Corte d’appello di Caltanissetta – sent dibattim 12 gennaio 2006 (n° 30/06) – (conferma Trib monocratico Caltanissetta 26.09.2001 che ha dichiarato l’imp colpevole del delitto di favoreggiamento personale p. e p. dall’art.378 C.p. in favore del figlio de

sentenza 12/04/07
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Delitti contro l’amministrazione della giustizia – favoreggiamento personale – causa di esclusione della punibilità prevista nei riguardi dei prossimi congiunti dell’imputato (art.384 C.p.) – si applica ai componenti della c.d. “famiglia di fatto” – rapporto di convivenza more uxorio – coabitazione fra i conviventi – necessità – onere della prova – incombe al soggetto che invoca l’esimente – fattispecie.
 
         La causa di esclusione della punibilità prevista dall’art.384 Cod pen in favore dei prossimi congiunti dell’imputato di un delitto previsto nel Titolo III° del Libro II° del Codice penale (Delitti contro l’amministrazione della giustizia), si estende ai componenti della c.d. “famiglia di fatto”.
           
            Il soggetto imputato di favoreggiamento personale in favore del figlio della donna con la quale intrattiene una relazione di convivenza more uxorio, che invoca in proprio favore l’esimente prevista dall’art.384 Cod pen, deve provare che la  coabitazione con la convivente era in atto quando è stata realizzata la condotta agevolatrice (nella fattispecie considerata dalla sentenza in esame, l’imputato aveva accolto il figlio della convivente nella propria residenza di campagna, dove il ricercato è stato poi reperito dalla Polizia Giudiziaria che lo ha tratto in arresto in esecuzione di un provvedimento di fermo disposto dall’Ufficio del Pubblico Ministero. La Corte nissena, premessa l’adesione all’orientamento interpretativo favorevole all’estensione della scriminante prevista dall’art.384 C.p. ai conviventi more uxorio, e in generale, ai componenti della c.d. “famiglia di fatto”, ha però escluso che in favore dell’imputato operasse l’esimente, pur dovendosi ritenere dimostrato il rapporto di convivenza, non essendo stata provata la coabitazione).            
 
 
 
 
 
R E P U B B L I C A   I T A L I A N A
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 
LA CORTE DI APPELLO DI CALTANISSETTA
SECONDA SEZIONE PENALE
composta dai Magistrati:
1. NICASTRO   Dott. SERGIO – Presidente
2. DE NICOLA  Dott. SERGIO   -Consigliere relat. est.
3. NAPOLI         Dott. ANTONIO -Consigliere
Udita la relazione della causa fatta in Camera di Consiglio dal Cons. Sergio DE NICOLA, sentiti il Pubblico Ministero, rappre- sentato dal Dott. Salvatore DE LUCA, Sostituto Procuratore Gene- rale, ed il difensore dell’imputato, ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
nel procedimento penale contro:
***
                                                                  libero – presente
APPELLANTE
avverso la sentenza del Tribunale di Caltanissetta in data 26/9/ 2001, con la quale l’imputato è stato dichiarato colpevole del reato ascrittogli e condannato – concesse le attenuanti generiche – alla pena di mesi sei di reclusione, nonché a pagamento delle spese processuali.
IMPUTATO
del reato p. e p. dall’art. 378 C.p. perché, dopo che era stato commesso da *** *** il reato di cui all’art. 73 D.P.R. 309/1990 acc.to in data 17/6/1998, aiutava l’autore del suddetto reato, colpito da decreto di fermo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di CALTANISSETTA in data 18/ 6/1998, ad eludere le indagini dell’autorità giudiziaria, offrendogli rifugio presso la propria abitazione sita nella località “ C.da Favarella”.
Accertato in Caltanissretta, il 16/ 7/ 1998.
Con la recidiva generica e reiterata ex art. 99 C.p.
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Il rappresentante dell’Ufficio del Procuratore Generale:
ha chiesto la conferma dell’impugnata sentenza.
Il difensore dell’imputato: insiste nei motivi di appello
N°30/2006 Reg. Sent
 
N. 56302 Reg. Gen.
 
N. 2942/98 Reg. N.R.
         
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
S E N T E N Z A
 
in data 12/01/2006
 
 
 
 
Depositata in Cancelleria
 
il
 Il Cancelliere C1
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Addì _____________
redatt ______sched_
N.________________
 
Art. Camp. pen
 
 
 
 
 
MOTIVI IN FATTO E DIRITTO
Il Tribunale di CALTANISSETTA, in composizione monocratica, con sentenza pronunciata all’udienza dibattimentale in data 26/9/2001, giudicando l’odierno appellante *** *** Arturo, lo dichiarava colpevole del delitto di favoreggiamento personale, che l’Ufficio del Pubblico Ministero in primo grado gli aveva contestato per avere questi offerto ospitalità ad *** ***, il quale si era reso responsabile del delitto di detenzione di sostanze stupefacenti con finalità di spaccio (p. e p. dall’art.73 D.p.r. 31/10/1990 n°309), in relazione al quale era stato emesso dall’Ufficio della Procura della Repubblica presso lo stesso Tribunale a carico del medesimo *** un provvedimento di fermo: e lo condannava,concesse all’appellante le circostan- ze attenuanti generiche, alla pena di mesi sei di reclusione, oltre al paga- mento delle spese processuali.
In particolare, il primo Giudice valutava compiutamente provata – all’esi- to dell’istruttoria dibattimentale nella precedente fase processuale – la colpevolezza del ***, il quale aveva offerto ospitalità all’***, acco- gliendolo nella abitazione di cui aveva la disponibilità nella predetta località (“Contrada Favarella” del Comune di CALTANISSETTA): luogo in cui nella stessa epoca dimorava anche la madre dell’***, con la quale l’odierno imputato intratteneva allora rapporti di stretta frequentazione;
e lo ha quindi condannato alla pena epigrafata, esclusa comunque la concessione di benefici in ordine all’esecuzione della pena inflittagli, in quanto il *** aveva già usufruito in precedenza della sospensione condizionale della medesima pena, cosicché non ricorrevano i presupposti previsti dalla vigente disci- plina processuale del predetto Istituto per la reiterazione del beneficio.
   Il Giudicante in primo grado ha ritenuto quindi provato che il *** aveva (liberamente) acconsentito a dare accoglienza all’***, figlio della donna con la quale l’imputato intratteneva all’epoca dei fatti una relazione sentimentale, nonostante fosse (certamente) informato della situazione giudiziaria (e proces- suale) del giovane, dato che nel periodo successivo all’emissione dell’ordinanza di fermo giudiziario, egli in più occasioni si era recato – alcune volte accompagnato dalla madre del giovane – presso il locale Presidio territoriale dell’Arma dei CARA- BINIERI, per informarsi sullo stato delle ricerche in corso per rintracciarlo.
 In particolare, il Giudice di primo grado ha escluso che nella fattispecie considerata ricorressero i presupposti per riconoscere in favore del *** la causa di esclusione della punibilità prevista dall’art.384 C.p. (“ Nei casi previsti dagli artt. 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371 bis, 371 ter, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi abbia commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore” (primo comma della norma in esame), richiamando il conforme (e consolidato) orientamento interpretativo espresso dalla giurisprudenza di legittimità, che ha espressamente escluso l’esten- sibilità della clausola di salvaguardia contenuta nella medesima disposizione ai soggetti che intrattengano una relazione di convivenza more uxorio;
ed ha pure richiamato l’(altro) orientamento esegetico formulato nella subiecta materia dal Giudice delle leggi, che ha parimenti dichiarato, rispettiva- mente, inammissibile, ed infondata, le eccezioni di incostituzionalità sollevate da alcuni uffici giudiziari di merito nei riguardi del combinato disposto degli artt. 384 (primo comma), 378, e 307 (quarto comma) C.p., in relazione ai principi dell’egua- glianza (sostanziale: art. 3 Cost.), e della salvaguardia dell’unità familiare” (art.29 della Carta fondamentale) (cfr., CORTE COST., sent. n°8/1996).
Il Giudice di primo grado ha inoltre rilevato – dall’esame della documentazione
amministrativa che la difesa dell’imputato è stata ammessa a produrre nel corso
della fase dibattimentale, con particolare riguardo alle relazioni predisposte dai Servizi sociali del Comune di CALTANISSETTA – che il *** intratteneva effettivamente una relazione sentimentale con la madre del sunnominato *** *** (*** Grazia): e che in epoca peraltro recente (risalente all’inizio del- l’anno 1997) era entrato in contatto con quest’ultimo.
Il primo Giudice aveva quindi desunto da tale circostanza che – seppure in via esegetica si fosse potuto superare il limite di estensibilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art.384 C.p. cit. ai rapporti di convivenza more uxorio – nel caso del *** l’estensione non avrebbe potuto comunque essere riconosciuta, per la ragione che “tale legame” (quello di convivenza more uxorio, o di fatto) “per poter essere assimilato a un rapporto di parentela deve possederne gli elementi essenziali, rappresentati da un legame affettivo stabile su cui si fondi un obbligo reciproco di assistenza e solidarietà”, mentre nella situazione che riguarda l’*** e l’imputato odierno appellante, “si tratta di una relazione sorta poco tempo prima il fatto, alla quale non può essere riconosciuta quella forza affettiva che deriva da una frequentazione quotidiana protrattasi lungamente nel tempo” (cfr, sentenza appellata).     
La predetta sentenza è stata ritualmente appellata dal difensore dell’imputato, che l’ha censurata chiedendone l’integrale riforma, e l’assoluzione del *** dall’imputazione di favoreggiamento personale con ampia formula (previo ricono- scimento della predetta causa di esclusione della punibilità), sul rilievo che nella fattispecie sussisteva effettivamente una relazione “di fatto” fra l’odierno appellante e la madre dell’***;
 e che quest’ultimo si era trasferito a vivere nella predetta dimora di cui l’imputato aveva la disponibilità, insieme alla genitrice, in coincidenza con il periodo estivo, quando per consuetudine familiare consolidata la donna si trasferiva ap- punto ad abitare nella “abitazione di campagna” del *** “insieme ai propri figli”, mentre nel periodo invernale ella viveva nella propria residenza nel Comune di SAN CATALDO, dove nello stesso periodo si trasferiva anche l’odierno appellante.
In ogni caso,“la esistenza di un rapporto di convivenza tra la *** ed il *** era fatto più che noto alle forze dell’ordine (l’***, allora minorenne, coinvolto nella operazione ^Lince^, venne tratto in arresto a casa del *** dove abitava regolarmente”: mentre le relazioni socio-assistenziali predisposte dal competente Servizio territoriale che seguiva l’*** su delega del Tribunale minorile di CALTANISSETTA – ritualmente prodotte, ed acquisite al fascicolo dibattimentale nel primo giudizio – documentano che “…il *** costituiva, a detta degli operatori – l’unico punto di riferimento per il minore nella prospettiva di favorirne un reinserimento sociale anche attraverso la sua stabile occupazione”.
Pertanto, alla data in cui l’*** – ricercato dalla Polizia Giudiziaria delegata per l’esecuzione del provvedimento restrittivo emesso nei suoi riguardi dalla Procura della Repubblica nissena – venne individuato, e tratto in arresto, essendo ospitato dal *** odierno appellante “esisteva ..ed era pregnante una convivenza assimilabile ad un rapporto di coniugio, e proprio questa circostanza indusse l’*** a recarsi in c/da Favarella, abitazione dove anche lui viveva insieme alla madre ed al ***, peraltro ben sapendo che in quel luogo i Carabinieri sarebbero andati a cercarlo, come già era accaduto in passato”.
Doveva dunque essere adeguatamente valorizzata, per la valutazione della condotta del ***, la circostanza che “l’atteggiamento del ragazzo fu quello di recarsi nella propria casa di abitazione, dove effettivamente viveva la madre con il suo nucleo familiare, di cui fa parte integrante il ***”.  
Chiamato quindi il processo per l’odierna udienza, presente l’imputato, le parti all’esito della discussione orale hanno formulato le epigrafate conclusioni.
Valuta la Corte decidente che l’appello proposto nell’interesse dell’imputato non può essere accolto, seppure la Sezione deliberante ritenga che nella ipotesi in cui sia dimostrata la (effettiva) sussistenza di una situazione di convivenza more uxorio, un’esegesi evolutiva (e costituzionalmente orientata) del quadro normativo di riferimento impone di ritenere pienamente estensibile anche ai soggetti conviventi la causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 384 (primo comma) C.p.
A tale conclusione il Collegio decidente valuta di pervenire, in considerazione delle profonde modificazioni registrate nel comune modo di sentire in relazione ai concetti di famiglia, che da “società naturale fondata sul matrimonio” (secondo la nozione dell’istituto familiare enunciata nell’art.29, primo comma della Carta costitu- zionale), si è progressivamente trasformata, frammentandosi – anche a seguito dell’introduzione nell’ordinamento nazionale dell’istituto dello scioglimento degli effetti civili del matrimonio – in una molteplicità di centri di riferimento (si pensi alla pluralità di “famiglie” che si costituiscono in seguito alla separazione dei coniugi-genitori, e alla successiva formazione da parte di ciascuno dei coniugi separati di nuovi nuclei familiari, che vengono quindi a costituire altrettanti centri di riferimento, sia sul piano giuridico che su quello affettivo-relazionale, per i figli nati dalla prima unione).
Detta trasformazione ha coinvolto nel tempo un crescente numero di individui, e di famiglie, suscitando un progressivo mutamento della communis opinio in ordine alle problematiche concernenti le relazioni familiari, e la maturazione di una nuova sensibilità (individuale, e collettiva) con riferimento ai rapporti familiari – ed alle relazioni affettive fra gli individui in generale – e nei riguardi delle c.d. “famiglie di fatto”:
Il rilevato cambiamento è stato peraltro (recentemente) recepito dalla stessa giurisprudenza della Suprema Corte (cfr., CASS. Pen., Sez VI^, sent. 22/ 1/ 2004 n°22398, P.M. Veneziano (concl. conf.), imp Esposito, rif. Ced RV 229676), che ha – ex professo – valutato estensibile al convivente more uxorio, per analogia, in relazione ad una fattispecie in cui era stato contestato all’imputata il delitto di favoreggiamento (personale) nei riguardi del proprio convivente (come nella fattispecie che interessa il presente giudizio) – la causa di esclusione della punibilità prevista dall’art.384 C.p. cit., seppure nel caso considerato dalla deci- sione in esame, la S.C. ha comunque rigettato il ricorso sul rilievo che all’esito dell’istruttoria penale nei due gradi del giudizio di merito, l’imputata non aveva provato che il dedotto rapporto di convivenza fosse stabile, e che esso preesistesse alla realizzazione della condotta dalla quale era scaturita la denuncia penale, e la successiva incriminazione per il delitto p. e p. dall’art.378 C.p. (nella fattispecie, si trattava dell’accoglienza nella propria dimora offerta dall’imputata ad altro soggetto con il quale la donna asseriva di intrattenere appunto una relazione di convivenza more uxorio).
Premesso dunque che la Sezione deliberante valuta di condividere l’orienta- mento esegetico desumibile – quale obiter dicta – dalla citata giuriprudenza dei Giudici di legittimità, devesi valutare in fatto se nella fattispecie considerata l’appel- lante abbia provato la sussistenza di un rapporto di stabile convivenza more uxorio con la madre dell’*** (*** Grazia): e se sia rimasto provato che l’immobile ad uso abitativo al cui interno la Polizia Giudiziaria ha individuato (e tratto in arresto) il suddetto giovane – in esecuzione del provvedimento di “fermo” di soggetto indiziato della commissione di un fatto delittuoso, emesso (ai sensi dell’art.384 C.p.p.) in data 18/ 6/1998 dalla Procura della Repubblica di CALTANISSETTA (vedi, la copia del provvedimento depositato dall’Ufficio del P.M. all’udienza dibatti- mentale dell’8/11/2000, acquisito al fascicolo nella precedente fase processuale) – fosse stabilmente abitato dall’odierno imputato, e dalla madre dell’***.
Considera, infatti, la Corte decidente che la “copertura” offerta dal primo comma dell’art.384 C.p. cit. – e la conseguente esclusione della punibilità dell’au- tore del delitto di favoreggiamento personale determinata dalla (verificata) sussi- stenza del richiamato legame affettivo (e familiare) costituito in via di fatto – presup- pone che si accerti inoltre la “stabilità” della presenza del soggetto convivente more uxorio nel luogo in cui è stata realizzata la condotta integratrice del delitto di favoreggiamento personale.
Ritiene quindi la Sezione deliberante che la causa di esclusione della puni- bilità dell’autore del reato di favoreggiamento personale – espressamente indicato fra le fattispecie delittuose in relazione alle quali può essere applicata la scrimi- nante prevista dalla norma in esame – non può essere invocata qualora l’acco- glienza del soggetto latitante sia avvenuta in luoghi diversi da quello in cui i soggetti conviventi more uxorio abbiano la loro dimora abituale (con l’esclusione, quindi, di quelli abitati solo precariamente, o temporaneamente: quali, a titolo meramente esemplificativo, una camera d’albergo, una residenza di campagna, o comunque, una dimora secondaria diversa dall’abitazione principale).
Nella fattispecie in esame, la Corte decidente ritiene adeguatamente dimostrata la convivenza more uxorio fra l’appellante e la sunnominata *** (madre dell’***), avendo confermato tale circostanza il Comandante del Presi- dio territoriale dell’Arma dei CARABINIERI nel Comune di SAN CATALDO (M.llo *** Carmelo, nella deposizione resa al primo Giudice nella richiamata udienza dell’8/11/2000):
“TESTE ***: Noi sappiamo che *** *** convive con la madre di *** ***, con *** Maria Grazia, convivono da anni; è a nostra conoscenza che….
PUBBLICO MINISTERO: Ecco, questa convivenza era intervenuta da epoca risalente anche rispetto ai fatti?
TESTE ***: No, no, rispetto ai fatti c’era solo una frequentazione,
poi…. Perché questa contrada Favarella non è abitata sempre da ***, è abitata in determinati periodi dell’anno, perché *** anagraficamente è residente a San Cataldo in un’altra via. Però in quella occasione tutta la famiglia, sia dell’*** che del ***, si è trasferita in questa Contrada Favarella, che tra l’altro è agro di Caltanissetta.
PUBBLICO MINISTERO: Allora, in parte ha già risposto, ma se vuole aggiungere delle precisazioni. Volevo sapere se al momento della prima perquisizione a carico dell’*** vi era già uno stabile rapporto di convivenza tra….la madre dell’*** e il ***.
TESTE ***: No,no, c’era solo un rapporto di frequentazione.
 PUBBLICO MINISTERO: Quindi è da questi fatti che poi è nata la loro convivenza.
TESTE ***: Si, si. ……..
………PUBBLICO MINISTERO: Il *** o chi per lui si recò a chiedere notizie presso di voi….circa la posizione dell’***?
TESTE ***: Si, il *** successivamente e in più occa- sioni accompagnava sempre la signora ***, la mamma dell’***, per avere notizie, perché noi abbiamo….una volta avvisato il sostituto di turno, abbiamo intrapreso un’attività di indagine…….. E il *** era sempre informato o su nostra richie- sta………..da quanto gli comunicava la *** di
quello che noi gli chiedevamo sempre sull’***?
PUBBLICO MINISTERO: Si presentò mai in caserma a chiedere notizie?i
TESTE ***: Si, si, si è presentato più…
PUBBLICO MINISTERO: E che notizie ricevette?
