D.L. 138/2011 e gestioni in house: criteri più restrittivi

Redazione 06/09/11
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Per gestione in house s’intende l’esecuzione da parte delle  le pubbliche amministrazioni  delle attività di loro competenza attraverso propri organismi, senza quindi ricorrere al mercato per procurarsi, per la via dell’appalto, i lavori, i servizi e le forniture ad esse occorrenti o per erogare alla collettività (attraverso affidamenti a terzi) prestazioni di pubblico servizio.

Le società in house sono, in conformità ai parametri fissati dall’ordinamento europeo, quelle: il cui capitale è interamente pubblico, sulle quali l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale pubblico esercitano un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che realizzano la parte più importante della loro attività con l’ente o con gli enti pubblici che le controllano.

In materia è intervenuto il  D.L. 138/2011 prevedendo all’art. 4, comma 13 che la strada dell’affidamento in house dei servizi pubblici locali è percorribile come soluzione derogatoria rispetto alla gara o alla costituzione della società mista solo se il valore economico del servizio è pari od inferiore a 900 mila euro annui. Le società in house affidatarie dirette della gestione di servizi pubblici locali sono inoltre assoggettate, alla normativa in materia di contratti pubblici, all’adozione, mediante propri provvedimenti, di criteri e modalità in materia di reclutamento e di personale e conferimento degli incarichi, nonché al patto di stabilità interno, meccanismo questo che prevede dei limiti alla spesa pubblica degli enti locali per tenere sotto controllo l’indebitamento netto degli stessi enti territoriali. (Lilla Laperuta)

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