Corte di giustizia: automatica nullità della clausola abusiva per tutti i consumatori vincolati dalla stessa

Redazione 27/04/12
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Anna Costagliola

Uno Stato membro può prevedere che una clausola contrattuale abusiva dichiarata nulla in seguito ad un ricorso collettivo promosso da un’Autorità per la tutela dei consumatori nei confronti di un professionista non produca effetti vincolanti per alcun consumatore che abbia stipulato con tale professionista un contratto al quale si applichino le medesime condizioni generali. È quanto affermato dalla Corte di giustizia Ue nella sentenza 26 aprile 2012, resa nella causa C-472/10, che ha ritenuto compatibile con la normativa europea la disposizione della legislazione ungherese che consente a qualunque consumatore interessato di beneficiare degli effetti della dichiarazione giudiziale di nullità di una clausola abusiva, pronunciata a seguito di un ricorso collettivo.

La vicenda trae origine, proprio in Ungheria, dal numero esorbitante di denunce di consumatori pervenute all’Ufficio nazionale per la tutela dei consumatori (NFH) nei confronti di una società operante nel settore della telefonia fissa, la quale aveva unilateralmente introdotto nelle condizioni generali dei contratti di abbonamento una clausola che le conferiva il diritto di fatturare a posteriori spese aggiuntive connesse al servizio da prestare, senza peraltro descrivere esplicitamente le modalità di quantificazione di dette spese né specificare motivi validi per tale ulteriore aggravio di spesa. A fronte di tali denunce, l’Autorità per la tutela dei consumatori, ritenendo che la clausola in questione costituisse una clausola contrattuale abusiva, ha chiesto ai giudici ungheresi di accertarne la nullità. Il tribunale ungherese, investito della controversia, ha ritenuto di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte Ue la questione pregiudiziale circa la compatibilità della normativa nazionale con quella europea, relativamente alla estensione degli effetti della pronuncia giudiziale a tutti i consumatori che abbiano stipulato un contratto al quale si applichino le medesime condizioni generali, ivi compresi quelli che non abbiano preso parte al procedimento inibitorio.

La Corte rileva preliminarmente come il sistema di tutela istituito dalla direttiva sia fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse. Proprio in considerazione di siffatta inferiorità si giustificano le azioni inibitorie previste a tutela della collettività. Con riguardo a queste, benché la normativa europea non miri ad armonizzare le sanzioni applicabili nell’ipotesi di riconoscimento del carattere abusivo di una clausola nell’ambito di tali azioni, tuttavia essa obbliga in ogni caso gli Stati membri ad assicurare che mezzi adeguati ed efficaci siano previsti al fine di far cessare l’utilizzo delle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.

Tanto premesso, i giudici di Lussemburgo sottolineano come l’attuazione effettiva dell’obiettivo dissuasivo delle azioni collettive esiga che le clausole dichiarate abusive nell’ambito di un’azione siffatta promossa avverso un professionista non vincolino né i consumatori che siano eventualmente parti nel procedimento né quelli che non lo siano, ma che abbiano stipulato con lo stesso professionista contratti ai quali si applichino le medesime condizioni generali.

La Corte si spinge ancora oltre e afferma che la natura preventiva e la finalità dissuasiva delle azioni inibitorie, nonché la loro indipendenza nei confronti di qualsiasi conflitto individuale concreto, implicano che dette azioni possano essere esercitate anche quando le clausole delle quali si chiede sia vietato l’utilizzo non siano ancora state inserite in contratti determinati. In detta prospettiva si giunge alla conclusione in base alla quale, qualora sia accertato il carattere abusivo di una clausola che fa parte delle condizioni generali dei contratti, i giudici nazionali debbono, anche per l’avvenire, trarne d’ufficio tutte le conseguenze previste dal diritto nazionale, affinché i consumatori non siano vincolati da detta clausola.

A conclusione del proprio iter argomentativo la Corte di giustizia europea ha pertanto statuito la piena compatibilità della legislazione ungherese con la normativa europea, rispecchiando essa l’orientamento secondo cui gli Stati membri sono tenuti a garantire l’ esistenza mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’utilizzo delle clausole abusive.

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