collegamento implicante la opportunit? di un simultaneo processo (Cassazione 3748/94, Cassazione 4648/86, Cassazione 1819/82 e Cassazione 2489/79).
7.2. Nella fattispecie, sulla base di quanto sopra detto, va condivisa la decisione del giudice di merito che ha ritenuto trattarsi nella specie di interventi litisconsortili (o adesivi autonomi), tenuto conto che i diversi soggetti intervenuti ben avrebbero potuto richiedere autonomamente il risarcimento dei danni nei confronti del Ministero ex articolo 103 Cpc, attesa la dipendenza della decisione dalla risoluzione di identiche questioni.
N? ai fini dell?ammissibilit? dei detti interventi era necessaria l?accettazione del contraddittorio, come sostenuto dal Ministero, atteso che la qualit? di parte legittimata ad causam si acquista per effetto dell?intervento e non gi? per il consenso di quella nei cui confronti l?intervento ? spiegato.
8. Con il quarto motivo di ricorso principale e con il terzo dell?incidentale il Ministero lamenta la violazione degli articoli 2947 e segg. Cc, in relazione all?articolo 360 n. 3 Cpc, avendo la sentenza impugnata rigettato l?eccezione di prescrizione sulla base del rilievo che nella fattispecie sussisterebbe la prescrizione decennale per esistenza di un procedimento penale, che ad avviso del ricorrente non sussisterebbe, e non avendo il giudice civile provveduto ad accertare incidentalmente la sussistenza del fatto- reato.
9.1. Ritiene questa Corte che il motivo sia inammissibile. Infatti la sentenza impugnata ha rigettato l?eccezione di prescrizione sulla base di due autonome ragioni, di cui una ? quella censurata dal ricorrente.
L?altra ragione di rigetto dell?eccezione di prescrizione adottata dalla corte di merito ? costituita dalla considerazione giuridica che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno ex articolo 2947 Cc decorre dal data in cui gli effetti dannosi si siano esteriorizzati e siano conoscibili dal danneggiato e dalla considerazione fattuale che tale data nella fattispecie coinciderebbe con la data di rilascio delle certificazioni delle Commissioni mediche ospedaliere ex legge 210/92, poich? solo da quella data i vari soggetti infetti avevano conosciuto della rapportabilit? eziologica delle loro affezioni alle emotrasfusioni (la notifica dell?atto di citazione ? del 21.12.1993).
9.2. A parte quanto statuito da questa Corte in tema di dies a quo della decorrenza della prescrizione in merito al danno da malattia a lungo latente o di cui sia sconosciuta la causa del contagio (Cassazione 2645/03), va preliminarmente osservato che questa seconda ratio decidendi non ? stata oggetto di impugnazione e ci? comporta l?inammissibilit? della censura avverso l?altra ragione di decisione.
Infatti va osservato che, in tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralit? di ragioni, tra loro distinte ed autonome, e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle ?rationes decidendi? rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l?intervenuta definitivit? delle altre, all?annullamento della decisione stessa.
10. Con il quinto motivo del ricorso principale ed il quarto motivo del ricorso incidentale il ricorrente Ministero lamenta la violazione degli articoli 360 n. 3, 4 e 5 Cpc, in relazione alla violazione del Dpr? 4/1972, del D. Lgs 616/77 e della legge? 833/78, con specifico riferimento alla competenza istituzionale del Ministero della Sanit? (ora della Salute) ed il suo difetto di legittimazione passiva nel procedimento de quo.
Lamenta il ricorrente che, per effetto delle suddette normative, all?epoca il Ministero aveva soltanto funzioni generali di programmazione, indirizzo e coordinamento, risultando tutte le altre funzioni trasferite alle regioni, alle Usl, ai presidi ospedalieri, ai quali andava addebitato di non aver ottemperato alle direttive impartite dal Ministero; che erratamente era stato ascritto al Ministero un comportamento omissivo colposo, consistente nel mancato controllo e nel mancato ritiro degli emoderivati non trattati al calore antivirucidico.
Lamenta, infine, il ricorrente il vizio motivazionale della sentenza impugnata, non essendo stato provato che il contagio fosse avvenuto a causa delle emotrasfusioni e non da contatto con aghi o dispositivi medici infetti.
11.1. Ritiene questa Corte che il motivo sia infondato e che lo stesso vada rigettato.
Anzitutto va osservato che la sentenza impugnata ha ritenuto che la responsabilit? aquiliana del Ministero trovasse il suo fondamento in un comportamento omissivo e cio? nell?inosservanza colposa dei suoi doveri istituzionali di sorveglianza, di direttive e di autorizzazione in materia di produzione e commercializzazione delsangue umano ed emoderivati, che prescinde del tutto da eventuali profili ascrivibili ad altri enti nella loro attivit? di effettiva distribuzione e somministrazione dei suddetti prodotti.
La suddetta motivazione ? immune dalle censure mosse.
Infatti la legge 592/67, (articolo 1) attribuisce al Ministero le direttive tecniche per l?organizzazione, il funzionamento cd. il coordinamento dei servizi inerenti alla raccolta, preparazione, conservazione, e distribuzione del sangue umano per uso trasfusionale, alla preparazione dei suoi derivati e ne esercita la vigilanza, nonch? (articolo 21) il compito di autorizzare l?importazione e l?esportazione di sangue umano e dei suoi derivati per uso terapeutico.
Il Dpr 1256/71 contiene norme di dettaglio che confermano nel Ministero la funzione di controllo e vigilanza in materia (articoli 2, 3, 103, 112).
La legge 519/73 attribuisce all?Istituto superiore di sanit? compiti attivi a tutela della salute pubblica.
La legge 833/78, che ha istituito il Servizio sanitario Nazionale conserva al Ministero della Sanit?, oltre al ruolo primario nella programmazione del piano sanitario nazionale ed a compiti di indirizzo e coordinamento delle attivit? amministrative regionali delegate in materia sanitaria, importanti funzioni in materia di produzione, sperimentazione e commercio dei prodotti farmaceutici e degli emoderivati (articolo 6 lett. b, c), mentre l?articolo 4, n. 6, conferma che la raccolta, il frazionamento e la distribuzione del sangue umano costituiscono materia di interesse nazionale.
Il Dl? 443/87 stabilisce la sottoposizione dei medicinali alla cd. ?farmacosorveglianza? da parte del Ministero della Sanit?, che pu? stabilire le modalit? di esecuzione del monitoraggio sui farmaci a rischio ed emettere provvedimenti cautelari sui prodotti in commercio.
