Con la determinazione n. 75/2006, la Sezione del Controllo Enti della Corte dei Conti, dispone, a norma dell’art. 7 della legge n. 259 del 1958, la comunicazione alle Presidenze delle due Camere del Parlamento della relazione conclusiva del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di alcuni enti lirici trasformatisi successivamente in fondazioni di diritto privato a capitale misto (pubblico e privato).
Sotto quest’ultimo profilo, il Collegio rileva come la partecipazione dei soggetti privati assume un importante ruolo nella gestione delle fondazioni in parola, in quanto, oltre ad incidere sulla composizione degli organi di governo delle fondazioni stesse, influisce sull’entità del contributo statale.
A tal proposito i giudici rammentano che le condizioni e le modalità per la partecipazione alla gestione delle fondazioni di soggetti privati sono state recentemente modificate dagli articoli 3-bis e 3-quater del decreto-legge 22 marzo 2004, n. 72, convertito nella legge 21 maggio 2004, 128, nonché dall’articolo 3-ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito nella legge 31 marzo 2005, n. 43. In particolare, è stata resa permanente la possibilità per i privati di partecipare alla gestione delle fondazioni; è stato ridotto, dal 12 all’8 per cento – peraltro ancorato ai soli contributi statali (art.3-ter, comma 7, del d.l.n.7/2005) e non più all’intera gestione- il limite minimo dell’apporto annuo alla gestione per consentire ai privati di nominare un proprio rappresentante nel Consiglio di amministrazione; sono state meglio disciplinate la permanenza presso tale organo dei rappresentanti dei soci privati e le modalità di assunzione degli impegni finanziari da parte di tali soggetti.
Il legislatore ha quindi voluto valorizzare nei limiti consentiti l’apporto di matrice privatistica sia sotto il profilo finanziario che gestionale attesa la connessione tra l’intervento pubblico e quello privato come risulta anche dalla norma di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 367 del 1996, la quale prescrive che l’apporto dello Stato al patrimonio della fondazione, costituito da parte delle quote del Fondo unico dello spettacolo destinato all’ente, debba essere pari alla somma complessivamente conferita al patrimonio dai fondatori privati.
Viene precisato, inoltre, che della categoria dei soci fondatori privati, oltre ai soggetti di diritto privato, possono far parte anche enti pubblici diversi dallo Stato, dalla Regione e dal Comune in cui ha sede la fondazione (artt. 5, comma 2; 8, comma 1; 11, comma 1; 12, comma 2, del citato decreto legislativo).
Per quanto riguarda l’analisi dei documenti contabili, il Collegio esprime delle perplessità per la mancata osservazione nella compilazione del bilancio d’esercizio dei principi stabiliti in materia dal codice civile (art. 2423 e seguenti) ed adottati dagli organismi nazionali ed internazionali a ciò preposti; a tal proposito i giudici, ritenendo non sussistenti ostacoli giuridici in tal senso, considerano pienamente estensibile ai casi di specie la disposizione di cui all’articolo 16, comma 2, del decreto legislativo n. 367/1996, secondo la quale il bilancio d’esercizio deve essere redatto «secondo le disposizioni degli articoli 2423 e seguenti del codice civile, in quanto applicabili».
Mentre, sotto il profilo dei compensi spettanti agli organi di amministrazione, nel silenzio della legge, sarebbe opportuna l’emanazione di un’apposita disposizione di legge che stabilisca i criteri da seguire per la determinazione – così come è stato previsto per i componenti del Collegio dei revisori dei conti – o che conferisca all’autorità di Governo competente in materia di spettacolo il potere di impartire in merito proprie direttive.
Qui quanto determinato.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento