Corte d’appello di Caltanissetta – Sezione per i minorenni – dec. 29/ 10/ 2003 (P.C.A. c/o P.C.S.).

sentenza 12/04/07
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Tribunale per i Minorenni – Decreto limitativo della potestà di uno dei genitori –Reclamo davanti alla Sezione specializzata della Corte d’Appello – Termine – Noti- fica effettuata a mezzo della Polizia Giudiziaria – illegittimità – Decorrenza del termi- ne decadenziale per proporre il reclamo – Esclusione – Conoscenza del contenuto del provvedimento – Irrilevanza.
 
Tribunale per i Minorenni e Tribunale ordinario – Competenza per l’adozione di prov- vedimenti limitativi della potestà di uno dei genitori – spetta in via esclusiva al Tribu- nale per i minorenni in presenza della condizioni previste dagli artt.333 336 Cod. civile – Art. 38 disp. att. Cod. civile – integra la potestà affidata al giudice ordinario dall’art.155 C.c. – prevalenza assegnata al tribunale minorile quale organo giudizia- rio specializzato – affidamento del figlio minore disposto in via provvisoria dal Presi- dente del tribunale – revoca operata dal Tribunale per i minorenni quale giudice del- la potestà genitoriale – affidamento al servizio sociale territoriale in luogo di quello alla madre deliberato dal Presidente del tribunale ordinario – legittimità – trasferi- mento del minore dalla residenza della madre a quella della padre – deve essere revocato, in assenza di un preventivo approfondimento istruttorio sulle condizioni di vita della madre affidataria.
 
Tribunale per i minorenni – affidamento del figlio minore di genitori separati al Servi- zio sociale territoriale – Mancata previsione di un termine finale di durata – Contra- sto con i principi individuati dalla Corte Europea di Diritti dell’Uomo – Sussistenza – Riforma parziale del decreto camerale.
           
Per verificare la ritualità di presentazione del reclamo alla Sezione specializ- zata della Corte d’appello avverso il decreto limitativo della potestà genitoriale emes- so dal Tribunale per i minorenni, la notifica del provvedimento effettuata delegando la Polizia Giudiziaria territoriale – non prevista fra le forme tipiche disciplinate dal Codice di procedura civile – non può determinare la decadenza della parte che vi abbia interesse dalla facoltà di proporre il reclamo ex art.739 C.p.c., essendo quindi processualmente irrilevante la mera conoscenza (di fatto) del contenuto del provve- dimento.
 
            Nel caso in cui il Presidente del Tribunale ordinario decidendo in via provvi- soria ha affidato il figlio minore di genitori separandi alla madre, il Tribunale minorile è competente ad intervenire,anche modificando la decisione interinale sull’affida-
mento, qualora eserciti il potere conferitogli in via esclusiva – come organo giudi- ziario specializzato – di adottare anche in via di urgenza provvedimenti finalizzati a preservare i figli minori dei genitori separandi in tutti i casi in cui questi siano esposti ad un pregiudizio in conseguenza della condotta (commissiva, od omissiva) assunta dai genitori.
 
La modifica dell’affidamento operata dal Tribunale per i minorenni nell’eserci- zio della competenza attribuitagli dall’art.38 Disp. att. Cod. civ. che ha trasferito la di- mora del figlio minore di genitori separandi dalla residenza della madre già designa- ta affidataria a quella del padre in assenza di un approfondimento istruttorio sulle reali condizioni di vita della madre, deve essere revocata.
 
La mancata previsione di un termine finale di durata dell’affidamento del figlio minore di genitori separandi al Servizio sociale territoriale disposto dal tribunale per i minorenni nei casi in cui questi siano esposti ad un pregiudizio in conseguenza della condotta (commissiva, od omissiva) assunta dai genitori, contrasta con l’art.8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fonda- mentali (sent. C.E.D.U. 13/ 7/2000: caso “Scozzari – Giunta”).
    
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 N°58/2003 Cam. Cons. min
CORTE D’APPELLO – CALTANISSETTA
Sezione Civile per i Minorenni
LA CORTE D’APPELLO DI CALTANISSETTA – SEZIONE CIVILE PER I MINORENNI riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei magistrati:
                   Dott. Giovanni RUSSO            – Presidente
                   Dott. Sergio     DE NICOLA     – Consigliere rel.
                   Dott. Giovanbattista TONA     – Consigliere
                   Dott. Elisa CURIONE               – Comp. privato
                           Dott. Santo MESSINA              – Comp. privato
 
ha pronunziato il seguente
DECRETO
nel procedimento iscritto al n°58/2003 del registro degli affari civili minorili da trattarsi in Camera di consiglio sul reclamo l’istanza di ricorso in appello con contestuale istanza di inibitoria, proposto da:
 