Ne consegue che, anche prima dell?entrata in vigore della legge 107/90, contenente la disciplina per le attivit? trasfusionali e la produzione di emoderivati, deve ritenersi che sussistesse in materia, sulla base della legislazione vigente, un obbligo di controllo, direttive e vigilanza in materia di sangue umano da parte del Ministero della sanit?.
11.2. Quanto all?assunto vizio motivazionale in merito alla provenienza delle infezioni per i singoli soggetti, la corte di merito ha ritenuto che per tutti questi il nesso eziologico della provenienza delle infezioni da emotrasfusione o da assunzione di emoderivati era provato dalle certificazioni rilasciate dalla Commissioni mediche ospedaliere, di cui all?articolo 4 della legge 210/92 o da Istituti universitari o Organismi sanitari.
Trattasi di una valutazione delle prove documentali addotte, che ? immune da vizi di motivazione rilevabili in questa sede 4 di sindacato di legittimit?.
12. Con il sesto motivo del ricorso principale ed il quinto del ricorso incidentale, il ricorrente Ministero lamenta la violazione dell?articolo 2043 Cc ed il difetto di motivazione, in relazione all?articolo 360 n. 3 e 5 Cpc.
Assume il ricorrente che ? stata affermata in maniera del tutto apodittica e generica una responsabilit? a suo carico a norma dell?articolo 2043 Cc, in quanto aveva sempre posto in essere tutti i controlli pi? opportuni sul sangue, all?epoca conosciuti, per evitare il rischio di trasmissioni di agenti infettivi; che solo a partire dal 1986 la scienza medica raggiunse una relativa certezza in merito al controllo della sieropositivit? da HIV nei donatori di sangue; che il Ministero pose in essere adeguate misure preventive, tendenti ad individuare la presenza del virus nel sangue donato ed a trattare il sangue negli emoderivati con virucidici; che l?attivit? di vigilanza veniva esercitata regolarmente.
13.1.Ritiene questa Corte che il motivo sia infondato e che lo stesso vada rigettato.
Sotto il profilo dell?assunta violazione dell?articolo 2043 Cc, va osservato che, come statuito da Corte Costituzionale 226/00 e 118/96, la menomazione della salute derivante da trattamenti sanitari pu? determinare le seguenti situazioni: a) il diritto al risarcimento pieno del danno, secondo la previsione dell?articolo 2043 Cc, in caso di comportamenti colpevoli; b) il diritto a un equo indennizzo, discendente dall?articolo 32 della Costituzione in collegamento con l?articolo 2, ove il danno, non derivante da fatto illecito, sia conseguenza dell?adempimento di un obbligo legale; e)il diritto, ove ne sussistano i presupposti a norma degli articoli 38 e 2 della Costituzione, a misure di sostegno assistenziale disposte dal legislatore, nell?ambito dell?esercizio costituzionalmente legittimo dei suoi poteri discrezionali.
In quest?ultima ipotesi si inquadra la disciplina apprestata dalla legge 210/92, che opera su un piano diverso da quello in cui si colloca quella civilistica in tema di risarcimento del danno, compreso il cosiddetto danno biologico.
13.2. Per quanto qui interessa, al fine di evidenziare la distanza che separa il risarcimento del danno dall?indennit? prevista dalla legge predetta, basta rilevare che la responsabilit? civile presuppone un rapporto tra fatto illecito e danno risarcibile e configura quest?ultimo, quanto alla sua entit?, in relazione allesingole fattispecie concrete, valutabili caso per caso dal giudice, mentre il diritto all?indennit? sorge per il sol fatto del danno irreversibile derivante da infezione post-trafusionale, in una misura prefissata dalla legge. Ci? comporta che vada condiviso l?orientamento favorevole della pi? avvertita dottrina al concorso tra il diritto all?equo indennizzo di cui alla l. n. 210 del 1992 ed il diritto al risarcimento del danno ex articolo 2043 Cc, per cui nel caso in cui ricorrano gli estremi di una responsabilit? civile per colpa la presenza della legge? 210/92, come modificata dalla legge 238/97, non ha escluso in alcun modo che il privato possa chiedere e che il giudice possa procedere alla ricerca della responsabilit? aquiliana (mentre non ? oggetto di questo ricorso il diverso problema se si tratti di diritti alternativi, ovvero cumulabili ed – in caso positivo- in quali termini).
13.3. Ritiene questa Corte che nella fattispecie non sussiste la violazione dell?articolo 2043 Cc lamentata dal ricorrente Ministero, in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto che nella specie sussistesse un comportamento omissivo colposo del Ministero, che, in violazione dei doveri istituzionali e legislativamente previsti, nei termini suddetti, di direzione, autorizzazione e sorveglianza in merito al sangue importato o prodotto per emotrasfusione o emoderivati, rendeva possibile la circolazione di sangue infetto e le trasfusioni oassunzioni di emoderivati infetti da parte degli appellati.
La Corte di inerito ha ritenuto altres? che il danno alla salute, da cui erano colpiti gli appellati, era eziologicamente riconducibile a dette trasfusioni.
Va, quindi, esclusa la lamentata violazione dell?articolo 2043 Cc, poich? l?attivit? della p.a., anche nel campo della pura discrezionalit?, deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge, ma anche della norma primaria del ?neminem laedere?, sicch?, in considerazione dei principi di legalit?, imparzialit? e buona amministrazione dettati dall?articolo 97 costituzione, la p.a. stessa ? tenuta a subire le conseguenze stabilite dall?articolo 2043 Cc, atteso chetali principi si pongono come limiti esterni alla sua attivit? discrezionale, ancorch? il sindacato di questa rimanga precluso al giudice ordinario (Cassazione 3132/01; nel senso che il principio del neminem laedere costituisca limite esterno alla discrezionalit? amministrativa, gi? prima dell?entrata in vigore della Carta costituzionale, Cassazione, Su 19.6.1936, in Giur. it. 1936, I, 1, 866, che attiene al caso analogo di infezione da trasfusione di sangue infetto per lue).
13.4. Diverso problema ? quello attinente all?assunto difetto motivazionale.
Anzitutto non sussiste la lamentata apoditticit? della decisione (e cio? la mancanza di motivazione).
Infatti la corte di merito ha ritenuto la responsabilit? del Ministero per tutti i casi in cui l?insorgenza delle patologie acquisite dai vari soggetti per infezioni HBV, HIV ed HCV, fossedovuta a trasfusioni effettuate rispettivamente in epoca successiva agli anni 1978, 1985 e 1988, in cui per ciascuna di dette patologie furono approntati i relativi testi diagnostici e quindi poteva accertarsi se il sangue immesso nel circuito delle emotrasfusioni o della produzione di emoderivati fosse infetto.
