Corte di Cassazione – Sezioni Unite Civili – Sentenza del 9/3/2007 n. 5395 – Intermediazione mobiliare – Illeciti amministrativi rilevati dalla Consob – Dies a quo per la contestazione degli addebiti – Configurabilità – Irrilevanza della distinzione fra

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Con la pronuncia allegata le SS.UU. della Corte di Cassazione intervengono a dirimere il contrasto giurisprudenziale venutosi a creare circa la decorrenza del termine prescrizionale entro il quale avviare la contestazione sugli illeciti amministrativi rilevati dalla Consob in occasione di operazioni di intermediazione mobiliare.
Giova ricordare che l’art. 14 della L. 689/81 in materia di illeciti amministrativi, prevede al II comma che, in difetto di contestazione immediata, gli estremi della violazione debbano essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento con la conseguenza, di cui al VI comma, che l’obbligazione di pagare la somma dovuta per la predetta violazione si estingue per la persona nei cui confronti sia stata omessa la notificazione nel termine prescritto.
In merito alla decorrenza del dies a quo prescrizionale la giurisprudenza di legittimità appare divisa.
Alcune pronunce (Cass. 25 maggio 2001, n. 7143; 18 giugno 2001, n. 8257; 19 giugno 2001, nn. 8342 e 8343; 25 giugno 2001, n. 8657) riconducono il termine iniziale per la legittima contestazione da parte dell’organo di controllo al momento in cui si conclude la fase ispettiva a cura degli addetti Consob alla vigilanza, nulla rilevando l’eventuale ritardo verificatosi tra la conclusione dell’indagine ispettiva e la convocazione in seduta collegiale della Consob stessa; secondo i giudici, tale conclusione trova giustificazione in base al rilievo che per le violazioni di norme in materia di intermediazione mobiliare era normativamente prevista (dall’art. 2 del d.l. 8 aprile 1974, n. 95, convertito con l. 7 giugno 2974, n. 216, applicabile in quei giudizi ratione temporis) e lo è tuttora (dall’art. 4 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) una precisa distinzione, nell’ambito della Consob, tra gli organi incaricati della constatazione delle irregolarità e quello deputato alla loro valutazione: rispettivamente, i dipendenti nell’esercizio delle funzioni di vigilanza e la Commissione in composizione collegiale.
Tale ragionamento, se pur pregevole nell’intenzione di assicurare tempestività e certezza alla potenziale fase conflittuale del rapporto intercorrente tra intermediario ed organo di controllo appare difficilmente condivisibile in quanto sorretto esclusivamente da una mera distinzione organica in seno all’ente che se pur rilevante non può essere sufficiente ad assicurare quei canoni di trasparenza e correttezza che devono contraddistinguere i moderni rapporti giuridici. 
Diversamente, con altre sentenze (Cass. 5 novembre 2003, n. 16608; 7 maggio 2004, n. 8692) si è ritenuto, invece, che la suddetta ripartizione di compiti «sia inidonea a determinare una distinta imputazione delle rispettive attività» e quindi non valga ad escludere che l’accertamento «pur non essendo assoggettato ad una durata predeterminata, deve tuttavia svolgersi entro un tempo ragionevole, correlato alle caratteristiche e alla complessità della situazione concreta», con la conseguenza che il dies a quo per la contestazione vada individuato «nella data di deposito della relazione ispettiva "conclusiva"» posta a disposizione della Commissione, non potendo consentirsi che eventuali ritardi nel suo esame compromettano «le possibilità di difesa del soggetto indicato come trasgressore».