– P.C., nata a C. (prov. EN) il, res.nte nel Comune di E., P.zza Mazzini n°1, ed ivi elettivamente domiciliata nella via ……n°6, presso lo studio dell’Avv. Giuseppe GIOIA, che la rappresentata e difende per mandato rilasciato a margine del reclamo depositato;
 
nei confronti di
 
– P.C., nato a C. il, res.nte nel Comune di C., via, ed elettivamente domiciliato in P.A. (prov. ..), nella via …….. n°77, presso lo studio dell’Avv. Egidio LA MALFA, che lo rappresentata e difende per mandato rilasciato in calce alla memoria difensiva depositata;
 
per conseguire in via preliminare, d’urgenza, l’immediata sospensione della provvisoria esecuzione del decreto emesso dal Tribunale per i minorenni di CALTANISSETTA in data 12 / 8/2003, inaudita altera parte, con il quale è stato disposto l’affidamento della minore P.C. al Servizio Sociale del Comune di C., con il collocamento della medesima minore presso il padre, P.C. Salvatore;
e, nel merito dell’impugnazione, per conseguire declaratoria di nullità e comunque di illegittimità, e la conseguente revoca, del medesimo decreto.   
           
            All’udienza camerale del 29/10/2003, le parti hanno concluso.:
               l’Ufficio del Procuratore Generale (intervenuto per legge): ha formulato – con nota scritta depositata in Cancelleria – parere contrario all’accoglimento del reclamo;
               il difensore della reclamante: insiste nelle istanze e domande formulate, chiedendo termine per depositare ulteriori deduzioni difensive.
               il difensore del reclamato: ha chiesto dichiararsi inammissibile, e comunque rigettare, il reclamo perché infondato in fatto ed erroneo in diritto.
 