La prova dell?esistenza e dell?eziologia delle infezioni degli appellati e della data delle stesse viene tratta dalla corte di merito, come sopra detto, dalle certificazioni delle Commissioni Medico-ospedaliere di cui all?articolo 4 legge 210/92, o di istituti sanitari o di organismi sanitari. Trattasi di valutazione di merito che sfugge al sindacato di legittimit? di questa Corte, essendo immune sia dal vizio di, insufficienza che di contraddittoriet? di motivazione.
Nel controllo in sede di legittimit? della adeguatezza dellamotivazione del giudizio di fatto contenuto nella sentenza impugnata, i confini tra – da un lato – la debita verifica della indicazione da parte del giudice di merito di ragioni sufficienti, senza le quali la sentenza ? invalida, e dall?altro – il non ammissibile controllo della bont? e giustizia della decisione possono essere identificati tenendo presente che, in linea di principio, quando la motivazione lascia comprendere le ragioni della decisione, la sentenza ? valida.
Tale rilievo non esclude la necessit? che dalla motivazione (alla luce del disposto del n. 5 dell?articolo 360 Cpc, nel testo di cui alla novella del 1950) risulti il rispetto, nella soluzione della questione di fatto, dei relativi canoni metodologici, dall?ordinamento direttamente espressi o comunque da esso ricavabili.
Deve rimanere fermo, per?, che la verifica compiuta al riguardo pu? concernere la legittimit? della base del convincimento espresso dal giudice di merito e non questo convincimento in se stesso, come tale incensurabile. E? in questione, cio?, non la giustizia o meno della decisione, ma la presenza di difetti sintomatici di una possibile decisione ingiusta, che tali possono ritenersi solo se sussiste un?adeguata incidenza causale dell?errore oggetto di possibile rilievo in cassazione (esigenza a cui la legge allude con il riferimento al punto decisivo).
14. Con il settimo motivo del ricorso principale ed il sesto motivo del ricorso incidentale, il ricorrente Ministero lamenta la violazione di legge e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ex articolo 360n. 3 e 5 Cpc ed in via subordinata violazione dell?articolo 2043 Cc.
Assume il ricorrente che la sentenza impugnata ad alcuni soggetti ha erroneamente riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, pur avendo gli stessi contratto le infezioni HBV, HIV ed HCV, come risulterebbe dalla documentazione in atti, in data anteriore rispetto agli anni (1978, 1985 e 1988) nei quali la corte territoriale colloca lo ?spartiacque? tra responsabilit? e non responsabilit?, dopo aver affermato correttamente che solo per i contagi avvenuti successivamente a tali date, rispettivamente per ogni infezione, sussisteva la responsabilit? del Ministero.
15.1. Ritiene questa Corte che il motivo sia inammissibile, per una duplice ragione.
Anzitutto il motivo, cos? come proposto, si risolve in una censuradi travisamento del fatto processuale, per non avere il giudice esattamente letto nella documentazione prodotta che il contagio era avvenuto in data antecedente alle date suddette.
Infatti il travisamento del fatto non pu? costituire motivo di ricorso per cassazione, poich?, risolvendosi in un?inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, costituisce un errore denunciabile con il mezzo della revocazione ex articolo 395, n. 4, *** (Cassazione 1512/03; 1202/03; 1143/03).
15.2. In ogni caso il motivo di ricorso, ove anche si volesse ritenere come prospettante una fattispecie di vizio motivazionale di cui all?articolo 360 n. 5 Cpc, ? inammissibile per mancata specificit? dello stesso, sotto il profilo del mancato rispetto del principio di autosufficienza del ricorso.
Infatti qualora, con il ricorso per Cassazione, venga dedotta l?omessa od insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l?asserita mancata o errata valutazione di risultanze processuali (un documento, deposizioni testimoniali, dichiarazioni di parti, accertamenti del et., ecc.), ? necessario, al fine di consentire al giudice di legittimit? il controllo della decisivit? della risultanza erratamente valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi – ove occorra, mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso – la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato che, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, il controllo deve essere consentito alla corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell?atto, alle cui lacune non ? possibile sopperire con indagini integrative (Cassazione 3158/03; 12444/03; 1161/95).
Nella fattispecie il motivo di ricorso prospetta genericamente l?errata valutazione della documentazione processuale in atti, – senza trascriverne il contenuto, n? indicando chi e quando l?abbia prodotta.
15. Passando all?esame del ricorso principale? 29407/01 e del ricorso incidentale? 3086/02, di contenuto identico, entrambi proposti dai 5 danneggiati attori, che non hanno transatto la lite (vedasi punto 1), va rilevato che detti ricorrenti con il primo motivo, sia del ricorso incidentale che di quello principale hanno lamentato la violazione e falsa applicazione dell?articolo 75 Cpc, ai sensi dell?articolo 360 n. 3 Cpc.
Lamentano i ricorrenti che erratamente la sentenza impugnata ha ritenuto ammissibile l?appello notificato ai rappresentanti legali di XXXXX, YYYYYY, ZZZZZZZZZ, mentre essendo essi divenuti maggiorenni prima dell?instaurazione del gravame, questo doveva essere notificato a loro personalmente.
16. Il motivo ? inammissibile, per carenza di legittimazione ed interesse, essendo lo stesso relativo a soggetti, che hanno transatto la lite.
17. Con il secondo motivo di ricorso (sia principale che incidentale) i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli112 e 115, comma 1, Cpc, in tema di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, di ultrapetizione, di errata valutazione delle risultanze istruttorie, nonch? il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Assumono i ricorrenti che la corte di appello ha travalicato l?ambito della propria potest? decisoria, rigettando la domanda di risarcimento sulla base della presunta notoriet? delle conoscenze medico-scientifiche che, anteriormente ad una certa epoca, non sarebbero state in grado di individuare i virus patogeni trasmessi attraverso gli emoderivati, n? di prevenirne la diffusione; che ci? avrebbe dovuto essere oggetto di eccezione e di prova da parte del Ministero; che, cos? operando, la corte di merito ha violato l?articolo 112 Cpc; che ? stato addossato erratamente ai danneggiati- ricorrenti l?onere di fornire l?ardua prova della data in cui il virus ? entrato in contatto con l?organismo e ci? nonostante che si trattasse di un giudizio avente ad oggetto l?accertamento della generica potenzialit? lesiva della condotta illecita sulla base dell?apprezzamento di probabilit?; che la sentenza di appello ha ampliato il thema decidendum ac disputandum.
