Da un’ amministrazione “per atti” ad un’ “amministrazione per programmi, progetti e risultati”: il piano esecutivo di gestione nel quadro delle autonomie locali.

Ivan Caradonna 22/12/05
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Il percorso travagliato svolto dal principio della distinzione delle competenze tra Organi politici e gestionali nell?ambito dell?amministrazione degli Enti Locali, a far data dall?adozione del D.Lgs. 18.08.2000, n.267, ha raggiunto -sulla scorta di una pi? che decennale spinta riformista adottata in materia dal Legislatore nazionale- una sua perfettibile definizione.

Con l’emanazione del sopra citato Testo Unico delle Leggi sull?ordinamento degli Enti Locali, infatti, l?Organo di massima espressione della sovranit? popolare ha perseguito l’intento di delineare un assetto stabile di attribuzioni fondato sull?individuazione della fonte normativa primaria quale elemento irrinunciabile di distinzione tra le rispettive competenze della Giunta, del Consiglio, nonch? della Dirigenza delle Autonomie Locali.

La ?programmazione?, cos? come gi? delineata dal D.Lgs.77/95 recante norme sull?ordinamento finanziario e contabile degli Enti locali e confermata dal T.U.E.L., si configura come una serie procedimentale di atti di pianificazione strategica, trovando il suo miglior pregio nella possibilit? sia di aggiornare quanto definito precedentemente, sia di verificare anno dopo anno- per ogni singola fase e/o segmento del programma- lo stato di avanzamento dello stesso su un piano di valutazione diacronica.

Tale tipologia di procedimento permette di monitorare l’efficacia, l?efficienza e l?economicit? dell’azione amministrativa condotta e, conseguentemente, di apportare alla stessa ogni eventuale correttivo che si renda necessario rispetto all?obiettivo del conseguimento dei risultati prefissati.

Precedentemente all’emanazione della L.8.6.1990,n.142 sull?ordinamento delle Autonomie locali il ruolo di quest?ultime era relegato a mera funzione di ausilio all?attivit? di programmazione della Regione.

Il rilievo dell?attivit? di programmazione negli Enti Locali viene ad assumere rilievo solo all’inizio degli anni ottanta : il Decreto Legislativo 55/83 introduce l’obbligo per gli Enti Locali di redigere una ?relazione previsionale e programmatica? da allegare al Bilancio di esercizio finanziario. Quest?ultima appariva -almeno nelle intenzioni del Legislatore- come lo strumento principe di programmazione strategica dell’azione amministrativa.

E? appena il caso di osservare, tuttavia, che la fonte normativa sopra citata risultava scevra da qualsivoglia schema cui uniformare il predetto documento.

I principi che presidiavano alla necessit? di collocare in una posizione di centralit? l?attivit? di programmazione hanno ottenuto un primo riconoscimento esplicito dalla Legge di riordino delle autonomie locali (L.142/90) ed in particolar modo all?art. 55.

Le predette disposizioni sono state successivamente riproposte integralmente nel Testo Unico degli Enti Locali, che riunisce e coordina le disposizioni legislative vigenti in materia di ordinamento dei Comuni, delle Province e delle loro Forme associative.

Il principio di separazione tra gli ambiti di pertinenza strettamente politici e quelli di natura gestionale,inoltre, ha necessariamente indotto l’adozione non solo di nuovi modelli organizzativi, ma anche di rinnovati processi operativi, nonch? di innovativi strumenti contabili ?tutti relativi all’attivit? di programmazione- che hanno inciso profondamente non solo sugli assetti fra Organi di rappresentanza politica ed Organi di natura tecnico-burocratica, ma anche -se non soprattutto- sullo svolgimento ed articolazione della stessa attivit? amministrativa dei Poteri locali.

Il Piano Esecutivo di Gestione rappresenta, infatti, nell’ambito del procedimento di programmazione dell?Ente locale, una delle novit? pi? rilevanti e foriere di una diversa accezione di azione amministrativa nel quadro delle Pubbliche Amministrazioni Locali. Difatti, l’art. 169 del T.U.E.L., assumendo il contenuto normativo dell’art. 11 del D.Lgs.77/95, stabilisce che, sulla base del Bilancio di previsione annuale deliberato dal Consiglio, l?Organo esecutivo definisce prima dell’esercizio finanziario il P. E. , determinando quindi gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai Responsabili dei Servizi.