 Nel solco di quest’ultimo indirizzo, le SS.UU. precisano al riguardo che il momento dell’accertamento degli illeciti amministrativi in materia di intermediazione finanziaria non deve essere fatto coincidere, necessariamente e automaticamente, né con il giorno in cui l’attività ispettiva è terminata, né con quello in cui è stata depositata la relazione dell’indagine, né con quello in cui la Commissione si è riunita per prenderla in esame: non con il primo, perché la pura "constatazione" dei fatti non comporta di per sé il loro "accertamento", se occorre una successiva attività istruttoria e valutativa, che nella specie, secondo i ricorrenti, era necessaria; non con il secondo o con il terzo, perché sia la redazione della relazione, sia il suo esame da parte della Commissione, debbono essere compiuti nel tempo strettamente indispensabile, senza ingiustificati ritardi. Anche per le violazioni delle norme in materia di intermediazione finanziaria, come per quelle commesse in altri campi, occorre invece individuare, secondo le particolarità dei singoli casi e indipendentemente dalle date di deposito della relazione ispettiva e di riunione della Commissione, il momento in cui ragionevolmente la constatazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento: momento dal quale deve farsi decorrere il termine per la contestazione.
Conclusivamente, le SSUU invitano il giudice di rinvio ad uniformarsi al seguente principio di diritto: «La distinzione tra gli organi della Consob deputati, rispettivamente, alla constatazione e alla valutazione dei fatti costituenti violazioni amministrative delle norme in materia di intermediazione finanziaria, è ininfluente ai fini della decorrenza del termine da rispettare per la contestazione degli illeciti: decorrenza che deve essere individuata nel giorno in cui la Commissione in composizione collegiale, dopo l’esaurimento dell’attività ispettiva e di quella istruttoria eventualmente necessaria, è in grado di adottare le decisioni di sua competenza, senza che si possa tenere conto di ingiustificati ritardi, derivanti da disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello svolgimento dei compiti ai suddetti organi assegnati».
Qui la pronuncia.
 
  
 
 
Cassazione Sezioni unite civili Sentenza 9 marzo 2007, n. 5395
 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il decreto indicato in epigrafe è stata accolta l’opposizione proposta dalla s.p.a. Cassa di risparmio della provincia di … – … avverso il decreto del 13 ottobre 2000, con il quale il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica le aveva irrogato una sanzione pecuniaria, ritenendola responsabile di violazioni di norme in materia di intermediazione mobiliare: la Corte d’appello dell’Aquila ha dichiarato estinta l’obbligazione, in quanto «ai rilievi ispettivi conclusi alla data del 12 marzo 1997 è seguita una contestazione delle violazioni effettuata dalla Consob solo in data 25 settembre 1997, quindi ben al di là del termine perentorio di 90 giorni di cui all’art. 14 l. n. 689/1981»; sulle spese di giudizio nulla è stato disposto, «in difetto di richiesta sul punto da parte della predetta …».
Il Ministero dell’economia e delle finanze e la Commissione nazionale per le società e la borsa – Consob hanno proposto ricorso per cassazione, in base a un motivo. La s.p.a. Cassa di risparmio della provincia di … – … si è costituita con controricorso, formulando a sua volta un motivo di impugnazione in via incidentale, e ha presentato una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In quanto proposte contro lo stesso provvedimento, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell’art. 335 c.p.c.
Con il motivo addotto a sostegno del ricorso principale il Ministero dell’economia e delle finanze e la Commissione nazionale per le società e la borsa – Consob denunciano «violazione e falsa applicazione dell’art. 14 l. 24 novembre 1981, n. 689, degli artt. 1, comma 6, e 2, comma 10, d.l. 8 aprile 1974, n. 95 conv. in l. 7 giugno 1974, n. 216 e dell’art. 4, comma 11, d.lgs. 24 febbraio 19989, n. 58, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.», per avere la Corte d’appello dell’Aquila erroneamente assunto, quale dies a quo del termine per la contestazione degli illeciti amministrativi in questione, il giorno di conclusione dei rilievi ispettivi, anziché quello in cui la commissione della Consob in composizione collegiale, all’esito dell’ulteriore necessaria attività istruttoria, si era riunita per analizzare e valutare i risultati delle indagini: soltanto in tale ultima data, secondo i ricorrenti, era avvenuto l’accertamento delle infrazioni di cui si tratta, sicché è da allora che doveva farsi decorrere il termine per la loro contestazione.
