Corte dei conti – del. N. 8/2006 – sezione regionale di controllo per la Basilicata – enti locali – programma di controllo anno 2006 – relazione su monitoraggio ed analisi degli elementi acquisiti in ordine alla sana gestione finanziaria, ai controlli int

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La Sezione Regionale di Controllo per la Basilicata della Corte dei Conti, con deliberazione n. 8/2006, in attuazione del programma di controllo per l’anno 2006, approva la relazione concernente “monitoraggio ed analisi degli elementi acquisiti in ordine alla sana gestione finanziaria, ai controlli interni ed all’affidamento di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenza a soggetti estranei all’amministrazione nell’ambito degli enti locali aventi sede nella regione Basilicata”.
In tale contesto, la Corte, accennando preliminarmente che sussistono diverse forme di controllo di sua pertinenza, focalizza l’attenzione sull’attività relativa ai controlli interni soffermandosi, altresì, in maniera esaustiva, sulla delicata materia del conferimento degli incarichi e delle consulenze a soggetti esterni alla PA.
Inizialmente si rappresenta che i controlli interni devono principalmente offrire alla pubblica amministrazione gli elementi per operare delle scelte, ma, nello stesso tempo, servono altresì a fornire alla collettività gli strumenti per giudicare i responsabili delle scelte amministrative fatte e dei sottostanti indirizzi politici e ciò anche in ragione del fatto che i relativi effetti non si esauriscono nell’ambito della singola amministrazione locale, ma riguardano indirettamente tutta la comunità nazionale stante il collegamento tra finanza locale e statale per il principio solidaristico predicato dalla Costituzione che impone allo Stato di intervenire per garantire i livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali.
Il Collegio fa presente che la vigente normativa prevede un sistema articolato in quattro distinte tipologie di controllo interno finalizzate a:
1.      controllare la regolarità amministrativa e contabile al fine di garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e contabile);
2.      verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati (controllo di gestione);
3.      misurare e valutare le prestazioni dei dirigenti (valutazione dei dirigenti);
4.      valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione delle direttive politiche in ordine a piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti (controllo strategico).
Relativamente al controllo di cui al punto n. 2, giova ricordare che l’art.198-bis del d.lgs. n.267/2000 – Testo Unico Enti Locali – prevede che “la struttura operativa alla quale è assegnata la funzione del controllo di gestione fornisce la conclusione del predetto controllo (referto), oltre agli amministratori ed ai responsabili dei servizi ai sensi di quanto previsto dall’art.198, anche alla Corte dei conti”.
La Corte precisa, a tal proposito, che l’onere di trasmissione del referto grava sulla struttura operativa che, indipendentemente dalla sua formale intestazione o funzione, svolge in concreto l’attività del controllo interno di gestione.
Inoltre, la Corte, al fine di verificare il grado di attuazione dei controlli interni nei predetti enti, ricorre altresì alla documentazione acquisita nell’ambito dei procedimenti di controllo sulla sana gestione delle finanze, disposti in attuazione dell’art. 7, comma 7, della legge n. 131 del 5 giugno 2003.
Viene altresì affermata la natura collaborativa del controllo sulla gestione affidato alla Corte dei conti precisando che essa concerne esclusivamente la suddetta specifica forma di controllo e quindi non riguarda le altre tipologie di controllo intestate alla Corte dei conti né i compiti svolti dalle Procure della Corte stessa; e, soprattutto, che tale collaborazione deve intendersi nei termini espressi dalla Corte costituzionale che, con sentenza n. 29/95, riferisce che il controllo sulla gestione non assume rilievo diretto in ordine alla responsabilità dei funzionari e, più in generale, che esso non ha finalità sanzionatorie e repressive, né ha effetto impeditivo dell’efficacia giuridica di atti amministrativi  (come, invece, è per il controllo preventivo di legittimità su atti che, come è noto, viene svolto dalla Corte dei conti solo su alcune tipologie di atti delle amministrazioni dello Stato), ma svolge un compito essenzialmente collaborativo nel senso che esso è, prima di tutto, diretto a stimolare nell’ente o nell’amministrazione controllati processi di autocorrezione.
