Corte costituzionale: l’illegittimità dell’obbligo, per eccesso di delega legislativa

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La Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del d.lgs. 4 marzo 2010, n.28 nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione ossia nella parte in cui ha introdotto all’art. 5, l’obbligo di esperire la mediazione in alcune materie, quale condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria. (1).

Ciò, è stato reso noto da un gracile e laconico comunicato dell’Ufficio stampa della Consulta in data 24 ottobre 2012. In attesa della pubblicazione delle motivazioni, possiamo dire, in primis, che la incostituzionalità non concerne la mediazione né la sua obbligatorietà ma soprattutto il decreto legislativo emesso dal Governo nella parte in cui ha esercitato in difetto di delega e, quindi, in violazione dell’art. 76 Cost. che decreta testualmente “L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti (2).

Da una parte si sostiene che trattasi di un mero errore tecnico, sine dubio, pesante e deplorevole che fa risaltare la prodigale esteriorità cui sono stati trattati i vari aspetti politico-legislativi che hanno interessato tutta la società.

La portata della quaestio si misura naturaliter sul terreno della natura derivativa delle motivazioni onde poter deliberare e, quindi, intendere se stimasi soltanto di giudizio formale (id est eccesso di delega), oppure se all’opposto nella sostanza, la mediazione obbligatoria sia un autentico intralcio che osteggia l’ingresso alla giustizia in violazione del diritto in ogni stato e grado del procedimento come statuito dall’art. 24 della Costituzione (3).

Quali saranno i rapidi effetti della declaratoria di illegittimità? La profonda formulazione della lettera dell’art. 136 della Costituzione introduce, in realtà, la inefficacia di una norma di legge o di atto avente forza di legge ossia essa statuisce che ”Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”(4).

E’ infine appena il caso di ricordare che la Consulta ha accolto l’eccezione di incostituzionalità, sollevata dalla I Sez. del TAR del Lazio con ordinanza n. 3202 in relazione a diverse questioni, ove si evidenziava che l’inserimento della mediazione obbligatoria non consegue ad un risultato di “ rispondenza nella legge delega, con conseguente violazione dell’art. 77 Cost.”. (5)

Il giudizio espresso dal Tar, piegandosi su un profilo piuttosto critico precipita su un settore procedurale che abbraccia l’elemento giusto della “copertura” da parte della legge delega di tutte le fasi contenute nel decreto legislativo, sia quello sostanziale, attinente alla conciliabilità del neo istituto con il diritto di difesa come stimato e garantito nell’espresso art. 24 Cost.

Da ultimo può osservarsi come l’Unione europea ci imponeva (v. direttiva 52/2008) all’importazione di espedienti allo scopo di porre fine alle continue controversie.

Peraltro, vi sono delle considerazioni secondo cui la mediazione, in certe materie consegue ad uno strumento di efficacia non solo ma anche fondamentale.

Al cuore di dette verifiche, si decise per la preferenza della mediazione obbligatoria, nella certezza che essa fosse essenziale e doverosa al fine di diffondere un’autentica formazione intellettuale bonaria dei contrasti, benché la scelta quella di deflazionare la giustizia, abbia incontrato delle difficoltà di consenso.

A onor del vero, molti hanno espresso, a riguardo, posizioni difformi da quella molto favorita e caldeggiata.

Peraltro, in concreto, non appare possibile delineare ed esprimere giudizi in assenza della pronuncia se non quando verrà depositata, che ci permetterà di formulare eventuali espedienti che ci consentiranno di fare fronte ad un ineludibile dilemma

sulla giustizia civile alla risoluzione della quale, sine dubio, la mediazione rappresenterà l’idoneo strumento.

Sul modo, però, di far funzionare la giustizia è necessario che la mediazione non venga impiegata e strumentalizzata quale depuratore per deflazionare il contenzioso poiché tenderebbe inevitabilmente al mero conseguimento di barriere invalicabili.

Alla luce di tutti gli elementi rilevati, la mediazione rappresentava uno delle colonne

del rinnovamento della giustizia con il fine specifico di ridurre il carico dei processi civili, se non altro per quelle discipline ad elevato livello di aggressività litigiosa.

Alle argomentazioni già offerte, è da aggiungere che la mediazione obbligatoria, essendo palesemente di mera evidenza il suo notevole spazio d’evento, trascina addirittura l’ambito delle liti condominiali nonché dei risarcimenti delle RC auto, che illustrano un trancio dei ricavi degli avvocati.

Attendiamo, ora, l’intervento della Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di alcuni aspetti della mediazione obbligatoria, ma in particolare sul tentativo di conciliazione come condizione di procedibilità, che conterrebbe e restituirebbe più problematico e gravoso per i cittadini l’ingresso alla giustizia, elevando anche i costi.

Da ultimo va presa in considerazione l’azione intentata da alcuni tribunali nel rivolgersi alla Corte del Lussemburgo, dolendo l’illegittimità della mediazione obbligatoria per contrasto con alcuni principi fondamentali sovranazionali.