18.Con il terzo motivo di ricorso (sia principale che incidentale) i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell?articolo 115, comma 2, Cpc, relativamente ai principi giuridici della definizione di notorio; la violazione e falsa applicazione dell?articolo 115 Cpc, comma 1, relativamente al principio dell?alligazione; la violazione e falsa applicazione dell?articolo 112 Cpc, relativamente ai principi che regolano il contraddittorio e l?omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
Lamentano i ricorrenti che la sentenza impugnata, fondandosi su un pretesa ed errato concetto di ?fatto notorio? (in relazione al disposto dell?articolo 115, comma 2 Cpc) di carattere scientifico, in merito alla data in cui per ciascuna delle tre infezioni si erano acquisite le conoscenze mediche dei meccanismi di trasmissione virale e dei rimedi immunologie per evitare il contagio ed individuare i soggetti infetti, ha escluso la responsabilit? del Ministero per i fatti antecedenti a tali date; che fin dagli anni 70 vi era una diffusa consapevolezza delle pericolosit? delle trasfusioni di sangue per il rischio di trasmissioni virali; che tanto ? stato affermato anche da successiva sentenza del tribunale di Roma, in caso analogo, in cui si ? affermato che gi? tra gli anni 1972-1974 erano disponibili i primi tests su larga scala per individuare il virus dell?epatite B e che la frequente coincidenza epidemiologica tra i tre virus (HIV, HBV e HCV) comportava che, se si fossero adottati imezzi di contrasto gi? noti con riferimento al virus HBV, ci? avrebbe comportato un?utilit? anche contro i virus ancora sconosciuti. Lamentano i ricorrenti che la sentenza impugnata abbia fondato la sua decisione su una circostanza ritenuta notoria, comparsa d?improvviso nella fase decisoria, senza che sul punto si fosse svolto un contraddittorio, senza che fosse stata alligata da alcuna delle parti e che essi gi? disconobbero nella discussione orale.
19. Con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2056 Cc (articolo 360 n. 3 Cpc), nonch? l?insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ( articolo 360 n. 5 Cpc).
Lamentano i ricorrenti che erratamente la sentenza impugnata ha ritenuto che la responsabilit? del Ministero fosse da affermarsi solo a partire dal 1978 per l?epatite B, dal 1985 per l?HIV e dal 1988 per l?epatite C, mentre, poich? era accertato fin dagli inizi degli anni 1970 che il sangue e gli emoderivati veicolassero infezioni, da questa data il Ministero doveva porre in essere attivit? di prevenzione e di informazione, con la conseguenza illogica della sentenza impugnata, secondo cui un?unica condotta a volte ? colposa ed altre volte no; che nella responsabilit? aquiliana sono risarcibili anche i danni non prevedibili; che, conseguentemente, poich? gi? dagli inizi degli anni 70 o almeno dal 1978 il Ministero conosceva la pericolosit? del sangue infetto ai fini dell?epatite B, ci? comportava che da quelle date erano risarcibili anche i soggetti infettati da HIV ed HCV.20.1. Ritiene questa Corte che i suddetti tre motivi (n. 2-3-4) del ricorso principale n.29407/01 (analoghi ai tre motivi del ricorso incidentale n. 3086/02), essendo strettamente connessi, vadano esaminati congiuntamente.
Il punto di partenza ? la censura di cui al quarto motivo di ricorso e cio? l?assunta violazione degli articoli 2043 e 2056 Cc, impostata sotto il profilo che l?imprevedibilit? (per mancata conoscenza da parte della scienza medica) dei virus HBV, HIV ed HCV, non escludeva la responsabilit? del Ministero, che, a partire dagli inizi degli anni 70, o in ogni caso, dal 1978 aveva a disposizione elementi scientifici di individuazione del virus dell?epatite B. Infatti la soluzione della questione prospettata presuppone che siano definiti i punti in tema di nesso causale e della colpa nelle ipotesi di responsabilit? aquiliana da comportamenti omissivi, all?esito dei quali potr? individuarsi l?estensione e l?allocazione del principio secondo cui, in tema di responsabilit? aquiliana, sono risarcibili anche i danni non prevedibili, nonch? l?estensione del thema decidendum, ai fini dell?articolo 112 Cpc, in siffatto tipo di azione, ed – infine – la ripartizione del relativo carico probatorio, con i conseguenziali riflessi in tema di fatto notorio.
20.2. L?insufficienza del tradizionale recepimento in sede civile dell?elaborazione penalistica in tema di nesso causale ? emersa con chiarezza nelle concezioni moderne della responsabilit? civile, che costruiscono la struttura della responsabilit? aquiliana intorno al danno ingiusto, anzich? al fatto.
In effetti, mentre ai fini della sanzione penale si imputa al reo il fatto-reato (il cui elemento materiale ? appunto costituito dacondotta, nesso causale, ed evento naturalistico – o giuridico), ai fini della responsabilit? civile ci? che si imputa ? il danno e non il fatto in quanto tale. E tuttavia un ?fatto? ? pur sempre necessario perch? la responsabilit? sorga, giacch? l?imputazione del danno presuppone l?esistenza di una delle fattispecie normative di cui agli articoli 2043 e segg. Cc, le quali tutte si risolvono nella descrizione di un nesso, che leghi storicamente un evento ad un soggetto chiamato a risponderne.
Il ?danno? rileva cos? sotto due profili diversi: come evento lesivo e come insieme di conseguenze risarcibili o evento dannoso, retto il primo dalla causalit? materiale ed il secondo da quella giuridica.
Il danno oggetto dell?obbligazione risarcitoria aquiliana ? quindi esclusivamente il danno conseguenza del fatto lesivo (questo inteso come condotta, nesso causale ed evento lesivo). Se sussiste solo il fatto lesivo, ma non vi ? un danno-conseguenza, non vi ?l?obbligazione risarcitoria.
20.3. Proprio in conseguenza di ci? si ? consolidata nella cultura giuridica contemporanea l?idea, sviluppata soprattutto in tema di nesso causale, che esistono due momenti diversi del giudizio aquiliano: la costruzione del fatto idoneo a fondare la responsabilit? (per la quale la problematica causale, detta causalit? materiale o di fatto, ? analoga a quella penale, articoli 40 e 41 Cp ed il danno rileva solo come evento lesivo) e la determinazione dell?intero danno cagionato, che costituisce l?oggetto dell?obbligazione risarcitoria. A questo secondo momento va riferita la regola dell?articolo 1223 Cc, per il quale il risarcimento deve comprendere le perdite che ?siano conseguenza immediata e diretta?del fatto lesivo (cosiddetta causalit? giuridica, per cui si ? dubitato che la norma attenga al nesso causale, o non piuttosto alla determinazione del quantum del risarcimento, selezionando le conseguenze dannose risarcibili).
