Dal rispetto delle regole allo sviluppo economico

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         E’ apparsa recentemente su “Le Scienze” la notizia di un esperimento svolto dai ricercatori dell’Università di Erfurt, in Germania, e della London School of Economics, in base al quale 84 studenti hanno partecipato a un gioco finanziario in cui, forniti di un capitale iniziale di 20 gettoni da investire o da tenere sul conto, potevano scegliere se entrare in un gruppo in cui non vi erano sanzioni e quindi regole, oppure scegliere di entrare in una squadra in cui si potevano sanzionare a proprie spese coloro che violavano le regole e non collaboravano.

         Inizialmente i 2/3 hanno scelto il gruppo non punitivo, ma dopo qualche tempo, si sono accorti che venivano esternalizzati sul gruppo attraverso comportamenti opportunistici i costi individuali, in parole semplici vi era troppa libertà per gli scrocconi, la convenienza della collaborazione veniva meno a causa dell’aumento dei costi per il controllo vicendevole. Vi è stato pertanto il passaggio progressivo all’altro gruppo in cui la collaborazione era migliore e il relativo guadagno più alto con un minore stress.

         Alla fine il gruppo senza regole era svuotato, al contrario dell’altro in cui si era raggiunta una notevole collaborazione senza dovere applicare di fatto sanzioni, in quanto la loro applicazione immediata ai primi tentativi di violazione delle regole cooperative aveva sufficientemente reso certe la loro applicazione, si era di fatto introdotta una cultura della “legalità cooperativa” che si rifletteva sul piano economico.

         Quanto finora detto va a collegarsi al concetto di cooperazione come gioco ripetitivo nel quale la certezza dei comportamenti deriva anche dalla stabilità dei rapporti tra i membri del gruppo, che semplificano il problema della coordinazione attraverso la standardizzazione (es. le convenzioni sociali) e ripetizione degli scambi ( Aumann).

         Viene confermata la Teoria dell’altruismo reciproco ( R.L.Trivers ), secondo la quale la società si fonda su una miscela di cooperazione e competizione in cui l’eccesso di individualismo compromette e riduce la possibilità di sopravvivenza collettiva. Pertanto la continuità dei rapporti facilita lo scambio riducendo il calcolo immediato del dare e avere, ossia della speculazione a breve, in favore di un bilanciamento più a lungo termine, ossia di un investimento collettivo protratto nel tempo.

         Come in tutti gli scambi economici il valore della merce cooperazione, quale derivato della fiducia nata dal rispetto delle regole, aumenta al suo scarseggiare, diventa pertanto fondamentale scoraggiare comportamenti opportunistici che sconfinino sullo sfruttamento, in termini sociali rispettare le regole collettive sanzionando rapidamente i violatori tal che aumentino per questi i costi per le eventuali violazioni (Economia comportamentale).

         La “certezza del diritto” non è altro che la necessità di prevedere le singole azioni in rapporto alla funzionalità economica dell’agire collettivo, considerando che l’inganno e lo sfruttamento attivano sentimenti profondi di ostilità tali da disgregare il valore produttivo del gruppo, si che i valori etici acquistano la funzione di strategie per la sopravvivenza degli individui nel loro agire in gruppo (Damasio) mediante la introitazione delle regole comportamentali evitando altresì il costo collettivo e individuale delle sanzioni.

         Tuttavia il crescere della complessità sociale e quindi economica, porta al crescere della regolamentazione ma anche della complessità interpretativa, nel mantenere la necessità di una applicazione della sanzione in termini rapidi al fine di favorire la cooperazione, nasce la difficoltà di evitare un eccesso di regolamentazione che di fatto si risolva in una non regolamentazione, occorrono pertanto obiettivi precisi e condivisi, con una classe dirigente consapevole del ruolo e delle proprie azioni. Si tratta di fatto di un aspetto culturale, come dimostrato dai recenti studi sui Sukuma   i quali disponendo di regole condivise che favoriscono la fiducia organizzativa sono in grado di elaborare sistemi efficienti di giustizia.

         Se vi è alla base questo aspetto culturale esistono marcatori, anche semplicemente fisici, che permettono di riconoscersi fra i membri del gruppo e questo ancor più nelle zone di confine dove vi sono altri gruppi portatori di altri valori (Teoria dell’evoluzione culturale).

         Detto questo, in un buon gruppo l’efficienza deriva dalla mescolanza in dosi ottimali di tre tipologie di personalità, la cooperativa (generosa), l’individualista (egoista) e la reciprocatoria (cauti), ossia di coloro che prima di muoversi aspettano di vedere le mosse degli altri ( Kurzban & Hauser), dato per scontato che la maggior parte ( > 60%) è reciprocatoria, pertanto si adatta, l’equilibrio verrà di fatto stabilito fra le prime due tipologie, con una chiara prevalenza dei cooperativi sugli individualisti, i quali seppure utili per le loro iniziative, non dovranno prevalere disgregando il sistema delle regole ma essere elementi di perfezionamento delle stesse attraverso le innovazioni introdotte e metabolizzate dal gruppo.

BIBLIOGRAFIA

  • D. Cipollini, Punizione uguale cooperazione, in “Le Scienze”, 36, 6/2006;
  • Auman, La diplomazia della violenza, Il Mulino;
  • C. M. Holmes, Cultural variation, decision making, and local institutions: An examination of fuelwood use in Western Tanzania, in “Society and Natural Resources”, vol. 18, pp. 1-13, 2005;
  • B. Paciotti e C. Hadley, The ultimatum game i southwestern Tanzania: Ethnic variation and institutional scope, in “Current Anthropology”, vol. 44, pp. 427 – 432, 2003;
  • V. Murelli, Cooperatori, reciprocatori o corridori liberi?, in “Le Scienze”, 44-45, 3/2005;
  • F. B. M. De Waal, The Chimpanzee’s Service Economy: Food for Grooming, in “Evolution and Human Behavoir”, vol. 18, n. 6, pp. 375-386, 1997.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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