Corte Ue: consumatori più tutelati nelle vendite transfrontaliere

Redazione 18/10/13
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Anna Costagliola

La Corte di Giustizia europea, con la sentenza 17 ottobre 2013 (causa C-218/12), si è pronunciata sulla questione pregiudiziale relativa all’interpretazione dell’art. 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia avente ad oggetto un’azione in materia di garanzia a seguito della conclusione di un contratto di compravendita di un autoveicolo usato.

In via preliminare la Corte osserva come l’articolo citato del regolamento del 2001 determina la competenza dei giudici in materia civile e commerciale seguendo il principio per cui i giudici competenti sono quelli dello Stato membro in cui il convenuto ha il domicilio. Tuttavia, nell’ambito dei contratti di consumo il convenuto può essere citato dinanzi ai giudici di un altro Stato membro qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgano nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, purché il contratto rientri nell’ambito di dette attività.

Nel caso de quo, in una località situata in Francia in prossimità del confine tedesco, il convenuto vendeva vetture usate e disponeva di un sito Internet sul quale erano indicati i numeri di telefono francesi e un numero di telefono cellulare tedesco. Presso detto venditore, di cui aveva appreso l’esistenza da conoscenti e non attraverso il suddetto sito internet, si recava un soggetto domiciliato in Germania, interessato proprio all’acquisto di un veicolo usato. Quest’ultimo, quindi, in qualità di consumatore, concludeva con il primo, presso i suoi locali, un contratto scritto di compravendita. A causa di problemi successivamente insorti, il venditore si è visto citare per un’azione di garanzia innanzi al giudice tedesco, ritenuto competente proprio in base al disposto dell’art. 15 del regolamento 44/2001. L’azione in giudizio innanzi a questo giudice ha tuttavia fatto emergere la questione, poi portata all’attenzione dei giudici di Lussemburgo, se nei casi in cui il sito Internet di un imprenditore sia diretto verso lo Stato membro del consumatore, l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento CE presupponga, quale ulteriore requisito non scritto, che il sito Internet dell’imprenditore abbia indotto il consumatore a concludere un contratto, ponendosi, pertanto, in relazione causale con la conclusione del contratto medesimo.

Per la Corte Ue l’applicazione di detta disposizione non è espressamente subordinata all’esistenza di un simile nesso di causalità. Risulta, infatti, dal tenore letterale di tale disposizione che essa si applica in presenza di due specifici requisiti. Occorre, da un lato, che il commerciante eserciti le proprie attività commerciali o professionali nello Stato membro in cui il consumatore è domiciliato ovvero che, con qualsiasi mezzo, egli diriga dette attività verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati comprendente il medesimo Stato membro e, dall’altro, che il contratto controverso rientri nell’ambito di dette attività.

D’altra parte, sottolineano ancora i giudici sulla scia di quanto già osservato dalla Commissione Ue, la necessità di una previa consultazione di un sito Internet da parte del consumatore potrebbe far sorgere problemi di natura probatoria, in particolare nel caso in cui il contratto, al pari di quello oggetto del procedimento principale, non sia stato concluso a distanza attraverso il sito medesimo. In una simile ipotesi, infatti, emergerebbero tutte le difficoltà legate alla prova dell’esistenza di un nesso di causalità tra il mezzo utilizzato per dirigere l’attività, vale a dire un sito Internet, e la conclusione del contratto.

Tutto ciò premesso, il supposto nesso di causalità, sebbene non costituisca un requisito non scritto cui sia subordinata l’applicazione dell’art. 15, paragrafo 1, lettera c), può nondimeno rappresentare secondo la Corte un indizio rilevante che il giudice nazionale può prendere in considerazione nel determinare se l’attività sia effettivamente diretta verso lo Stato membro di domicilio del consumatore.

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