Ai fini della causalit? materiale nell?ambito della responsabilit? aquiliana, come detto, la giurisprudenza e la dottrina prevalenti fanno applicazione dei principi penalistica di cui agli articoli 40 e 41 Cp.
Per giurisprudenza pacifica il criterio in base al quale sono risarcibili i danni conseguiti dal fatto illecito, deve intendersi, ai fini della sussistenza del nesso di causalit? materiale, in modo da comprendere nel risarcimento i danni indiretti e mediati, che si presentino come effetto normale, secondo il principio della e. d.regolarit? causale (Cassazione 17152/02; 5962/00; 1857/98; 2009/97; 11087/93; 65/1989; 6325/87).
20.4. Pertanto un evento dannoso ? da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni/ il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (cd. teoria della condicio sine qua non): ma nel contempo non ? sufficiente tale relazione causale per determinare una causalit? giuridicamente rilevante, dovendosi, all?interno delle serie causali cos? determinate, dare rilievo a quelle soltanto che, nel momento in cui si produce l?evento causante non appaiono del tutte inverosimili (ed. teoria della causalit? adeguata o della regolarit? causale, la quale in realt?, come ? stato esattamente osservato, oltre che una teoria causale, ? anche una teoria dell?imputazione del danno).
Detta causalit? adeguata (nella sua tradizionale formulazione?positiva?) comporta che la rilevanza giuridica della ?condicio sine qua non? ? commisurata all?incremento, da essa prodotto, dell?obiettiva possibilit? di un evento del tipo di quello effettivamente verificatosi.
20.5. La prevedibilit? di cui si discorre, ai fini del nesso causale materiale, ? diversa dalla prevedibilit? delle conseguenze, ai fini del nesso di causalit? giuridica, di cui all?articolo 1225 Cc ed anche dalla prevedibilit? posta a base del giudizio di colpa.
La prevedibilit? in questione prescinde da ogni riferimento alla diligenza dell?uomo medio, ossia all?elemento soggettivo dell?illecito. Riguarda, invece, le regole statistiche e probabilistiche necessarie per stabilire il collegamento di un certo evento ad un fatto. A queste condizioni possono essere risarcitianche i danni indiretti o mediati, purch? siano un effetto normale secondo il principio della cd. regolarit? causale. In questo senso va, quindi, condiviso il principio secondo cui, per accertare se una condotta umana sia o meno causa di un determinato evento, ? necessario stabilire un confronto tra le conseguenze che, secondo un giudizio di probabilit? ex ante, essa era idonea a provocare e le conseguenze in realt? verificatesi, le quali, ove non prevedibili ed evitabili, escludono il rapporto eziologico tra il comportamento umano e l?evento, sicch?, per la riconducibilit? dell?evento ad un determinato comportamento, non ? sufficiente che tra l?antecedente ed il dato conseguenziale sussista un rapporto di sequenza, occorrendo invece che tale rapporto integri gli estremi di una sequenza possibile, secondo un calcolo di regolarit? statistica, per cui l?evento appaia come una conseguenza non imprevedibile dell?antecedente (cfr. Cassazione 7801/86; 6071/04; 5962/02; 5913/00).
21.1. Quanto sopra detto in tema del requisito della prevedibilit?, per cos? dire statistica o materiale-naturalistica, necessita di opportuni adattamenti in tema di responsabilit? aquiliana da condotta omissiva colposa. Nell?imputazione per omissione colposa il giudizio causale assume come termine iniziale la condotta in quanto colposa e non la mera omissione materiale: rilievo che si traduce spesso nell?affermazione dell?esigenza, per l?imputazione della responsabilit?, che il danno sia una concretizzazione del rischio, che la norma di condotta violata tendeva a prevenire.
E? questa l?ipotesi per la quale si parla anche di mancanza di nesso causale di antigiuridicit? e che effettivamente non sembra estranea ad una corretta impostazione del problema causale.
Vi ?, quindi, un intreccio tra causalit? e colpa nell?ipotesi dicondotta omissiva (propria o impropria) colposa. La causalit? nell?omissione non pu? essere di ordine strettamente materiale, poich? ex nihilo nihil fit. Essa ? tuttavia accertabile attraverso un giudizio ipotetico: l?azione ipotizzata e colposamente omessa avrebbe impedito l?evento.
Ne risulta, quindi, rafforzata l?esigenza di un?indagine sul nesso tra l?evento lesivo e la norma comportamentale o giuridica che avrebbe imposto al convenuto-danneggiante di attivarsi per evitarlo, bench? anche in tal caso rimanga la distinzione tra accertamento della colpevolezza e quello della causalit?. 21.2. Cos? impostata la questione relativamente al nesso causale nell?ambito della responsabilit? aquiliana da condotta omissiva, va osservato che l?esatto principio secondo cui, non avendo l?articolo 2056Cc richiamato l?articolo 1225 Cc, quest?ultimo non si applica in tema di responsabilit? extracontrattuale, nella quale quindi, sono risarcibili sia i danni prevedibili che quelli imprevedibili, attiene al nesso di causalit? giuridica di cui all?articolo 1223 Cc (tra fatto illecito e danno) e non a quello di causalit? materiale di cui agli articoli 40 e 41 Cp (tra condotta e danno). E? stato infatti affermato (sia pure con riguardo alla responsabilit? contrattuale) che la prevedibilit? del danno richiesta dall?articolo 1225 Cc riguarda il danno considerato (non tanto nella sua intrinseca realt?), quanto nel suo concreto ammontare, s? che, ad integrare l?esistenza di tale requisito, non ? sufficiente il riferimento ad una astratta prevedibilit? del danno stesso, dovendo ritenersi, per converso, che il concreto ammontare del risarcimento non pu? eccedere l?entit? prevedibile nel momento in cui ? sorta l?obbligazione inadempiuta (Cassazione 3102/00; 3694/83;? 2555/89; 4236/82).
21.3. Da quanto sopra detto consegue che, finch? non erano conosciuti dalla scienza medica mondiale, i virus della HIV, HBC ed HCV e quindi i tests di identificazione degli stessi, proprio perch? l?evento infettivo da detti virus era gi? astrattamente inverisimile, poich? addirittura anche astrattamente sconosciuto, manca il nesso causale tra la condotta omissiva del Ministero e l?evento lesivo, in quanto all?interno delle serie causali non pu? darsi rilievo che a quelle soltanto che, nel momento in cui siproduce l?omissione causante e non successivamente, non appaiono del tutte inverosimili, tenuto conto della norma comportamentale o giuridica, che imponeva l?attivit? omessa.