In materia, nella giurisprudenza di legittimità, si è verificato un contrasto, per la cui composizione il ricorso è stato assegnato alle sezioni unite.
Con alcune sentenze (Cass. 25 maggio 2001, n. 7143; 18 giugno 2001, n. 8257; 19 giugno 2001, nn. 8342 e 8343; 25 giugno 2001, n. 8657) si è deciso che «esclusivamente quando la Consob-collegio sia investita del risultato delle indagini ispettive, e sia chiamata a decidere sulla ravvisabilità di illeciti amministrativi da contestare, vengono a concorrere i presupposti per definire la constatazione come accertamento dell’infrazione, con il connesso inizio del decorso del termine entro cui all’accertamento stesso deve far seguito la contestazione», sicché è ininfluente l’eventuale «carattere ingiustificato del ritardo verificatosi tra la conclusione dell’indagine ispettiva e la convocazione in seduta collegiale della Consob». A tale conclusione si è pervenuti, essenzialmente, in base al rilievo che per le violazioni di norme in materia di intermediazione mobiliare era normativamente prevista (dall’art. 2 del d.l. 8 aprile 1974, n. 95, convertito con l. 7 giugno 2974, n. 216, applicabile in quei giudizi ratione temporis) e lo è tuttora (dall’art. 4 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) una precisa distinzione, nell’ambito della Consob, tra gli organi incaricati della constatazione delle irregolarità e quello deputato alla loro valutazione: rispettivamente, i dipendenti nell’esercizio delle funzioni di vigilanza e la Commissione in composizione collegiale.
Con altre sentenze (Cass. 5 novembre 2003, n. 16608; 7 maggio 2004, n. 8692) si è ritenuto invece che la suddetta ripartizione di compiti «sia inidonea a determinare una distinta imputazione delle rispettive attività» e quindi non valga ad escludere che l’accertamento «pur non essendo assoggettato ad una durata predeterminata, deve tuttavia svolgersi entro un tempo ragionevole, correlato alle caratteristiche e alla complessità della situazione concreta», con la conseguenza che il dies a quo per la contestazione va individuato «nella data di deposito della relazione ispettiva "conclusiva"» posta a disposizione della Commissione, non potendo consentirsi che eventuali ritardi nel suo esame compromettano «le possibilità di difesa del soggetto indicato come trasgressore».
Ritiene il collegio di dover seguire il secondo di questi indirizzi, pur se con una precisazione.
Va in primo luogo ribadita l’esattezza del comune presupposto da cui entrambi gli orientamenti muovono: l’applicabilità, anche nel campo delle violazioni di norme in materia di intermediazione finanziaria, dell’art. 14 della l. 24 novembre 1989, n. 689, che per la contestazione, ove non sia stato possibile effettuarla immediatamente, fissa termini perentori (di novanta o di trecentosessanta giorni, con decorrenza dalla data dell’accertamento, secondo che l’interessato risieda in Italia o all’estero), da osservare a pena dì estinzione dell’obbligazione. La regola, dettata nell’ambito della disciplina generale delle sanzioni amministrative, si riferisce alle violazioni previste da ogni disposizione di legge, salvo il caso di espresse deroghe, che per la materia di cui si tratta non sono stabilite.
Si deve inoltre confermare – come in tutte le sentenze prima citate è stato avvertito – che la pura "constatazione" dei fatti nella loro materialità non coincide necessariamente con l’"accertamento": vi sono ambiti, come appunto quello dell’intermediazione finanziaria, che richiedono valutazioni complesse, non effettuabili nell’immediatezza della percezione.
Ciò tuttavia non esclude che a tali valutazioni si debba procedere in un tempo "ragionevole" e che in sede di opposizione il giudice, ove l’interessato abbia fatto valere il ritardo come ragione di illegittimità del provvedimento sanzionatorio, sia abilitato a individuare il momento iniziale del termine per la contestazione non nel giorno in cui la valutazione è stata compiuta, ma in quello in cui avrebbe potuto – e quindi dovuto – esserlo. Anche su questo punto i precedenti sopra menzionati concordano, in coerenza peraltro con la costante giurisprudenza di questa Corte in materia: v., tra le più recenti, Cass. 24 agosto 2006, n. 18391.