Conseguenza di ciò è che la collaborazione deve intendersi sempre bilateralmente, il predetto controllo non è “a richiesta” e le criticità evidenziate devono essere oggetto di meditata valutazione da parte dell’amministrazione controllata – che deve comunicare, ai sensi dell’art.3, comma 6, della legge n.20/1994, le misure consequenziali adottate.
Per quanto concerne, invece, l’affidamento di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenza a soggetti estranei all’amministrazione, il comma 42 dell’art. 1, la legge n. 311/2004 dispone che l’affidamento da parte degli enti locali (con popolazione superiore a 5000 abitanti) di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenza a soggetti estranei all’amministrazione, deve essere adeguatamente motivato con specifico riferimento all’assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare i medesimi servizi (ad esclusione degli incarichi conferiti ai sensi della legge sui lavori pubblici – la legge n.109/1994 – e successive modificazioni); in ogni caso, l’atto di affidamento degli incarichi e consulenze di cui sopra deve essere corredato dalla valutazione dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente locale ed essere trasmesso alla Corte dei conti (cioè alla competente Sezione regionale di controllo). L’affidamento di incarichi in difformità dalle previsioni di cui al citato comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità per danno erariale.
Diversamente, per tutte le altre PP.AA. di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, esclusi le università, gli enti di ricerca e gli organismi equiparati, il comma 11 dell’art.1 della legge finanziaria per il 2005 stabilisce che – fermo restando quanto stabilito per gli enti locali dal comma 42 – la spesa annua per studi e incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione sostenuta per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 (…) non deve essere superiore a quella sostenuta nell’anno 2004; inoltre, l’affidamento di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all’amministrazione in materie e per oggetti rientranti nelle competenze della struttura burocratica dell’ente, deve essere adeguatamente motivato ed è possibile soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nell’ipotesi di eventi straordinari. In ogni caso, l’atto di affidamento dei predetti incarichi e consulenze deve essere trasmesso alla Corte dei conti (evidentemente alla competente Sezione centrale o regionale di controllo). L’affidamento di incarichi in assenza dei suddetti presupposti costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità per danno erariale.
Su questo versante, si segnala, altresì, che le Sezioni Riunite della Corte dei conti in sede di controllo, con deliberazione n. 6/CONTR/05 del 15.02.2005 hanno approvato le “Linee di indirizzo e criteri interpretativi sulle disposizioni della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005) in materia di affidamento d’incarichi di studio o di ricerca ovvero di consulenza (art. 1, commi 11 e 42)”.
Si evidenzia, peraltro, che le definizioni e i principi richiamati nelle sopra citate “Linee di indirizzo” sono, perlopiù, da considerarsi di portata generale e, pertanto, essi conservano la loro validità ed efficacia anche in ordine all’applicazione delle norme che si sono poi succedute in materia.
Le predette “Linee di indirizzo” precisano, tra l’altro, che:
          gli incarichi di studio possono essere individuati con riferimento ai parametri indicati dal D.P.R. n. 338/1994 che, all’articolo 5, determina il contenuto dell’incarico nello svolgimento di un’attività di studio, nell’interesse dell’amministrazione. Requisito essenziale, per il corretto svolgimento di questo tipo d’incarichi, è la consegna di una relazione scritta finale, nella quale saranno illustrati i risultati dello studio e le soluzioni proposte;
          gli incarichi di ricerca, invece, presuppongono la preventiva definizione del programma da parte dell’amministrazione;
– le consulenze, infine, riguardano le richieste di pareri ad esperti.
Il contenuto degli incarichi, cui fanno riferimento i commi 11 e 42, coincide quindi con il contratto di prestazione d’opera intellettuale, regolato dagli articoli 2229 – 2238 cc.
Comunque, per valutare se un incarico rientra in una delle categorie previste dai commi 11 e 42, occorre considerare il contenuto dell’atto di conferimento, piuttosto che la qualificazione formale adoperata nel medesimo; pertanto, viene ribadita – se pur in forma indiretta – la natura sostanziale e non meramente formale dell’attività di controllo.
A titolo meramente esemplificativo, vengono poi elencati alcuni tipi di prestazione che rientrano nella previsione normativa:
– studio e soluzione di questioni inerenti all’attività dell’amministrazione committente;
– prestazioni professionali finalizzate alla resa di pareri, valutazioni, espressione di giudizi;
-consulenze legali, al di fuori della rappresentanza processuale e del patrocinio dell’amministrazione;
– studi per l’elaborazione di schemi di atti amministrativi o normativi.
