Per espressa volontà del legislatore assurge a principio fondamentale per lo sviluppo economico e attua la piena tutela della concorrenza tra le imprese la previsione di cui all’art. 3 del D.L. 138/2011 in base al quale le autonomie territoriali (Comuni, Province, Regioni e Stato), devono adeguare i rispettivi ordinamenti all’obbligo di liberalizzazione dell’iniziativa e dell’attività economica privata, permettendo tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge.
Portata e dimensioni del principio sono, tuttavia, temperate dalla frapposizioni di alcuni limiti. Non possono infatti essere superati:
– i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali;
– i principi fondamentali della Costituzione;
– il danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e il contrasto con l’utilità sociale;
– le disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, la conservazione delle specie animali e vegetali, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale;
– le disposizioni che comportano effetti sulla finanza pubblica.
Gli enti locali devono recepire le nuove regole entro un anno dall’entrata in vigore dal decreto; l’adeguamento costituisce parametro di valutazione della virtuosità dei predetti enti ai sensi dell’art. 20, co. 3, D.L. 98/2011 (concessione di deroghe al patto di stabilità interno).
Per le amministrazioni statali invece le disposizioni normative incompatibili con il declamato principio decadranno automaticamente con conseguente diretta applicazione degli istituti della segnalazione di inizio di attività e dell’autocertificazione con controlli successivi. (Lilla Laperuta)