Danni da vacanza rovinata: si al risarcimento, anche in assenza di specifica allegazione e prova, quando è accertato l’inadempimento contrattuale del tour operator

Redazione 15/05/12
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Anna Costagliola

In tema di danno non patrimoniale da «vacanza rovinata», inteso come disagio psico-fisico conseguente alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, della vacanza programmata, la raggiunta prova dell’inadempimento dell’operatore turistico esaurisce in sé anche la prova del verificarsi del danno. Ciò sia in considerazione del fatto che gli stati psichici interiori dell’attore non possono formare oggetto di prova diretta, sia in quanto essi sono desumibili dalla stessa mancata realizzazione della finalità turistica che qualifica il contratto, essenziale all’attuazione dello scopo vacanziero. È questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 7256 dell’11 maggio 2012 con cui ha risposto positivamente al quesito se, nell’ipotesi di inadempimento o di inesatta esecuzione del contratto nella disciplina che regolamenta i «pacchetti turistici», il danno non patrimoniale da vacanza rovinata, quale pregiudizio conseguente alla lesione dell’interesse del turista di godere appieno del viaggio organizzato come occasione di piacere e di riposo, sia risarcibile ex art. 2059 c.c.

Già Cass. 4372/2012 aveva rilevato che la risarcibilità del danno in questione «è prevista dalla legge, oltre che costantemente predicata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea». In effetti, sottolineano gli Ermellini nella sentenza in oggetto, la legislazione di settore concernente i «pacchetti turistici», emanata in attuazione della normativa comunitaria di tutela del consumatore, come interpretata dalla stessa Corte di Giustizia europea, ha reso rilevante l’interesse del turista al pieno godimento del viaggio organizzato, prevedendo il risarcimento dei pregiudizi non patrimoniali (disagio psico-fisico che si accompagna alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, della vacanza programmata) subiti per effetto dell’inadempimento contrattuale.

Quanto alla questione circa la necessità che la lesione dell’interesse alla vacanza rovinata debba rivestire il carattere della gravità, e che pertanto essa, per essere risarcibile, debba superare una soglia minima di tollerabilità, la Corte di legittimità richiama i principi di correttezza e buona fede oggettiva che devono informare il contratto in ogni sua fase, nonché quelli di contemperamento dei contrapposti interessi, per cui la richiesta di risarcimento per disagi e fastidi da qualificarsi minimi si risolverebbe in un abuso, in danno del debitore, della tutela accordata al consumatore/creditore. Tuttavia, in mancanza di espresse delimitazioni normative, compete al giudice del merito valutare il superamento o meno della soglia minima di tollerabilità del danno subito, avuto riguardo alla causa in concreto emergente dal complessivo assetto contrattuale. L’esito positivo di detta valutazione può addirittura risultare implicito quando, come nel caso di specie, la vicenda trattata, ovvero il «viaggio di nozze», assume i connotati di un evento irripetibile per gli sposi.

Infine, in ordine alla necessità di una ulteriore, specifica allegazione e prova, una volta accertato l’inadempimento contrattuale, del danno non patrimoniale da vacanza rovinata, la Corte si è pronunciata in senso negativo. A sostegno della propria tesi, i giudici del Supremo consesso argomentano dalla interazione dei consolidati principi in tema di onere della prova dell’inadempimento contrattuale e in tema di danno-conseguenza del risarcimento con la peculiarità del contratto di pacchetto turistico, la cui causa è connotata dall’esclusivo perseguimento di interessi non patrimoniali, a differenza della generalità dei contratti. Ciò implica che la raggiunta prova dell’inadempimento esaurisce in sé anche la prova del verificarsi del danno.

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