Non rientrano, invece, nella previsione dei commi 11 e 42:
– le prestazioni professionali consistenti nella resa di servizi o adempimenti obbligatori per legge, qualora non vi siano uffici o strutture a ciò deputati;
– la rappresentanza in giudizio e il patrocinio dell’amministrazione;
– gli appalti e le “esternalizzazioni” di servizi, necessari per raggiungere gli scopi dell’amministrazione.
Appare chiaro che il controllo è estraneo agli incarichi conferiti per gli adempimenti obbligatori per legge, mancando, in tali ipotesi, qualsiasi facoltà discrezionale dell’amministrazione.
Da ciò discende che l’operato dall’ag contabile si indirizza verso il corretto esercizio del potere discrezionale, quello che è oggetto d’indagine non è il tipo di negozio adoperato ma bensì la scelta a monte fatta dall’amministrazione che va censurata se non sorretta dai canoni di efficienza e ragionevolezza che devono informare l’attività amministrativa e, in particolar modo, quella finanziaria tenuto conto delle ripercussioni che quest’ultima determina sul sistema economico generale.
La Corte, poi, riporta – a titolo esemplificativo – i principali criteri di valutazione della legittimità degli incarichi e delle consulenze esterne desumibili dalla giurisprudenza contabile sia in sede di controllo che in sede giurisdizionale quali:
a)      i conferimenti di incarichi di consulenza a soggetti esterni possono essere attribuiti ove i problemi di pertinenza dell’amministrazione richiedano conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale dipendente e conseguentemente implichino conoscenze specifiche che non si possono, nella maniera più assoluta, riscontrare nell’apparato amministrativo;
b)      l’incarico stesso non deve implicare uno svolgimento di attività continuativa bensì la soluzione di specifiche problematiche già individuate al momento del conferimento dell’incarico del quale debbono costituire l’oggetto espresso;
c)      l’incarico si deve caratterizzare per la specificità e la temporaneità, dovendosi, altresì, dimostrare l’impossibilità di adeguato assolvimento dell’incarico da parte delle strutture dell’ente per mancanza di personale idoneo;
d)     l’incarico non deve rappresentare uno strumento per ampliare surrettiziamente compiti istituzionali e ruoli organici dell’ente al di fuori di quanto consentito dalla legge;
e)      il compenso connesso all’incarico deve essere proporzionato all’attività svolta e non liquidato in maniera forfetaria;
f)       l’atto di conferimento deve essere adeguatamente motivato al fine di consentire l’accertamento della sussistenza dei requisiti previsti;
g)      l’organizzazione dell’amministrazione deve essere comunque caratterizzata dal rispetto dei principi di razionalizzazione, senza duplicazione di funzioni e senza sovrapposizione dell’incarico all’attività ed alla gestione amministrativa, dalla migliore possibile utilizzazione e flessibilità delle risorse umane nonché per l’economicità, trasparenza ed efficacia dell’azione amministrativa e per il prioritario impiego e la valorizzazione delle risorse umane già esistenti all’interno dell’apparato;
h)      l’incarico non deve essere generico o indeterminato al fine di evitare un evidente accrescimento delle competenze e degli organici dell’ente, il che presuppone la previa ricognizione e la certificazione dell’assenza effettiva nei ruoli organici delle specifiche professionalità richieste;
i)        i criteri di conferimento non devono essere generici, perché la genericità non consente un controllo sulla legittimità dell’esercizio dell’attività amministrativa di attribuzione degli incarichi.
Rimarcata quindi l’assoluta eccezionalità del negozio di conferimento dell’incarico pubblico a soggetto esterno, la Corte completa il relativo assetto normativo richiamando il decreto legge 4 luglio 2006, n.223, convertito in legge n.248/2006 (c.d. “decreto Bersani”), che ha previsto, agli artt. 32 e 34, alcune ulteriori disposizioni in materia di incarichi e consulenza esterne che tendono a razionalizzare e rendere più trasparente questo peculiare settore particolarmente significativo sotto il profilo finanziario.
  • qui la deliberazione.

Crucitta Giuseppe – Francaviglia Rosa

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