22.1. Inoltre nella fattispecie la non conoscenza oggettiva dei virus in questione e l?impossibilit? di accertarne l?esistenza, se non da una certa data, rilevano anche sotto il profilo esclusivo della colpevolezza.
Premesso che nella fattispecie l?azione proposta nei confronti del Ministero ? quella di cui all?articolo 2043 e pertanto che pu? sussistere la responsabilit? del Ministero se il suo comportamento sia almeno colposo, va osservato che la responsabilit? del convenuto ? stata riconosciuta sulla base delle violazione degli obblighi di vigilanza, controllo, e direzione, che facevano capo al Ministero.
Per quanto sembri trattarsi di colpa specifica, in quanto trattasi violazione di regole espresse, che assegnavano tali obblighi al Ministero, tuttavia, poich? ? evidente che il legislatore non potesse conoscere prima ancora della Comunit? scientifica mondiale l?esistenza dei virus in questione, allorch? si va a determinare il contenuto concreto della condotta genericamente dovuta, ma omessa, ci? va necessariamente correlato alla prevedibilit? dell?evento che il Ministero avrebbe dovuto evitare.
22.2. Pur aderendosi ad una concezione oggettiva (o sociale) della colpa, e quindi di un apprezzamento in abstracto, il modello di comportamento richiesto non pu? non definirsi che con riferimento alle condizioni concrete nelle quali la condotta dannosa ? tenuta, ci? segnatamente allorch? il danno sia stato causato da un comportamento omissivo di un generico obbligo comportamentale.
In questo caso, stante l?atipicit? della condotta dovuta, la responsabilit? da omissione sorge, secondo l?ordinario criterio della colpa, ogni volta che il danno poteva essere prevenuto ed evitato, con giudizio ex ante fondato sulla prevedibilit? dello stesso.
In queste ipotesi la prevedibilit? ed evitabilit? del danno costituiscono requisiti essenziali nel contesto dei criteri per l?imputazione a titolo di colpa e per giudicare la natura colposa della condotta.
Da qui la necessit? che il fatto sia prevedibile, perch? ci? che ? imprevedibile ? anche, per definizione, non prevenibile (cfr.Cassazione 10723/96; 12124/03; 8828/03).
22.3. Premesso questo, appare del tutto corretta la decisione impugnata laddove, per stabilire la prevedibilit? del fatto, fa riferimento alla conoscenza del virus e del metodo per rilevarne l?esistenza.
Nella specie, quindi, correttamente la corte di merito ha escluso chepotesse sussistere una responsabilit? imputabile al Ministero per condotte tenute anteriormente alla prevedibilit? dei virus ed alla possibilit? materiale di rilevarne l?esistenza.
22.4. N? pu? ritenersi, come sostengono i ricorrenti che, poich? successivamente ? stato accertato che spesso i portatori-donatori del virus HBC erano anche portatori degli altri due tipi di virus, quanto meno dall?anno 1978 (data di conoscenza del virus dell?epatite B e del test per rilevarlo nei donatori, secondo la sentenza impugnata), il Ministero doveva ritenersi responsabile anche per i danni da infezione degli altri due virus.
Infatti le tre infezioni costituiscono tre differenti eventi lesivi, per cui, stante la struttura della responsabilit? civile di cui all?articolo 2043 Cc, la responsabilit? del convenuto Ministero vaaccertata, sia relativamente al nesso causale che alla colpevolezza, con riferimento ad ognuno dei tre virus, e quindi alla prevedibilit? degli stessi, con la conseguenza che, essendo stati conosciuti i virus HIV e HCV solo successivamente – rispettivamente anni 1985 e 1988 -, da dette date successive ? configurabile la responsabilit? del Ministero per gli stessi.
22.5. Ove, invece, si seguisse la tesi sostenuta dai ricorrenti si giungerebbe ad un?ipotesi di responsabilit? sconosciuta all?ordinamento ed ancora pi? rigorosa di quella cd. ?da rischio dello sviluppo? in tema di responsabilit? del produttore (pur dovendosi escludere che la fattispecie sia ivi inquadrabile, sia perch? il Ministero non ? un imprenditore della filiera della produzione e commercializzazione del prodotto ?sangue?, sia perch?, come ha osservato attenta dottrina, il sangue per trasfusioni ? fornito gratuitamente dal Ministero – vedasi anche l. 4.5.1990, n. 107).
Infatti, in tema di responsabilit? derivante da prodotti difettosi l?articolo 7 lett. e) della direttiva 85/374/Cee pone a carico del produttore che voglia esimersi dal cd. ?rischio dello sviluppo?, l?onere di dimostrare che – nel momento della messa in circolazione del prodotto – il livello pi? alto delle conoscenze della scienza e della tecnica non consentiva di scoprire l?esistenza del difetto del prodotto. Occorre poi che le conoscenze scientifiche e tecniche pertinenti fossero accessibili al momento della messa in commercio del prodotto (Corte Giustizia Comunit? Europee, 29/05/1997, n. 300 ; Comm. Ce c. Regno Unito Gran Bretagna e altri). L?articolo 6 lett. e) del Dpr 224/88, di attuazione della suddetta direttiva ha escluso la responsabilit? del produttore se lo stato delleconoscenze scientifiche e tecniche, al momento in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto, non permetteva ancora di considerare il prodotto come difettoso. Nella fattispecie la tesi sostenuta dai ricorrenti verrebbe, invece, a porre a carico del Ministero, che pure ? chiamato in giudizio esclusivamente a norma dell?articolo 2043 Cc, al di fuori da ogni ipotesi di presunzione di colpa o di responsabilit?, la responsabilit? per un evento lesivo sconosciuto a tutti e, quindi, come tale non evitabile.
Se cos? si operasse, attraverso l?individuazione della colpa e dell?ingiustizia come insite nella tenuta di comportamenti omissivi, si radicherebbe la responsabilit? in via preponderante sul presupposto della riconducibilit? causale del danno al comportamento del soggetto agente: ma ci? costituisce una riallocazione del dannosecondo un paradigma estraneo al sistema della responsabilit? civile (salve le specifiche ipotesi di responsabilit? oggettiva).
Ne consegue che il quarto motivo di ricorso va rigettato.
23.1. Cos? risolta la questione del nesso causale e della colpa nell?ambito della fattispecie, ne consegue, anzitutto, che non sussiste la lamentata violazione dell?articolo 112 Cpc, per essersi posto il giudice la questione attinente alla date in cui furono conosciuti rispettivamente i virus HIV, HBV ed HCV ed i sistemi di prevenzione.