PREMESSO CHE
Il Tribunale per i minorenni di CALTANISSETTA, con deliberazione camerale assunta il 12/ 8/2003, ha disposto l’affidamento della minore P.C. *** al Servizio sociale del Comune di C., “affinché la collochi momentaneamente presso il padre”, all’esito della segnalazione resa allo stesso T.M. dal padre – il quale aveva riferito “..che la figlia, affidata dal T.O. alla madre, si trovava in una situazione di pregiudizio, essendo trascurata dalla stessa madre e dai parenti materni” – avendo accertato all’esito dell’istruttoria espletata che “…la bambina ha riferito, in sede di audizione, di volere restare a vivere con il padre, presso cui attualmente si trova, confermando inoltre di essere stata percossa e maltrattata dai nonni e dalla madre”.
La reclamante P.C. ***, con atto depositato l’1/10/ 2003, ha quindi dedotto:
– di essere madre della minore P.C. ***, a lei affidata in via temporanea – nelle more della definizione del giudizio civile avviato per conseguire la separazione dal coniuge P.C. Salvatore, padre della stessa minore – con provvedimento provvisorio emesso dal Presidente del Tribunale di E. in data 29/ 9/2001, che aveva affidato le altre due figlie (anch’esse minorenni) nate dall’unione coniugale, Jessica e Denise, al padre, ed affidava invece alla madre odierna reclamante la figlia più piccola (***, nel cui interesse è stata avviata dal Tribunale minorile la procedura di tutela nel corso della quale è stato emesso il decreto reclamato): e aveva imposto al suddetto P.C. Salvatore di corrispondere mensilmente alla coniuge separando un assegno mensile nell’importo di £150.000, asseritamente mai corrisposto dall’obbligato;
            – che la separazione era stata determinata dalla condotta del sunnominato coniuge, che avrebbe attuato nei suoi riguardi “ripetute violenze e continui maltrattamenti fisici e psichici”, essendo inoltre “dedito all’alcool”;
            – che la piccola *** è affetta dalla nascita da una grave patologia dell’apparato neuro-muscolare, in relazione ai quali la minore è seguita dal Centro specialistico istituito dall’Associazione Italiana di Assistenza per gli Spastici (A.I.A.S.) nella città di E., luogo in cui la reclamante si è trasferita dal Comune di residenza, pur essendo disoccupata e priva di mezzi di sostentamento (cosicché ella è aiutata economicamente dai propri genitori, nonni della stessa minore), proprio per consentire alla figlia di ricevere l’assistenza specialistica di cui necessita in riferimento alla suddetta compromissione neuro-muscolare: e aveva inoltre richiesto l’affiancamento di una “insegnante di sostegno” che la segue nelle ore pomeridiane;
– che nel periodo decorso dall’avvio dell’affidamento alla madre, la minore è sempre stata trattata con affetto, e sollecitudine, dall’intera cerchia parentale materna, frequentando inoltre le dimore di una sorella della reclamante (che abita anch’ella nella città di E.), e di fratello della medesima, che dimora nel Comune di C., dove dimora anche il padre della bambina, il quale a sua volta la incontra settimanalmente (nelle giornate di sabato e domenica), “in deroga al provvedimento presidenziale che aveva stabilito il diritto di visita del padre in tre pomeriggi la settimana per quattro ore ciascuno (onde non distogliere *** dall’insegnante di sostegno pomeridiana ad anche per agevolare al marito <in quel momento sottoposto a sorveglianza speciale>, il diritto di visita)”, consentendo inoltre alla bambina di incontrare le sorelle maggiori;
– che nel periodo estivo del corrente anno, ottemperando all’impegno assunto nella sede giudiziaria (durante un’udienza del giudizio di separazione), aveva consegnato la piccola *** al padre, che secondo le intese intercorse fra i genitori nella medesima sede avrebbe dovuto tenerla con sé nel periodo dal 16 al 30 giugno, riconsegnando in tale data la bambina alla madre, che avrebbe poi dovuta riaffilarla al padre per un ulteriore periodo di permanenza presso quest’ultimo (dal 19/ 7 al 2/ 8/2003);
– che il padre odierno reclamato, violando le intese raggiunte ufficialmente con la madre, aveva omesso di riconsegnarle la bambina alla richiamata scadenza, manifestan- do inoltre espressamente l’intenzione di non riconsegnare più la figlia alla P.;
 – che in conseguenza di tale condotta, la quale aveva inoltre determinato l’interruzione del trattamento specialistico cui la bambina veniva regolarmente sottoposta nel suddetto Centro A.I.A.S. ove la madre la conduceva giornalmente, ella si era vista costretta a denunciare in sede penale il P., attivandosi inoltre per conseguire legalmente la riconsegna della figlia, che veniva eseguita il 6/ 8/2003;
– che nei giorni successivi, mentre ella si era allontanata dalla predetta dimora portando con sé la piccola *** per un breve viaggio in Italia (nel Comune di San Giovanni Rotondo), il P., a sua totale insaputa, l’aveva denunciata presentando un esposto al locale Tribunale dei minorenni nel quale allegava (falsamente) che ella aveva sottoposto la bambina a maltrattamenti;
 – che il successivo 23/ 8 riceveva comunicazione del decreto impugnato, con il quale la bambina veniva affidata al Servizio sociale del Comune di C., e collocata presso il padre.
            Ha quindi dedotto la P. la nullità del medesimo decreto, per essere il Tribunale dei minorenni incompetente ad assumere provvedimenti in ordine all’affidamento della piccola ***, in considerazione della contemporanea pendenza davanti al Tribunale di E. del giudizio di separazione, “… atteso che, …, allorché si controverte sul coniuge cui affidare il minore, o di modifica del provvedimento di affido del Tribunale ordinario in tutti i casi di pregiudizio dello stesso, in costanza di procedimenti di separazione (fra) coniugi, la competenza appartiene esclusivamente al Giudice della separazione”: radicandosi la competenza in capo al Tribunale minorile, unicamente nei casi in cui sia richiesta l’adozione di provvedimenti ablativi (o limitativi) della potestà genitoriale, agli effetti degli artt. 330 e 333 Codice civile, “mentre in ogni altro caso detti provvedimenti sono devoluti alla competenza del Tribunale ordinario”.