Le motivazioni della pronuncia, forse saranno pubblicate nelle prossime settimane ove sarà accettabile esprimere sull’antica quaestio un’opinione riflettuta che ci conduca – ce l’auguriamo – ad una coerenza sistematica.

 

(1) La Corte cost. ha deciso, per l’incostituzionalità della media conciliazione, che non è stata dalla medesima totalmente cassata, bensì è stata restituita non necessariamente preliminare all’azione giudiziaria. Quanto prima, atteso i presupposti, giungerà anche in Italia la c.d. negoziazione assistita da avvocato, già in vigore in Francia.

(2) Entro determinati limiti la Costituzione ha delimitato il ricorso alla delega legislativa, ostacolando che con la legge ordinaria di delegazione il Parlamento attribuisca al Governo una delega «in bianco» paragonabile alla concessione dei «pieni poteri» con la generica autorizzazione a legiferare per un numero pressoché limitato (M. RODRIGUEZ, sub art. 76 in Commentario breve alla Costituzione, 470 Giuffrè, 1990; MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, II, p. 766, CEDAM, 1969);

(3) V. Corte cost. n. 18/1982 ove «tra i principi supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui è intimamente connesso con lo stesso principio di democrazia l’assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio» va passato in rassegna il diritto alla tutela giurisdizionale; CHIAVARIO, Processo e garanzie della persona, II, p. 4s, ove, anche sotto l’aspetto logico, la possibilità di «agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi» è la prima della copiosa sequela di assicurazioni processuali che il Costituente ha desiderato decretare;

COMOGLIO, La garanzia costituzionale dell’azione ed il processo civile, Padova 1970, 155 afferma che “il complesso di principi enunciati dagli artt. 3, 24, 25 1°comma, 101 –104, 107-108, 111, 113, consente di delineare uno schema fondamentale di “giusto processo”; BARILE, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, Bologna 1984, 287 afferma l’esistenza di una serie di norme costituzionali che fanno da corona all’art 24 configurando quello che altrove chiamano due process of law “ il giusto e leale processo”; SERIO, Brevi note sul Due Process of Law, in Il giusto processo nell’esperienza storico comparatistica. Atti del seminario tenutosi a Palermo il 19 giugno 1999, Palermo, 1999, 29.

(4) Perché il Governo sia legittimato ad emanare un decreto legge è fondamentale ed essenziale che siano fondati “le condizioni di necessità ed urgenza”: il criterio valutativo di tali premesse compete prima di ogni altra cosa al Governo e al Presidente della Repubblica che è interpellato ad varare il decreto. Nondimeno anche la Corte Costituzionale si è dichiarata competente a convalidare l’effettiva sussistenza, se non altro, in presenza di una circostanza di manifesta assenza degli stessi, attestando che essi fanno ricorso quando si è di fronte all’ inattuabilità di presenziare validamente a mezzo regolare procedimento legislativo (si pensi a calamità naturali o a discipline prossime alla scadenza che devono essere rapidamente prorogate). Piuttosto, va scartato, il ricorso al decreto legge in ipotesi di incapacità del Governo a fare da guida alla maggioranza che lo sostiene, ovvero a svolgere il suo programma politico attraverso la normale iniziativa legislativa. Poi, anche al Governo compete l’incarico di controllare la concreta fondatezza delle prerogative di “necessità ed urgenza“. Effettivamente, appena inviato al Parlamento, il decreto legge viene in via prioritaria assegnato alla Commissione Affari costituzionali, con lo obiettivo di seguitare a tale controllo: se la Commissione, poi, stima che urgenza non vi sia alcuna (e l’Assemblea, quindi, convalida tale orientamento), il decreto legge viene respinto e perde immediatamente efficacia. PIZZORUSSO ALESSANDRO, Sulla decretazione d’urgenza la Corte Costituzionale interviene con un ‘obiter dictum’ (nota a Corte costituzionale, 27 gennaio 1995, n. 29, Reg. Valle d’Aosta); DIGNATICI MARIA CRISTINA, Il problema della decretazione d’urgenza tra costituzione e prassi legislativa; in: Dir. Economia, 1995, 225; NASI CLAUDIA, Sul controllo da parte della Corte Costituzionale dei presupposti giustificativi della decretazione d’urgenza (Nota a Corte costit., 27 gennaio 1995, n. 29); in: Giur. It., 1995, I, 391; Secondo R. ROMBOLI, Una sentenza “storica”: la dichiarazione di incostituzionalità di un decreto-legge per evidente mancanza dei presupposti di necessità e di urgenza, in www.associazionedeicostituzionalisti.i

(5) Infatti il Tar Lazio aveva dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 24 e 77 della Costituzione; ad essere investito dall’incostituzionalità è l’art. 5 del d. lgs. N. 28 del 2010, comma 1, primo periodo (ove introduce a carico di chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa alle controversie nelle materie espressamente elencate l’obbligo del previo esperimento del procedimento di mediazione), secondo periodo (ove è previsto che l’esperimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale), terzo periodo (ove si dispone che l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d’ufficio dal giudice); la questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 del d.lgs. n. 28 del 2010, comma 1, ove dispone che abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza.

Dell’Agli Carlo

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