Corruzione, bastone e carota

Redazione 06/06/12
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Tutelato il dipendente pubblico che segnala illeciti. Puniti invece (anche con il licenziamento) i bugiardi che denunciano falsamente comportamenti illegittimi di colleghi e superiori. Lo prevede il d.d.l. all’esame della Camera: oggi riprendono le votazioni

 

di Giuseppe Manfredi (tratto da www.lagazzettadeglientilocali.it)

 

Via libera alla Camera all’articolo 5 del d.d.l. corruzione che introduce la tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti. Puniti invece i bugiardi con il risarcimento danni e sanzioni che vanno fino al licenziamento. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, sia nel penale che per il civile, il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla denuncia. Salvi gli obblighi di denuncia previsti dalla legge, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, fino alla contestazione dell’addebito disciplinare. Invece, il dipendente pubblico che denuncia falsamente comportamenti illegittimi di colleghi e superiori, calunniandoli e diffamandoli, rischia non solo sanzioni fino al licenziamento ma anche la possibilità di dover risarcire il danno. La previsione in un emendamento del Pdl, a firma Francesco Paolo Sisto, con parere favorevole di Governo e Commissione, che estende la responsabilità anche in sede civile. Intanto è stato rinviato a oggi il seguito delle votazioni, al termine di una giornata iniziata con la partecipazione dei Ministri Severino e Patroni Griffi alle riunioni del comitato ristretto e culminate con una vibrante polemica in aula fra gruppi parlamentari e Guardasigilli dopo che Severino si è rifiutata di dare i pareri sull’articolo 13 relativo alle sanzioni penali. Rifiuto che aveva in precedenza indotto la Lega ad abbandonare per protesta i lavori della commissione. Camera in stand by anche sull’articolo 10 del disegno di legge che prevede la delega al governo per l’adozione di un testo unico con disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo per sentenze definitive di condanna emesse per delitti non colposi. La decisione di accantonare l’articolo è giunta dopo che un emendamento interamente sostitutivo dell’Italia dei valori, a prima firma Antonio Di Pietro – che chiedeva l’incandidabilità da subito senza aspettare l’esercizio della delega – ha animato il dibattito. Se la proposta dell’Idv fosse passata, automaticamente sarebbero decadute tutte le altre proposte di modifica. E la delega sarebbe stata cancellata. “Si tratta di scegliere tra la delega o una norma subito. Se volete possiamo passare al voto o accantonare l’emendamento Di Pietro”, ha sottolineato Jole Santelli, relatrice del provvedimento. Sul punto, c’è anche un emendamento, a firma Mantini- Tassone, che chiede di introdurre subito la non candidabilità per i condannati in via definitiva, in attesa dell’entrata in vigore delle legge delega. Sempre a proposito di corruzione, il ministro Severino, ha deciso ieri di intervenire direttamente sulla responsabilità civile dei magistrati, presentando un emendamento non al d.d.l. dedicato ma alla Comunitaria 2011 e provando a spazzar via la norma Pini, approvata non senza polemiche a Montecitorio. Severino, con la sua proposta di modifica, vorrebbe in buona sintesi introdurre il principio di ‘responsabilità civile indiretta’ dei magistrati. Il cittadino che ha subito “un danno ingiusto” nel corso di un processo “posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni, può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivano da privazione della libertà personale”. Lo Stato, in un secondo tempo, avrà due anni di tempo, e non più uno come finora previsto dalla legge, per rivalersi nei confronti del magistrato, prelevando fino alla metà della sua retribuzione annuale per compensare quanto sborsato a favore del cittadino danneggiato. L’importo del prelievo sulla ‘busta paga’ del magistrato non potrà comunque superare un terzo dello stipendio (Le norme attuali prevedono che lo Stato abbia un anno di tempo per rivalersi sul magistrato e che il prelievo mensile non possa superare il quinto dello stipendio).

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