            Pertanto, secondo la reclamante, quest’ultimo Organo “…è competente anche ad emettere provvedimenti temporanei e urgenti nell’interesse della prole: e ciò sia ex art.708 cpc in sede di comparizione personale dei coniugi (d)avanti al Presidente del Tribunale e sia successivamente (d) avanti il giudice istruttore”, essendo fondata la competenza del giudice ordinario sul presupposto “…. della validità di ciascuna delle figure genitoriali e l’affidamento della prole si pone come un provvedimento necessitato che trae la sua origine dalla frattura del rapporto coniugale”.
             Sulla base delle richiamate premesse in fatto, e in punto di diritto, la P. ha quindi dedotto la nullità del decreto reclamato, scaturente dalla dedotta incompetenza (funzionale) del Tribunale minorile, rilevando inoltre “l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge processuale e costituzionale, conformanti il c.d. principio di legalità”, per essere stato assunto detto provvedimento in costanza di un comportamento sicuramente illecito posto in essere dal P. – che lo aveva inoltre esplicitato nella stessa parte espositiva del ricorso con il quale egli aveva sollecitato l’intervento dello stesso Tribunale minorile – per avere egli trattenuto presso di sé la piccola *** oltre la scadenza del limite temporale concordato con la reclamante per l’affido temporaneo in concomitanza con le ferie estive: nonostante che essa reclamante avesse a sua volta chiesto formalmente che nei confronti del padre della minore venissero assunti provvedimenti “sia ex art. 333 cc che ex art. 330 1° comma, nei confronti del marito”.
            Ha poi ulteriormente dedotto la P. l’ “ingiustizia del provvedimento impugnato per difetto di istruttoria, mancanza di congrua motivazione ed inesistenza di presupposti”, essendo stato assunto il decreto che ha legittimato il trattenimento forzoso della piccola *** da parte del padre, dando esclusivo credito (e rilevanza) alle dichiarazioni rese dal P., “… senza alcun riscontro oggettivo o di contesto, confermate soltanto da una bimba di 6 anni, con deficit neuromotori, difficoltà di linguaggio e seri problemi di ordine psicologico!”, senza svolgere alcuna ulteriore indagine nel contesto ambientale in cui la bambina è vissuta dall’anno 2001 (in costanza dell’affidamento alla madre), né acquisire alcuna testimonianza da fonti disinteressate, omettendo inoltre di valutare la complessiva situazione “coniugale e familiare e nessuna lettura del contesto”.
            Ha inoltre evidenziato la reclamante che il P. ha desunto le circostanze da lui riferite al Giudice delegato del Tribunale minorile, unicamente dalle stesse dichiarazioni rese dalla suddetta figlia minore, “ammettendo quindi di non avere personalmente appreso o assistito a simili episodi”: essendo originate tali dichiarazioni dall’aspettativa della bambina di essere ripagata dal padre attraverso la concessione di regali, mediante i quali egli l’ha praticamente plagiata, strumentalizzandone “La fragilità psico-fisica …, la difficile situazione familiare e soprattutto la tenerissima età della stessa”, (che) “ne fanno un oggetto facilmente plasmabile e manipolabile”.
            Parimenti, le dichiarazioni rese dall’altra figlia minore della reclamante (Denise), non possono essere assunte quale idoneo riscontro delle asserzioni rese dalla bambina, perché “…. strumentali solo a supportare i disegni del padre, nei confronti della madre, che la stessa figlia colpevolizzala punto di frenare il suo amore di figlia”, essendo ella affidata allo stesso P.: dovendosi inoltre valutare che la suddetta minore “…. È una ragazza anch’essa fragile e piena di problemi, aggravati a causa delle convivenza con il padre, che l’hanno portata a tentare il suicidio (luglio 2001) finendo ricoverata all’ospedale .. di C., … come .. l’altra figlia di anni 17 Jessica, dopo l’affidamento al padre, ha tentato il suicidio (febbraio 2002), finendo ricoverata al pronto soccorso dell’ospedale di E.”.
            Riferendosi poi alle dichiarazioni rese nel corso dell’istruttoria svolta dal Tribunale minorile da tale B. M., la reclamante ha dedotto che quest’ultima, “…non conoscendo il contesto né i fatti, nei pochi incontri avuti separatamente con i coniugi non ha sicuramente potuto acquisire un quadro chiaro e certo della situazione”: cosicché non appare comprensibile l’asserzione della medesima secondo la quale ella nelle occasioni in cui ha potuto incontrare la piccola ***, “abbia avvertito un ^profondo disagio affettivo^ (che non si comprende neppure cosa sia per una bambina di sei anni, con molti problemi psicologici e fisici), nella relazione madre-figlia”, formulando quindi “Un’analisi del tutto decontestualizzata, astratta perché non basata sui dati concreti e di estrema provvisorietà, perché non consolidata nel tempo, senza precisi e concreti riferimenti di fatto”.
            Parimenti, il Tribunale minorile ha omesso di valutare in favore della P. le risultan- ze desumibili dall’indagine psico-sociale condotta dai Servizi territoriali che in tempi diver- si si sono occupati di verificare la condizione di vita della piccola ***:
– il Servizio sociale del Comune di E. (nella relazione in data 23/ 7/2003), ha evidenziato in termini positivi la condotta “sociale e familiare della reclamante”;
– il Servizio sociale del Comune di C. (nella relazione in data 18/ 7/2003), illustran- do il contesto socio-ambientale del nucleo familiare costituito dal P., ha rilevato che questi convive con la propria nonna (settantaduenne) e con un altro figlio (Giacomo), anch’egli affetto da “disturbi comportamentali”, mentre la piccola *** viene di fatto accudita dalle sorelle maggiori.
            Ha poi evidenziato la reclamante le connotazioni negative della personalità del P., in riferimento ai precedenti giudiziari,alla sua condizione di sottoposto a misura di sicurez- za, ed alla sorveglianza speciale, essendo inoltre privo di occupazione e dedito all’assun- zione smodata di bevande alcoliche, che il Tribunale minorile ha totalmente omesso di considerare.
            Ha quindi rilevato la P. l’incompletezza dell’indagine istruttoria svolta dallo stesso Tribunale, richiedendone l’integrazione attraverso l’esame:
– degli specialisti incaricati dal Centro-A.I.A.S. di E. per seguire la piccola *** in riferimento alla richiamata compromissione neuro-muscolare;
– le insegnanti della Scuola Elementare “S.C.” nello stesso Comune di E., frequen- tata dalla bambina nel corso dell’Anno scolastico 2002-2003;