Nell’ottica, quindi, della separazione tra le competenze degli Organi politici e quelle degli Organi dirigenziali il PEG, unitamente alla Relazione previsionale e programmatica, risulta essere lo strumento che collega gli indirizzi politici con la pianificazione operativa rappresentando, perci? solo, l’anello di congiunzione tra il livello di responsabilit? politica e l?apparato burocratico.

Il Piano Esecutivo di Gestione, infatti, rappresenta il naturale completamento del sistema dei documenti di programmazione degli Enti locali:esso consente di affiancare a strumenti di pianificazione strategica (relazione previsionale e programmatica e bilancio pluriennale) un valido strumento di budgeting in cui sono esplicitati per ciascun centro di responsabilit? gli obiettivi, le risorse e le responsabilit? di gestione.

Ci? consente di definire preventivamente le linee d’azione da seguire per realizzare gli obiettivi, di fissare la misura temporale occorrente per raggiungerli, di individuare le risorse necessarie, di valutare se gli obiettivi vengono realizzati e se l’azione programmata deve essere rivista.

Il Piano Eesecutivo di Gestione si appalesa, quindi, come uno strumento indispensabile per la direzione di tutte le attivit? dell?Ente locale che derivano dall’esercizio delle funzioni di indirizzo proprie degli Organi di governo.

L’equilibrio economico-finanziario dell?Ente ? legato allo studio ed allo sviluppo di nuovi processi, alla ricerca di nuove linee d’azione, di nuove tecnologie, di rinnovate metodiche di utilizzo del capitale umano e finanziario.

Tale obiettivo prevede necessariamente una concertata attivit? di pianificazione e programmazione. Con la prima, effettuato lo studio dell’ambiente socio-economico di riferimento, si pu? arrivare ad avere contezza degli ambiti nei quali applicare le progettualit? dell?Ente locale territoriale.

Con la programmazione, invece, si ? in grado di fornire su di un piano strettamente quantitativo i piani e le politiche istituzionali: determinare obiettivi di risultato, sviluppare programmi di spesa tenendo conto dei programmi e delle politiche fiscali, fissare gli standards di prestazione per i Soggetti investiti di responsabilit?.

La disciplina del Piano Esecutivo di Gestione ? definita dall’art.169 del D.Lgs. 267/00, che ne individua le caratteristiche, la natura ed il contenuto. La norma riconosce al P.E.G. un collegamento intrinseco con gli altri documenti di bilancio deliberati dal Consiglio,costituendone il dettaglio operativo, e ne stabilisce l’approvazione ?sulla base del bilancio di previsione annuale?.

Il P.E.G. viene definito, prima dell’esercizio finanziario, dall?Organo esecutivo che, sulla base del bilancio di previsione annuale deliberato dal Consiglio, lo adotta determinando gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi -unitamente alle dotazioni umane, strumentali e finanziarie necessarie- ai Responsabili dei Servizi.

Il documento prevede dunque una stretta connessione con il Bilancio annuale di previsione attraverso un meccanismo che vede coinvolti tre soggetti – Consiglio, Giunta e Dirigente – su due diversi livelli di autorizzazione: un primo livello, dal Consiglio alla Giunta, attraverso il Bilancio; un secondo livello di autorizzazione, dalla Giunta al Dirigente, attraverso l’attribuzione degli obiettivi e delle necessarie risorse.

Il dettaglio del Piano Esecutivo di Gestione deve essere, inoltre, necessariamente pi? ricco rispetto al Bilancio che ?, e resta, un documento di autorizzazione di tipo esclusivamente politico-finanzaiario, a mezzo del quale sono individuati gli obiettivi strategici dell?Ente e viene attribuita a ciascun obiettivo una quantit? congrua di risorse: fissato in Bilancio l’obiettivo strategico e stanziati i relativi finanziamenti, il Consiglio lascia all?Organo esecutivo la determinazione, attraverso la redazione del P.E.G., delle modalit? di attuazione degli obiettivi fissati.

L’indicazione offerta dal Legislatore sulle modalit? di redazione del documento di programmazione operativa, per?, pu? lasciare erroneamente desumere che la costruzione del P.E.G. debba essere successiva alla redazione del Bilancio di previsione.