TESTE ***: No, da noi non riceveva nessuna notizia, anzi certe volte eravamo noi a chiedere a lui o alla madre di convincere il figlio a cost-i tuirsi,…..Cioè eravamo sempre noi a chiedere qualcosa, a convincere la madre, perché noi eravamo sicuri che la madre era a conoscenza dove fosse nascosto il figlio……
……AVV.SSA CONSAGA: …al momento dell’arresto dell’*** il *** era presente?
 TESTE ***: Si, il *** era in una stanza superiore rispetto a quella dove era l’*** con la moglie, e giù c’era il figlio, in un altro mini apparta-
mento, dependance….
……..GIUDICE: …..: mi sembra di aver capito che tra la madre dell’imputato e il *** in quel momento ci fosse solo un rapporto di frequentazione, non di convivenza.
TESTE ***: ….non convivevano, si vedevano giornalmente, però ognuno…aveva una propria abitazione.
GIUDICE: Cioè la *** risultava residente in un’altra abitazione.
TESTE ***: In via Nicola a San Cataldo e il *** nella sua abitazione..Successivamente si è…instaurata questa convivenza, che dura tuttora,….
……….PUBBLICO MINISTERO: …avevate notizia o avete svolto accerta- menti circa la disponibilità e la frequentazione dell’appartamento in cui è stato rinvenuto l’*** da parte del ***,….
 TESTE ***: E l’appartamento è di proprietà del ***, in uso…
PUBBLICO MINISTERO: Lo frequentava, ci andava?
TESTE ***: Si, solo per lavori di campagna, la….perchè il *** espleta attività di manovale o raccoglie legna; solo per attività di lavori di campagna.
PUBBLICO MINISTERO: …Ma era una frequentazione occasionale…
TESTE ***: Occasionale per il ***……
……..GIUDICE: E’ di sua proprietà comunque?
 TESTE ***: Si, si, sì è di sua proprietà.
 PUBBLICO MINISTERO: Senta, vi erano dei segni di effrazione sull’immo- bile, sulla porta, comunque elementi che facessero ipotizzare una introduzione clandestina da parte dell’***?
 TESTE ***: No, no, lo escludo, anche perché l’*** era chiuso dall’interno al momento della nostra irruzione. (v. la trascrizione fonografica del verbale dell’udienza 8/11/2000, cit.).
 Esaminato quindi nella fase dibattimentale del primo giudizio – quale teste indicato dal Pubblico Ministero – l’altro Ufficiale di P.G. che aveva coadiuvato il sunnominato M.llo *** all’atto dell’esecuzione del citato provvedimento di fermo emesso nei riguardi dell’*** (il Carabiniere *** Ivano, addetto al Reparto Operativo Speciale – R.O.S. di CALTANISSETTA), ha a sua volta precisato, sulla circostanza concernente gli eventuali accertamenti svolti per accertare se il *** avesse la disponibilità dell’immobile al cui interno era stato ospitato l’*** mentre era ricercato dalla Polizia Giudiziaria delegata per l’Ufficio del P.M.:
 “…Sapevamo che il *** aveva lì una abitazione di sua proprietà e svolgeva anche qualche piccolo lavoro di falegnameria….sapevamo che lì il *** aveva la disponibilità di questa abitazione e che ci andava frequentemente pure con la convivente e forse anche con il figlio della convivente.
PUBBLICO MINISTERO: …Ma avete svolto, .., degli accertamenti circa la sussistenza di un rapporto di convivenza già al momento dei fatti contestati?
TESTE ***: No, io credo che tra di loro c’era una convivenza di fatto……E sapevamo che tra il *** e la mamma dell’*** ***, *** Grazia, c’era una relazione già ..esistente da parecchi anni.
PUBBLICO MINISTERO: …Ma lei può affermare che i due utilizzassero regolarmente la stessa abitazione…..oppure mi può dire soltanto che vi era un rapporto di intimità, una frequentazione?
TESTE ***: …….posso dire che la *** Grazia con il figlio *** *** comunque avevano la residenza e dimoravano abitualmente in via San Nicola, quindi alla residenza di San Cataldo, mentre il ***, …viveva più frequentemente..nella casa di Contrada Favarella in Caltanissetta” (vedi (v. la trascrizione fonografica del verbale dell’udienza 8/11/2000, cit.).