– l’ “insegnante di sostegno” incaricata dalla reclamante per affiancarla nelle ore pomeridiane;
– le Assistenti sociali incaricate del Comune di E. (per riferire “sulle condizioni di
vita personali e sociali della reclamante, e sull’ambiente curato e pulito, riservato alla piccola”);
– gli abitanti dello stabile ove la reclamante abita nello stesso Comune di E. (“per riferire se hanno mai sentito la reclamante sgridare la piccola e/o semplicemente rimproverarla o darle botte”);
– i pediatri “di base” Dottori Antonino GERACI e Rossana ZUMA (“per riferire sulle attenzioni o meno della reclamante verso la piccola”);
– la parentela di parte materna della minore;
– l’Assistente sociale del Comune di C. (per riferire “sulle condizioni psicologiche, sociali ed economiche del padre, sui fattori diseducativi della piccola (..) sulle condizioni di disagio psicologico e affettivo della piccola nell’ attuale situazione, sul bisogno della piccola di stare con la mamma”);
– l’Ufficiale Giudiziario del Tribunale di E. (per riferire “di avere più volte invitato bonariamente il P. a riconsegnare la piccola alla madre, onde evitare l’esecuzione; e per riferire della circostanza che durante l’esecuzione la bimba, alla presenza dell’Assistente sociale Nasca è andata spontaneamente e ben lieta con la mamma”).
All’esito della comunicazione del reclamo depositato nell’interesse della P., il padre della minore ha conferito delega difensiva per essere assistito nel presente procedimento, depositando all’odierna udienza camerale memoria nella quale ha contestato la fondatez- za, in fatto ed in diritto, del medesimo reclamo, ed ha in particolare dedotto:
a) l’inammissibilità dell’azione proposta nel presente grado, per avere la P. deposi- tato l’atto di reclamo solamente l’1/10/2003, mentre il decreto camerale reclamato risulta esserle stato notificato il 20/ 8/2003 (a mezzo del Servizio postale), e comunicato il successivo 21/ 8/2003, per il tramite del Presidio territoriale dell’Arma dei CARABINIERI nel Comune di C.: cosicché, seppure si ritenga applicabile nella fattispecie la sospensio- ne feriale dei termini processuali, il termine per proporre il reclamo (10 gg., agli effetti dell’art.739 Cod. proc. civile), deve ritenersi scaduto il 25/ 9/2003;
b) nel merito della medesima azione, il P. ne ha parimenti contestato la fondatezza sia in ordine alla competenza (funzionale) del Tribunale minorile, determinata nella fatti- specie in ragione della “condotta pregiudizievole per la minore, posta in essere dalla madre e dagli altri parenti cui la bambina veniva spesso affidata, dedotta dal pubblico ministero nel ricorso introduttivo ed emersa nell’istruttoria”;
sia in punto di fatto, dovendo ritenersi effettivamente sussistente la situazione pregiudizievole in riferimento alla quale il Tribunale minorile ha emesso il decreto reclamato, essendo emerso dall’indagine istruttoria svolta nella precedente fase processuale (mediante l’audizione dei genitori e delle sorelle della minore, e l’acquisizione di una “copiosa documentazione”), “il grave disagio della piccola ***, che ha riferito più volte di avere subito maltrattamenti ed ha mostrato in tutti i modi di non voler tornare con la madre”.
            Ha quindi rilevato la difesa del P. che il provvedimento assunto dal Tribunale minorile appare il più adeguato “in relazione alle circostanze del caso”, considerato che “la minore si trova benissimo col padre, con le sorelle e con la nonna paterna, sicché risulta perfettamente idoneo il collocamento presso l’abitazione paterna, bilanciato prudentemente dalla previsione dell’affidamento al servizio sociale di C., incaricato di relazionare e provvedere alla redazione di un programma di sostegno”: ed ha a sua volta formulato in via istruttoria richiesta per l’audizione di due persone nominativamente indicate, “per riferire sulle condizioni e sulle abitudini della famiglia del reclamato e sull’inserimento della minore”.
            Nella memoria difensiva depositata all’esito dell’udienza camerale, la difesa della reclamante, ha contestato la fondatezza dell’eccezione preliminare di rito formulata nell’interesse del reclamato, osservando che il termine decadenziale previsto dall’art.739 C.p.c. nella fattispecie non poteva ritenersi scaduto, sul rilievo che il decreto camerale impugnato era stato semplicemente comunicato alla P., cosicché, essendo mancata la formale notifica del provvedimento, il suddetto termine “non decorre affatto e non era … cominciato a decorrere neppure quando è stato presentato il reclamo, per non essere stato notificato nei modi di legge alla parte interessata”.
            Ha poi ulteriormente rilevato la difesa della P. che nella fattispecie doveva comunque escludersi la natura “interinale” del provvedimento reclamato, per avere omesso il Tribunale minorile di fissare un termine di efficacia al medesimo provvedimento, “… limitandosi a dare un termine di 90 giorni al Servizio Sociale, solo al fine di acquisire una relazione sulla situazione del nuovo affidamento”), cosicché deve trovare applicazione nella fattispecie, come “ius receptum che tutti i provvedimenti emessi in Camera di consiglio e che dispongono in maniera definitiva e/o in maniera sostanziale e per un tempo indefinito sui diritti delle persone, siano sempre e comunque reclamabili nei modi ordinari”: ed ha quindi ribadito, nel merito della deliberazione impugnata, le deduzioni richiamate nell’espositiva che precede.         
            All’odierna udienza camerale, la Sezione deliberante ha proceduto all’esame in contraddittorio delle parti litiganti, ed ha inoltre esperito un tentativo per conseguire una soluzione concordata, sulla base della proposta formulata dall’Assistente sociale incari- cata dal Servizio territoriale cui il Tribunale minorile ha affidato la minore, che ha propo- sto che la piccola *** trascorresse con la madre il fine settimana (dalle ore 13.30 del sabato alle ore 8.00 del lunedì successivo, con l’onere di prelevare la bambina al termine delle lezioni, riconducendola nel Comune di C. la mattina del lunedi, in tempo utile per la ripresa dell’attività scolastica): non avendo peraltro aderito i genitori della minore alla suddetta proposta, il ricorso è stato assunto in decisione riservata, sulle richiamate conclusioni delle parti.