Infatti, una volta ritenuto che solo con detta conoscenza e quindi, a seguito delle rispettive predette date, ciascuno evento lesivo diveniva prevedibile (e quindi prevenibile) e che detta prevedibilit? costituiva elemento integrante della struttura dell?illecito civile sia in relazione al nesso causale che alla colpevolezza nella proposta azione ex articolo 2043Cc, rientrava nel thema decidendum l?accertamento di dette date e quindi dell?esistenza del nesso causale e della colpevolezza.
23.2. Quanto all?onere della prova in merito all?epoca di conoscenza da parte della comunit? scientifica internazionale dei detti virus e dei metodi di individuazione e, quindi alle date, successivamente alle quali, dette specifiche infezioni da trasfusioni erano prevedibili e prevenibili, proprio perch? esse rifluiscono sulla prova del nesso causale e della colpa, esso ? a carico degli attori danneggiati e non del convenuto Ministero, come assumono i ricorrenti.
Infatti in materia di responsabilit? da fatto illecito la dimostrazione dell?attivit? lesiva dell?altrui diritto e del nesso di causalit? fra la condotta colposa ed il danno incombe al danneggiato, con la conseguenza che la ambiguit? od incertezza degli elementi di fatto che sorreggono la pretesa non possono risolversi in danno della parte che non ? tenuta all?onere della prova (Cassazione 103/82; Cassazione 6865/01; 7387/01).
23.3. Posto quindi a carico degli attori il suddetto onere della prova, va anzitutto osservato che non ? viziata la motivazione dell?impugnata sentenza, che ha fatto riferimento alle epoche in materia di conoscenza e di predisposizione di metodiche di individuazione dei virus HIV, HBC ed HCV, e non all?epoca in cui genericamente si era accertato che le trasfusioni di sangue o l?assunzione di emoderivati potevano veicolare infezioni virali.
Infatti, come sopra detto e come pi? specificamente si dir? in relazione al successivo quinto motivo di ricorso degli attori in temadi condanna generica, poich? occorre, ai fini del nesso causale e della colpa, che questi siano individuati in relazione ad uno specifico evento lesivo e non in relazione ad una generica pericolosit? delle trasfusioni, come possibile veicolo di infezioni (sotto questo profilo sarebbe sufficiente rilevare che gi? il Dm 3/6/1935, in G.U. 9.6.1935, all?articolo 5 statuiva l?obbligo di accertare con reazioni sierologiche che il donatore non fosse portatore di malattie trasmissibili, tra cui la lue), va osservato che non sussiste il vizio di motivazione dell?impugnata sentenza che ha accertato le predette date di conoscenza degli specifici virus e di scoperta dei tests di individuazione.
23.4. Quanto alla censura di vizio motivazionale dell?impugnata sentenza per non aver tenuto conto della ?prova puntuale offerta dai ricorrenti, circa l?esposizione a rischi di infezioni da emoderivati in epoca successiva ai primi anni 70? va osservato che essa ? inammissibile per una duplice ragione.
Anzitutto detta censura ? priva del requisito della specificit?, sotto il profilo dell?autosufficienza del ricorso, nei termini gi? indicati al punto 15.2., limitandosi la doglianza a richiamare la documentazione in atti, senza trascriverne il contenuto.
23.5. Inoltre la censura, prospettata con generico riferimento all?esposizione a rischi da infezioni per emotrasfusione o assunzioni di emoderivati, non ? conferente nei confronti della motivazione della sentenza (esatta, come sopra detto), secondo cui occorreva far riferimento non ad un generico rischio, ma ad un individuata conoscenza dei virus e dei tests diagnostici.
24.1. Infondata ? anche la censura secondo cui erratamente il giudice di appello avrebbe fatto ricorso al fatto notorio in merito agli anni (rispettivamente 1978, 1985 e 1988) di conoscenzascientifica dei virus (HBV, HIV ed HCV) e dei tests diagnostici.
Va, anzitutto, osservato che il giudice di merito (pag. 40 della sentenza impugnata) ha ritenuto di accertare dette date non solo sulla base del notorio, ma anche delle risultanze delle stesse certificazioni mediche in atti e delle indicazioni del Ministero appellante, non contestate specificamente da controparte.
Quanto alle cd. ?indicazioni? del Ministero convenuto, una volta ritenuto che l?onere della prova gravava sugli attori in merito a dette date, esse non costituiscono altro che punto pacifico dell?eziologia e della prevedibilit? delle infezioni a decorrere almeno dalle predette date, esentando quindi gli attori dall?onere di dover fornire la prova quanto meno da tali decorrenze.
Quanto alla censura che dette ?indicazioni? del Ministero in ogni caso erano state contestate, la censura si risolve in un travisamentodel fatto processuale, avendo il giudice di merito ritenuto insussistente una contestazione, che invece, vi sarebbe stata, con la conseguenza che la censura in questa sede di legittimit? ? inammissibile, dovendo la stessa essere fatta valere con il rimedio revocatorio di cui all?articolo 395, n. 4 Cpc.
24.2. Infondata ? anche la censura di errata applicazione dell?istituto del notorio.
Il fatto notorio, derogando al principio dispositivo ed a quello del contraddittorio e dando luogo a prove non fornite dalle parti e relative a fatti da esse non vagliati e controllati, deve essere inteso in senso rigoroso, cio? come fatto acquisito con tale grado di certezza da apparire indubitabile ed incontestabile, e non quale evento o situazione oggetto della mera conoscenza del singolo giudice. Conseguentemente, per aversi fatto notorio occorre, in primo luogo, che si tratti di un fatto che si imponga all?osservazione ed alla percezione della collettivit?, di modo che questa possa compiere per suo conto la valutazione critica necessaria per riscontrarlo, sicch? al giudice non resti che constatarne gli effetti e valutarlo soltanto ai fini delle conseguenze giuridiche che ne derivano; in secondo luogo, occorre che si tratti di un fatto di comune conoscenza, anche se limitatamente al luogo ove esso ? invocato, o perch? appartiene alla cultura media della collettivit?, ivi stanziata, o perch? le sue ripercussioni sono tanto ampie ed immediate che la collettivit? ne faccia esperienza comune anche in vista della sua incidenza sull?interesse pubblico che spinge ciascuno dei componenti della collettivit? stessa a conoscerlo (Cassazione 7181/99; 267/95).
24.3. Secondo un pi? estensivo orientamento, al giudice ? data la possibilit? di far capo anche alla comune cultura di una specifica e, se del caso, particolarmente qualificata cerchia sociale – definita come insieme di persone aventi tra loro una comunanza di interessi – cos? da far assurgere all?alveo del notorio anche nozioni sicuramente esorbitanti da quella cultura media che rappresenta il naturale parametro della nozione in oggetto (Cassazione 5809/01).