La divergenza che ha dato luogo al contrasto concerne dunque soltanto la rilevanza delle disposizioni che affidano le attività ispettive e quelle valutative ad organi diversi, nell’ambito della Consob.
Attribuire valore decisivo a questa distinzione, peraltro interna ad un medesimo ente, significherebbe consentire inammissibili elusioni del fondamentale principio sancito dalla norma che impone di contestare l’infrazione, quando non è possibile farlo immediatamente, entro un preciso termine di decadenza, decorrente dall’accertamento: norma che ha la funzione di consentire la piena esplicazione delle possibilità di difesa, anche in sede giudiziale, da parte dell’interessato: possibilità che potrebbero risultare menomate dopo un lasso di tempo eccessivo. Si verte dunque in tema di tutela di un diritto di cui è costituzionalmente sancita l’inviolabilità, a fronte del quale deve necessariamente cedere il contrapposto interesse pubblico all’esercizio della potestà sanzionatoria, che non sia rispettoso dei tempi stabiliti a garanzia del privato. I ritardi che eventualmente derivino dalla distinzione tra gli organi di indagine e di valutazione, per disfunzioni burocratiche o per artificiosa protrazione nello svolgimento dei compiti rispettivamente loro affidati, non possono andare a scapito del diritto a ricevere una tempestiva contestazione della violazione.
Il momento dell’accertamento degli illeciti amministrativi in materia di intermediazione finanziaria, pertanto, non deve essere fatto coincidere, necessariamente e automaticamente, né con il giorno in cui l’attività ispettiva è terminata (come ha ritenuto la Corte d’appello dell’Aquila), né con quello in cui è stata depositata la relazione dell’indagine (come si è deciso con le citate sentenze di questa Corte del 2003 e 2004), né con quello in cui la Commissione si è riunita per prenderla in esame (come si è deciso con le citate sentenze di questa Corte del 2001): non con il primo, perché la pura "constatazione" dei fatti non comporta di per sé il loro "accertamento", se occorre una successiva attività istruttoria e valutativa, che nella specie, secondo i ricorrenti, era necessaria; non con il secondo o con il terzo, perché sia la redazione della relazione, sia il suo esame da parte della Commissione, debbono essere compiuti nel tempo strettamente indispensabile, senza ingiustificati ritardi. Anche per le violazioni delle norme in materia di intermediazione finanziaria, come per quelle commesse in altri campi, occorre invece individuare, secondo le particolarità dei singoli casi e indipendentemente dalle date di deposito della relazione ispettiva e di riunione della Commissione, il momento in cui ragionevolmente la constatazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento: momento dal quale deve farsi decorrere il termine per la contestazione.
Accolto pertanto il ricorso principale, resta assorbito l’incidentale, con cui la s.p.a. Cassa di risparmio di … – … sostiene che erroneamente la Corte d’appello dell’Aquila ha omesso di provvedere sulle spese di giudizio.
Il decreto impugnato deve dunque essere cassato, con rinvio della causa ad altro giudice di grado pari – che si designa nella Corte d’appello di Roma – cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Il giudice di rinvio si uniformerà al seguente principio di diritto: «La distinzione tra gli organi della Consob deputati, rispettivamente, alla constatazione e alla valutazione dei fatti costituenti violazioni amministrative delle norme in materia di intermediazione finanziaria, è ininfluente ai fini della decorrenza del termine da rispettare per la contestazione degli illeciti: decorrenza che deve essere individuata nel giorno in cui la Commissione in composizione collegiale, dopo l’esaurimento dell’attività ispettiva e di quella istruttoria eventualmente necessaria, è in grado di adottare le decisioni di sua competenza, senza che si possa tenere conto di ingiustificati ritardi, derivanti da disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello svolgimento dei compiti ai suddetti organi assegnati».
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa il decreto impugnato; rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
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Crucitta Giuseppe – Francaviglia Rosa

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