Tuttavia , al fine dell?elaborazione di una corretta attivit? di programmazione ? necessario un processo a contrario di carattere deduttivo che consenta di risalire al dato generale solo dopo l?analisi dal dato particolare. La formazione del P.E.G., difatti, deve giocoforza prendere le mosse dai dati relativi all?esercizio finanziario in corso per poter predisporre una proiezione di quella che potrebbe essere la spesa per gli esercizi successivi. I Responsabili riescono, infatti, a formulare delle proposte sulla base di questi dati e sulla scorta delle indicazioni fornite dalla Giunta, anche in relazione alla programmazione pluriennale gi? approvata; successivamente la Giunta provveder? ad individuare il Piano pi? pertinente agli indirizzi politici dell?Amministrazione.

Il Piano Esecutivo di Gestione risulta, pertanto, radicalmente differente per natura e fini dai documenti di bilancio poich? questi riguardano una programmazione di tipo ?strategico? mentre il primo,oltre agli elementi finanziari, contiene sia la determinazione degli obiettivi di gestione, sia l’individuazione degli strumenti e delle dotazioni organiche da impiegare per la realizzazione degli stessi. Il P.E.G. consiste,quindi, in un documento di programmazione c.d.?operativa?.

Da quanto premesso si evidenzia che la competenza nella definizione -e conseguentemente nell’approvazione- del P.E.G. risulta divergente rispetto al Bilancio: il Bilancio ? approvato dall?Organo consiliare, il P.E.G. dall?Organo esecutivo che non pu? comunque prescindere dai contenuti nel Documento di bilancio medesimo.

Con l?art. 11 del Decreto Legislativo 77/95, totalmente invariato nella stesura dell?art. 169 del D.Lgs. 267/00, si ? passati quindi da un’amministrazione ?per atti? ad un’amministrazione ?per programmi, progetti e risultati?, che ha indotto il legislatore ad introdurre il controllo di gestione negli Enti locali, con l’obiettivo di monitorarne lo svolgimento delle attivit? ed allo stesso tempo di disporre di strumenti adeguati per la valutazione degli obbiettivi raggiunti.La norma definisce, altres?, il ruolo che il P.E.G. riveste nell’ambito della separazione tra funzione di indirizzo e controllo,di competenza degli amministratori, e funzione gestionale spettante ai responsabili dei servizi, individuando gli obiettivi della gestione ed affidandoli ai Responsabili dei differenti Servizi con le relative dotazioni, sia di persone sia di mezzi materiali, necessarie allo svolgimento delle rispettive attivit?.

Il P.E.G. costituisce,quindi,un documento formale che contiene, in termini quantitativi, i programmi e le politiche direzionali per un periodo determinato ed opera come quadro rappresentativo dell?azione dei pubblici Poteri locali in relazione ad un determinato e specifica scansione temporale.

.La norma, inoltre, non indica alcun modello particolare di P.E.G.: ogni Ente, in base alla propria potest? regolamentare, pu? definirne sia la configurazione sia gli aspetti procedurali risultando il P.E.G. un documento a ?schema libero? ed orientato ad un livello elevato di flessibilit? che consente di articolarlo a seconda del sistema di individuazione delle responsabilit? adottato dalla singola Istituzione locale. Risulta opportuno, quindi, predisporre il documento di gestione confezionandolo su misura per ciascun Ente, tenendo conto della peculiarit? ambientale, della tipologia dei servizi da erogare, della diversa codificazione dei rapporti tra gli Amministratore e la Dirigenza.

Il T.U.E.L., confermando quanto gi? disposto dal Decreto Legislativo 77/95, non prevede, inoltre, alcuna verifica consuntiva del Piano esecutivo di gestione.Tuttavia la logica del novellato ordinamento contabile – specie in ambienti dinamici, quali quelli in cui operano gli Enti Locali, che necessitano di rapidi assestamenti dei programmi – renderebbe quantomeno opportuno un riscontro ex post. Ci? in quanto l’analisi dei risultati di gestione, non solo conferisce un pi? coerente significato al processo di pianificazione preventivamente definito ma rappresenta, altres?, il primo passo della programmazione del periodo successivo.

A differenza del Bilancio di previsione il P.E.G. ha una struttura analitica articolato in capitoli.

In questa prospettiva il P.E.G. ha una funzione di autentica ?disaggregazione?del bilancio ripartendo in capitoli sia le risorse sia gli interventi e frazionando i servizi della spesa in centri di costo. Una ?disaggregazione?, fra l?altro, per nulla rigida ma correlata alla dimensione dell?Ente, alla rete dei servizi resi, al volume degli affari intrapresi ed alla dotazione organica assegnata.