Per quanto si sostenga correttamente che non pu? esservi fatto notorio in relazione a specifiche nozioni o giudizi tecnici, per i quali sia necessaria un?adeguata conoscenza tecnica, ci? che va posto in rilievo ? che il fatto tecnico, sia pure a livelli semplicizzati, pu? diventare notorio allorch? la collettivit? sia periodicamente sensibilizzata sul punto dalla stampa e dagli altri mezzi di comunicazione di massa o da altre forme pubblicitarie (ad esempio: il fumo di sigarette provoca il cancro e malattievascolari)(cfr. Cassazione 9057/95). Stabilire, poi, se un certo fatto, con i requisiti suddetti, sia divenuto patrimonio della conoscenza diffusa della collettivit? integra un accertamento di fatto non censurabile in sede di Cassazione, se non per vizio di motivazione. Nella fattispecie il fatto notorio addotto dalla sentenza impugnata non attiene, se non superficialmente e quindi in modo del tutto idoneo a rientrare nel patrimonio delle conoscenze comuni della collettivit?, ad un fatto tecnico (possibile causa delle infezioni in questione da trasfusioni o da assunzione di derivati con sangue infetto). Esso attiene soprattutto ad un fatto storico: epoca di individuazione dei tre tipi di virus e dei tests diagnostici. Tenuto conto dell?ampia e capillare diffusione di tali tematiche da parte dei mezzi di comunicazione di massa – anche ai fini di prevenzione segnatamente, ma non solo, negli anni diriferimento, non ? viziata la valutazione, data dal giudice di merito, di notoriet? di tali fatti.
25. Con il quinto motivo del ricorso principale n. 29407 del 2001 e del ricorso incidentale n. 3086 del 2002, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell?articolo 278 Cpc.
Lamentano i ricorrenti che la sentenza impugnata ha disatteso i principi in tema di sentenza di condanna generica, come era stata richiesta, in quanto essa non si ? limitata all?accertamento della mera esistenza del diritto al risarcimento, e quindi dell?esistenza di un fatto illecito solo potenzialmente dannoso, ma ? passata all?esame specifico delle posizioni dei singoli attori ed interventori, giungendo ad un esame di merito, incompatibile con i limiti sopra descritti.
26.1. Il motivo ? infondato e va rigettato.
In linea di principio va ribadito che la condanna generica al risarcimento del danno, avendo come contenuto una mera ?declaratoria iuris? postula, quale presupposto necessario e sufficiente a legittimarla, l?accertamento di un fatto ritenuto dal giudice, alla stregua di un giudizio di probabilit?, potenzialmente produttivo di conseguenze dannose, restando impregiudicato l?accertamento, riservato al giudice della liquidazione, dell?esistenza e dell?indentit? del danno, nonch? del nesso di causalit? tra questo ed il fatto illecito. Ricorrendo il detto presupposto, la condanna generica pu? essere negata solo quando risulti in concreto provato che ogni danno astrattamente possibile ? mancato o che non pu? configurarsi un rapporto di causalit? tra il fatto illecito e i dedotti effetti dannosi (Cassazione 4511/97; 4467/94; 2603/97).
La censura, pertanto, sarebbe esatta se la Corte nel caso di specie avesse accertato una condotta illecita positiva del Ministero responsabile.
26.2. Ma cos? non ?, poich? la sentenza impugnata ha accertato l?illiceit? di una condotta omissiva del Ministero.
Come sopra si ? gi? accennato, l?omissione si pone come antecedente causale del danno solo perch? una valutazione giuridica la rende tale. Infatti in tali casi l?indagine sulla responsabilit? muove dall?evento dannoso, il quale avrebbe potuto essere modificato o evitato, se l?azione, dovuta e predisposta per impedirlo, fosse stata posta in essere e cio?, per quanto ci occupa, dall?accertamento che il contagio fosse ?conseguito? effettivamente all?omissione dei comportamenti dovuti dal Ministero relativamente alle emotrasfusioni o ad assunzioni di emoderivati.
Ci? ha portato attenta dottrina a ritenere che al cospetto di un?omissione avremo soltanto la causalit? giuridica tra il fatto omissivo ed il danno.
Pur senza giungere ovviamente a tale estremo, si deve tuttavia osservare che – tenuto conto di quanto sopra detto e segnatamente al punto 21.1. – correttamente la sentenza impugnata ha dovuto accertare la causalit? esistente tra la condotta omissiva ed il contagio, e per far ci? ha dovuto incrociare l?accertamento medico-legale (basato sulle certificazioni in atti) relativo al prodursi del contagio dall?assunzione di emoderivati o da emotrasfusione con l?ambito eziologico-temporale assegnato all?omissione contraria alla norma accertata a carico del Ministero, per concludere che l?omesso controllo della p.a. fosse causa materiale-giuridica dell?evento dannoso, e quindi, nei confronti dei soggetti per i quali ci? era stato accertato, di tutti i danni sopportati, con esclusione degli altri attori, per i quali ci? non risultava egualmente accertato.
26.3. Al giudice del quantum residua il compito di accertare la sussistenza di tali danni, ma non certo di rinnovare il giudizio di causalit? tra l?evento dannoso ed il fatto illecito omissivo.
Ci? comporta che non ? possibile negare nel giudizio sul quantum che sussista un rapporto di causalit? tra l?omissione ed eventi dannosi dedotti, poich? a monte del giudizio sul quantum vi ? una sentenza che dichiara l?an di una responsabilit? da fatto illecito omissivo, la quale ha dovuto accertare la causalit? fra l?evento dannoso e l?omissione, non limitata ad una valutazione naturalistica, ma estesa anche ad una valutazione giuridica della condotta omessa, dovuta proprio per impedire quello specifico evento (cfr. articolo 40, comma 2, Cpp).
27. In definitiva vanno rigettati i ricorsi nelle parti relative alla controversia tra il Ministero della Salute e XXXXX, ******, *********.
I ricorsi relativi alla controversia tra il Ministero e le altre parti vanno dichiarati inammissibili, per sopravvenuta carenza di interesse.
Esistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

PQM

Riunisce i ricorsi. Rigetta i ricorsi nelle parti relative alla controversia tra il Ministero della Salute e XXXX, YYYYY, ZZZZ nonch? gli eredi di XXXX, YYYYY, ZZZZ.? Dichiara inammissibili i ricorsi relativi alla controversia tra il Ministero e le altre parti, per sopravvenuta carenza di interesse.Compensa tra tutte le parti le spese di questo giudizio di Cassazione.

sentenza

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