            Tutto quanto premesso, la Corte  
OSSERVA
Il reclamo depositato nell’interesse della P.C. ***, madre della minore P.C. ***, è fondato nei limiti della motivazione.
Venendo a valutare l’eccezione formulata in via preliminare nell’interesse del reclamato P. Salvatore, padre della minore,che ha dedotto l’inammissibilità del reclamo per essere stato depositato il relativo atto processuale in data successiva alla scadenza del termine decadenziale previsto dall’art.739 Cod. proc. civ. (10 gg., decorrenti “dalla comunicazione del decreto se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti”: secondo comma), per avere la P. ricevuto la copia del decreto deliberato dal Tribunale per i minorenni di CALTANISSETTA in data 12/ 8/2003, il successivo 21/ 8/2003 (come è documentato dalla “relata” apposta in calce allo stesso provvedimento dagli Ufficiali di Polizia Giudiziaria che hanno provveduto ad eseguire l’adempimento richiesto dalla Cancelleria), considera la Corte che il suddetto adempi- mento procedurale deve ritenersi “irrituale”, e quindi del tutto inidoneo a determinare la produzione degli effetti che la legge processuale nella materia civile fa derivare dall’ese- cuzione – nei termini perentori, specificamente individuati in riferimento alle singole fatti- specie – dagli adempimenti denominati “comunicazione”, o “notificazione”: consistendo tali adempimenti in attività “tipiche”, che la stessa legge processuale demanda a soggetti qualificati, fra i quali non è affatto ricompresa la Polizia Giudiziaria (la quale può essere invece, ritualmente delegata dall’Autorità giudiziaria penale, requirente o giudicante, per l’esecuzione della notifica di atti processuali, con effetti pienamente efficaci, ed opponibili, nei riguardi dei destinatari della relativa attività).
Pertanto, nella fattispecie deve trovare applicazione la richiamata disciplina processuale, secondo la quale – qualora il provvedimento deliberato in camera di consi- glio sia stato emesso “in confronto di più parti” (come si verifica nella fattispecie, essendo stato attivato il procedimento su impulso dello stesso P. odierno reclamato, ed in opposizione alla reclamante, quale affidataria della piccola ***, in forza del richiamato provvedimento provvisorio emesso dal Presidente del Tribunale di E.) –competeva allo stesso P., qualora avesse inteso determinare nei riguardi della reclaman- te la decorrenza del richiamato termine decadenziale, di richiedere la formale notifica del decreto reclamato: cosicché, non avendovi provveduto, come ha esattamente rilevato la difesa della P., nei riguardi di quest’ultima la mera conoscenza del contenuto del provvedimento, costituendo una circostanza “di fatto” alla quale – per le richiamate considerazioni – non può essere annessa alcuna rilevanza sul piano processuale, non poteva determinare nei suoi riguardi alcuna decadenza, in riferimento alla proposizione del reclamo avverso il medesimo decreto.
Venendo quindi a valutare, nel merito, il contenuto del provvedimento reclamato – e le corrispondenti deduzioni formulate nell’interesse della reclamante P. – osserva la Sezione deliberante che nella fattispecie l’eccezione (anch’essa formulata in via preliminare) di nullità del decreto reclamato per la pretesa “incompetenza” (funzionale, o ratione materiae) del Tribunale minorile, non può ritenersi fondata.
Infatti, anche nell’ipotesi in cui l’affidamento dei figli minori di genitori coniugati sia stato disposto – come nella fattispecie – in via provvisoria dal (Presidente del) Tribunale civile nel corso del giudizio promosso dai medesimi coniugi-genitori per conseguire la separazione, e l’eventuale successivo scioglimento del vincolo matrimoniale, permane la competenza (primaria, e non residuale) del Tribunale per i minorenni, di intervenire per regolare l’affidamento in senso difforme da quello deciso dallo stesso Tribunale ordinario,
ogni qual volta il Tribunale minorile sia stato attivato in vista dell’adozione di provvedi- menti ablativi – o anche, semplicemente, limitativi –della potestà genitoriale, ai sensi degli artt. 330 e 333 Codice civile.
            Nella fattispecie considerata, il provvedimento reclamato dalla madre della piccola *** – con il quale la bambina è stata affidata al Servizio sociale del Comune di C. (ove risiede il padre della medesima), espressamente delegato per “collocare” la minore presso la residenza di quest’ultimo – è stato assunto ai sensi della seconda delle disposizioni in riferimento, la quale conferisce appunto al Tribunale mino- rile, competente ai sensi dell’art.38 Disp. attuazione dello stesso Cod. civ., il potere di “adottare i provvedimenti convenienti” (incluso “l’allontanamento” del minore “dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore”), nei casi in cui “la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza…., ma appare comunque pregiudizievole al figlio” (primo comma della disposizione in esame).
            Considera, dunque, questa Sezione che il suddetto potere, conferito al Tribunale minorile nell’esclusivo interesse (e per la tutela) dei minori in tutti i casi in cui questi siano esposti ad un pregiudizio in conseguenza della condotta (commissiva, od omissiva) as- sunta dai genitori, non si contrappone al potere di decidere sull’affidamento dei figli minori di genitori coniugati, assegnato dall’art.155 Cod. civ. al Tribunale civile (ordinario), ma lo integra, secondo l’attuale ripartizione delle competenze nella materia minorile (e familia- re), che caratterizza il Tribunale per i minorenni come giudice “della potestà genitoriale”, la cui competenza in tale ambito, prevale – per la caratterizzazione dello stesso Tribuna- le minorile come Organo “specializzato” (in ragione della autonomia che caratterizza l’Ufficio giudiziario minorile, sul piano organizzativo e funzionale), ma soprattutto per la sua peculiare composizione caratterizzata dalla partecipazione al Collegio deliberante, anche nella fase decisionale, in posizione paritaria, dei c.d. “giudici esperti”, la cui presen- za si connota come essenziale al (buon) funzionamento (e alla efficacia) dell’intervento giudiziario nella materia minorile, proprio per la specificità della materia che richiede un apporto qualificato di conoscenze specialistiche, essenziale per la decisione da assu- mere.