L’attribuzione, con l’adozione del Piano Esecutivo di Gestione, delle funzioni gestionali agli organi tecnici, coincide con l’acquisizione di poteri pi? ampi e meglio definiti, ma allo stesso tempo segna una dilatazione delle responsabilit? dirigenziali.

Agli Incaricati di posizioni organizzative ? riconosciuta la facolt? di impegnare all?esterno l?Amministrazione e di adottare atti e provvedimenti amministrativi a ci? necessari. E? altres? attribuito il complesso della gestione tecnica, amministrativa e finanziaria con il conseguente potere di spesa, nonch? l’insieme dei poteri necessari al buon andamento della Pubblica Amministrazione Locale.

Attraverso il P.E.G., infatti, la Giunta definisce in termini programmatici ed operativi le linee strategiche adottate dal Consiglio comunale e contenute nel bilancio pluriennale, nella relazione previsionale e programmatica e nel bilancio annuale.

Da quanto affermatosi evince la duplice importanza del P.E.G.: da un lato la sua adozione consente di verificare la rispondenza degli indirizzi politico-amministrativi impartiti dal Sindaco e dalla Giunta con quelli definiti dall?Organo consiliare; dall’altro definisce gli obiettivi di gestione da affidare ai Responsabili dei servizi.

Appare chiaro, quindi, che il P.E.G. rappresenta un formidabile strumento programmatico con il quale misurare sia la capacit? strategica degli organi di governo (Sindaco e Giunta) sia la correttezza e la coerenza della gestione. Un sincero sistema di controllo, infatti, non pu? prescindere dal P.E.G.: la verifica circa l?efficienza e l?economicit? dell’attivit? gestionale ed amministrativa (controllo di gestione) ha come suo presupposto la preventiva definizione del quadro degli obiettivi.

L’adozione del piano esecutivo di gestione, per espresso disposto normativo, ? obbligatoria solo per gli Enti locali con popolazione superiore ai 15.000 abitanti ma ? parimenti da ritenersi nella sostanza indispensabile per tutte le tipologie d?Autonomie Locali, a prescindere dal parametro demografico.

Quanto sopra anche al fine di consentire un puntuale controllo di gestione, obbligatorio a prescindere dalla dimensione dell?Ente medesimo.Risulterebbe opportuno, quindi, che anche gli Enti municipali con popolazione inferiore a 15 mila abitanti redigessero il Piano Esecutivo di Gestione poich? questo consente una gestione flessibile ed al contempo efficace ed economica delle risorse umane e finanziarie in luogo di una per forze di cose rigida qualora ricavabile esclusivamente dai documenti di bilancio. Il P.E.G. induce ineluttabilmente a fare delle considerazioni immediate sulle politiche pubbliche adottate ed adottande, importando conseguentemente un?adeguata ed opportuna organizzazione ed individuazione delle responsabilit? per ciascuna funzione assolta dell?Ente.

L?adozione del P.E.G. comporta, inoltre, necessariamente una prassi di ?concertazione condivisa?: non solo il complesso dei Dirigenti deve partecipare alla determinazione degli obiettivi specifici, ma anche tutti i membri di un singolo Settore devono essere chiamati a formulare gli obiettivi in armonia con i programmi degli altri Uffici, tentando di promuovere l’intesa per la risoluzione di comuni problemi di lavoro alla luce dei criteri di specificazione del principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione rappresentati dalla tempestivit?, opportunit?, cautela della e nell?azione amministrativa.

In buona sostanza, la gestione di un Ente attraverso il P.E.G. induce inevitabilmente ad effettuare diuturne analisi delle potenzialit? dell?Istituzione Locale e, parimenti, della domanda di politiche pubbliche provenienti del contesto socio-economico di riferimento; in ultimo, a verificare il progredire o meno dell?azione di perseguimento degli obiettivi prefissati individuando le cause d?eventuali ritardi ed/od omissioni.

Tali funzioni possono essere svolte soltanto se il P.E.G., nelle sue precipue declinazioni per ogni singola esperienza amministrativa locale si sottrarr? alla sua riduttiva qualificazione di mero adempimento amministrativo-contabile, per una sua pi? corretta identificazione in un irrinunciabile strumento organizzativo basato su un idoneo assetto delle competenze e su un sistema di procedure certe e definite.

Ivan Caradonna

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