Corte di Giustizia UE: è possibile il pagamento a forfait delll’avvocato

Redazione 29/08/16
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Per il diritto UE, è legale imporre un sistema che preveda tariffe forfettarie per il rimborso delle spese di assistenza legale a carico di parte soccombente.

In un procedimento riguardante i diritti di proprietà intellettuale, prevedere tariffe forfettarie per il rimborso delle spese di assistenza legale a carico della parte soccombente è conforme al diritto dell’Unione Europea. Questo quanto disposto dalla Corte di Giustizia dell’UE, quinta sezione, nella sua sentenza del 28 luglio scorso scaturita dalla domanda pregiudiziale sollevata dalla Corte d’Appello di Anversa, in Belgio, circa la causa C‑57/15.

La domanda pregiudiziale 

Una società titolare di un brevetto era ricorsa al giudice nazionale contro altra società per far accertare violazione del citato brevetto e, conseguentemente, per farle ingiungere di cessare tale violazione e per farla condannare alle spese. Ma il suo ricorso era stato respinto dal Tribunale Commerciale di Anversa, che aveva dichiarato nullo il brevetto e condannato la ricorrente al versamento all’altra società di un’indennità di procedura per il procedimento di primo grado pari a 11.000 euro, cioè l’importo massimo che, secondo la normativa belga, può essere richiesto per grado di giudizio per quanto riguarda gli onorari corrisposti al proprio avvocato.

Tuttavia, poiché la società chiamata in causa aveva considerato le spese sostenute ampiamente superiori all’importo summenzionato, ha lamentato come la normativa belga fosse contraria all’articolo 14 della direttiva 2004/48. Tale articolo infatti, impedisce agli Stati membri di fissare sia un limite massimo al rimborso per le spese di avvocato, sia la condizione della commissione di un fatto illecito al fine del rimborso delle altre spese sostenute dalla parte vittoriosa nella lite. 

La sentenza della Corte di Lussemburgo

Nel pronunciarsi sulla questione, la Corte Europea ha rammentato dapprima come l’articolo 14 della direttiva 2004/48/CE, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, sancisca il principio secondo il quale le spese giudiziarie sopportate dalla parte vittoriosa – ragionevoli e proporzionate – sono di norma a carico della parte soccombente, salvo il caso in cui il rispetto del principio di equità non vi si opponga. All’interno della nozione di “spese giudiziarie” che la parte soccombente è tenuta a rimborsare, sono inclusi, tra l’altro, gli onorari di avvocato. 

Secondo la norma richiamata, inoltre, s’impone agli Stati membri di garantire il rimborso delle sole spese giudiziarie “ragionevoli”. Al contempo, l’articolo 3, paragrafo 1, della citata direttiva prevede che le procedure previste dagli Stati membri non debbano essere inutilmente costose.

Conseguentemente, in linea di principio, può essere giustificata una normativa che preveda tariffe forfettarie per il rimborso degli onorari di avvocato – a condizione che, tenuto conto di fattori quali l’oggetto della controversia, il valore di questa, o il lavoro da svolgere per la difesa del diritto in questione, questa miri a garantire la ragionevolezza delle spese rimborsabili. 

Per contro, il criterio che prevede per la parte soccombente di dover sopportare le spese giudiziarie “ragionevoli” non può giustificare – ai fini dell’attuazione in uno Stato membro dell’articolo 14 della direttiva 2004/48 – una normativa che prescriva tariffe forfettarie largamente inferiori a quelle tariffe medie che siano effettivamente applicate ai servizi prestati da avvocati in tale Stato membro. 

Una simile normativa sarebbe, infatti, incompatibile con l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/48, secondo cui le procedure e i mezzi di ricorso previsti da detta direttiva siano dissuasivi. Dunque, se l’autore della violazione potesse essere condannato unicamente al rimborso di una piccola parte delle ragionevoli spese sostenute dal titolare del diritto di proprietà intellettuale danneggiato per l’avvocato, l’effetto dissuasivo di un’azione di contraffazione sarebbe gravemente compromesso. 

L’obiettivo principale perseguito dalla direttiva 2004/48, ossia assicurare un livello elevato di protezione della proprietà intellettuale nel mercato interno, sarebbe pertanto pregiudicato da una simile normativa. 

Concludendo, è doveroso considerare come l’articolo 14 della direttiva 2004/48 preveda che le spese giudiziarie della parte soccombente siano “proporzionate” e queste non possono essere valutate indipendentemente dalle spese che la parte vittoriosa ha concretamente sostenuto per l’assistenza legale, nei limiti in cui esse siano ragionevoli. 

Nonostante non consegua dal requisito di proporzionalità che la parte soccombente debba inevitabilmente rimborsare del tutto le spese sostenute dall’altra parte, si esige tuttavia che quest’ultima abbia diritto al rimborso, perlomeno, di una parte significativa e adeguata delle ragionevoli spese realmente sostenute dalla parte vittoriosa.

Quale principio dietro l’articolo 14?

Perciò, una normativa nazionale che imponga un limite assoluto per le spese di assistenza legale – come quella di cui al procedimento principale – deve assicurare che, da un lato, tale limite esprima le tariffe praticate effettivamente dai servizi di assistenza legale nell’ambito della proprietà intellettuale e che, dall’altro, almeno una parte rilevante e opportuna delle ragionevoli spese effettivamente sopportata dalla parte vittoriosa sia sostenuta dalla parte soccombente. Una tale normativa, infatti, in particolare nell’ipotesi in cui detto limite sia troppo basso, non è atta a far sì che l’importo di tali spese non superi di molto il limite previsto, affinché il rimborso spettante alla parte vittoriosa diventi sproporzionato o, a seconda dei casi, insignificante, sottraendo all’articolo 14 della direttiva 2004/48 il suo effetto utile. 

Redazione

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