            Valuta quindi questa Corte che nella fattispecie considerata, il Tribunale minorile ha assunto la decisione contestata dalla P. nell’esercizio della competenza attribuitagli dall’art.333 C.c., espressamente richiamato nella parte dispositiva della deliberazione: cosicché ha esercitato una competenza attribuitagli in via esclusiva,  “complementare” (e non oppositiva, nel senso precisato), rispetto a quella del Tribunale ordinario che aveva affidato la piccola ***, alla madre odierna reclamante.
            Premessa dunque la valutazione di piena legittimità dell’intervento attuato dal Tribunale minorile, la Sezione deliberante valuta di non condividere, nel merito, la scelta operata dai primi Giudici i quali, hanno (sostanzialmente) affidato la minore al padre, sostituendolo quale affidatario alla madre, cui la piccola *** era stata affidata dal Tribunale ordinario, dato che anche l’affidamento al Servizio territoriale – che nella fattispecie poteva essere quanto meno opportuno, proprio allo scopo di “monitorare” la condizione socio-familiare della madre affidataria (anche per verificare l’attendibilità delle circostanze dirette a screditarla, riferite dal padre della minore) – è stato espressamente finalizzato dal Tribunale minorile all’esecuzione del collocamento della minore presso la residenza del padre.
            Considera dunque la Sezione deliberante di non condividere in tale parte la scelta operata dai primi Giudici, che appare incongrua se valutata in rapporto alla obiettiva limitatezza dei riscontri assunti nella fase istruttoria che ha preceduto l’assunzione del decreto reclamato: tanto che lo stesso Tribunale minorile ha poi (incongruamente) dele- gato il medesimo Servizio territoriale per vigilare “sulla situazione della stessa e sulla condotta del padre”, predisponendo “un idoneo programma di sostegno.. nell’interesse della minore”.
            Valuta, quindi, questa Corte di riformare il decreto reclamato nella parte in cui ha disposto il collocamento della piccola *** presso il padre P.C. Salvatore, dovendo quindi essere ripristinato il collocamento della minore presso la residenza della madre, fermo restando allo stato l’affidamento della bambina al Servizio territoriale già individuato dal Tribunale minorile, che deve essere peraltro affiancato da quello nel cui Comprenso- rio di attività è situata la residenza della madre.
Considera, peraltro, la Corte di condividere anche l’ulteriore rilievo formulato nell’interesse della reclamante sulla (sostanziale) definitività del provvedimento assunto dai primi Giudici, seppure formalmente caratterizzato come provvedimento interinale: cosicché, la Corte ritiene di richiamare il proprio consolidato orientamento interpretativo, secondo il quale la previsione di un termine finale di durata dei provvedimenti che incidono sull’affidamento dei minori – incidendo tali provvedimenti sull’ (esercizio della) potestà dei genitori, come si verifica nella fattispecie nei riguardi della reclamante, avendo questa Sezione mantenuto l’affidamento della minore al Servizio territoriale – si rende necessaria a seguito della sentenza 13/ 7/ 2000 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che – nella fattispecie esaminata nel relativo procedimento – ha accolto il ricorso proposto alla stessa Corte dalla madre di due minori inseriti da un Tribunale per i minorenni italiano presso una struttura di accoglienza, ove tali minori erano stati ininterrottamente ospitati dal settembre dell’anno 1997 all’aprile del 1999, incontrando la madre in sole due occasioni (caso “Scozzari – Giunta”).
Nella richiamata sentenza della C.E.D.U. – prescindendo dalle specificità del caso esaminato (che riguardava appunto l’affidamento dei minori interessati dal provvedimento ad una struttura di accoglienza) – appare significativo che la Corte europea ha rilevato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, con riferimento “al collocamento ininterrotto e privo di limite temporale dei bambini in una comunità”.
Valuta quindi questa Sezione che l’art. 8 della richiamata Convenzione europea
– entrata in vigore dall’ 1/11/1998 (cfr., il Protocollo n°11 integrativo del testo originario, che ha attribuito alla C.E.D.U. le funzioni già esercitate dalla Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo) – intitolato “Diritto al rispetto della vita privata e familiare”, sancendo quale “diritto fondamentale” dell’individuo “il rispetto della sua vita privata e familiare” con l’espressa previsione dei casi con riferimento ai quali tale diritto può essere limitato           dall’ “autorità pubblica” – fra i quali appare rilevante, con riferimento alla fattispecie considerata nel presente decreto, quella che fa riferimento alla necessità di assicurare “la protezione dei diritti e delle libertà altrui” – può essere interpretato nel senso di tutelare la posizione soggettiva – e la corrispondente “aspettativa” – del genitore di salvaguardare il legame affettivo nei riguardi dei figli minori, e contemporaneamente il diritto dei medesimi figli ad essere difesi dai comportamenti pregiudizievoli (eventualmente) posti in essere in loro danno dai genitori, con l’(eventuale) sacrificio della prima aspettativa, attuata attraverso l’allontanamento dei minori dalla dimora familiare (e la corrispondente attenuazione dei rapporti con i genitori).
Pertanto, può derivare dalla richiamata interpretazione dell’art.8 della Convenzione la necessità di prevedere un limite temporale di durata in tutti i casi in cui siano assunti provvedimenti che incidono, limitandola, sulla potestà genitoriale, perché l’omessa previsione di un termine finale di durata contraddice la dichiarata caratterizzazione “interinale” di tali provvedimenti.
Detto termine, può essere fissato nella fattispecie al compimento di ulteriori novanta giorni, quale termine prevedibile per il completamento del monitoraggio delegato ai Servizi territoriali di riferimento, cosicché l’affidamento della piccola *** agli stessi
Servizi deve cessare al 1°/ 3/2004.    
P. Q. M.
sentito l’Ufficio del Procuratore Generale;
visti gli artt. 333 Cod. Civ. – 739 C.P.C.;
In parziale accoglimento del reclamo depositato nell’interesse di P.C. *** avverso il decreto camerale deliberato dal Tribunale per i minorenni di CALTANISSETTA in data 12/ 8/2003;
 