  Sulla base delle surriferite circostanze in punto di fatto, valuta dunque la Sezione deliberante che nella fattispecie in esame è stata conseguita una prova adeguata in ordine all’esistenza di una (duratura) relazione sentimentale, ed alla frequentazione abituale, fra l’odierno appellante e la *** madre dell’*** ***: non è stata, invece, dimostrata l’esistenza di una coabitazione stabile fra i medesimi, dato che la donna dimorava (con il sunnominato figlio, ***) nella sua residenza familiare nel Comune di SAN CATALDO, mentre il *** (frequen- temente) dimorava nell’immobile di cui aveva la disponibilità nella località “contrada Favarella” del Comune di CALTANISSETTA.
Mancando la prova della stabile coabitazione – e della costituzione di una “famiglia di fatto” fra il ***, la *** ed il figlio di quest’ultima *** *** – difetta il presupposto per applicare la scriminante de qua in favore dell’odierno imputato: considerato inoltre che – per quanto ha pure riferito il Carabiniere *** nella richiamata deposizione dibattimentale – il giovane era stato alloggiato in un locale separato (una “dependance”) dell’immobile nel quale l’odierno appellante normalmente trasferiva la propria dimora nel periodo estivo, ospitandovi anche la madre dell’***: cosicché, maggiormente il *** non potrebbe invocare in proprio favore la causa di esclusione della punibilità prevista dal citato art. 384 (primo comma) c., la quale evidentemente presuppone – nelle fattispecie in cui la condotta di favoreggiamento sia consistita nell’ospitare un soggetto latitante, o comunque ricercato dall’Autorità di polizia per l’esecuzione di un provvedimento custodiale – che sussista la coabitazione fra il soggetto “agevolato” dalla suddetta condotta, e l’autore del delitto p. e p. dall’art.378 C.p., costituendo la coabitazione il presupposto logico della “comunanza affettiva” nella quale si sostanzia la ratio che legittima l’equiparazione della famiglia “fondata sul matrimonio”, tutelata dall’art.29 della Carta fondamentale, e la “famiglia di fatto”, progressivamente riconosciuta (e tutelata) dalla richiamata elaborazione giurispru- denziale (e dottrinaria), oltre che dal comune sentire.    
 Valuta, infine, la Corte decidente che nella fattispecie è rimasta pure ade- guatamente provata la colpevolezza del *** in ordine alla fattispecie delittuosa per la quale l’Ufficio del P.M. ha esercitato l’azione penale, in quanto l’imputato ha offerto ospitalità all’*** figlio della *** – con la quale egli intratteneva una relazione sentimentale – nell’immobile situato nella predetta località “Contrada Favarella” del quale egli aveva (quanto meno) la materiale disponibilità: né l’appellante poteva ignorare che il giovane fosse ricercato dall’Autorità di polizia, dato che – per quanto ha riferito il sunnominato M.llo *** nella citata deposizione dibattimentale – nel periodo successivo all’allontanamento dell’*** dalla dimora familiare (ove egli abitava, con la madre), lo stesso *** aveva accompagnato, in più occasioni, la donna alla Stazione dell’Arma dei CARA- BINIERI nel Comune di SAN CATALDO, per chiedere notizie sull’esito delle ricerche attivate da quel presidio, delegato ad eseguire il provvedimento cautelare restrittivo emesso dalla Procura della Repubblica di CALTANISSETTA nei riguardi dell’***: essendo tale condotta – sicuramente scriminata nei riguardi della *** in ragione del vincolo di filiazione – indicativa della esigenza di essere (anticipatamente) informato sulle determinazioni assunte nei riguardi del giovane dall’Auto- rità Giudiziaria, onde consentire a quest’ultimo di eluderle sottraendosi appunto alla esecuzione del provvedimento cautelare custodiale emesso dalla Procura di Caltanissetta. 
L’appello deve essere pertanto rigettato.   
 
P. Q.M.
Visti gli artt. 592 – 605 C.P.P.;
LA CORTE
conferma la sentenza emessa dal Tribunale monocratico di CALTANISSETTA in data 26/9/2001, appellata da *** *** Arturo, che condanna al pagamento delle ulteriori spese
 processuali.
            Stabilisce il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione.
         CALTANISSETTA, 12 gennaio 2006.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
 

sentenza

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