Linee guida, diverso grado di cogenza
Per quanto concerne, in particolare, le Linee guida, si è ripetutamente affermato che esse costituiscono delle raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante una revisione sistematiche della letteratura e delle opinioni scientifiche, al fine di aiutare medici e pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche. La dottrina epistemologica italiana ha poi osservato, in proposito, che le linee guida possono avere un diverso grado di cogenza, presuppongono l’esistenza e la plausibilità di molteplici comportamenti degli esercenti le professioni sanitarie, a fronte della medesima situazione, e sono volte a ridurre la variabilità e soggettivizzazione dei comportamenti clinici.
Non esauriscono il sapere scientifico
Va aggiunto inoltre che le linee guida, di per sé, non esauriscono il sapere scientifico che deve trovare ingresso nel processo, poiché se a volte contengono vere e proprie cautele – ad esempio quando regolano attività medica pericolosa – in altri casi si sostanziano in mere regole di giudizio della perizia del medico. Non risulta pertanto conforme alla legge la motivazione di una sentenza – proprio come nel caso di specie – che si limiti ad enunciare la regola di comportamento desumibile dalle linee guida (che si assume violata), senza specificare se si tratti di regola cautelare o di regola di giudizio della perizia del sanitario.
Ciò a maggior ragione, ora che la Legge Gelli – Bianco ha introdotto una causa di non punibilità riservata alla condotta imperita, e risulta ancora più importante definire con maggior chiarezza possibile ogni segmento del caso concreto e discernere se ci si trovi in presenza di imperizia, piuttosto che di negligenza ed imprudenza.
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