Corte UE: migranti non possono essere imprigionati per attraversamento illegale delle frontiere

Redazione 09/06/16
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Martedì scorso la Corte di giustizia europea ha stabilito che gli immigrati extracomunitari che entrano illegalmente nello spazio Schengen attraverso una frontiera interna non dovrebbero essere imprigionati unicamente su tale fondamento.

Gli Stati membri hanno tuttavia la possibilità di reprimere con la pena della reclusione reati diversi da quelli attinenti alla sola circostanza dell’irregolare ingresso, anche in situazioni in cui la procedura di rimpatrio non sia stata ancora conclusa.

La direttiva rimpatri

Secondo la «direttiva rimpatri», prima di essere sottoposto alla procedura di rimpatrio, un cittadino di un paese non UE non può essere recluso per il solo motivo del suo ingresso irregolare nel territorio di uno Stato membro attraverso una frontiera interna dello spazio Schengen.

Ciò vale anche nel caso in cui tale cittadino, in uscita dallo spazio Schengen, venga fermato durante il transito nel territorio dello Stato membro interessato e sia sottoposto a una procedura di riammissione nello Stato membro da cui proviene.

La giurisprudenza Achughbabian

Infatti, come esposto dalla Corte nella sua giurisprudenza Achughbabian, la «direttiva rimpatri» osta a qualsiasi normativa di uno Stato membro che reprime il soggiorno irregolare mediante la reclusione di un cittadino di un paese non UE nei confronti del quale non sia stata ancora conclusa la procedura di rimpatrio prevista da tale direttiva. Tale reclusione è infatti idonea a ostacolare l’applicazione della procedura stessa e a ritardare il rimpatrio, pregiudicando quindi l’effetto utile della direttiva.

In base a questa medesima giurisprudenza, detta direttiva consente tuttavia la reclusione di un tale cittadino nel caso in cui egli sia stato previamente sottoposto a tale procedura e continui a soggiornare in modo irregolare nel territorio dello Stato membro senza giustificato motivo. Inoltre, la direttiva non osta neppure a un trattenimento amministrativo finalizzato ad acclarare se il soggiorno di un cittadino di un paese non UE sia regolare o meno.

Perciò, la Corte precisa che ciò non esclude, tuttavia, la facoltà per gli Stati membri di reprimere con la pena della reclusione reati diversi da quelli attinenti alla sola circostanza dell’irregolare ingresso, anche in situazioni in cui la procedura di rimpatrio non sia stata ancora conclusa.

Redazione

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