REVOCA
il collocamento della minore P.C. *** presso il padre P.C. Salvatore, disponendo che la medesima minore sia collocata presso la madre P.C. *** (nella sua residenza in E., Piazza Mazzini n°1);
CONFERMA
l’affidamento della minore P.C. *** al Servizio sociale del Comune di C., estendendolo al Servizio sociale del Comune di E., con cessazione di efficacia del provvedimento all’ 1 marzo 2004;
DELEGA
per l’esecuzione del trasferimento della minore P.C. *** presso la residenza della madre, qualora non vi ottemperi il padre, il Servizio sociale del Comune di E., che potrà avvalersi, qualora sia assolutamente necessario (per il solo caso di opposizione del padre P.C. Salvatore) dell’Autorità di polizia territoriale;
DELEGA
i Servizi sociali di C. ed E. individuati quali affidatari temporanei della minore P.C. ***, per completare l’indagine sulla condizione di vita dei genitori della minore, e di quest’ultima, entro la suddetta data di cessazione dell’efficacia del provvedimento di affidamento temporaneo della minore ai medesimi Servizi.
 
MANDA al Cancelliere per le comunicazioni e gli ulteriori adempimenti di rito, autorizzando l’impiego della linea telefax ai destinatari istituzionali fruitori di analogo collegamento.
 
Così deciso nella Camera di Consiglio in CALTANISSETTA, il 29 ottobre 2003.
 
Il Consigliere estensore
IL PRESIDENTE

sentenza

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